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Autore: Greeneyes74    13/08/2014    3 recensioni
Sembrava una caccia come tante altre. Alcune persone morte in circostanze bizzarre, uno spirito, un fantasma o un mostro da uccidere, niente di eccezionale. Ma le cose non sarebbero andate in questo modo, stavolta. Stavolta sarebbe stato un caso personale. Sam e Dean avrebbero dovuto mettere da parte le loro divergenze e il loro risentimento, se volevano uscirne vivi entrambi. Ambientata nella nona stagione, dopo l’episodio “The purge”.
Genere: Avventura, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Dean Winchester, Sam Winchester
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler! | Contesto: Più stagioni
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Uscirono che era notte già da un po’ e si diressero al cimitero. Faceva molto freddo e c’era anche un po’ di nebbia, nel cielo appena un accenno di luna. Questo semplificava le cose. Non c’era anima viva in giro.
“E’ proprio la serata adatta per profanare tombe, eh Sammy?”, disse Dean con un ghigno stampato sul viso, mentre prendevano le borse e le pale dal portabagagli dell’Impala. Cercava di stemperare un po’ la tensione, ma non sembrava ottenere grandi risultati.
“Ok, diamoci da fare. Tu vai da quella parte, io di là”.
“No, Dean, è meglio se rimaniamo insieme”, rispose Sam con un tono un po’ ansioso.
“Andiamo Sam, il cimitero non è così grande, rimarrò sempre in vista. Se ci dividiamo faremo prima a trovare la tomba della nostra amica, ammesso che ci sia”.
Presero le torce e cominciarono a camminare tra le lapidi, in direzioni opposte. Ce ne erano davvero di molto antiche, ed ognuna di esse rappresentava un pezzo di storia. In altre circostanze sarebbe stata una visita piuttosto interessante. Dopo qualche minuto Sam arrivò ad un gruppo di tombe disposte in maniera disordinata intorno ad un albero, all’interno di un piccolo recinto. Le pietre erano erose dal tempo a dalle intemperie. Alcune erano inclinate o mancanti di qualche parte.  Su qualcuna non si leggevano più le incisioni. Il ragazzo Iniziava a pensare che fosse come cercare un ago in un pagliaio.
Scavalcò il recinto e si accucciò davanti alle lapidi, cercando di decifrare le scritte ancora comprensibili.
Dopo qualche minuto chiamò il fratello.
“Dean, hai trovato niente?”
Passò qualche secondo ma non ebbe risposta. Lo chiamò nuovamente mentre si rimetteva in piedi, ma senza risultato. Si guardò intorno, allarmato, e vide ad una cinquantina di metri di distanza il fascio di luce di una torcia.  Era a terra,  accanto al fratello. Dean era in ginocchio ed aveva una mano intorno al collo e l’altra poggiata sul terreno, come per sostenersi.
Sam corse verso di lui più veloce che poteva e quando lo raggiunse sul suo viso si dipinse un’espressione di angoscia allo stato puro, e di paura.
Perfino alla luce della torcia poteva vedere che Dean stava iniziando ad impallidire. Gli scostò la mano e vide che alla base della gola cominciava a delinearsi una linea rossa.
Sam ora era davvero in preda al panico ma  disse, più per farsi coraggio che per convinzione, “Dean, stai tranquillo. Vedrai, andrà tutto bene”.
Per un attimo sembrò che la stretta intorno alla gola si allentasse un po’, e Dean , guardandolo negli occhi, riuscì a dire, “Sammy, credevo fossi pronto per questo”.
Sam scosse la testa e disse, “Dean, non pensavo veramente quelle cose. Volevo solo ferirti. Volevo fartela pagare per aver permesso a quell’angelo di possedermi. Volevo fartela pagare perché mi avevi tolto la possibilità di decidere della mia vita, per tutte le bugie e per la morte di Kevin, che rivivo la notte nei miei incubi. Ma per quanto possa essere arrabbiato con te non smetterò mai di volerti bene. Non smetteremo mai di essere fratelli”.
Dean faceva sempre più fatica a respirare, ma aveva alcune cose da dire al suo fratellino.
“Mi dispiace Sammy. Non di averti salvato la vita. Di  quello non mi pentirò mai e lo farei altre mille volte. Mi dispiace di averti ingannato, ma quando Gadreel mi ha mostrato che eri pronto a morire ho perso la testa.  
Ti ho lasciato andare una volta, quando sei saltato nella gabbia di Lucifero, e quell’anno in cui ho vissuto senza di te c’era un vuoto enorme che niente riusciva a colmare, nonostante avessi accanto una donna fantastica e un bambino che consideravo come un  figlio. Era come se una parte di me fosse morta. Ho giurato a me stesso che non avrei mai più vissuto un’esperienza simile, per cui in quell’ospedale non ce lo fatta a lasciarti andare, di nuovo.  Non era in me e non lo sarà mai”.
Dovette interrompersi perché parlare gli costava una fatica enorme, ma aveva ancora qualcosa da dire. Mise la mano sulla spalla del fratello e, con un filo di voce, continuò.
 “Voglio che tu sappia che mi dispiace per tutte le bugie, mi dispiace per Kevin. La sua morte è una mia responsabilità e non mi perdonerò mai per non averlo protetto. Il suo sangue è  sulle mie mani, tu non hai nessuna colpa, nessuna”, gli disse guardandolo con affetto.
