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Autore: ELIOTbynight    23/07/2014    5 recensioni
Naruto è diventato Hokage (ed era pure ora!), ma per portare avanti il suo lavoro ha bisogno dei suoi amici di sempre, che per fortuna non hanno mai smesso di stargli accanto.
Konoha e tutto il mondo ninja sono in tempo di pace, ma qualcuno trama nell’ombra, rispolverando pericolosamente il passato … e Kurama si prepara ad avere una nuova forza portante.
Si tratta della protagonista di una nuova generazione di ninja: il suo nome è Eri Uzumaki.
*
- Così te ne sei accorto, baka.-
Un vocione profondo lo distolse improvvisamente dai suoi pensieri e Naruto sussultò, ritrovandosi mentalmente nel suo buio subconscio.
- Kurama!- esclamò, fissando il suo cercoterio dal basso. - Tu sapevi che Eri possiede una parte di te?!-
Il volpone rispose, beffardo e malizioso:
- E’ ovvio! Piuttosto, mi sorprende che tu l’abbia scoperto solo adesso … Si vede che eri proprio concentrato, quella notte!-
Naruto arrossì violentemente fino alla punta dei capelli e gridò:
- Di che cosa stai parlando??-

*
[Ambientata in un ipotetico futuro alternativo, senza tenere conto del capitolo 700 del manga. Ogni riferimento a fatti o persone esistenti o già inventate da qualcun altro è puramente casuale. Buona lettura!]
Genere: Avventura, Generale, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Hinata Hyuuga, Naruto Uzumaki, Nuovo Personaggio, Sakura Haruno, Sasuke Uchiha | Coppie: Gaara/Matsuri, Hinata/Naruto, Sai/Ino, Sasuke/Sakura, Shikamaru/Temari
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler! | Contesto: Dopo la serie
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Caspita, non pensavo di postare così in fretta il secondo capitolo! Vi ringrazio se avete letto pazientemente tutto il primo e sono ancora più contenta sapendo che se siete qui, la storia vi ha incuriosito! ^^
Ne approfitto per ringraziare ancora chi ha recensito e messo la storia tra le preferite, le seguite o le ricordate! Significa molto per me... <3
Proseguiamo dunque con il secondo capitolo. La soundtrack che vi consiglio questa volta è il tema di Sasuke della prima serie di Naruto. Per trovarlo su Youtube basta digitare "Sasuke's Theme" e il gioco è fatto. Lo avrete sicuramente sentito... Si adatta più o meno a tutte le scene del capitolo, ma l'atmosfera con cui si sposa di più è secondo me quella dell'ultima scena.
Ora vi lascio, non prima di avervi ringraziato ancora per essere qui! Buona lettura... :*




