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Autore: BlueSkied    08/08/2014    0 recensioni
Leggono Shakespeare, hanno una band che s'ispira alle correnti alternative del rock e del pop inglese tra la fine degli anni Ottanta e l'inizio dei Novanta, vivono a Londra, ma nessuno di loro è completamente inglese, sono amici da sempre anche se uno diverso dall'altro.
Alle soglie della vita adulta, i Midwinter's Nightmare devono imparare a uscire dal mondo dei sogni, e che l'amore mette in crisi, molto di più di quanto s'immagini il teatro o la musica.
Note: ideata insieme a miss lovett e a lei dedicata, è un'operazione amarcord. Spero che mi si sapranno perdonare piccole ingenuità, ma forse, a ventiquattro anni suonati, si sente il bisogno di tornare ad essere adolescenti, una volta tanto.
BlueSkied
Genere: Malinconico, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Contesto generale/vago, Scolastico
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24. What else is there?


Aveva provato ogni giorno a entrare, ma non ce la faceva. Arrivava di fronte alle doppie porte scorrevoli, poi tornava indietro.
Non poteva rimangiarsi quello che aveva detto, e non era del tutto sicuro di esserne pentito. Era stato meschino, ma dannatamente sincero. E ingiusto, d'accordo, probabilmente aveva esagerato. L'incidente era imprevisto, però. Una stupida convergenza di fatti inimmaginabili. Leroy si era sentito privo di ogni potere d'azione o di decisione. Quella non era la solita paranoia, ma qualcosa di concreto. Pensò come la vita non fosse altro che un susseguirsi di accadimenti, e che la morte non fosse che la fine di tutto. Si sentì quasi d'invidiare Melissa, ormai oltre la banalità della vita.
Una banalità straordinaria, comunque. Anche Jaime era banale, nella sua bellezza e nella sua semplicità, ma gli sarebbe dispiaciuto dirgli addio.
Leroy si accorse in quel preciso istante che l'istinto di sopravvivenza era ben più forte del nichilismo. Forse non ne valeva la pena, ma doveva sforzarsi per continuare a esistere.
Richiuse la scatola di sonniferi, che aveva aperto e contemplato per due ore, e la gettò via. Ebbe voglia di ridere: sarebbe stato così melodrammatico!
Il cellulare lampeggiava da ore: il messaggio che lesse lo fece ridere veramente. Non credeva in Dio, ma qualcuno doveva volergli bene, nelle alte sfere.

Jerome sentì un gran peso scivolargli via dallo stomaco, quando lo vide apparire in fondo alla corsia. Si guardarono per un istante, poi si abbracciarono.
- Dov'eri finito, è sveglia da stamattina - lo rimproverò, incapace di smettere di sorridere. Roy fece spallucce:
- Non importa. Come sta? - chiese, con calma.
- Non parlerà prima di qualche giorno, ma non ha riportato danni seri. Qualche mese e sarà come nuova - fu la risposta.
I due si voltarono verso la stanza, davanti al vetro, prendendosi per mano. Mel era circondata dalla famiglia, silenziosa e traboccante di felicità. Muoveva gli occhi e le mani, cercando quelle della madre e della sorella, poi si voltò verso il vetro. Non c'era nulla di confuso nello suo sguardo, mentre fissava l'amico d'infanzia e il suo ragazzo. Infine, sorrise. La sopravvivenza è forte, anche più del risentimento. Non smise più di sorridere, mentre gli amici arrivavano, e continuò a sorridere anche nei giorni seguenti, mentre il mondo tornava a riacquistare il suo sciocco, idiota, meraviglioso senso.
Pianse solo una volta,  quando la misero di nuovo davanti a una tastiera. Ll'incidente non le aveva tolto nulla, e per questo pianse, incatenando una nota dietro l'altra.
Bisogna dormire per svegliarsi.

