Sette
Ossigeno
Lo
dicono anche
i proverbi: tra il dire e il fare c’è di mezzo il mare.
Nel
caso di
Emma, però, a stare bello spaparanzato tra il suo consenso
al progetto Mondiali
e la sua effettiva partecipazione c’era Tobias. In compagnia
di Maristella.
Il
periodo che
la separava dall’inizio della competizione si
profilò immediatamente come il
più duro, sportivamente parlando, della sua giovane vita. A
partire dal momento
in cui il suo allenatore appese vicino allo stereo del palazzetto un
calendario
che teneva il conto dei giorni che la dividevano dallo short program,
ribattezzato per l’occasione C-day,
ovvero Chocolate day. Il significato di quella espressione le apparve
chiaro
quando Tobias le strappò dalle mani una barretta di Kit-Kat:
fino ad allora
della cioccolata non avrebbe potuto sentire neppure il profumo.
E
pensare che,
all’inizio, non ci aveva dato un gran peso, pensando che se
la sarebbe cavata
comunque grazie al suo lavoro di pasticcera. Peccato che dopo le prime
due ore
di allenamento aveva compreso che alla Medaglia
non ci avrebbe messo più piede fino al termine della gara.
Non
c’è molto altro
da dire. Nei due mesi successivi Emma visse per pattinare... e
pattinò per
vivere, considerato che il minimo sgarro alla routine
di allenamenti studiata con scientifica crudeltà da Tobias
lo avrebbe costretto, a suo dire, a
mettere fine all’esistenza della sua pattinatrice. Senza rancore.
Fortunatamente
Emma ricevette l’appoggio di tutto il paese, semplicemente
entusiasta di poter
ammirare una concittadina in diretta tv. Anche se ad orari proibitivi
per chi
crede ancora nell’efficacia di un buon riposo notturno.
Tra
coloro che
si dimostrarono maggiormente disponibili vi furono i giocatori di
hockey, che
ridussero al minimo indispensabile il loro tempo sul ghiaccio,
nonostante Emma
li avesse implorati di pretendere per i loro allenamenti il sabato
sera, in
modo da concederle almeno una serata libera a settimana. Ma si sa... tempus fugit. O, come diceva Tobias
quando si intrufolava in camera sua alle quattro del mattino,
“chi dorme non
piglia medaglie”.
L’unico
conforto
le veniva dalla sicurezza che presto tutta quella fatica sarebbe
finita:
avrebbe dovuto tenere duro fino al long program e poi avrebbe potuto
riposarsi.
Per sempre. Almeno così
le piaceva
pensare.
In
realtà non
aveva ancora le idee chiare su cosa avrebbe fatto dopo i Mondiali. Non
tanto
perché Tobias le aveva categoricamente proibito di pensare, reputandolo un inutile spreco di
energia, ma perché sapeva
già che quella di Tokio sarebbe stata la sua ultima brutta
figura o, come
diceva agli altri per non scatenare polemiche, la sua ultima gara. Che
direzione avrebbe preso la sua vita subito dopo era difficile da
prevedere: la
telefonata di Callegaro non era mai arrivata, perciò doveva
dimenticare il
progetto di studiare cucina a Venezia.
Per
quanto la
amareggiasse, la pura verità era che al di là di
focaccine e flying camel spins
non c’era molto altro che sapesse fare. Ma nessuna delle due
strade sembrava al
momento percorribile.
Peggio
di lei,
se possibile, stava solo la sua coreografa Maristella. In apparenza,
infatti,
in quanto braccio destro di Tobias, si comportava come un aguzzino,
raddoppiandole a tradimento le ore da trascorre col tutù;
tuttavia, alla prova
dei fatti, era la più stressata di tutti: il tabaccaio di
via Martiri le aveva
rivelato in gran segreto che il suo consumo di sigarette si era
semplicemente
quintuplicato nelle ultime settimane, tanto da trasformarla in una
specie di
ciminiera ambulante.
Il
fatto era che
Maristella era la sua coreografa da anni ma, visti i suoi mediocri
risultati,
non aveva mai dovuto impegnarsi troppo. L’idea di dover
preparare in così poco
tempo una coreografia da presentare ad una competizione internazionale
l’aveva
completamente traumatizzata, al punto da farle abbandonare la sua dieta
a base
di tisane al sedano in favore di una quotidiana e abbondante razione di
pane e
nutella, il cui potere consolatorio è noto ad ogni ragazza.