*





Capitolo 2
: La pecora nera



La piccola Terumi aprì leggermente gli occhietti neri. La camera le parve così grande e sfocata al punto da avere la sensazione che non fosse neanche più la sua. Sbatté le palpebre un paio di volte e cercò di mettere a fuoco ciò che vedeva, ma non appena si sforzò di farlo, l’ennesimo violento colpo di tosse le strinse la gola e gliela fece bruciare.
Il silenzio della casa era rotto soltanto dai suoi lamenti, come quasi ogni sera. In quel momento della giornata, la dimora degli Uchiha diventava un luogo più triste. La maggior parte delle attenzioni erano su di lei, Terumi, la più piccola di casa. I suoi lunghi capelli viola erano sparsi sul cuscino e si confondevano con la penombra della sua stanza, mentre il suo viso era pallido come sempre. Stesa sul tatami e coperta da un lenzuolo, la bambina respirava a fatica … e sopportava.
Un tocco morbido e leggero la sorprese. Qualcuno le stava passando un panno umido sulla fronte, asciugandole il sudore.
- Mamma … sei tu?- mormorò lei con un filo di voce.
Sakura si stava prendendo cura di sua figlia, come faceva da sempre. Con sguardo teso e preoccupato, tamponò la fronte e il viso della bimba con quella striscia di stoffa, per poi accostare le mani al suo petto ed emettere un po’ del suo chakra, pulsante e color smeraldo.
- Non sforzarti, tesoro. Vedrai, tra poco il dolore passerà.-
Avvertendo un po’ di sollievo, Terumi aprì gli occhi senza molta difficoltà e girò la testa verso Sakura, annuì e domandò a voce bassissima:
- Mamma, quando potrò andare a giocare con mio fratello?-
- Presto, Terumi.- le sorrise finalmente Sakura. - Se non sbaglio, aveva anche intenzione di allenarsi con te.-
A quel punto anche Terumi riuscì ad allargare un sorriso e disse ridacchiando:
- Che bello!-
Purtroppo, l’uso della voce le provocò un altro attacco di tosse. La madre, che tornò seria e preoccupata, non smise nemmeno per un momento di usare il suo chakra per alleviarle i dolori pettorali e addominali. La bambina, per fortuna, non tossì troppo a lungo e riuscì a respirare di nuovo regolarmente.
Aveva solo tre anni, ma Terumi riusciva a notare tutto. I suoi potentissimi occhi non mentivano.
Anche stavolta la sua mamma aveva lo sguardo fisso nel vuoto e il viso contratto in una smorfia seria. Era ormai di routine vedere quell’espressione sulle facce della mamma, del papà e del fratello più grande.
Terumi Uchiha era nata con un debolissimo sistema immunitario. Dire che fosse cagionevole di salute, era dire poco. I giorni in cui poteva andare a giocare, divertirsi e sorridere senza stancarsi, erano rari come dei giorni di festa. Sembrava proprio che fosse destinata a vivere così, perciò sia lei che la sua famiglia ci fecero l’abitudine.
Se questo rappresentasse un peso per i suoi genitori e suo fratello, Terumi se l’era chiesto a lungo. Grazie all’intelligenza e all’intuito che in qualche modo compensavano la sua poca salute, la piccola aveva capito di non essere una figlia normale e che se il suo corpo fosse stato più forte, lei e la sua famiglia avrebbero avuto una vita migliore. Mamma e papà continuavano a incoraggiarla e a darle tutto l’amore del mondo, ma Terumi non riusciva a fare a meno di pensare che, in fondo in fondo, la sua famiglia soffriva per causa sua.
Quando una notte Terumi sorprese sua madre a piangere a dirotto parlando di lei con il marito, in lei si scatenò un dolore più grande di quelli fisici a cui era abituata. L’idea di far soffrire la sua famiglia era insopportabile e talmente enorme che i suoi occhi non si limitarono a sgorgare lacrime: si trasformarono e presero la forma del famoso Sharingan.