A questo punto Dean non riusciva quasi più  respirare ma, con le ultime forze che gli rimanevano, riuscì ad accennare un sorriso.  
Sam ricambiò e, cercando di mantenere una voce ferma, rispose “Dean, è tutto ok. Davvero.  Dispiace anche a me per tutte le cose che ti ho detto”.  
Il fratello stava perdendo conoscenza, il viso cianotico, la pelle gelida, coperta da un velo di sudore. Sam lo prese tra le braccia, prima che finisse a terra, e lo fece sdraiare, tenendolo stretto a se, la testa poggiata sul suo petto.  
In quel momento riapparve la donna. Sam stava per sparare di nuovo, ma qualcosa nell’espressione di lei lo fermò.  Ora il suo viso appariva sereno. Nello sguardo non c’era più odio e sembrava quasi che sorridesse. Si voltò e s’incamminò verso una luce che era apparsa dal nulla, sparendo insieme ad essa.
Nel frattempo Dean aveva smesso di respirare.
“Dean, no, no. Non puoi lasciarmi, non così. Andiamo, rimani con me fratellone” lo supplicò, con la voce rotta dal pianto e il viso rigato di lacrime.
Passò meno di un minuto, che a Sam sembrò un’eternità, e poi sentì qualcosa. Sotto le sue mani il petto del fratello aveva ripreso ad alzarsi ed abbassarsi.
Sam lo adagiò sull’erba e vide che il suo colorito non era più cereo, ma stava ritornando alla normalità. Il segno intorno alla gola stava scomparendo. Sam gli tirò su le maniche del giubbotto e vide che anche le ferite sui polsi stavano sbiadendo.
Dopo un paio di minuti  Dean aprì gli occhi.
“Cos’è successo?”, gli chiese con un’espressione smarrita.
Sam non rispose. Lo aiutò a rimettersi in piedi e lo strinse con forza in un abbraccio. Dean non capiva cosa stesse accadendo, ma dopo un attimo di esitazione ricambiò la stretta. Era bello sentire di nuovo il calore dell’affetto di suo fratello.  
“Mi vuoi dire cosa è successo, ora?”
Sam si sciolse dall’abbraccio e si passò, con un gesto rapido, il dorso della mano sul viso, per asciugarsi le lacrime. Dean si accorse che aveva pianto, ma preferì far finta di niente.
“Andiamo via di qui fratellone, ti racconterò tutto strada facendo”, gli rispose con un sorriso.
Dean non si ricordava neanche più l’ultima volta che l’aveva visto sorridere in quel modo.
“Quindi lo spirito ha deciso semplicemente di lasciarmi in pace ed è scomparso? Questa è davvero una  novità”.
“Si, ma credo di sapere perché. Quello che mi hai detto poco prima di perdere conoscenza, la tua spiegazione riguardo al perché hai fatto quello che hai fatto, l’aver detto che ti dispiaceva, forse lo spirito voleva solo sentire qualcuno dire la verità, ammettere di aver sbagliato e assumersene la responsabilità. Se  lo avessero fatto per lei non sarebbe finita sulla forca”.
“Ok, prendo per buona la tua ipotesi. C’è sempre una prima volta”, rispose sorridendo.
Arrivarono al motel e Dean spense il motore della macchina. Sam Stava per aprire la portiera ma il fratello gli posò una mano sul braccio per trattenerlo.
“Ascolta Sammy, riguardo a quello che è successo, ricordo quello che ti ho detto, e non mi rimangio nulla. Non era un pentimento dell’ultimo minuto, lo pensavo davvero. Avrei dovuto dirtelo prima e non aspettare di lasciarci quasi la pelle”, disse, girandosi a guardare il fratello, quasi temendo la sua risposta.
Sam, per la prima volta dopo settimane, aveva un espressione serena.
“Vale anche per me, Dean. Sia chiaro, penso ancora che tu abbia sbagliato ad ingannarmi, ma quando mi sono ritrovato con te praticamente morto tra le braccia, è stato come se avessi smesso di respirare anch’io. Tutto il rancore e la rabbia che avevo covato per settimane in quegli istanti sono spariti”.
Per Dean fu come se un peso enorme gli fosse stato tolto dal cuore. Ma proprio in quel momento il marchio tornò a farsi sentire, come a ricordargli che per loro non c’era il lieto fine, mai. Posò la mano sul braccio e non poté nascondere una smorfia di dolore.
“Dean, che succede? E non dirmi che è tutto ok o giuro che ti prendo a calci nel culo”.
“No Sam, non è tutto ok. Il marchio mi sta facendo qualcosa, mi sta cambiando, e non in maniera positiva, ma parlarne non servirà a nulla. Dobbiamo trovare Abaddon e mettere fine a questa storia. Solo così si risolverà tutto”, rispose.
“Non ti preoccupare, insieme usciremo anche da questa situazione. Ma voglio che tu sia sincero con me d’ora in avanti”, gli disse Sam guardandolo negli occhi.
“Va bene fratellino, te lo prometto”, gli rispose dandogli una pacca sulla spalla.
Dean non era affatto convinto che tutto si sarebbe risolto per il meglio, forse era già troppo tardi perché uscisse indenne da tutto ciò. Forse il marchio l’avrebbe cambiato per sempre. Ma almeno ora aveva di nuovo suo fratello accanto. Erano l’uno il punto debole dell’altro, ma erano anche la loro forza. Forse insieme ce l’avrebbero fatta, anche stavolta.
   
 
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