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Autore: TheStoryteller    06/08/2014    7 recensioni
Dieci anni dopo il suo arrivo a Volterra con l'intento di salvare Edward, Bella ha perso ogni memoria del proprio passato e, vampira, è divenuta parte della Guardia dei Volturi. Offuscata da una coltre di menzogne si appresta ad usare i suoi talenti per regalare ai suoi Signori la vittoria di una guerra della quale non conosce davvero le trame, che la condurrà verso i propri ricordi e alla scoperta di una verità antica che sconvolgerà l'intera Corte di Volterra.
"Fuoco ardente che divampa e divora le membra duttili.
Si ciba di sospiri spenti.
Porta con sé ricordi di dolori e gioie, di risa e pianti.
Due occhi amorevoli mi osservano e poi scompaiono nei meandri del sonno eterno.
Chi sei?
La domanda si dissolve nel buio tormentato di una notte senza ritorno"
Genere: Mistero, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Alice Cullen, Demetri, Edward Cullen, Isabella Swan, Volturi | Coppie: Bella/Edward
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: New Moon
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Dopo un'assenza tanto prolungata credo non ci sia molto che posso dirvi...
Le giornate sembrano essere sempre troppo brevi, gli impegni aumentano e per qualcosa purtroppo non avanza il tempo. 
Riesco raramente a ritagliarmi qualche spazio da dedicare alla scrittura, ma quando lo faccio (come adesso che sono in ferie) ritorno sempre alle mie storie con immenso piacere: è per questo motivo che continuo aggiornarle, pur consapevole degli anni che passano e della mia difficoltà nel portarle a termine. 
Comprendo comunque perfettamente il vostro dispiacere per l'assenza di aggiornamenti e mando un caro saluto a coloro che, stanchi delle infinite attese, si sono arresi e hanno abbandonato la lettura.

Ringrazio Ciaspola che mi incoraggia sempre a tornare, nonostante tutto. 
Sei una lettrice davvero preziosa. 