Terumi si era ormai calmata. Sospirando di sollievo, Sakura sorrise e si rialzò in piedi.
- Ora riposati. Vado a prepararti qualcosa di speciale!- fece poi.
L’altra le sorrise di rimando e sussurrò:
- Ti voglio bene, mamma.-
Stava già uscendo dalla camera, quando la madre trasalì e si immobilizzò sul posto. Improvvisamente avvertì un bruciore agli occhi, che le si inumidirono.
- Anch’io, tesoro mio … - mormorò infine con una gran commozione nella voce.
Sakura trovava sempre incredibile la forza di sua figlia. Aveva sopportato le pene dell’inferno fin da quando era nata ed aveva imparato subito a non arrendersi.
Quando la donna si affacciò nel corridoio, vide che ad aspettarla c’era suo marito, Sasuke Uchiha, il capofamiglia. Stava appoggiato con la schiena alla parete, le braccia incrociate sul petto e il solito sguardo pensieroso.
- Ehi, Sasuke.- lo apostrofò lei, asciugandosi le lacrime. - Immagino che tu voglia scambiare due parole con Terumi.-
Staccandosi dal muro, il nuovo responsabile delle forze speciali ANBU – eletto personalmente dal suo migliore amico – disse semplicemente:
- Lasciaci soli un momento.-
Sakura non replicò e lo lasciò passare. Lui aprì la porta e l’espressione seria e concentrata che aveva di solito in viso si tramutò in un piacevole sorriso non appena vide sua figlia.
- Ehi, piccolina!- esclamò, avvicinandosi. - Tranquilla, in un attimo sarai di nuovo in forma.-
Terumi mosse la testa e spalancò gli occhi con felicità, dicendo:
- Ciao, papà. Non vedo l’ora di allenarmi con Shuichi-nii-san!-
Sasuke si sedette accanto a lei e le accarezzò i capelli. Quella bambina era il suo orgoglio. Lottava, lottava e ogni giorno usciva vincitrice dalla sua battaglia con la malattia. Non si arrendeva mai, proprio come le aveva insegnato lui.
- Questo mi fa davvero piacere … - commentò, mentre Terumi si godeva le carezze affettuose del papà.
Perdendosi nella sua solita miriade di pensieri, dopo un po’ Sasuke smise di accarezzarla e la osservò con severità, domandandole:
- Ricordati, che cosa ti ho detto riguardo all’uso del chakra?-
Dapprima stupita, la piccola tacque, ma poi rispose, cantilenando:
- Di non usarlo per guarire più in fretta.-
Il padre aveva dedotto che Terumi, quando prima non riusciva a vedere bene, aveva sentito la tentazione di attivare lo Sharingan per evitare di avere ancora la vista appannata. Tuttavia, nelle sue condizioni, la bambina non poteva permettersi l’uso ricorrente della sua abilità innata, per via del grande consumo di chakra e di energia che lo Sharingan necessitava.
Soddisfatto della risposta della figlia, Sasuke fece per rialzarsi in piedi.
- Bravissima.- commentò intanto. - Risparmialo per il tuo allenamento, mi raccomando!-
Terumi acconsentì con un lieve cenno della testa e un piccolo sorriso, poi, catturata dalla stanchezza, abbassò le palpebre per un breve sonnellino. Rivolgendole un’occhiata apprensiva, il padre chiuse cautamente la porta e trovò Sakura ad aspettarlo con un’espressione rassicurante, che però nascondeva la solita preoccupazione.
- Sakura, pensi che Terumi migliorerà?- chiese lui, avvicinandosi alla donna amata.
Prendendogli le mani in un tentativo di conforto, lei sospirò:
- Non ne ho la certezza, purtroppo. Sono preoccupata anch’io, lo sai … e sai anche quanto mi sto impegnando per trovarle una cura definitiva. Naruto mi ha dato la sua completa disponibilità per qualsiasi cosa che possa aiutarmi allo scopo.-