L’impegno
di
Maristella si era reso indispensabile dopo che Emma aveva rivelato a
Tobias la
sua ferma intenzione di gareggiare ai Mondiali con un nuovo programma
lungo:
con una eloquenza insospettata aveva perorato la sua causa per giorni,
lamentando l’inconsistenza del suo LP precedente che, oltre a
basarsi sulla
musica più che abusata della Madama
Butterfly, non teneva conto dei nuovi elementi di salto che
intendeva
proporre.
Naturalmente
le
obiezioni mosse da Maristella e Tobias, circa la possibilità
di aggiornare il
vecchio programma con i suoi recenti acquisti tecnici, erano
più che
plausibili, ma Emma fu irremovibile: sarebbero andati in Giappone con
un nuovo
programma lungo, oppure non ci sarebbero andati affatto. Questo era il
suo
speciale regalo per loro.
Certo
la ragazza
si rendeva conto del polverone da lei suscitato, ma fu solo quando vide
Maristella guadagnare due taglie nella stessa settimana che decise di
scendere
a patti, dichiarandosi pronta ad ascoltare i loro consigli. Nei giorni
che
seguirono fu sottoposta ad una vera e propria bombardata telematica,
arrivando
ad ascoltare anche cento mp3 al dì, ma nulla le sembrava
fare al caso suo.
Maristella e Tobias avevano gusti musicali opposti ma su un requisito
erano
d’accordo: la musica del nuovo programma avrebbe dovuto
essere orientale. Solo
così Emma, pattinatrice peraltro sconosciuta, avrebbe potuto
conquistare la
simpatia del popolo ospitante.
Con
l’aiuto di
Carlotta, Vivi e Giovanni, isolò alcune melodie che le
sembravano adattarsi
meglio al suo stile. Ma c’era sempre qualcosa che stonava,
qualcosa che
irrimediabilmente mancava. Secondo Tobias si trattava del tempo. Messa
perciò
alle strette, Emma si impose di prendere una decisione e, attivando la
modalità
casuale nel suo I-pod, scelse per il nuovo programma una brano della
colonna sonora
del film Memorie di una geisha, che
non aveva neppure visto al cinema.
La
prospettiva
la atterriva. Come posso pattinare su una
musica di cui non conosco la storia? si chiedeva. La
situazione non
migliorò quando di fatto conobbe
la
storia, dopo averne noleggiato il dvd. Quella vicenda non la
rappresentava.
Pertanto andava scartata.
Quando
comunicò
la notizia ai suoi allenatori Maristella collassò in una
risata isterica,
mentre Tobias prese a calci il capitano della squadra di hockey, che si
trovava
in pista per studiare qualche nuova strategia per la partita imminente.
Ne
derivò uno scontro titanico, da cui uscirono entrambi pesti
e malconci.
La
soluzione le
si presentò inaspettatamente, proprio quando aveva quasi
perso ogni speranza. Emma
si era rinchiusa nella sua stanza insieme a Carlotta per guardare i
loro video
di pattinaggio preferiti, che ripercorrevano la storia dei campionati
mondiali
degli ultimi anni. La sua amica aveva espresso la pretesa di ricevere,
in
cambio di tutto il supporto che le aveva sempre offerto,
l’autografo dei suoi
eroi, possibilmente corredato da una dedica personalizzata.
«Già
ti vedo
avvicinarti a Stravinskji» incominciò ridendo,
dopo aver osservato a lungo il
poster dell’atleta dalla zazzera bionda appeso
all’armadio, «con quel suo
cipiglio inarrivabile!».
Emma
arrossì
impercettibilmente, prima di unirsi all’amica in una risata
liberatoria.
Avvicinarmi
a Stravinskji...
Naturalmente
non lo avrebbe confessato neppure sotto tortura, però la
possibilità di
ammirare dal vivo lo zar del ghiaccio –
di incontrarlo magari, anche se solo di sfuggita – aveva
giocato un ruolo non così piccolo
nella sua decisione finale di affrontare quell’avventura
nipponica.
«E
voglio anche
una foto» diceva intanto Carlotta. «Senza di te, mi
raccomando.»
«Morirei
piuttosto che chiedergli un autografo, lo sai!»
«Cosa?!
Non lo
faresti neppure per la tua migliore amica?!» la
rimproverò lanciandole un
cuscino.
Successe
tutto
in un baleno. Emma scartò il cuscino volante che si infranse
sul comodino
facendo precipitare il carillon regalatole dalla nonna quando era
bambina.
Carlotta fece per raccoglierlo, porgendo miliardi di scuse, ma
l’amica la
fermò, tutta intenta ad ascoltare la musica soave che quel
piccolo oggetto così
caro diffondeva per la camera.
