IN FONDO LA MAPPA DI NARNIA
24. Il nostro breve attimo
Voglio invecchiare con te
Voglio morire dolcemente fra le tue braccia
Voglio invecchiare con te
Voglio che i tuoi occhi mi cerchino
Voglio essere lì per te
Condividere tutto quello che fai
Voglio invecchiare con te
Voglio morire dolcemente fra le tue braccia
Voglio invecchiare con te
Voglio che i tuoi occhi mi cerchino
Voglio essere lì per te
Condividere tutto quello che fai
Voglio invecchiare con te
Lucy, Edmund e tutti gli altri si svegliarono al grido spaventato di Peter, accorrendo immediatamente.
La Driade aveva l’aspetto di un cadavere.
Lucy mise subito mano al suo cordiale. “Avremmo dovuto rimandarla indietro già da molto tempo” disse, mentre Peter sollevava la testa di Miriel e aiutava la sorella a farle bere un sorso abbondante, poiché era chiaro che poche gocce non sarebbero bastate.
Dopo un tempo che parve lungo un’eternità, la Driade emise un debole respiro.
“Se Lady Miriel rimarrà ancora a lungo in questo gelo, morirà” aggiunse Pozzanghera con aria mesta.
Tutti capirono che, questa volta, il Paludrone non stava facendo il drammatico come al solito, diceva il vero.
“Devo partire subito” disse il Re Supremo guardando gli altri. “So che non è prudente dividerci, ma devo raggiungere Bosco Gufo il più in fretta possibile. Caspian, devi prestarmi Destriero”
Il Liberatore annuì. “Certamente, ma sarebbe più saggio se andassi avanti invece che tornare indietro”
Peter lo fissò un istante. “Intendi…precedervi ad Harfang?”
“Esattamente. Impiegherai meno tempo ad arrivare laggiù piuttosto che rifare la strada all’inverso. Anche se ripartissi immediatamente, non raggiungeresti Narnia se non entro una decina di giorni...ammesso che riuscirai a scendere con la stessa rapidità con cui siamo saliti, del che dubito vista tutta la neve che è caduta”
Peter rifletté qualche istante. Forse, Caspian aveva ragione.
“Non manca più molto per raggiungere la città” lo rassicurò Shanna. “Due o tre giorni di cammino per noi; ma per te e Miriel, se andate con Destriero, anche un giorno e mezzo”
Peter fece un sospiro. “Va bene, allora”
Lucy tastò il polso di Miriel. “Il battito è debole. Dobbiamo accendere un fuoco e scaldarla. Non può affrontare un viaggio se non si rimette almeno un pò”
I ragazzi si diedero da fare per riattizzare le braci della sera precedente. Peter avvolse la Driade in un paio di coperte asciutte e la strinse a sé, cercando di trasmetterle il calore del suo corpo. Restando fermo nella stessa posizione così a lungo, il freddo e l’immobilità gl’intorpidirono gli arti, ma non se ne curò.
Miriel rimase priva di coscienza per ore. Pozzanghera e Lucy si alternavano nel controllarle il polso: a poco a poco, il suo battito tornò più veloce, il che era un buon segno. Nonostante ciò, a Peter sembrava che fosse improvvisamente smagrita, le guance scavate, le braccia esili come i rami di un albero morente, i lunghi capelli rossi avevano perso vivacità.
Improvvisamente, rammentò il momento in cui l’aveva veduta per la prima volta, tanti anni prima: splendida ed eterna come la fiamma che ardeva nel suo cuore. Che ardeva per lui.
Miriel aveva perso la sua eternità per seguirlo. Lo aveva aspettato per lunghi anni, paziente come solo lei sapeva essere, come lo era sempre stata.
Per il Re Supremo, Narnia veniva prima di tutto, per questo nell’Età d’Oro non aveva mai conosciuto l’amore. Il suo dovere era sempre stato verso il paese, verso il popolo nella sua collettività, non concentrato solo su una singola persona…non fino a che aveva incontrato Miriel.
Era sempre stata innamorata di lui; Peter se n’era innamorato quasi subito, benché all’inizio – ricordava – si era quasi imposto di non assecondare quei sentimenti.