- Bene.- annuì il ninja. - Spero che Terumi resista il più possibile.-
- Non ti preoccupare, Sasuke. Terumi è forte.- affermò poi Sakura con convinzione, ricevendo un lieve sorriso di approvazione.
Non lo diceva tanto per dire e non si riferiva solamente al fatto che la loro figlia non si arrendeva mai: anche quando si parlava di talento come ninja, Terumi era un fenomeno.
Era già stato eccezionale che sviluppasse lo Sharingan a soli tre anni, ma era altrettanto straordinaria la disinvoltura con la quale Terumi lo padroneggiava così bene. In pochissimo tempo aveva imparato a sfruttare il chakra nel modo giusto, concentrandolo negli occhi, e si rivelò subito un vero portento per quanto riguardava le arti illusorie, al punto che inizialmente ipnotizzava le persone senza nemmeno farlo apposta. Quando un avversario cadeva vittima di una sua illusione, i tomoe che si irradiavano dal centro delle sue pupille parevano persino ruotare. E non c’era alcuna via di scampo.
Considerate le abilità della piccola Terumi, Sasuke fu il primo a dimenticare le difficoltà della malattia e il peso che questa potesse rappresentare per la famiglia. Se tutti quei sacrifici avevano portato ad un risultato del genere, allora ne era valsa la pena; ciò pensava lui e a seguire la moglie e il figlio maggiore.
Dopo aver delicatamente baciato il marito su una guancia, Sakura si congedò dicendo:
- Vado ad occuparmi della cena … -
L’altro annuì, più sereno. Aveva già dimenticato la sua apprensione verso Terumi, quando una figura familiare piombò nel corridoio e fece per allontanarsi a passo veloce.
- Fermati un attimo, tu!- esclamò Sasuke, risoluto come solo lui sapeva essere.
Quell’ombra si bloccò di scatto. Due grandi occhi, verdi e tremanti come le foglie di Konoha, osservarono Sasuke.
- … Sì, papà?-
Shuichi Uchiha, il primogenito della famiglia, si girò completamente verso il padre, scuotendo l’abbondante chioma di capelli neri che aveva.
Il ninja si mise a braccia conserte e domandò, come se stesse iniziando la prima fase di un lungo interrogatorio:
- Che stai facendo?-
Il bambino passò distrattamente una mano tra i capelli ed esitò prima di rispondere.
- Oh, niente … - divagò con imbarazzo. - Stavo solo andando fuori.-
- Mmh.- fece Sasuke con sguardo inquisitorio, mentre il figlio lo fissava con soggezione, poi proseguì: - Dove sei stato oggi?-
Il piccolo cominciò ad avvertire il sudore freddo sulle tempie e balbettò:
- Ecco, son-sono stato in giro … Mi sono arrampicato un po’ sugli alberi … -
Sasuke sospirò a bocca chiusa, immobile e rigido come una roccia. La sua espressione severa non accennava a cambiare. Shuichi lo sapeva bene e si limitò a tacere, attendendo una risposta con il cuore in gola.
Aveva sempre provato una certa soggezione nei confronti del padre. Ogni volta che lo vedeva, non poteva non pensare alle voci che circolavano sul suo conto, sul suo passato tormentato, sul ruolo autoritario che aveva ora nel villaggio. Più lo guardava, più si paragonava a lui, sentendosi sempre più minuscolo. Quando Sasuke attivava lo Sharingan, poi, la soggezione si tramutava in vero e proprio terrore.
Qualche istante più tardi, il padre sentenziò:
- Domani, quando torno, ci alleniamo sugli shuriken. Non vorrei che ti fossi già arrugginito.-
- D’accordo.- mormorò l’altro, tornando finalmente a respirare.
Il bambino si stava già girando per andarsene, ma la voce del papà lo fece sobbalzare e gli bloccò ogni movimento.
- Ah, un’altra cosa.-
