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Autore: _Pandora_    28/07/2014    2 recensioni
-“Oh Blader che mi avete sconfitto, io vi condanno! Da questo momento in poi voi non sarete più gli stessi! Non verrete più elogiati per la vostra bravura, perché se rivelerete chi siete ai vostri Fan, non sarete creduti e cadrete nelle Tenebre!”- recitò ad alta voce. Poi dopo pochi istanti di silenzio concluse –eh sì, è proprio una maledizione-
-lo sapevo!- esclamò Chao-Xin.
-certo anche voi, andare a rompere le scatole ad una strega… ve la siete cercata-
-proprio perché era una strega andava sconfitta subito- disse Tsubasa.
Gli occhi di Atena si illuminarono –eh sì, hai proprio ragione- disse cercando di non sbavare.
-allora, ci aiuterai?- domandò Nile scansando tsubasa da davanti agli occhi di Atena per farla riprendere.
Lei corrucciò le sopracciglia –ehm… fammi pensare… no- rispose sorridendo tranquilla.
Genere: Comico, Sentimentale, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shoujo-ai, Crack Pairing | Personaggi: Altri, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: Missing Moments, OOC | Avvertimenti: Gender Bender, Tematiche delicate, Violenza
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Cap. 13: Gridò
 
Atena tirò su col naso, mentre camminava a passo sostenuto lungo la stradina laterale nella quale si era andata ad infilare.
Si sentiva fiacca, tanto fiacca, molto di più rispetto a dopo aver incontrato Benkei.
Tutto perché aveva litigato con Kyoya.
Perché quello era un litigio, no?
No, forse era solo lei che lo vedeva come tale, soprattutto a causa delle sue emozioni.
In realtà era stato un battibecco come tanti altri, e come al solito ad essere ferita era stata lei.
Sospirò.
Quel mondo non era fatto per lei.
Sembrava che tutti le volessero male e la volessero far soffrire.
Si perse nei ricordi, alla ricerca di un momento davvero felice.
Sorrise nel constatare che erano parecchi, ma il suo sorriso si spense quando si rese conto che in confronto ad essi, i momenti tristi e dolorosi erano molti di più.
Interruppe il suo passo, rimase immobile al centro di quel vialetto cupo e sinistro per interminabili secondi.
Scosse il capo con vigore: no, non si sarebbe depressa!
Aveva appunto passato momenti molto peggiori rispetto a quello, il suo cuore era stato ferito più profondamente tante altre volte, dunque non c’era motivo di abbattersi davanti ad una sciocchezza simile.
-Forza Atena, metticela tutta- si disse, stringendo un pugno con forza.
Riprese a camminare ma… di nuovo si bloccò.
Si guardò intorno, squadrò ogni singolo oggetto che la circondava, dal secchione della spazzatura ai muri imponenti delle case.
Corrucciò le sopracciglia confusa, e si accarezzò il mento pensierosa.

