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Autore: Gmergots    16/08/2014    0 recensioni
Ancora una volta amore, avventura, coraggio e giustizia sono le parole-chiave, nonché i temi dominanti di una storia che ha come protagonista una "eroina".
"-Io non voglio andarmene! - mi sforzo di non piangere, ma devo mettercela veramente tutta.
- Immaginavamo che avresti reagito in questo modo. È per questo che non te ne avevamo ancora parlato, stavamo solo aspettando il momento giusto. Dobbiamo andarcene, Bessie –
Ritraggo le mani, facendole scivolare sotto quelle ruvide e callose dello zio e mi alzo da tavola correndo in camera. Mi lancio sul mio letto lasciando sbattere la porta e sfogo le lacrime che ormai non sarei più riuscita a trattenere. Pensano che sia una bambina? Che non sia in grado di ragionare? Mi rigiro su un fianco asciugando il viso sulla piega del lenzuolo. Si aspettavano che non sarei stata d'accordo e hanno ben pensato di fare tutto loro. Comunque sia, io non me ne voglio andare e non me ne andrò; non mi interessa se l'esercito verrà anche qua, potrebbe essere solo che una fortuna per me e per loro. Non ho paura, né intenzione di arrendermi."
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
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Passata l'ora di pranzo, si alza un vento gelido. Raccolgo qualche stecchino nei dintorni e accendo un fuoco. Il mio stomaco inizia a brontolare e subito mi pento di non aver pensato a portare qualcosa da mangiare; ad ogni modo non ho intenzione di rientrare a casa prima di cena. Ho solo bisogno di restare qui per un po', lontana da tutto e da tutti. Mi appoggio al tronco della quercia e osservo i fili d'erba ingialliti inchinarsi a tratti al passaggio del vento, schiacciati dalla sua forza; poi chiudo gli occhi e lascio che la folata passi anche sul mio viso. Non fare come loro, Bessie – dice una voce apparsa dal nulla. Apro gli occhi di soprassalto e... e davvero non riesco a credere a quello che vedo. Un uomo alto e pelato, vestito piuttosto distintamente è in piedi appoggiato al fianco dell'albero. Riconoscerei ovunque quel gilè bordeaux e quegli occhi inquieti nascosti dietro a spesse lenti rettangolari. S-signor Terence! - istintivamente sento di dovermi alzare in piedi come ero tenuta a fare in segno di riverenza al suo ingresso in classe. Lui sorride, ma sembra triste. È un po' che non ci si vede, eh? Come procedono le cose giù in paese? - Sono ancora stupefatta dalla sua comparsa e mi ci vuole un po' per dare un senso alle sue parole. Noto che in mano tiene il capo di una corda. Be'... al solito credo, ma lei non era...- sparito, scappato,morto. È come dialogare con un fantasma. Ho paura che possa svanire da un momento all'altro allo stesso modo in cui è arrivato. In paese la davano per disperso, credevano fosse... morto – lo dico e un brivido mi attraversa la spina dorsale. Il sorriso che aveva accennato poco fa si dissolve completamente. Come fa a conoscere questo posto? Vorrei domandarglielo insieme ad un sacco di altre domande, ma ce ne sono alcune che hanno una certa priorità rispetto alle altre. Dov'è stato tutto questo tempo? Ha cercato davvero di... fuggire? Sa, molti le hanno dato del...- …Pazzo? - sogghigna iniziando ad annodare la corda che tiene in mano - Non diventare come loro, Bessie - Io... io lo so che si sbagliano, che lei non è affatto un pazzo, signor Terence io...- Non parlo di me – distoglie lo sguardo dal suo lavoro solo per un istante per guardarmi negli occhi, ma non dice niente, come se dovessi capire quello che intende soltanto dai suoi; ma questo non avviene. Bessie, anche Albert ci calpesta come erba secca e la gente di Anthos e tutti gli abitanti di Kora, si inginocchiano al suo cospetto proprio come questi fili d'erba. Non diventare come loro, ti prego, almeno tu, non arrenderti – mette la corda attorno al suo collo. Sono confusa. Cerco di riordinare le sue parole, i miei pensieri, ma poi capisco. Capisco che il nodo che ha magistralmente intrecciato è un cappio da impiccagione e che l'altra estremità della corda è legata ad un ramo della quercia. Ed è il panico. Vorrei fare qualcosa, qualunque cosa, ma è come se il vento mi trascinasse lontano dalla mia quercia e dal mio professore. No, non lo faccia, si fermi, la prego! - grido. Ma è troppo tardi. Gli spessi occhiali cadono a terra e il suo corpo smette di respirare. Resto pietrificata, non riesco nemmeno a piangere. Poi qualcuno mi scuote le spalle. Bessie! - Lancio un urlo disperato e provo a divincolarmi. Ahi! Dannazione, vuoi svegliarti? - Riconosco immediatamente il suono di questa nuova voce e apro gli occhi, stavolta per davvero. Mio cugino si massaggia dolorante il naso. Mi hai colpito - M-mi dispiace...- borbotto distrattamente voltandomi verso il ramo a cui dovrebbe essere appeso il signor Terence. Non c'è alcuna corda e nessun professore impiccato. Sospiro. Si può sapere che diavolo stavi sognando? - Io... - distolgo lo sguardo dall'albero - ...Lascia stare - Fabrizio continua a parlare, forse inveendomi per avergli tirato un pugno o forse chiedendo ulteriori spiegazioni sul perché mi dimenassi come se fossi posseduta da un demonio, ma io non sono in grado di capire cosa dice. Sento solo un ronzio frastornante e continuo a vedere l'immagine di Terence appeso alla quercia e a sentire le sue parole. Non diventare come loro, ti prego, almeno tu, non arrenderti. In effetti è qualcosa che sarebbe potuto uscire dalla sua bocca, ma non era reale. Cosa mi sta succedendo? Credo di essere sul punto di perdere la ragione. Forse dovrei iniziare a stare di più con le persone. Allora? Hai intenzione di tornare sulla terra? - Fabrizio mi sventola una mano davanti agli occhi, richiamandomi inevitabilmente ad ascoltarlo. Ehm sì, scusa che hai...aspetta ma tu cosa ci fai qui? - mio cugino sbuffa, ma cerca comunque di essere gentile. Lo zio mi ha mandato a cercarti - Intendo come hai fatto ad arrivare qui. Cioè, come fai a conoscere questo posto? Mi hai seguita? - solo l'idea mi fa saltare i nervi. Questa radura è solo mia e tale deve rimanere. Non voglio condividerla con nessuno, neanche con Fabrizio o con...il signor Terence. No – si solleva da terra e indica il fuoco da cui si alza un fumo violaceo. Sono un' idiota. Gli è bastato seguire la scia colorata del fumo per sapere che sarebbe arrivato fino a me. Devi venire a casa, subito – sono ancora irritata per il fatto che ora qualcun altro conosca questo posto, ma quando mi porge una mano per aiutarmi ad alzarmi, mi accorgo di un tremolio subito represso e inizio a preoccuparmi. Cosa è successo? - la sua espressione lascia trasparire tutta la tensione che ha cercato di nascondere finora. I Mandler sono qui... - I Mandler a novembre? Come è possibile?
   
 
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