Ricordarla luminosa e sorridente nella luce del sole, ma vederla pallida come la morte tra le sue braccia, lo spinse a rimproverarsi duramente per averla lasciata sola così tanto tempo.
Si chinò su di lei e si dondolò avanti e indietro, stringendola tra le braccia. Era così fragile…
“Perdonami, amore mio…perdonami…non ti lascerò mai più sola, te lo prometto”
Miriel si mosse un poco e Peter si sollevò per guardarla.
Quando lei aprì gli occhi, incontrò subito quelli azzurri di lui, limpidi come il cielo, che la guardavano spaventati e sollevati allo stesso tempo. La luce del giorno faceva risplendere d’oro i capelli biondi del Re Supremo. Miriel avrebbe voluto dire qualcosa ma iniziò a tossire e Peter dovette sorreggerla per aiutarla a respirare. La ragazza gemette e si portò una mano alla bocca. Quando la scostò, era macchiata di sangue.
“Oh mio Dio…Lucy!” esclamò Peter. La sorella accorse subito.
Ma Miriel alzò una mano per fermarla, quando la Valorosa cercò di farle bere la pozione per l’ennesima volta.
“Non servirebbe” disse a fatica. “Non sprecarla per me”
“Ma cosa dici?!” fece Lucy.
“Peter, salite su Destriero” disse Caspian in fretta. “Adesso!”
Senza farselo ripetere, senza prestare ascolto alle nuove raccomandazioni di Lucy di attendere che Miriel si rimettesse un poco in forze, il Re Supremo prese in braccio la Driade e la posò sulla sella del cavallo, salendo dietro di lei.
Miriel non ebbe la forza di protestare. Si appoggiò al petto di Peter e chiuse gli occhi, risprofondando in uno stato di semi incoscienza. Lui la sorresse mettendole un braccio attorno alla vita, saldamente.
Gli altri radunarono in fretta tutto il necessario: le armi del Magnifico, i sacchi a pelo e le provviste.
“Affidati a Destriero” raccomandò Caspian, finendo di legare la sacca alla sella. “Lui sa cosa fare”
Peter annuì. “Grazie”
“Fate attenzione” disse Lucy, mettendo in mano al fratello la boccetta di diamante con il cordiale.
Peter guardò stupito prima l’ampolla e poi la sorella. Strinse tra le dita la bottiglietta in un gesto convulso, infilandola nella tasca interna del mantello.
“Ci rivediamo ad Harfang” disse, prima di allontanarsi al galoppo.
Gli altri rimasero a fissare la sagoma nera di Destriero divenire sempre più piccola, finché non sparì alla vista. Le orme degli zoccoli segnavano la strada, ma non sarebbero state visibile ancora per molto, poiché piccoli fiocchi bianchi iniziarono a scendere dal cielo.
“Ricomincia a nevicare” osservò Ombroso. “Sarà meglio rimetterci in marcia, Vostre Maestà”
“Andiamo” disse Caspian, muovendosi per primo insieme al pipistrello e a Pozzanghera.
Gli altri ragazzi rimasero un istante ancora a guardare la strada, quasi frastornati all’idea che Peter e Miriel avessero lasciato davvero il gruppo.
Lucy iniziò a piangere senza un perché. Emeth la strinse a sé e le baciò il capo, calmandola.
C’era un senso d’instabilità che avvolgeva la compagnia di Narnia, ora. Senza Peter, senza Miriel, e con la costante, manchevole presenza di Caspian o di Susan, la sicurezza vacillava. Improvvisamente, si sentirono vulnerabili.
Non era come le altre avventure, c’era qualcosa di diverso. Non sapevano bene come spiegarlo, ma tutti la pensavano allo stesso modo. Erano sempre stati abituati ad agire insieme: prima i Pevensie, a loro si era poi unito Caspian e in seguito tutti gli altri, in ultima Jill. Il fatto di essere legati da un destino comune, li faceva sentire come un’unica persona, nel bene e nel male, nonostante gli screzi.
C’erano già state altre occasioni in cui il gruppo si era diviso, però…
Era accaduto tutto talmente in fretta…erano successe così tante cose…
Non era passato nemmeno un mese da che erano partiti, ma pareva fossero trascorsi dei secoli.