Il battito cardiaco accelerò. Con gli occhi sbarrati dalla paura, il piccolo si voltò lentamente, tremando. Non ebbe nemmeno il coraggio di guardarlo nei suoi potenti occhi.
- Hai promesso a tua sorella che dopo la sua guarigione vi sareste allenati insieme … Cerca di non dimenticartelo.-
Queste parole si fissarono ben bene nella mente di Shuichi, che annuì flebilmente e rispose a bassa voce:
- Certo, papà.-
Sapendo che Sasuke non l’avrebbe più ripreso, si allontanò sospirando di sollievo, avvertendo però ancora quello sguardo che in silenzio l’osservava. Il piccolo Uchiha uscì e percorse il vialetto di casa con passi piccoli e lenti, quasi barcollando. Quando giunse al muretto che dava direttamente sulla strada, spiccò un salto e ci si sedette, raccogliendo le ginocchia al petto come per nascondere il viso in mezzo ai tanti capelli neri che aveva.
“E’ colpa mia”, pensava sempre.
Per quanto si sforzasse, non riusciva a ricordare molto bene il sorriso del papà. Non ricordava che gli avesse mai detto “ti voglio bene” o “sono fiero di te”. I piccoli trionfi da bambino che Shuichi voleva condividere con lui non gli bastavano per ottenere da lui un po’ di vero affetto. Aveva la sensazione che tutto quello che già faceva non fosse mai abbastanza. Sasuke voleva di più.
Tuttavia, Shuichi non si sarebbe mai permesso di pensare che suo padre pretendesse troppo. Naturalmente, da fratello maggiore, era costretto a dare il meglio di sé per Terumi, aiutarla e proteggerla. Ma oltre a dover essere un fratellone premuroso, lui era il primogenito del clan Uchiha. Era d’obbligo essere il migliore, proprio come il papà lo era stato anni prima.
Shuichi sapeva di avere un cognome famoso, per un motivo o per l’altro. Tutti dovevano portare un gran rispetto per gli Uchiha, secondo Sasuke, e ciò non sarebbe stato possibile se un membro del clan non fosse stato degno di chiamarsi tale. Il piccolo ce la metteva tutta, eppure suo padre continuava a sentirsi quasi offeso, ogni volta che pensava al figlio e al fatto che ancora non aveva risvegliato lo Sharingan, mentre la sua sorellina di tre anni già lo sapeva utilizzare. Non aveva ancora svelato un talento particolare, non aveva nulla che avessero i suoi antenati. Sasuke era ansioso di far rivivere il clan, ridandogli la gloria di un tempo, onorando la memoria dei grandi Uchiha del passato come il fratello Itachi … e invece, con un figlio del genere, sapeva di non poterci riuscire. Trovava sempre qualcosa da rimproverargli, non era mai soddisfatto.
Ma a lui, al piccolo Shuichi, andava bene così.
In fondo, cosa poteva volere di più un bambino, se non la felicità dei genitori? Ogni cosa che faceva era una sfida, un pretesto, un’occasione per dimostrare il suo valore e rendere Sasuke orgoglioso di lui. Eppure, di solito, falliva. La ragione non era poi così difficile: il piccolo Shuichi era di indole pacifica e non avrebbe fatto del male a una mosca. La sua infinità bontà e lo splendore del suo cuore lo rendevano diverso da tutti gli Uchiha che lo avevano preceduto e dall’oscurità che aveva caratterizzato la storia del suo clan. Non era il figlio che Sasuke avrebbe voluto, non era nato all’altezza delle sue aspettative.
E proprio quando, poco prima che iniziasse a frequentare l’Accademia Ninja, Shuichi stava per incupire il suo carattere e tirare fuori l’aggressività e la forza che secondo suo padre lo avrebbero probabilmente reso degno di essere un Uchiha … un incontro del tutto casuale, senza che lui se ne rendesse conto, gli avrebbe di lì a poco cambiato la vita.
 