Thestoryteller

Volterra, 18 maggio 2016
Demetri
 
 
L’aria fresca del mattino fluiva dalla finestra semiaperta e induceva i tendaggi ad un ondeggiare ipnotico e rilassante, un perfetto sfondo all’immagine di Isabella seduta al pianoforte, intenta a suonare una melodia lenta e vagamente malinconica.
Mi poggiai allo stipite della porta e la osservai per un po’, in silenzio.
I boccoli scuri le cadevano sulle spalle velate da una camicia da notte leggera, lunga fino alle caviglie, le incorniciavano il profilo concentrato, creando un piacevole contrasto con la pelle diafana e il bianco del vestito. Teneva gli occhi chiusi e il mento alto, nella più totale noncuranza dello spartito che doveva conoscere a memoria.
Non le avevo mai sentito eseguire quelle note prime d’allora…
Un sorriso inconsapevole le curvò leggermente le labbra rosee e piene, facendomi incuriosire quel tanto che bastava a convincermi a disturbarla. “È molto bella” commentai, facendola riscuotere.
La melodia si spezzò in un paio di accordi stonati. Isabella si volse appena nella mia direzione, dedicandomi uno sguardo solo in parte sereno. “Non ti ho sentito arrivare”.
Percorsi i pochi passi che ci separavano e mi sedetti dietro di lei sul sedile. Le cinsi delicatamente la vita in un abbraccio e le poggiai il mento sulla spalla. “Suona ancora ma belle. Mi piace ascoltarti”
Isabella sospirò e, con una mossa gentile ma risoluta, mi allontanò quel tanto che le serviva per riuscire a guardarmi negli occhi. “Dobbiamo parlare”.
Era inquieta, molto più di quanto avessi immaginato.  
Le sorrisi e la tirai nuovamente verso di me, vincendo le sue resistenze. Le feci scivolare le mani intorno alla vita, e posai appena le labbra sulla pelle lasciata scoperta dalla spallina cadente del vestito. “Non ho idea del motivo per cui Aro mi abbia nominato comandante” le raccontai, certamente indovinando quale fosse l’origine delle sue preoccupazioni. “Ha in mente qualcosa, ma non ho ancora scoperto niente al riguardo. Ho informato Marcus, stiamo cercando di venirne a capo...”
Rimase in silenzio per un po’, prendendo il tempo per soppesare le mie parole e trarne le proprie conclusioni. “Cosa c’è dietro alla campagna in Nord America?” chiese e la sua voce aveva già assunto una nota più dolce. La tensione sulle spalle si era leggermente allentata e i muscoli del collo si erano rilassati sotto il tocco appena sfiorato delle mie labbra.
“Molto più di quanto si possa credere. C’è un particolare Clan in Nord America che sta acquistando sempre maggiore notorietà” le accennai senza distogliere l’attenzione dal suo respiro e le reazioni del suo corpo alle mie parole. “I suoi ricordi erano dietro l’angolo, pronti a riemergere dalle tenebre della sua mente, inarrestabili e devastanti come la verità di cui si erano fatti testimoni”.
“Conducono uno stile di vita inusuale, per così dire” continuai, sempre con prudenza. “Si nutrono esclusivamente di sangue animale e vivono a stretto contatto con gli umani. Ne hai mai sentito parlare?”
“Avrei dovuto?”
“Il loro capo ha vissuto a Volterra per un lungo periodo”
“Era parte della Guardia?”
“Non esattamente” valutai, condividendo perfettamente la sua perplessità. “Il Dottor Cullen era più una specie di Ospite…”
Isabella si voltò verso di me, prendendo a fissarmi con un sopracciglio alzato e un mezzo sorriso sulle labbra. Sembrava aver temporaneamente accantonato ogni inquietudine. “Hai detto Dottore? Non vorrai farmi credere che un vampiro…” fece per dire prima di interrompersi bruscamente. “Aspetta…” sussurrò, pervasa da un’idea. “Hai detto Dottor Cullen? Come Edward Cullen?”
Immaginai che gli anni di logoranti battaglie e la necessità di salvare la pelle, qualunque ne fosse il costo, avessero forgiato la mia tempra solo per affrontare quella particolare conversazione. Fu con la più totale impassibilità che le risposi, con quella calma profonda con la quale ero solito rischiare la vita in combattimento. “Dove hai sentito quel nome?”
“Jane mi ha raccontato la sua storia” spiegò, senza dare a vedere alcuna forma di sconvolgimento. “Ha detto che è divenuto pazzo…”
“Così dicono, ma nessuno lo ha più visto da moltissimo tempo”
“…e che avete qualche questione in sospeso”
Sorrisi mio malgrado. “Immagino che questo sia vero”
“Spiegati” incalzò animata da placida curiosità.
“Ero presente quel giorno, quando si precipitò a Volterra pregando il Consiglio di porre fine alla sua esistenza” le raccontai, senza scendere nel dettaglio. Desideravo mettere quanta più distanza possibile tra le nostre vite e la rievocazione di quegli accadimenti, ma evitare il discorso avrebbe significato allertarla e indurre la sua curiosità verso sentieri insidiosi per la sua mente manipolata. “Immagino che questo sia valso a farmi guadagnare il suo odio”.
“Lei… l’umana, intendo… com’era?”
Trovai la risposta nell’immagine splendida della ragazza che avevo di fronte, diversa, più matura, ma fisicamente immutata da quel giorno. “Coraggiosa, innamorata e… sorprendentemente sciocca”
“Deve averti impressionato parecchio” commentò Bella con un mezzo sorriso. “Non ti ho mai sentito parlare così bene di un essere umano”
“Già e credo che non capiterà più” ammisi lasciandomi sfuggire un’amara risata. “Sei più tranquilla adesso?”
Annuì con convinzione.
“Bene, perché sono già in ritardo” annunciai posandole un bacio lieve sulle labbra e sciogliendola dal mio abbraccio. “Sono stato convocato a palazzo”
“Qualcosa di importante?” domandò e un velo d’inquietudine si riabbassò sul suo sguardo.
“Credo che ci sia bisogno di me per i preparativi della mia cerimonia di investitura” spiegai ad alta voce dalla camera da letto intanto che indossavo la divisa. “A tal proposito dovresti proprio andare a comprare un vestito nuovo”
Bastò una frazione di secondo per vederla fare capolino allo stipite della porta, armata di un sopracciglio alzato e un’espressione interrogativa.
Le sorrisi sornione e con noncuranza la informai dell’ultima novità che le avevo taciuto. “Non te lo avevo detto? Pare che la mia nomina a comandante sarà resa ufficiale durante un ballo”
 