Ripresero il cammino nel silenzio più completo. Nessuno aveva molta voglia di parlare. I loro pensieri erano concentrati solo su Peter e Miriel.
Il gruppo aveva una motivazione in più per raggiungere Harfang, e se qualcuno era stato dell’ idea contraria, ora desiderava arrivarvi il più in fetta possibile.
“Perché Miriel sta ancora così male?” chiese Jill spezzando finalmente il silenzio. “Perché la pozione di Lucy non ha avuto effetto su di lei? Non capisco. Anche io e Emeth abbiamo avuto la febbre, eppure…”
“Prova a piantare un fiore nella neve e poi vedi che succede” commentò Eustace con aria molto seria. “Miriel è una Driade, una creatura della primavera. Narnia è piena di questi spiriti della natura, ma qui sui Monti del Nord non c’è n’è nemmeno uno”
Jill fece vagare lo sguardo intorno. Gli alberi erano immobili, erano solo alberi.
“Ma allora, d’inverno cosa succede alle Driadi e agli Amadriadi di Narnia?” chiese ancora.
“E’ molto semplice” le rispose Caspian. “Gli spiriti degli alberi che abitano le foreste di Narnia entrano in una sorta di letargo, proprio come molti animali. Dormono il loro sonno invernale attendendo la primavera. Chi come Miriel, invece, vive in mezzo agli umani, sa di non potersi esporre al freddo per un tempo troppo prolungato, o rischia di ammalarsi seriamente”
“Ma…ma se ora Peter la porterà ad Harfang, non le accadrà niente, vero?”.
“Lo spero. Prega Aslan perché sia così, amica mia”
Aslan!
Jill ebbe un fremito a quel nome e un senso di terrore misto a colpa si fece strada dal profondo del suo cuore: i quattro segni! Santo cielo, da quanto era che non li ripeteva? Cercò di farlo subito ma si accorse di non rammentarli più. Si concentrò con tutte le sue forze, ma niente.
No, non poteva averli scordati!
Un momento, un momento...Certo che non li aveva scordati, il fatto era che si sentiva troppo provata sia mentalmente che fisicamente. Sì, doveva essere così.
Ricacciò il senso di colpa in fondo al cuore, dicendosi che quando si fosse calmata, le sarebbero tornati alla mente.
~·~
Quando Rilian tornò dalla sua emozionante giornata a cavallo con Jadis, trovò sua sorella in camera ad aspettarlo.
“Ho un sacco di cose da raccontarti!” le disse con un gran sorriso.
Myra, seduta sul suo letto, intenta a giocare con la sua bambola preferita, lo guardò solo un istante e poi gli diede le spalle.
“So già tutto” rispose in tono secco.
“No che non lo sai” ribatté lui, levandosi gli stivali e gettandoli in un angolo. Lo stesso fece con il mantello e poi salì in piedi sul letto della sorella.
Era arrabbiata, c’era da immaginarselo. Come biasimarla: anche lui sarebbe stato invidioso di lei se avesse saputo che aveva trascorso un’intera giornata in superficie, e avesse visto tutte le cose meravigliose che aveva visto lui.
Iniziò a raccontarle quelle che a suo parere erano state mirabolanti avventure, senza curarsi del fatto che lei sembrava esserne infastidita.
Ma Rilian era troppo emozionato per accorgersene. Le parlò così dei Cavalli di Fuoco, delle grandi Montagne del Nord, degli incontri che aveva fatto (uno solo a dire il vero, con una strana compagnia di uomini); e poi della Brughiera, delle tortuose strade nascoste che lui e la Signora dalla Veste Verde avevano imboccato per giungere sul confine di una terra immensa, dagli alberi enormi e le foreste infinite (anche se ora era tutto coperto di bianco). E poi c’era un castello favoloso che guardava su una distesa azzurra come una gemma: l’Oceano.