-Dove sono?-
 
-Uffa Tsubasa, dovevi proprio svegliarmi?- si lamentò Yu scocciata –Stavo facendo un così bel sogno…-
Tsubasa sospirò, era la quinta volta che le diceva la stessa frase.
Stava forse cercando di farla sentire in colpa?
E dire che era anche stata delicata, e non l’aveva neppure scossa.
-Sì- rispose, di nuovo.
Finalmente le porte dell’ascensore si aprirono, offrendole una via di fuga.
La più piccola sbuffò –Almeno l’hai fatto per un motivo preciso?-
-No-
Se non altro, aveva cambiato domanda.
Yu gonfiò le guance.
Non solo l’amica l’aveva svegliata mentre sognava di diventare il campione del mondo di Beyblade, ma l’aveva persino fatto senza un motivo preciso.
In più la stava pure trattando male, con le sue rispose apatiche e monosillabiche.
L’afferrò per un braccio.
No, non si sarebbe fatta trattare così.
Lei era un genio, figurarsi se permetteva una cosa simile.
-Ne*, Tsubasa. Andiamo a fare colazione insieme?- domandò con l’espressione più cucciolosa che poteva fare.
-No-
Yu spalancò gli occhi sconvolto.
L’espressione più dolce del suo repertorio non aveva funzionato?
Impossibile, una cosa del genere…
Una lampadina si accese velocemente sulla sua testa, chiarendo la sua confusione.
“Difficile che funzioni se non mi guarda nemmeno” pensò con una gocciolina che gli scendeva dietro la testa.
Bhé, se non voleva guardarla, allora l’avrebbe costretta lei.
Con uno scatto le si piazzò davanti, impedendole di fare un altro passo.
-Perché no?- domandò facendo ricorso alle sue incredibili capacità di recitazione –Ti da forse fastidio la mia presenza?-
Tsubasa, che in quel momento la pensava esattamente così, si trattenne dal dirglielo in faccia.
Ok, Yu quel giorno era piuttosto petulante, ma non per questo doveva trattarla male.
Si chinò verso di lei e le scompigliò i capelli con una mano –Ma che dici. E’ solo che l’ho già fatta prima- la rassicurò, usando un tono il più dolce possibile.
Yu sbatté gli occhioni sorpresa: wow, ogni tanto anche Tsubasa sapeva tirar fuori della espressioni davvero… Non sapeva neppure come definirla!
Non se n’era mai accorta prima, chissà perché.
Forse, ora che era diventata una ragazza, cose del genere erano più evidenti.
Scosse mentalmente il capo.
Non poteva distrarsi, non doveva perdere di vista l’obbiettivo.
-Quindi devo andare da solo…?- mormorò abbassando lo sguardo.
L’albina inclinò il capo da un lato, sorpresa, gesto che non sfuggì alla più piccola.
-Bhé, se proprio non vuoi andare da solo…- cominciò a dire, rimettendosi dritta.
Da nascosta sotto la frangia, la blader sotto il segno della bilancia sorrise.
Era…
-… forse se ti sbrighi fai ancora in tempo ad incrociare Madoka e Ginka- concluse, convinta.
… fatta?
Alzò lo sguardo e la fissò a metà tra il confuso e lo sconvolto.
Tsubasa continuò a parlare –Sono andati a fare colazione proprio mentre salivo a chiamarti. Magari sono ancora lì-
Yu non seguì minimamente il suo ragionamento, troppo impegnata a cercare di capire cos’era appena successo.
Possibile?
Possibile che non fosse caduto nella sua trappola?
Oh, ma andiamo! Chiunque avrebbe capito che voleva essere accompagnata!
Chiunque!
Era evidente, visto le espressioni zuccherose che aveva tirato fuori!
Davvero Tsubasa non aveva capito?
Ma se era geniale quasi quanto lei!?
Ma allora… Non voleva capire!
Sì, doveva essere per forza così.

No dai, era impossibile.
Si trattava di Tsubasa infondo.
Lei era troppo buona anche solo per pensare una cosa simile.
E poi sembrava sincera…
-Allora, non vai?- la voce dell’albina interruppe bruscamente il flusso dei suoi pensieri, riportandola alla realtà.
-Eh?-
-Ho detto “Non vai?”. Rischi di perderli sennò- insistette.
-Ah. Sì. Ok- adesso era lei che rispondeva per monosillabi.
Quasi meccanicamente si voltò e si diresse a passo lento verso la sala adibita alla colazione, voltandosi ogni tre metri per controllare cosa facesse la compagna.
Quella la salutò con una mano, poi, non appena fu scomparsa dalla sua visuale, si lasciò andare in un sospirò.
-Chissà perché oggi Yu aveva un qualcosa di insopportabile- disse ad alta voce, stirandosi la schiena.
Forse era perché l’aveva svegliato prima… Bha!
Chi se ne frega.
Diede una fugace occhiata in giro, mentre con la mente ricordava dove fossero spariti tutti i suoi compagni, ora compagne: Nile non si era ancora alzata, Kyoya se ne era tornata in camera (ne sei sicuro?), Madoka, Ginka e Yu erano a fare colazione, DaShan e Chao-Xin probabilmente erano andati ad allenarsi, Masamune era a letto con le vertigini e Atena era scomparsa.
“Bhé” si disse, facendo spallucce “Se davvero sono tutti impegnati, allora ho un po’ di tempo da passare per conto mio”
Sempre che Atena non fosse comparsa dal nulla per riprendere “l’appuntamento”.
No, era improbabile.
O almeno lo sperava.
Dunque, senza esitazione, varcò la porta dell’albergo e uscì a fare una passeggiata.
Da sola.
 