«Secondo
te che
cos’é?» domandò Emma, dopo
qualche minuto di silenzio.
Carlotta
ci
pensò un po’ prima di esprimersi.
«Sembra
un
rondò» disse incerta. «Perché
me lo chiedi?»
Per
tutta
risposta, Emma sorrise di gioia.
~ * ~
«Ecco»
annunciò
la mattina dopo, porgendo un cd masterizzato a Tobias. «Ho
trovato la musica
del lungo!»
Il
suo
entusiasmo non svanì neppure di fronte ai grugniti emessi
dall’allenatore
mentre le note del rondò si spandevano per tutto il
palazzetto.
«Rondò?»
chiese
perplesso.
«Esatto.»
«In
Giappone?!»
«...»
Ora
l’idea non
le sembrava più tanto geniale. Però non poteva
tirarsi indietro.
«Beh...
perché
no?»
«Vuoi
avere una
sola minuscola possibilità in questi campionati?»
le domandò esasperato Tobias.
«Io
non ho una
possibilità. Neppure minuscola» precisò
Emma.
«E
allora
facciamoci ridere dietro, no?!» sbottò ancora
l’allenatore.
«A
me piace.»
L’intervento
di
Maristella era giunto al momento propizio, visto che la ragazza era
rimasta a
corto di argomenti.
«Davvero?»
domandò
Tobias brusco.
«Sto
pensando al
Carnevale, sontuosi balli in maschera, Giacomo Casanova...»
L’immaginazione
di Maristella volò rapida sulle ali del tempo, mentre al
suono di quella musica
antica iniziava a muoversi in maniera sinuosa sul ghiaccio, tra i
fischi di
approvazione della squadra di hockey, riunita sugli spalti.
«Così
più che altro pensa a Veronica Franco...»
suggerì
Carlotta, che aveva preso posto accanto a Giovanni.
«Chi
era Veronica Franco?» chiese Liendermann.
«...
Ehm ... Una bravissima poetessa» chiarì la
ragazza,
dopo un istante di esitazione.
«C’è
dell’altro, vero?» le domandò piano Emma
avvicinandosi.
Poiché
l’amica
annuì sagacemente, Emma preferì bloccare sul
nascere quella follia di cui non
conosceva ancora la portata.
«Cancella
Veronica Franco!» intimò pertanto alla
coreografa.
«Oh,
andiamo, Emma! Ascolta questa musica. Possiamo
tirarne fuori un pezzo così sexy...»
protestò Maristella.
«Non
voglio fare una coreografia sexy!» si ribellò
ancora
la pattinatrice.
«Cancella
il sexy» la appoggiò Tobias, a sorpresa.
«Non
ne sarebbe capace...»
La
ragazza gli
sferrò un’occhiataccia, ma preferì non
ribattere, contenta che per una volta
lei e Tobias si trovassero d’accordo. Sebbene per motivazioni
diverse.
Capita
l’antifona, Maristella si immerse in un lavoro frenetico
quanto ispirato ed in
pochissimo tempo riuscì ad allestire una coreografia di
grande complessità
tecnica, che però stranamente si segnalava soprattutto per
una caratteristica.
«È
molto dolce»
notò subito Tobias, non appena Maristella la
eseguì in palestra. E se se n’era
accorto lui, c’era da sperare che questo dettaglio non
sarebbe passato
inosservato.
«Mettici
un po’
di malinconia nella parte in calare...» consigliò
Carlotta, che aveva seguito
attentamente lo sviluppo del nuovo programma. «Nei lenti
possiamo ricordare la
fine del sogno della Serenissima.»
«Alla
faccia
dell’intellettualismo! Se mettiamo in pista un programma
simile, i russi ci
incoroneranno con l’alloro!» aveva esclamato
l’allenatore, mentre la ragazza si
precipitava sul ghiaccio a complimentarsi con lui per il riferimento
colto.
~ * ~
Consolidare
la
coreografia fu impegnativo. Impadronirsi dei nuovi passi ancora di
più. Gli
allenamenti divennero sempre più estenuanti, tanto che la
stessa Maristella un
giorno si consultò con Tobias sulla possibilità
di concedere ad Emma una
piccola pausa.
«Non
c’è tempo»
sentenziò l’allenatore e la ragazza non
replicò. Il count-down
per i Mondiali era già iniziato e lei non vedeva
l’ora
che arrivasse la data del fatidico programma corto, che
l’avrebbe
automaticamente portata a metà dell’opera.