“E non è scuro e cupo come il nostro, ma come quello che abbiamo studiato alle lezioni con il maestro. Te lo ricordi, Mia? Ricordi quando abbiamo visto un’immagine sul libro e gli abbiamo chiesto come fosse l’Oceano? Scommetto che il maestro non l’ha mai visto con i suoi occhi, ma io si! Io l’ho visto ed è bellissimo! Un giorno sarò il Re di quel mondo, ci pensi? E anche tu abiterai con me e nostra madre in quel fantastico castello sopra il mare! Quando ci andremo, io sarò ancora troppo giovane per regnare, ma ci penserà la Signora. Poi, un giorno, toccherà a me...e anche a te” aggiunse subito, notando il modo in cui la sorella aveva inarcato le sopracciglia. “Anche tu sarai Regina, certo. Ma la Signora dice che prima ti dovrai sposare”
“Sì, lo so. Lady Lora mi ha detto tutto” rispose Myra in tono altezzoso. Era più triste che arrabbiata, ma non voleva darlo a vedere.
Rilian fece un’espressione perplessa. “Davvero?”
Lei saltò giù dal letto e marciò verso la porta. “Sì, proprio! Anch’io ho avuto il mio daffare, oggi, cosa credi? Non ti sei divertito solo tu”
“Oh, Myra, piantala di fare il muso” sbottò il principe. “Avrei voluto che venissi anche tu, ma non è stato possibile”
“Scommetto che non gliel’hai nemmeno chiesto, a nostra madre, se potevo venire”
“Certo che gliel’ho chiesto!”
I due fratelli si fissarono in cagnesco per qualche secondo.
Rilian incrociò le braccia al petto. Se avesse saputo quanto somigliava a suo padre in quel momento…
“E allora? Che cos’hai fatto di così interessante, oggi, qui al castello?”.
Myra aprì la porta e lo invitò a seguirlo. “Vieni, te lo mostro”
Attraversarono i lunghi e immensi corridoi del Castello delle Tenebre, che a quell’ora della sera apparivano assai lugubri.
La principessa guidò il fratello in un’ala del palazzo dove poche volte erano stati, poiché si trovava accanto alle stanze della Signora della Veste Verde, ed ella non aveva piacere di avere i bambini per i piedi troppo spesso.
Myra invitò Rilian a entrare in una camera molto spaziosa e molto sfarzosa. Lì per lì, il bambino pensò si trattasse di una nuova stanza dei giochi: era piena di pacchi colorati, il cui contenuto era sparso un pò dappertutto. Alcune cameriere (non umane, ovviamente) stavano finendo di riordinare. Vedendo che la principessa era tornata, si inchinarono e se ne andarono.
Rilian fece un’espressione contrariata: stavano trattando Myra come un’adulta. Che storia era quella?
“Questa è la ma nuova camera” annunciò allegramente la bambina, cercando di dissimulare la rabbia con un finto entusiasmo.
Lo era stata all’inizio, molto. Per tutto il giorno si era dedicata con piacere all’allestimento della sua nuova stanza. Ma l’euforia iniziale aveva presto ceduto il poto ai veri sentimenti di delusione e rancore nei confronti di suo fratello.
Quel mattino, quando si era svegliata e non aveva trovato Rilian, lo aveva cercato in lungo e in largo per tutto il castello. Poi era venuta Lady Lora, ad informarla che il principe e la Signora dalla Veste Verde erano usciti.
’Usciti’, per Myra significava andati a spasso da qualche parte nel Mondodisotto. Non era cosa inconsueta, dopotutto, così si era limitata a un piccolo broncio e nulla più.
Ma più le ore passavano, più la principessa si era chiesta dove mai fossero andati per fare così tardi. Si era anche preoccupata che potesse essere successo loro qualcosa.
Davanti a questa inquietudine, Lady Lora – pur avendo promesso a Rilian di non dire nulla fino al suo ritorno – aveva rivelato a Myra la verità.
La principessa era rimasta davvero molto male.
Andare nel Mondodisopra era un evento che i due gemelli attendevano con ansia da tanto tempo, sapendo che solo quando lo avesse deciso la Signora avrebbero potuto farlo. Myra e Rilian si erano promessi di vivere insieme quella straordinaria esperienza; per questo, scoprendo che suo fratello era andato in superficie senza di lei, il primo pensiero era stato ‘non mi hanno voluta’.
Si era sentita esclusa.