Non riusciva ad abituarsi ai capelli corti, ma Viola aveva dato al taglio ospedaliero un aspetto decisamente migliore. I boccoli sarebbero ricresciuti, ma a Melissa non dispiaceva del tutto la frangia asimmetrica e il caschetto sotto le orecchie. Nick diceva che con il berretto di lana sembrava un koala con il pelo rosso, il che la rendeva adorabile, parole sue.
Sperò che si spicciasse, cominciava a fare freddo. Si strinse nel cappotto, mentre il pubblico arrivava alla spicciolata nel piccolo teatro di fortuna.
Sebastian spuntò per l'ennesima volta da dietro le quinte, e la guardò con ansia:
- Ancora nessuno? Becca comincia ad essere nervosa - annunciò. Mel roteò gli occhi:
- Stanno arrivando, non ti preoccupare - assicurò, divertita.
E quasi per magia, cinque minuti dopo, fecero la loro comparsa proprio Viola e Javesh, Mandy, Robert visibilmente rimesso in salute, Shannon e Jerome, che esordì scuotendo la testa:
- Non so dove sia finito - spiegò - Mi ha detto solo che andava a prendere qualcuno -
Era inutile aspettare Roy lì fuori. Gli mandarono un messaggio ed entrarono a cercare dei posti.

I primi dieci minuti di viaggio furono straordinariamente silenziosi. Non si vedevano spesso, Axel Bjornsthaldt e il figlio, e questo tendeva a creare un po' d'imbarazzo. L'uomo si concentrò dunque sull'autoradio, che passava una serie di canzoni rock piuttosto cupe, ma delicate, in un certo qual modo.
- Bell'album - osservò. Leroy fece un ghigno che poteva essere una smorfia di timido orgoglio:
- L'abbiamo inciso noi, ma non abbiamo venduto un tubo. Davvero ti piace?- chiese, fissando attentamente la strada.
- Oh, sì. Peccato che non abbiate sfondato - rispose suo padre, comprensivo.
Roy si strinse nelle spalle:
- Era più una scusa per divertirsi insieme. Il genio musicale è Melissa, l'hanno presa in un qualche conservatorio in Germania, uno importante - raccontò.
Axel annuì:
- Ah, la ragazzina rossa con cui giocavi da piccolo. Sta bene ora? -
- Tutto a posto. Ha un fidanzato, molto più grande, ma è una brava persona - rispose Roy.
- Bene, bene. Avrei giurato sarebbe diventata la tua di ragazza, però - confessò il padre.
Leroy rise:
- Eravamo troppo simili - disse, ma non entrò in dettagli.
Passarono un altro paio di minuti coperti solo dalla musica, poi Axel si schiarì la voce:
- Dunque, come sei messo? Se non sbaglio, volevi dirmi qualcosa - iniziò, esitante. Gli faceva piacere vedere il figlio così aperto alle confidenze, ma se non ricordava male, Leroy non sprecava mai le parole.
Lo vide stringere le labbra, sicuramente decidendo come porre il discorso:
- Beh, ecco, sto con una persona - esordì. Suo padre si rilassò:
- Bene, no? Come si chiama? - domandò, sperando di non sembrave invasivo.
- Jaime - fu la risposta.
- Sta per Jemima? -
- Eh...no. Sta per Jerome -
La canzone che stava passando in quel momento aveva una parte soffusa, che esplodeva all'improvviso in un riff di chitarra estremamente aggressivo. Padre e figlio sobbalzarono, poi risero insieme.
- Cielo, Roy, pensavo stessi per dirmi che sei un terrorista. è solo questo? - dichiarò Axel.
- Non ti dispiace? Che sia un ragazzo, intendo? - chiese Roy, incredulo.
- Diamine, no. Neppure il tuo vecchio padre può dirti a chi voler bene - ribatté, piuttosto commosso.
- Grazie, papà - replicò Leroy, seriamente.
Continuarono ad ascoltare il cd, in un silenzio estremamente rilassato. Arrivarono in teatro giusto in tempo, e s'inserirono nelle prime file. Ci sarebbero stati giorni per l'imbarazzo, la conoscenza e tutto il resto. Ora era il momento dell'ambizione, del dramma scozzese.
Rebecca uscì sul palco, e per una volta ignorò la quarta parete: fissò gli amici, e i suoi occhi da Cleopatra si accesero, incontrando quelli di Mel, vivi, teneri, azzurri e pieni di orgoglio, poi quelli di Sebastian, così colmi di amore, e quelli di Jaime, scuri abissi di gioia, e quelli degli altri, così luminosi, così reali.
La ninnananna del Venerdì era stata cantata, la notte era trascorsa, ed era l'ora di contemplare l'alba.
Così banale, così bella.








FINE







 
  
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