Enorme
fu quindi
la sorpresa quando Tobias la convocò in pista per una seduta
di allenamento
extra, destinata ad illustrarle il programma per la sua esibizione. E lei che pensava di non doverla neppure
preparare, un’esibizione.
«Credi
davvero
che io possa piazzarmi fra le prime sei al mondo?» gli chiese
dubbiosa, non
appena lo raggiunse al palazzetto.
«Sì,
se le prime
dodici cadono un paio di volte ciascuna» le rispose Tobias,
dopo una rapida
riflessione.
«Non
parteciperò
mai al Gala» replicò Emma. «Quindi,
perché sprecare altra energia?»
Ma
non ci fu
verso di convincere Tobias. Sarebbe andata in Giappone con tre
programmi, anche
se con tutta probabilità ne avrebbe eseguiti solamente due.
La
cosa più
tragica fu che Tobias si era messo in testa di preparare una esibizione
nuova di zecca; idea davvero
assurda,
considerate tutte le storie che aveva fatto quando Emma aveva preteso
un nuovo
libero.
Quando
arrivò in
pista, un venerdì mattina, notò subito la strana
aria di complicità che si era
instaurata fra Tobias e Maristella, che non le lasciava presagire nulla
di
buono.
«Davvero,
ragazzi» tentò, «sapete come si dice,
no? Non mi sembra il caso di mettere
altra carne sul fuoco!».
Ma
Tobias non
volle sentire ragioni. I suoi occhi quella mattina avevano
un’espressione tutta
particolare, difficile da definire.
«Ci
permetti
almeno di fartela vedere?» le domandò scocciato.
«Maristella c’ha lavorato
tutta la notte!»
Beh,
certo, messa in questi termini...
Un po’ di
rispetto lo doveva pur dimostrare.
Fu
dunque con
una grande curiosità che Emma si accomodò a bordo
pista, i piedi già avvolti
negli scarponcini che penzolavano dalla balaustra. Quando scorse Tobias
disporsi in posizione al centro dello specchio di ghiaccio
restò senza parole.
Aveva davvero intenzione di eseguire l’esibizione?! Da quanto
tempo non lo
vedeva impegnarsi così tanto nella preparazione di una gara?
Pochi
istanti
ancora e la sua curiosità fu soddisfatta. Maristella
azionò il lettore cd e
nello stadio si diffusero le note di una canzone che non aveva mai
sentito
prima, ma le cui parole si rivolgevano dritte al suo cuore.
Don’t give up...
You are loved...
I
movimenti di
Tobias sul ghiaccio erano fluidi e scandivano perfettamente il ritmo
della
musica; l’unica nota stonata, a volercela proprio trovare,
era data dal fatto
che il suo allenatore si limitava ad accennare i salti, abbozzando un
flip dove
Emma immaginava di poterne eseguire uno triplo, o rivolgendole
un’occhiata
significativa dove sapeva di poter piazzare una combo 3-2. Ma
più di così, non
poteva pretendere.
L’esibizione
che
Tobias e Maristella avevano allestito per lei era splendida. Per come
le
piaceva interpretarla, era il loro regalo. L’unico dubbio che
le faceva nascere
riguardava la sua reale capacità di eseguirla senza cedere a
lacrime di
commozione.
«Ti
sembra
buona?» le chiese alla fine il suo allenatore, ostentando
indifferenza. «Maristella
ed io abbiamo pensato ad una canzone che potesse adattarsi alle tue
caratteristiche...»
«Ai
suoi sentimenti, vorrai
dire!» lo corresse la
coreografa, alzando gli occhi al cielo.
Ma
Emma
interruppe subito il loro battibecco, lanciandosi in pista per
abbracciarli.
~ * ~
Ed
eccoci alla
fine di questo capitoletto, che conclude la prima parte. Nella seconda,
a breve
in linea (o almeno spero, dipende dal tempo e
dall’ispirazione ^ ^), vedremo
Emma alle prese con la competizione che attende e teme con uguale
trepidazione,
ove incontrerà e si scontrerà con nuovi
personaggi.
Sperando
che continuerete
a seguire le avventure della mia pattinatrice/pasticcera (e
pasticciona!),
ringrazio coloro che hanno letto e recensito!
Un
grazie
particolare a Lady_me, che a quanto
pare è diventata una lettrice affezionata di questa storia!
Grazie per il
sostegno! ;) Tra parentesi: sono contenta che ti piaccia Tobias! Temevo
di
averlo reso un po’ troppo burbero!
Grazie
ancora a tutti!
Menestrella
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