Il dispiacere era presto mutato in una profonda invidia che mai aveva provato prima di allora. L’invidia era un sentimento che Myra non aveva mai conosciuto…
“La tua camera? Scherzi, vero?” Rilian sbatté le palpebre, perplesso, osservando i mille vestiti colorati, i giocattoli, le scarpe, i capelli e i fiocchi sparsi un po’ ovunque.
“Tu ce l’hai già una camera, insieme a me. E poi che sono tutte queste cianfrusaglie?!”
Myra si allontanò da lui e fece un giro per la stanza. “Nostra madre ha deciso così, me l’ha detto Lora: è venuto il momento che io dorma da sola, perché sto diventando grande. E queste cianfrusaglie, fratellino, sono regali per me. Me li manda una persona…”
Rilian aggrottò la fronte. “Chi?”
Myra ridacchiò. “Un ammiratore segreto”
“Non puoi avere un ammiratore segreto, Mia. Non sei mai uscita dal castello”
Rilian era convinto che la sorellina si stesse inventando quella storia solo perché era arrabbiata. Ma si sbagliava…
Myra tornò da lui e si fissarono ancora.
“Lora mi ha fatto un discorso, oggi” disse la bambina. “Dice che presto incontrerò una persona, un principe che mi ha chiesta in sposa“.
Rilian rammentò subito ciò che la Signora dalla Veste Verde gli aveva detto a proposito di Myra e del matrimonio…
“Non ci credo!” esclamò allibito. “E’ troppo presto e tu sei troppo piccola!”
“Quanto sei sciocco! E’ ovvio che non mi sposerò subito”. Myra sospirò, lasciandosi cadere a sedere sull’immenso e morbido letto. “Nostra madre dice sempre che non prenderò marito finché non avrò compiuto quattordici anni, ma nel frattempo devo fidanzarmi”
Rilian non era per nulla convinto. “E chi sarebbe questo principe che è venuto a chiedere la mano di una ranocchietta come te?”
Myra gli lanciò un’occhiataccia. “Ancora non so che aspetto abbia. Credo sia molto più grande di me, ma chiunque egli sia, dev’essere una persona molto generosa” disse, indicando i regali.
Improvvisamente, non sembrava più arrabbiata. Il suo ingenuo cuoricino la induceva a pensare a tutto ciò come a una favola. E poi tutti quei vestiti…non abiti per una bambina, ma per una vera signora!
“E se questo principe non ti piacesse?”
“Allora non lo sposerò” tagliò corto Myra, che non si rendeva conto di cosa fosse davvero un fidanzamento. Per lei era quasi un gioco, qualcosa sulla quale tutte le bambine del mondo fantasticano almeno una volta.
“La Signora ha già organizzato il nostro incontro. Lora lo sa ma fa tanti misteri, però io credo di aver capito quando succederà: sarà alla Festa d’Autunno, ormai ne sono quasi certa”
“Ma…ma…” balbettò Rilian.
“Prima o poi dovremo fare quello per cui siamo stati educati” proseguì lei, cercando di assumere un tono da adulta. “Io dovrò diventare una vera signora, perché sono una Regina. E tu sarai un Re e dovrai imparare a comportarti come si deve”
Rilian scosse il capo, incredulo. “Questa non sei tu. Non sei tu che parli. Ti hanno messo in testa delle idee assurde!”
“No, non è vero!”
“Basta, Myra! Lora ha detto questo, Lora ha detto quello...solo Lora, mai nostra madre. Io non credo a una parola se non è lei a confermarlo, e sono sicuro che la Signora non ti darebbe mai in sposa al primo che capita!”
“Non è il primo che capita, è amico di nostra madre, sai?”
“C’è uno sbaglio” la interruppe Rilian, ansioso. “Lady Lora ti avrà raccontato una bugia per farti star buona, perché non facessi i capricci”
Myra si mostrò offesa. “Io non faccio i capricci!”
“E quelli che stai facendo adesso cosa sono? Mi hai trascinato nella tua stanza solo per vantarti, perché sei arrabbiata con me e credi che non abbia voluto portarti nel Mondodisopra”
“E non è così?” lo sfidò lei. “Ammettilo, Rirì: te la sei goduta un sacco senza di me. Non mi volevi tra i piedi, lo so!”
“La Signora aveva detto che non potevi venire e io non…”
“Avresti insistito di più se ci tenessi a me, e invece non l’hai fatto!”