-Tsk, che nervi-
Kyoya diede l’ennesimo calcio alla lattina che la stava accompagnando durante il tragitto di ritorno in albergo.
Aveva l’umore davvero nero in quel momento.
Non solo perché era stato costretto a cambiarsi (di nuovo) e ad usare quella roba femminile, ma anche perché si era fatto aiutare da Atena e ora, in cambio, doveva aiutarla con Tsubasa.
Non che gliene fregasse più di tanto della diretta interessata.
Per lei era una come tante altre, se anche fosse finita tra le spire della svitata non le avrebbe fatto tanto differenza. (Grazie mille, sei un amico -.- NdTsubasa)
Era solo che non le andava davvero giù di dover dare una mano a quella squinternata! (Wow, questa mi mancava -_- NdAtena)
-Grr… Maledetta!-
Colpì di nuovo la povera lattina, stavolta con più vigore.
Quella volò in alto, e descrisse una parabola nel cielo.
*CRASH* fece il vetro che colpì in pieno.
La verde spalancò gli occhi scioccata, il proprietario del bar dalla finestra abbattuta fece lo stesso.
Ops…
Kyoya deglutì, accennando un mezzo passo all’indietro.
Quando il padrone fece per voltarsi verso di lei, la sua espressione era decisamente cambiata: eh sì, era davvero incazzato.
Peccato che, davanti a lui, c’era solo la polvere lasciata dalla fuga improvvisa della blader.
-Razza di teppista! Se ti prendo…!- esclamò correndole dietro.
E quando una forte fitta alla pancia la fece quasi rallentare, la leonessa si chiese per l’ennesima volta in quella giornata, per quale assurdo motivo si era alzata.
 