 
Noatak National Preserve (Alaska), 26 maggio 2016
Edward
 
 
Avevo raggiunto il campo di addestramento da una settimana ormai, scontrandomi con una realtà più florida di quanto avevo preventivato. Più di un centinaio di clan di piccole e medie dimensioni erano stati radunati nella parte più desolata dell’Alaska, stanziati in una vecchia centrale elettrica abbandonata nel cuore del parco naturale Noatak.
Gli ospiti della comunità - così amava definirli Carlisle - vivevano sotto regole paramilitari, sottostando ad un ben regolato sistema che prevedeva turni di guardia, di caccia e di allenamento. I nuovi arrivati, non ancora abituati al regime alimentare animale, erano tenuti in isolamento nei caseggiati che un tempo erano abitazioni per i dipendenti della centrale. L’enorme distanza dalla presenza umana favoriva il loro adattamento che si dimostrava più rapido e meno doloroso che altrove. Nel giro di sei mesi erano già in grado di essere riassegnati agli alloggi principali e introdotti nei corsi di addestramento alle tecniche difensive di base che Jasper coordinava insieme ad altri vampiri che erano stati soldati nel corso della vita umana. Erano incoraggiati ad ogni attività di aggregazione e suddivisi in comitive di discussione che permettevano a chiunque di esprimere opinioni e avanzare proposte per una migliore organizzazione della vita comune. Apparentemente non esisteva un gruppo di comando ed ognuno poteva considerarsi libero di abbandonare la riserva qualora ne avesse il desiderio... Di fatto, comunque, Carlisle erano considerato il governante assoluto dell’avamposto, gran maestro e guida spirituale, guardato e ascoltato con assoluto rispetto da chiunque.
Quel distaccamento, al quale se ne aggiungeva un altro dislocato in Sud America, era dotato di un potenziale straordinario. Sebbene ben pochi vampiri ospiti avessero qualche interesse a prendere parte ad una guerra, tutti padroneggiavano a vari livelli le tecniche di combattimento e si erano perfettamente adattati ai nuovi schemi di vita comune. Sarebbe stata sufficiente soltanto una piccola scintilla, un torto in grado di fomentare la loro rabbia nei confronti dei Signori di Volterra…
Percorsi il viottolo che dal campo di addestramento conduceva agli alloggi, un angusto tratto di terra rocciosa che si sviluppava di fianco all’enorme fabbricato ed era delimitato da una rete fitta e coronata di filo spinato. Alte pile di neve sporca erano state spalate e abbandonate ai lati, dando un piccolo esempio dell’operosità dei vampiri che si erano allineati al pensiero di Carlisle.
Avevo avuto un’altra chiara dimostrazione di quell’operosità durante la riunione cui avevo appena assistito, dove un paio di capi clan, oltre a richiedere un maggiore alternarsi dei turni di caccia, avevano sottolineato la necessità di costruire nuovi alloggi per le coppie di neosposi che si erano venute a creare nello stabilimento: domandavano la destinazione di un paio di ore quotidiane ai lavori di edificazione di un piccolo complesso edilizio di fianco alla centrale che consentisse alle coppie più intimità delle stanze dormitorio cui erano destinati coloro che non facevano parte di alcun clan. Si poneva ovviamente la questione del reperimento dei materiali edili, ma Jasper, che presidiava alla riunione, l’aveva trovata una buona idea e si era impegnato a trovare un modo per renderla realizzabile.
Quell’impegno costituiva tra i pensieri di mio fratello un modo per distogliere l’attenzione dal vero problema, ossia l’aggravarsi della penuria di animali nella riserva, decimati dai bisogni di sostentamento della numerosa comunità di vampiri vegetariani. Nessuno ne aveva ancora coscienza, ma la riduzione dei turni di caccia aveva destato qualche malumore tra i vampiri e bisognava porvi al più presto rimedio.