Persa nei suoi pensieri, la piccola non si accorse subito di lui.
Teneva la mano ad entrambi i genitori, felice come una pasqua. Non vedeva l’ora di arrivare a casa e farsi una bella scorpacciata di ramen; fortuna che la mamma aveva promesso di cucinarlo!
Le strade erano quasi vuote e tutta Konoha si avvicinava al suo riposo notturno. Eri iniziò a guardarsi in giro, stupita di come il villaggio potesse ammutolirsi così tanto. Lo sguardo le si posò su un bambino accucciato su un muretto, dall’enorme chioma di capelli neri e gli occhi insolitamente chiari per un tipo del genere.
No, non erano dei semplici occhi più chiari del normale. Erano gli occhi più tristi che Eri avesse mai visto.
La bambina non riuscì nemmeno a definire lo stato d’animo che quel ragazzino potesse avere. Pareva tristezza, ma forse non era esattamente così. Forse, forse c’era qualcos’altro.
Quegli occhi miravano a terra, su un punto impreciso della strada, eppure sembravano dover esplodere da un momento all’altro, da quanto aiuto chiedevano. E l’unica ad essersene accorta era lei, Eri, che si soffermò a fissare quell’espressione sconsolata nonostante dovesse continuare a camminare.
La sua curiosità la portò a porsi mille domande senza risposta. I pochi attimi in cui poté vedere chiaramente gli occhi di quel bambino furono interminabili. Qualcosa la colpì, dritto in fondo al cuore. Uno strano impulso, una sensazione che d’istinto la fece fermare sul posto.
Naruto e Hinata, stupiti, restarono a guardare la figlia. Stavano per chiederle spiegazioni, ma videro una scintilla particolare nel suo sguardo e sul momento non seppero cosa dire.
- Potreste aspettarmi qui un minuto?- mormorò Eri, supplicandoli e avvicinando le mani al cuore.
Non conoscendo ragioni per dissentire, i due annuirono e la osservarono sorridere e poi cominciare a correre verso quel bambino, che ancora non avevano notato.
Shuichi non si era accorto di lei, o meglio, non ci aveva fatto molto caso. Solo quando Eri smise di correre e gli si impalò di fronte, sollevò la testa per capire cosa stesse succedendo.
Una graziosa, anzi, meravigliosa bambina dai lunghi riccioli d’oro e due splendidi occhi celesti gli stava sorridendo, tenendo le mani dietro la schiena.
“Chi è questa ragazzina così bella?” si ritrovò a chiedersi lui, diventando leggermente rosso.
Soddisfatta di aver ottenuto la sua attenzione, Eri si decise a fargli la sua domanda:
- Ciao! Perché te ne stai qui tutto solo?-
Shuichi voleva risponderle, ma si limitò a sbattere le palpebre, meravigliato. Gli risultava ancora difficile credere a ciò che gli stava accadendo.
Lei non badò molto alla sua reazione e amichevolmente proseguì:
- Il mio nome è Eri Uzumaki … e tu come ti chiami?-
Ripresosi dallo shock iniziale, l’altro scosse la testa e allo stesso tempo gli esagerati capelli.
- Io … mi chiamo Shuichi Uchiha.- disse poi, incuriosito.
- Uchiha?-
Eri smise di sorridere e, sorpresa di sentire quel cognome non esattamente nuovo, lo guardò sbigottita. Il cambio di espressione fece preoccupare il piccolo Shuichi, che temette di fare brutta figura come al solito, solo perché il clan Uchiha era conosciuto da molti come un clan maledetto e martoriato da tragedie su tragedie.
- Ma allora il tuo papà è amico del mio!- esclamò poco dopo lei, ricordando di aver sentito quel cognome proprio dal padre. - Forse anche tu ed io potremmo essere amici.-
Ancora più meravigliato, Shuichi balbettò:
- Cosa? D-Dici davvero?-
- Sì!- confermò Eri con un sorriso smagliante.
Che piacevole calore nel cuore sentiva ora il piccolo Shuichi!
Non aveva mai ricevuto tanti sorrisi e tanta attenzione incondizionata da qualcuno che non fosse un familiare. Durante le sue giornate se ne stava da solo a gironzolare per il villaggio e per la foresta circostante; gli alberi e le facce degli Hokage scolpite nella pietra parevano le sole cose che davano ascolto ai pensieri del bambino.
Almeno fino a quel momento.
Gli occhioni verdi gli si illuminarono e un sorriso enorme si dipinse sul suo volto.
- Va bene.- disse, alzandosi in piedi. - Da adesso in poi, saremo amici!-
Aveva pronunciato quella frase con una felicità immensa. Eri era la sua prima vera amica e senza che lui se ne fosse accorto, poiché era ancora piccolo, gli aveva appena salvato la vita.
Ormai il cielo era violaceo e le prime piccole stelle arrivarono ad anticipare la notte, ma le risate dei due bambini splendevano come il sole. I due ancora non riuscivano a credere di aver fatto amicizia così facilmente.
Forse era proprio destino.
 
 

 
 
 
 
 
 
 
 *




Rieccomi qua per l'immagine del capitolo, sempre una fanart! Appena l'ho vista ho subito identificato nel neonato il piccolo Shuichi, non trovate anche voi? *-*

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Benissimo. Spero di avervi messo ancora curiosità tanto da spingervi ad attendere e poi leggere il prossimo capitolo... Aspetto le vostre recensioni!
Arigatou minna <3

Eliot ;D
 
   
 
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