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Autore: Lyra Lancaster    23/08/2014    0 recensioni
[LEDApple]
Hanbyul ha avuto il coraggio di abbandonare il suo mondo e di affrontarne uno completamente diverso per inseguire il suo sogno. Tuttavia sul suo cammino c’è chi lo sostiene, e chi lo biasima. Ed entrambe sono due persone fondamentali nella vita del cantante.
Ps: Non è una yaoi.
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
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Parte I

Friendship

- Capitolo 1 -


Elizabeth si stiracchiò sulla panchina dell'areoporto di Incheon e gettò un'altra occhiata all'orologio analogico che troneggiava appena prima dei banconi del check-in. Le sue lancette si muovevano troppo lentamente, ed il tempo sembrava rallentare ogni secondo di più. Quel coso era sicuramente rotto.
Per sicurezza controllò anche il cellulare, ma segnava lo stesso orario.
Beth imprecò.
Di solito i voli ritardavano, invece il suo, quello che da Brisbane l'aveva portata a Seoul, aveva trovato bel tempo, nessuna turbolenza e aveva planato sulla pista con mezz'ora d'anticipo. All'inizio era contenta, perchè in questo modo non avrebbe fatto aspettare Jason.
Tuttavia, proprio mentre lo pensava, aveva ricevuto un messaggio dal ragazzo che la avvisava di un imbottigliamento allucinante a causa di un incidente da cui non sarebbe riuscito ad uscire per almeno una mezz'ora. Perderò tempo al ritiro bagagli, si era detta. E invece la sua valigia nera era stata la prima ad uscire: era stata tentata di lasciarla scorrere sul nastro per un paio di giri. Così... Per perdere un po' di tempo... ma alla fine l'aveva raccolta e si era trascinata fuori.
Ed ecco un altro messaggio di Jason che tirava maledizioni contro i vigili e la loro progenie per come stavano gestendo la situazone. Ancora tre quarti d'ora. O così diceva il navigatore.
La giovane gli aveva risposto di non preoccuparsi, avrebbe fatto un giro, poi era andata in bagno, si era sistemata i lunghi capelli corvini e aveva preso una brioches con cappuccino al Nespressobar. Era tornata in bagno e si era sistemata il trucco leggero. Aveva rinforzato la linea della matita marrone -non le piaceva nera, perchè creava troppo contrasto con i suoi occhi celesti- sopra l'occhio, poi l'aveva tolta e l'aveva sistemata come prima. Si era spruzzata ancora un po' di profumo e poi aveva trascinato se stessa e la valigia su una panchina. Aveva avvisato Jason che sarebbe stata al terminal 2 davanti al gate 18. Lui aveva risposto con un messaggio dove citava una canzone che lei non conosceva.
Sicuramente era colpa della noia.
Lo intimidì di prestare attenzione alla strada, che non era necessario un altro incidente, ma lui continuò ad inviarle messaggi finchè non annunciò di vedere l'aeroporto; quindi Elizabeth si alzò, si diresse verso il gate e iniziò a cercare una Mercedes grigia nella fila interminabile di automobilisti che correvano sulla strada davanti all'aeroporto. Bella impresa. Tre quarti delle vetture erano grigie e cinque sesti di queste Mercedes. Tuttavia aveva un altro indizio: sapeva anche che Jason sarebbe stato solo, perchè sapeva che la Starkim avesse concesso il giorno libero solo a lui e non all'intera band. Perciò la ragazza distoglieva lo sguardo dall'interno delle auto nonappena si accorgeva che al loro interno vi era più di una persona.
Ma ecco che, ad un certo punto, circa la duecentesima Mercedes grigia rallentò, abbassò il finestrino e urlò un rapido "Vado a parcheggiare!" nella sua direzione e si allontanò.
Elizabeth non pensava che il tizio si stesse rivolgendo a lei, perchè era biondo, e lei Jason se lo ricordava con i capelli scuri, quindi tornò a scrutare l'orizzonte in cerca dell'amico.
"Steinhaus! Signorina Bebe Steinhaus!"
La giovane si voltò. Il biondo della Mercedes era diretto verso di lei con un sorriso raggiante che gli distendeva le labbra.
Spalancò gli occhi.
Quel tipo era sicuramente il suo ex compagno di studi Jason Jang per un'infinita serie di motivi, tra i quali il suo modo di camminare sicuro e deciso e il modo con cui aveva attirato la sua attenzione: nessun suo compagno di corsi l'aveva mai chiamava per cognome e nessuno si era mai rivolto a lei con lo stupido diminutivo che le aveva appioppato sua nonna -lei era tedesca e non apprezzava il nome anglofono della nipote, quindi accorciava ulteriormente il diminutivo più comune "Beth" con un germanofono "Bebe", così erano tutti contenti, tranne la diretta interessata, a cui veniva la pelle d'oca tutte le volte che si sentiva chiamare in quel modo. Non le piaceva per niente. Le sembrava ridicolo.
Tuttavia in quel momento era quasi felice di sentire quel nomignolo.
"Presente, dottor Jang!"  Sventolò la mano in risposta al suo saluto e, trascinando il trolley, gli volò incontro.
Lui si fermò e splancò le braccia, il sorriso più ampio di prima, e Beth mollò la valigia sul marciapiede per correre ad abbracciarlo.
Ecco. Altre due cose non erano cambiate da quando si erano visti l'ultima volta; una era il dopobarba che usava, l'altra erano gli occhiali da sole, tenacemente indossati ad ogni ora e in ogni occasione. In compenso sembrava più magro. Sciolse l'abbraccio.