Guardò a destra, guardò a sinistra.
Niente.
Non vedeva assolutamente nulla di familiare.
-Mi sa che mi sono persa…- (no, guarda… -.- NdKyoya) mormorò continuando a guardarsi intorno.
Fosse stata una persona normale si sarebbe fatta prendere dal panico e avrebbe cominciato a correre sperando di arrivare in un posto conosciuto, o magari avrebbe usato il cellulare per chiamare qualcuno che la aiutasse a tornare all’albergo.
Ma no, Atena non era una persona normale.
Anzi…
Fece spallucce –Poco male. Una volta in più, una in meno…- si disse, riprendendo a camminare.
Per la cronaca, non era la prima volta che si perdeva.
Al contrario, quella era la routine.
Non è che non avesse senso dell’orientamento, semplicemente era talmente sfortunata da riuscire a perdersi anche nei quartieri che conosceva bene.
Alla fine, quella era semplicemente una delle tante volte, quindi che motivo c’era di agitarsi?
L’unica cosa che rischiava era di deprimersi, soprattutto perché già da prima aveva l’umore sotto le scarpe.
Ma no, non l’avrebbe fatto.
Sarebbe rimasta positiva e avrebbe risolto il problema in quattro e quattr’otto.
Infondo, che ci voleva a tornare in albergo da... lì?
Velocizzò l’andatura, giusto per raggiungere in fretta la fine di quell’angusto vicolo.
“Ma dov’è l’uscita?” si chiese in automatico, vedendo che il panorama non cambiava.
Possibile?
Possibile che fosse finita nell’unica stradina sgradevole e cupa di lunghezza pari ad un’autostrada?
No dai, non era così sfortunata… Vero?
“C’è di peggio” si rassicurò “Per esempio potrei imbattermi in un vicolo cieco e non sapere più che fare per-”
Manco aveva finito la frase che ecco apparire dinanzi a lei un ostacolo.
Imponente, maestoso… Il più possente muro che lei avesse mai visto (in realtà non è che fosse poi così alto. Saranno stati tre metri al massimo, solo che lei in quelle circostanze lo vedeva un po’ deformato ^-^’’’’ NdPandora).
-Ma non è giusto…- si lamentò ad alta voce, un po’ con il muro, un po’ con sé stessa.
Scansionò rapidamente la zona e constatò che, oltre a lei, qualcun altro era finito nella trappola del vicolo cieco. (Maddai! Ti pare che sono tutti cretini come te? -.- Se stanno lì ci sarà un motivo. NdKyoya)
Un sorrisetto le si accese sul viso, finalmente qualcun a cui poter chiedere indicazioni (no comment NdKyoya)
-Ehi, scusate!- li chiamò a gran voce.
Quelli, che erano all’incirca in dieci, si girarono tutti insieme contemporaneamente.
Non badando ai vestiti di pelle borchiati, alle cicatrici inquietanti, alle creste da moicano, alle spranghe che avevano in mano e ai sorrisini beffardi che le lanciavano, l’intrepida quanto ingenuotta Atena si avvicinò loro a passo svelto.
Per lei, infondo, quelli erano “normalissimi” cittadini.
Che c’era di strano ad incontrare dei “normalissimi” compaesani borchiati in un poco raccomandabile vicolo cieco?
-Scusate- ripeté non appena fu loro vicino –Sapete mica da che parte è la Via Principale?- domandò cordiale.
Quelli la squadrarono da capo a piedi, soffermandosi su seno e gambe sode.
E ghignarono.
-Certo che lo sappiamo- rispose uno dei tanti.
A giudicare dall’aria autoritaria doveva essere il capo del gruppo.
Era un ragazzo alto e slanciato, dal fisico possente e muscoloso, aveva i capelli abbastanza lunghi, lisci e neri, e gli occhi di un viola scuro, tendente al nero; indossava dei pantaloni in pelle neri borchiati, in tinta con il giacchetto dello stesso materiale, e una t-shirt scura.
-Davvero?- insistette lei trattenendo a fatica l’euforia.
Quella sarebbe stata la prima volta che si perdeva per soli cinque minuti.
-Sì, ovvio- la rassicurò quello, senza smettere di fissarla –Se ci dai un attimo ti accompagniamo, stiamo finendo di fare una cosa-
Atena annuì energicamente, e si mise in attesa.
Quando però vide che il ragazzo tanto cordiale con cui aveva parlato dava un calcio a un suo coetaneo steso a terra (che prima non aveva visto perché circondato dal gruppo), capì finalmente che qualcosa non andava.
-Ahem, che succede?- domandò confusa, senza capire cosa stava succedendo.
O forse in realtà l’aveva capito, ma faticava a crederci.
Una dei tanti, un tipo tozzo con una vistosa pettinatura da moicano fucsia e un paio di occhiali da sole, si voltò –Questo qui ha infranto una delle nostre regole basilari e ci ha tradito- spiegò dandogli un colpetto con il piede e facendolo gemere di dolore.
La bluetta corrucciò le sopracciglia –Ed è un buon motivo per picchiarlo?-
Seguirono delle risate cattive, malate.
Sì, c’era decisamente qualcosa che non andava.
Ecco spiegato perché aveva trovato qualcuno disposto ad aiutarla in poco tempo: era finita dalla padella alla brace.
Evitò di schiaffarsi una mano in faccia in preda alla disperazione del momento solo per non dare nell’occhio.
E meno male che lei era la Sensei colta e preparata che non si faceva mai mettere nel sacco da nessuno “lupo”!
Si era incastrata da sola come un cretina!
Dov’era finita la fede nei detti di cui si vantava tanto?
Sì, perché se c’era qualcosa che avrebbe potuto impedirle di finire quella situazione, era dare ascolto al detto “Meglio solo che male accompagnato”.
E invece no.
Lei, povera e debole ragazzetta di città, persa in un malefico vicolo cieco, era andata a chiedere aiuto a una banda malfamata.
Ma proprio dei teppisti doveva incontrare?
Sospirò pesantemente, lo sguardo le cadde sul vestitino elegante che ancora indossava.
No, non era “dalla padella alla brace”, ma “dalle stelle alle stalle”.
Chissà che stava facendo Tsubasa in quel momento…
Persa nei suoi pensieri, per poco non si accorse che quei dieci violenti avevano ricominciato a picchiare quel poveraccio.
“Come possono?” si chiese Atena con disgusto “Come possono picchiare con tanta cattiveria quello che fino a poco tempo fa era un loro compagno?”
Strinse i pugni.
Non poteva semplicemente stare a guardare, se ne sarebbe pentita per tutta la vita.
Doveva agire.
Scattò in avanti e diede un forte spintone a due del gruppo; quelli, colti alla sprovvista, caddero a terra, trascinandosi dietro almeno altri tre compagni.
La bluetta allora si scagliò sul ragazzo steso a terra, lo afferrò per un braccio e cominciò a trascinarlo.
-Alzati in piedi, sennò sei spacciato- lo incitò secca e quello, mentre veniva trascinato, si sollevò a fatica sulle gambe e seguì il suo passo svelto.
Quel folle salvataggio improvvisato venne però tempestivamente bloccato da una mano, una mano enorme e crudele che le afferrò i lunghi capelli color indaco e la tirò indietro, e infine le premette la testa a terra con violenza.
Quando sentì il duro contatto con l’asfalto, Atena capì che fino a quel momento Kyoya c’era sempre andato piano con lei; dimentica di tutti i problemi, probabilmente a causa dello stordimento dovuto alla botta, le venne quasi da piangere a quella consapevolezza.
Tornò in sé quando la stessa mano che l’aveva placcata, sempre tenendola per i capelli, la sollevò facendola mettere in ginocchio.
Non riuscendo a respirare bene, la ragazza temette di essersi rotta il naso, ma non potendo constatarlo, decise di non pensarci.
Con l’unico occhio funzionante (vi ricordo che uno degl’occhi di Atena è gonfio e bendato a causa delle botte ricevute da Kyoya NdPandora) cercò il ragazzo che aveva tentato invano di salvare; lo vide riverso su di un fianco a pochi metri da lei, immobile.
“Dannazione…” pensò digrignando i denti.
Seguendo il suo sguardo, il teppista che la teneva sollevata capì di essere ignorato, e la cosa non gli fece affatto piacere.
Le scagliò un violento pugno all’altezza dello stomaco: sì, ottenne tutta la sua attenzione.
-Non ignorarmi ragazzina!- le gridò contro visibilmente scocciato, mentre quella si stringeva le mani sulle pancia cercando non si sa bene come di acquietare il dolore.
Gli altri delinquenti arrivarono di corsa tutti trafelati.
-Ottimo lavoro boss- disse uno, e finalmente Atena mise a fuoco l’immagine della persona che la teneva bloccata: era lo stesso che si era dimostrato gentile con lei quando aveva chiesto indicazioni, quello che aveva identificato come capo banda.
“Va male…” si disse.
Ed era vero, peggio di così non poteva andare.
Tutto perché si era intromessa.
Ma infondo, che altro poteva fare se non aiutare quel poveraccio?
Scappare via una volta capita la situazione non era nel suo carattere, e poi quel tizio rischiava di morire per percosse.
Aveva fatto la cosa giusta, decisamente.
Ma ora… ne avrebbe pagato le conseguenze.
Consapevole di essere praticamente spacciata, e non avendo la lucidità mentale per escogitare un piano di fuga, riuscì a fare solo una cosa: gridò.
Gridò come non aveva mai fatto prima.
Gridò con tutto il fiato che aveva in corpo.
Gridò anche se la gola le faceva male.
Gridò anche se sapeva che, come al solito, nessuno avrebbe ascoltato la sua richiesta d’aiuto.
Gridò perché la speranza è l’ultima a morire.
Gridò perché lì da qualche parte in quel quartiere c’erano i suoi migliori amici e, forse, loro l’avrebbero ascoltata.
-AAAAAAAAAAAAAAHHHHHHHHHHHHH!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!-
Non gridò nessun nome, perché anche se aveva paura e voleva essere salvata… Nel suo cuore rimaneva prepotente la preoccupazione per i suoi compagni.
No, non li avrebbe messi in pericolo con quei brutti teppisti, soprattutto ora che erano tutte donne.
Se fosse stata fortunata sarebbero arrivati lo stesso, altrimenti…
 