“Smettila, Mia!”
“No, non la smetto! Io voglio essere una vera signora, come la Signora dalla Veste Verde, come Lady Lora, come…la nostra vera mamma”
Gli occhi di Myra si riempirono di lacrime.
Rilian rimase immobile a guardarla piangere.
“Ora va via, voglio restare da sola” disse infine la bambina, gettandosi sul letto e abbracciando il cuscino.
Piano piano, Rilian lasciò la stanza.
Quando Myra udì lo scatto della porta che si chiudeva, iniziò a piangere davvero.
Nascosta dietro un passaggio segreto che portava alla camera della principessa, la Strega Bianca sorrise soddisfatta.
~·~
Trascorsero ancora tre giorni prima che la compagnia di Narnia raggiungesse Harfang.
I pensieri di tutti erano costantemente rivolti a Miriel e Peter, e alla città. Ma il continuo parlare di essa non faceva altro che rendere l’attesa ancora più logorante: pensare a quando avrebbero dormito in letti veri piuttosto che sul suolo duro e freddo, a quando avrebbero potuto farsi un bel bagno caldo, o mangiato un pasto come si deve invece che le loro misere provviste.
Il cibo andava scarseggiando: avevano sempre saputo che non sarebbe durato in eterno, ed avevano contato sulla pesca e sulla caccia per poter mangiare. Ma si erano spinti così in alto che ogni forma di vita sembrava essere sparita dalla faccia della terra. Persino i pesci avevano abbandonato i fiumi, e trovare bacche o radici commestibili era divenuto praticamente impossibile.
Le grotte o le cavità rocciose iniziavano a ridursi, e per due notti di seguito furono costretti a dormire all’addiaccio.
La temperatura si abbassò ancora. Mani e piedi persero sensibilità, ma questo era niente in confronto alle proteste del loro stomaco vuoto. Non c’era legna da ardere; quella che riuscivano a raccogliere era troppo umida e non attecchiva.
Caspian di giorno e Susan di notte, guidavano gli altri attraverso le lande innevate, in certi punti affondando fino alle caviglie, altre fino al ginocchio. Avevano cercato di seguire la strada lastricata, ma ormai non se ne scorgeva più neanche una misera traccia.
“Quanto dovremo ancora camminare?” si lamentò Emeth.
“Manca poco, ormai”
“Dici sempre che manca poco, Shanna, ma io Harfang ancora non la vedo” rincarò Jill.
La ragazza non pensava ad altro e ormai non ripeteva più nemmeno i quattro segni di Aslan. Continuava a rimandare a domani e a domani ancora.
Gli altri non le chiesero mai nulla, convinti che l’amica stesse adempiendo silenziosamente al suo compito, non sapendo che Jill se n’era completamente scordata.
Verso la sera del penultimo giorno, si ritrovarono in un punto delle montagne in cui una gola che avevano appena percorso si affacciava su un bosco di abeti, dove riuscirono a trovare una piccola incavatura rocciosa.
“Avremo un riparo questa notte” disse Caspian, mentre gli amici tiravano un sospiro di sollievo.
Le ragazze entrarono subito dentro la cavità, iniziando a preparare una misera cena con le ultime vettovaglie rimaste.
I ragazzi, nel frattempo, approfittarono dell’ultima luce per esplorare i dintorni. Il bosco non era grande ed era privo di pericoli.
“Maestà, venite a vedere!” esclamò d’un tratto Ombroso, tutto eccitato, guidando i ragazzi fuori dalla boscaglia.
Dovettero aguzzare la vista per accorgersi che le piccole luci danzanti sopra la cima del monte davanti a loro, non erano stelle o fuochi, ma lumi di candele provenienti dalle finestre di un castello.
“Che mi venga un colpo se quella non è una città” disse Ombroso.
“Allora speriamo che non lo sia” disse Caspian, suscitando brevi risate da parte degli amici.
“Purtroppo, amico mio, lo è eccome!” esclamò Eustace al settimo cielo, così come gli altri. “Harfang!”
“Sì, dev’essere Harfang!” gli fece eco Edmund.