Percorso il perimetro della vecchia sala macchine, svoltai verso la piccola piazza antistante agli alloggi quando un gruppo formato da quattro giovani vampiri si palesò alle mie spalle. Mi seguivano ormai da un paio di minuti, valutando quale era il posto migliore per farsi avanti. Erano tediati dalla vita di stanziamento e speravano di trovare in me un po’ di violento divertimento. “Chi sei?” domandò il più grosso e certamente il capobranco. “Ti aggiri per la comunità da giorni e non ti sei ancora dato la pena di presentarti”
Sospettavano chi fossi, altrimenti non avrei avuto diritto a quel comitato di benvenuto. La mia storia aveva avuto una diffusione tale da tramutare la mia persona in una sorta di personaggio romanzato, una leggenda capace di indurre inquietudine o scherno. Erano stati in molti a sfidarmi, credendo ciecamente alle voci che mi volevano debole e folle… in pochi tuttavia erano riusciti a raccontare quale fosse la verità. Non avevo interesse comunque ad una pubblica dimostrazione, tantomeno nei confronti di un branco di ragazzini annoiati e sciocchi. Proseguii il mio percorso senza fermarmi, ignorandoli.
“Dove credi di andare uomo del mistero? Non hai risposto alla mia domanda”
L’energumeno mi si parò davanti, impedendomi il passo. Era un ragazzo alto circa un metro e novanta e apparentemente dedito al culturismo. Gli altri, più piccoli di un paio di taglie ma comunque ben messi, mi si disposero a cerchio intorno, motivati nell’impedirmi la fuga.
“Fatevi da parte” li avvertii.
“E se non avessimo voglia di farlo?”
Sorrisi storto. “Sarebbe peggio per voi” sussurrai coi muscoli già tesi e pronto allo scontro.  
“John, Peter, Mark, Alex… smettetela subito!”
L’avvertimento anticipò di un paio di secondi l’arrivo di Kate, facendo serrare i ranghi ai miei quattro nuovi amici. “Tornate agli alloggi” ordinò, dando sfoggio di un’autorità che doveva aver conquistato sul campo. Assunse la propria posizione di difesa, dando chiaro segno che qualora avesse avuto luogo uno scontro ne avrebbe preso parte in mia difesa. “Non ve lo ripeterò un’altra volta”
Il capobanda indugiò un attimo, valutando ogni possibilità. Alla fine comunque alzò le braccia in segno di resa. “Stavamo soltanto cercando di fare amicizia” si giustificò sardonicamente e, dopo un breve cenno ai compagni, si fece precedere durante la ritirata. Scomparvero dopo pochi secondi al di là dell’ingresso dell’edificio, senza alcuna apparente intenzione di tornare.   
Kate allentò la postura e si volse verso di me. Era come la ricordavo: alta, atletica e indubbiamente affascinante con lunghi capelli color cenere e gli occhi d’ambra. “La tua presenza qui non è ben vista, Edward. Ti considerano una minaccia” valutò, dando sfoggio di quella schiettezza che era una dei suoi migliori pregi. “E non credo che si sbaglino…”
“Starò in guardia”
Non si trattenne oltre. A velocità umana riprese la propria strada, stranamente desiderosa di allontanarsi da me. “Che cosa poteva mai nascondere?”
Mi bastò scandagliare la sua mente per un breve secondo per trovarvi la risposta al mio interrogativo malamente nascosta tra pensieri vacui.
Due corpi avvinghiati giacevano appena illuminati da una candela lasciata accesa in una piccola e fredda stanza nascosta chissà dove. L’uomo era ancora poggiato sulla schiena di Kate, immobile nella posizione dell’ultimo atto che li aveva visti insieme. I suoi lineamenti restavano in penombra, ma era difficile ingannarsi sulla sua identità: folti riccioli biondi che gli ricadevano appena sopra le spalle, lasciando scoperta una schiena solida e tempestata di centinaia di cicatrici…
Jasper.
 