Kyoya sollevò la testa di scattò e bloccò la sua corsa.
Da quando aveva fatto quell’allenamento speciale sulla montagna, i suoi sensi si erano affinati notevolmente, al punto di sentire una risata a un miglio di distanza.
Quella però non era una risata.
Quello era un grido disperato, peraltro di una persona conosciuta.
-Svitata…- mormorò, con un velo di preoccupazione nella voce.
-Fermati!!!- un altro grido, alle sue spalle, lo fece voltare.
Emise un verso stizzito: niente da fare, quel barista non ne voleva proprio sapere di lasciarla stare.
Digrignò i denti, a causa delle sue condizioni non riusciva proprio a seminarlo.
Purtroppo avrebbe dovuto sbarazzarsi di lui prima di correre in soccorso della compagna, altrimenti la faccenda sarebbe diventata troppo complicata.
Riprese a correre, cercando di guadagnare un po’ di vantaggio “Resisti, Atena”.
 
*Ne = messo infondo alle frase vuol dire “Eh”, in questo caso significa “Ehi”.







.: Angolo dell'Autrice :.

Ehilà, salve a tutti e buone vacanze!
Bella l'estate, eh? Anche se il tempo sta facendo un pò i capricci :/
Scusate il ritardo nell'aggiornare *inchino*
Comunque stavolta sono parecchio soddisfatta del contenuto u.u 
Mi spiace un pò per Kyoya *ride sotto i baffi* e soprattutto per Atena :(
Il titolo del capitolo è provvisorio, se me ne verrà in mente uno migliore lo cambierò, accetto suggerimenti.
Un bacio

_Pandora_
  
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