“Accidenti” fece Emeth, “è ancora piuttosto lontana”
“Dista ancora almeno un giorno di cammino” sentenziò Caspian, “ma ci siamo, amici. Domani, prima di sera, vi arriveremo”
“Forza, andiamo a dirlo alle signore” disse Pozzanghera. “Saranno molto contente”
Tornarono indietro immediatamente, dando la buona notizia alle ragazze.
In un attimo, sembrò che il cattivo umore e le preoccupazioni fossero scomparse.
Harfang…Peter e Miriel! Non vedevano l’ora di rivederli.
“Speriamo che siano là” disse Pozzanghera. “Potrebbero essere caduti dentro a un burrone, o esser stati sepolti da una slavina, o…”
“Non ci sono state slavine, ce ne saremmo accorti” protestò Shanna, guardandolo malissimo. “E’ mai possibile che tu sia sempre così catastrofico? Mi fai venire il mal di testa…”
“Stai male?” si allarmò Edmund, mettendole una mano sulla fronte. “Non è che hai preso la febbre anche tu, vero?”
Lei arrossì un poco e sorrise. “No, sto bene. La mia era…come si chiama…una battuta”
Il Giusto la fissò e poi fece un sorriso sghembo. “Avevano ragione: ho avuto una cattiva influenza su di te”
Shanna si allungò verso di lui e gli stampò un bacio veloce sulle labbra.
Edmund parve insoddisfatto. “Tutto qui?”
“Non ti aspetterai che dia spettacolo, vero? Mi imbarazzerebbe molto baciarti davanti agli altri”
Lui sospirò. “Adoro quando fai la timida…”
Il sole era quasi sparito dietro le cime dei monti. Caspian si avvicinò a Jill, togliendosi il ciondolo d’ambra e passandoglielo. La ragazza aveva il compito di consegnarlo a Susan la sera e a Caspian la mattina. Era una specie di rituale, ormai.
“Una volta, Susan mi ha raccontato di quando la liberasti sulla torre di Cair Paravel” esordì improvvisamente Jill. Caspian la fissò con un’ espressione tra il perplesso e il sospettoso.
Lei sapeva che al Re non piaceva troppo parlare del passato, ma era da un po’ di tempo che rifletteva su una cosa e quella sera non poté trattenersi.
“Mi disse che la maledizione era già attiva, eppure riuscite a vedervi e parlarvi. E’ vero?”
“Sì” rispose lui in tono asciutto, distogliendo lo sguardo, afferrando il mantello di Susan, l’arco e le frecce.
“Quindi, potenzialmente, potreste incontrarvi se lo voleste. Se è successo una volta, potrebbe accadere di nuovo, giusto?”
“Sei una gran ficcanaso, Jill, lo sai?”
Caspian le voltò le spalle e fece per uscire dalla grotta, ma lei gli si parò davanti.
“Senti, capisco che non vogliate che noi assistiamo alla trasformazione, ma voi due…perché non vi incontrate se potete? Anche se fosse per pochi secondi, io vorrei vedere la persona che amo. Non rinuncerei”
“Tu forse lo vorresti, Jill, ma tu non sei me”.
Lo sguardo del Re di Narnia s’incupì pericolosamente, ma la ragazza sostenne lo sguardo senza timore.
“Susan lo vorrebbe, invece, lo so. Dovresti pensare anche un po’ a lei oltre che a te stesso”
Caspian contrasse la mascella. Sembrava furioso. “Penso a lei in ogni istante. Incessantemente. E se fossi al posto mio, Jill, o al posto di Susan, non saresti così ansiosa di bramare un’agonia che durerebbe un momento. Uno soltanto, nel quale ti crogioleresti per il resto della tua esistenza, desiderando solo quello, dimenticandoti di vivere. Pochi secondi nei quali ancora conservi la coscienza umana per renderti conto di ciò che hai visto, di chi stai stringendo tra le braccia…e poi…” la voce di Caspian divenne quasi un sussurro, il suo sguardo si perse nel nulla. “E poi tutto svanisce, come se lo avessi immaginato. Forse è così, lo hai immaginato davvero, perché niente al mondo può essere tanto doloroso, nemmeno negli incubi più terribili. E il giorno dopo, quando torni te stesso, hai solo l’ombra di un ricordo, un sogno che svanisce in fretta. Sarebbe così ogni giorno… Ogni giorno, per tutta la vita”
Jill lo osservò attentamente: sembrò che avesse parlato a sé stesso, non a lei. Possibile che…
“E’ già successo, vero?” chiese, emozionata.