***
 
La luna risplendeva enorme e gelida illuminando il manto innevato di una foresta avvolta dal ghiaccio. Lunghe stalattiti pendevano dai rami piegati dei pochi alberi spogli e vinti dal freddo implacabile dell’inverno polare. Il vento spirava basso e gelido, issava la neve ancora non solidificata e avvolgeva la natura in una nebbia densa e palpabile.
Non cessai la mia corsa finché la foresta non lasciò spazio al suolo roccioso della costa. Deviai leggermente il mio percorso verso nord e imboccai un sentiero mai battuto che, al termine di una ripida ascesa, terminava in uno strapiombo sul mare di Beaufort. Un vento impietoso portava le onde ad infrangersi con violenza sull’irto scoglio: schizzi di solido gelo si disperdevano nell’aria, trasportati dalla tormenta. C’era qualcosa di poetico in quel panorama tumultuoso, un’energia che riusciva a placare il mio animo e vuotare la mente dai terribili pensieri che ormai stabilmente vi avevano preso dimora.
L’incedere di passi lungo il pendio mi avvisò che la persona che stavo aspettando era arrivata.
Jasper giunse al crepaccio dopo pochi secondi. Mi stava seguendo da quando avevo abbandonato l’accampamento al calar del sole. “Allora è qui che vieni a nasconderti”
“Lo trovo un luogo rilassante”
Jasper si lasciò sfuggire una risata distesa e si sedette di fianco alle mie gambe. “Non abbiamo avuto neanche un momento per parlare da quando sei arrivato” disse con l’intento, forse, di giustificare la sua presenza. “Ho saputo che hai avuto problemi questo pomeriggio”
“Niente che Kathrine non abbia saputo risolvere”. Le mie parole erano completamente prive di allusioni, ma furono comunque capaci di provocare in Jasper una certa agitazione.
“Sai già tutto, non è vero?”
Annuii senza alcun interesse ad approfondire il discorso. “Non hai niente da temere. Manterrò il riserbo”
“Alice ne è al corrente”
Sospirai. “Come potrebbe non esserlo?”
La mia considerazione, pronunciata forse con fin troppa leggerezza, parve turbarlo profondamente e indurre in lui una serie confusa di pensieri che impiegò un certo sforzo a zittire. C’erano questioni che voleva pormi, conferme che voleva chiedermi rispetto al comportamento della donna che era stata compagna della sua vita… ma si rendeva quanto mai conto che quello non poteva essere il momento giusto. Fu necessaria tutta la sua determinazione per riportare il discorso verso il binario maestro, spogliandolo di ogni divagazione. “Perché sei tornato, Edward? Perché adesso?”
Non risposi, o meglio, non lo feci direttamente.  “Hai fatto un ottimo lavoro con i vampiri al campo”
“Non sono un esercito” ribatté, cogliendo il punto della questione.
“Possono diventarlo”
“Non combatterebbero comunque per te”
“Hanno solo bisogno della giusta motivazione”
“E quale motivazione potrebbe mai spingerli a farsi sterminare nel tentativo disperato di vendicare la morte di un’umana che non hanno mai conosciuto?”
Ignorai la sua obiezione. Quello era un problema di difficile, ma non impossibile, soluzione. Al momento giusto si sarebbe presentata l’occasione perfetta per fomentare i loro animi. Era sufficiente prestare abbastanza attenzione ed evitare di lasciarsela scappare. “Li guideresti in battaglia per me?”
Per la prima volta da quanto era arrivato Jasper distolse lo sguardo dal burrascoso orizzonte e si voltò apertamente verso la mia direzione. Mi osservava dal basso e nel suo sguardo l’inconscio risentimento che provava nei miei confronti a causa di Alice si mischiò al più totale sconcerto e una punta di dispiacere per i deliri di un fratello che un tempo aveva amato. “Tu vaneggi”
“Lo faresti per Alice?”
“Che cosa vuoi dire?” domandò confuso, ma nell’esatto istante in cui pronunciò quelle parole un dubbio terribile si fece spazio nella sua mente, facendogli finalmente comprendere quale fosse il senso della mia domanda. “No … Lei non potrebbe mai essere tanto stupida da seguirti in quest’impresa”
“Me lo deve e Lei lo sa”
“Non puoi parlare sul serio” proruppe, alzandosi in piedi. Per un attimo fu sul punto di perdere il controllo. Non mi sarei stupito se mi avesse attaccato, ma riuscì a trattenersi. “Ha deliberatamente condotto Bella in pasto ai Volturi pur di salvarti la vita. E tu credi davvero che adesso ti seguirà perché si sente in debito?” domandò sfogando la propria rabbia in una voce bassa e densa di amarezza.
“Le sue motivazioni non sono affar mio”
“E neanche il fatto che aiutandoti nella tua folle impresa potrebbe morire è affar tuo?”
I suoi pensieri mi mostrano un particolare giorno di due anni prima in cui Alice aveva avuto una visione della sua stessa morte connessa al mio ritorno. C’era stata una lite animata tra loro: Jasper aveva preteso da lei l’impegno a restarmi distante ed evitare ogni coinvolgimento nella mia guerra contro Volterra. Aveva imputato il suo rifiuto ai sentimenti che lei sentiva di provare per me. Era stato l’ultimo atto del controverso legame che li aveva tenuti insieme a partire dal mio esilio.
“Lei non può sapere cosa davvero ci riserverà il futuro”
“Ma tu la lascerai comunque correre il rischio”
“È una sua libera scelta”
Aveva le mani strette a pugno e un gran desiderio di prendere a pugni un muro in mia vece. Sempre più profondo era il rancore che sentiva nei miei confronti, tanto che per un attimo ebbi il timore che il suo rapporto con Alice si fosse tanto logorato da non garantirmi la sua collaborazione. “Sei un fottuto bastardo, Edward”
“Mi aiuterai?”
Non parlò prima di qualche minuto. Un’infinità di pensieri gli affollarono la mente tanto confusi e contraddittori da rendermi impossibile comprendere quale sarebbe stata la sua decisione. “Devo pensarci su” mi comunicò prima di rivolgermi un ultimo cupo sguardo. Si allontanò poco dopo con la tristezza nell’animo e la convinzione che il fratello che aveva conosciuto non sarebbe mai più tornato.
 