Caspian le lanciò un’occhiata penetrante.
“Oltre a quella volta sulla torre…vi siete rivisti ancora, è così?” insisté.
Lui di nuovo non rispose e questa fu la conferma ai dubbi di Jill. Ma prima che la ragazza potesse aggiungere altro, il Re si era già allontanato.
Ombroso e il falco lo aspettavano poco lontano. Caspian allungò il braccio e lei vi si posò leggera.
“Maestà, state bene?” chiese il pipistrello.
“Sì” mentì Caspian, mentre accarezzava il piumaggio dell’uccello.
Lei lo fissò con i grandi occhi incredibilmente espressivi.
Per un momento, il Liberatore pensò davvero di attendere che il sole calasse definitivamente, che le stelle spuntassero per poterla vedere nella loro luce fatata.
Come quella notte…una notte in cui ancora non avevano conosciuto Ombroso e si trovavano soli ai piedi delle montagne, proprio come ora…
***
Destriero s’impennò e nitrì quando i Nani li assaltarono, disarcionando Caspian.
“Prendete il cavallo e rubate tutto ciò che ha nelle sacche. Io penso all’umano” ordinò il capo banda.
“C’è anche un falco” osservò un altro Nano. “Potremmo vendere entrambi gli animali a qualche mercato, oppure mangiarceli”.
Caspian sentì esplodere la rabbia nel petto, capendo che quelle creature non erano come i Nani di Narnia: erano selvaggi, fuorilegge, banditi dalla loro stessa gente.
Alcuni di loro cercarono di colpire il falco con le frecce, altri afferrarono le loro corte spade e si avvicinarono a Destriero, prendendolo per le redini e la criniera. Il povero cavallo scalciò con i possenti zoccoli, ma presto fu sopraffatto.
Caspian non perse tempo e afferrò la balestra che si era legato alla cintura. La usò per fulminare quanti più nemici poté. Poi, in un lampo d’argento, sfoderò Rhasador, iniziando a combattere non solo con il capo dei Nani, ma con chiunque provasse ad avvicinarsi a lui, a Destriero o al falco.
Vedendo i compagni abbattuti, la furia dei Nani si scatenò.
Il Liberatore lottò a lungo, da solo, affidandosi completamente alla sua abilità di spadaccino. Il falco lo aiutò come poteva, accecando i nemici.
Presto, l’erba si tinse del rosso del tramonto, e non solo.
Infine, Caspian cadde in ginocchio sul terreno, esausto, respirando affannosamente, gli abiti macchiati di sangue. Sulla lama della spada, segni vermigli brillavano sinistramente alla luce della luna piena.
Non era fiero di ciò che aveva fatto, ma andava fatto.
Doveva uccidere o sarebbe stato ucciso.
Non fu cattiveria, non fu vendetta, ma puro spirito di sopravvivenza. Per proteggere sé stesso, Destriero…e lei.
Chiuse gli occhi, posando Rhasador a terra, accorgendosi solo in quel momento che il sole era calato.
Percepì il cambiamento dentro di sé, quell’inspiegabile sensazione che lo avvolgeva tutte le volte che si trasformava: il battito del cuore più forte, la testa leggera, l’acuirsi dei sensi. E fu grazie a questi che riuscì a udire la voce di lei prima che la trasformazione lo prendesse.
La sua dolce voce, leggera, quasi avesse paura di parlare.
“Caspian...”
Susan pronunciò il suo nome e lui alzò di scatto la testa.
E la vide, là davanti a lui.
Oh, Susan... Dolce, meravigliosa Susan...
Pochi secondi per poter ammirare il suo viso candido, per poter guardare quegli occhi che l’avevano rapito sin dal primo istante che si era specchiato in essi, per scorgere la sua figura perfetta, i lunghi capelli bruni…
Rimasero a fissarsi, immobili, senza dire niente, aspettando che la maledizione li dividesse una volta ancora e per sempre.