***
 
Il vento si era ulteriormente alzato e soffiava violento nella mia direzione, portando con sé spruzzi di neve ed acqua gelida. Il mare, tinto una sfumatura sempre più scura, si era alzato di qualche metro, avvicinandosi minaccioso all’altura sulla quale avevo trovato asilo.
Sorrisi storto, con lo sguardo rivolto alla tormenta.
Un altro pezzo del puzzle si era allineato.
Ne mancava soltanto uno adesso.
E lo avrei trovato nei sotterranei di Volterra. 
 
Volterra, 28 maggio 2016
Demetri
 
Terminato l’allenamento mi attardai negli spogliatoi tentando di placare gli animi dei miei compagni d’armi. Era stata loro appena preannunciata la nomina di un comandante e non avevano apprezzato la novità. Senza contare che il mistero della campagna in Nord America, di cui era possibile carpire soltanto poche e generiche informazioni, alimentava il malcontento. Fortunatamente mancava poco alla mia investitura ufficiale. A quel punto tutto si sarebbe sistemato. O, almeno, lo speravo…
Governare un esercito ostile poteva rivelarsi molto pericoloso.
Ancora non ero riuscito a venire a capo del mistero della mia nomina.
Cosa aveva in mente Aro?
Lasciando la mente libera di vagare in cerca di risposte, mi diressi al parcheggio sotterraneo e raggiunsi la mia macchina. Sul parabrezza, assicurata sotto il tergicristallo, era poggiata una busta sigillata con lo stemma personale di Marcus. 
La aprii e lessi il breve messaggio che conteneva.
Sono arrivate notizie dal Nord.
Edward Cullen è tornato.
 
   
 
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