"Come stai?"
"Che hai combinato ai capell... bene grazie. Tu?"
"Lol bene... Idea della Starkim... ti piacciono?"
"No."
"Ma come?" Lui rise. "Piacciono a tutte le mie fan" Si passò una mano tra i capelli.
"Vuol dire che sono infami. Moro stavi meglio." Elizabeth allungò una mano per passarla tra le sue ciocche "Oddio come sono morbidi... Jason dammi il tuo shampoo. Subito. Ora. Adesso. Lo voglio."
Lui rise e sciolse l'abbraccio: "Qui in mezzo alla strada? Bebe, aspetta almeno di arrivare in alberg... ahia!" Lei gli aveva tirato uno scappellotto, facendolo ridere di nuovo."Che c'è? Sei tu che hai iniziato! Ti porto la valigia..."
"No Jas... il pugno era per il nomignolo... lo sai che lo detesto... e non ti preoccupare, ce la faccio da sola"
Ma lui non aveva atteso che la ragazza terminasse la frase; si era appropriato del suo trolley e lo stava trascinando lungo il marciapiede.
"Oh beh... grazie..." Lo raggiunse. Jason aveva sempre avuto delle buone maniere, e a Beth erano sempre piaciute le persone con un giusto senso civico. Insomma. Il mondo è ipocrita e falso, quindi tanto vale esserlo meglio degli altri.
"Di nulla, Beth... com'è andato il volo?"
Nel frattempo avevano raggiunto l'auto e Jason aveva caricato la valigia della ragazza nel bagagliaio, per poi immettersi nuovamente nell'autostrada.
"Fin troppo bene. Siamo atterrati con mezz'ora di anticipo... "
"Ah... ti sarai annoiata ad aspettarmi..."
"Troppo. Stupido incidente" Rise la giovane, facendo ridere anche Jason.
Partirono, ma il traffico continuava ad essere una matassa aggrovigliata che si districava lentamente e pesantemente, ringhiando e sbuffando nuvole di monossido di carbonio, e ci due ci misero un'ora prima di uscire da Incheon. Elizabeth gli parlò del viaggio e della noia mortale a cui era stata condannata dalla diligenza della Qantas. Avrebbe preferito il brivido di un paio di turbolenze, qualche vuoto d'aria... anche solo un'hostess con le balle girate andava bene! Ma nulla... Sorrisi e nuvole che neanche in Paradiso.
"Non ti lamentare... c'è gente che ammazzerebbe per avere un volo come il tuo" Jason era sprofondato nel sedile e combatteva con un incipiente tallone d'Achille che stava per insorgergli a causa del movimento meccanico repentino tra freno, frizione ed acceleratore. Per fortuna Elizabeth sapeva come rendere interessante anche il racconto di un volo noioso.
"Sono nata in una delle terre più pericolose del pianeta... la tranquillità mi fa cadere le braccia!" Rispose lei incrociando le suddette e seguendo con lo sguardo un uomo che, da come gesticolava al telefono, sembrava avere tante braccia quante la dea Kali.
"Ah certo... James Cook II, ti piacciono ancora le brioches alla crema?" Il ragazzo rischiò un tamponamento per guardare Elizabeth negli occhi e sorridere, lei sgranò i suoi e si rianimò: "Certo che mi piacciono!" Se n'era ricordato! All'università, durante una di quelle giornate da suicidio che prevedevano quattro lezioni di due ore ciascuna una in fila all'altra, passava quasi sempre in una caffetteria lì intorno, la BlumenBaum Baker's, che sfornava delle deliziose brioches fresche ripiene di crema e ne comprava due: una da mangiare subito e una per metà mattina. In teoria. In realtà una per metà mattina, metà da mangiare subito e metà da regalare a Jason.
"Sono sul sedile posteriore... volevo ricordare i vecchi tempi e riscattarti di tutti i carboidrati che ti ho sottratto in due anni" E, approfittando del semaforo rosso, il ragazzo si voltò indietro e prese un sacchetto bianco con dentro una scatola.
"Jas, non dovevi!" Lo ringraziò Beth, prendendo la borsa con entrambe le mani per sistemarselo in grembo. Era eccitata come una bambina a cui hanno regalato una nuova bambola.
L'altro rispose con un gesto vago della mano: "Ormai saranno fredde... e non sono del BB... però sono buone lo stesso, fidati di me." In quel momento scattò il verde e Jason premette l'acceleratore, gongolando per essere riuscito a far felice l'amica. Ecco una qualità di lei che gli piaceva: non aveva gusti difficili e bastava poco per vederla sorridere. Infatti, dopo un "chissenefrega", Beth aprì la scatola e lasciò che l'aroma dolce e fragrante dei croissant riempisse l'abitacolo, poi ne prese una e l'addentò. "Mh! Dio quanto sono buone" commentò.
"Lo so. Me ne dai metà?" Ridacchiò il ragazzo.
"No. Questa me la mangio tutta io. Forse la prossima." Beth si leccò le dita. La crema era suisita e ventiquattro anni non erano troppi per gustare una brioche come si deve.
"Come sei cattiva! Tanto siamo quasi arrivati al tuo hotel. Ah! Purtroppo devo scappare, dopo... mi rivogliono indietro per l'una ed è già mezzogiorno e un quarto." Le spiegò Jason con il tono e lo sguardo di un cucciolo bastonato. Dopo un anno che non vedi una persona vorresti anche farci quattro chiacchere in santa pace, perdio!
Elizabeth se ne accorse e abbassò gli occhi celesti sul cruscotto: "Non ti preoccupare, avremmo tutto il tempo per vederci un'altra volta... anche io ho un po' di faccende da sbrigare... disfare le valige, carte da controllare, cartelle da ordinare e fuffa simile" Gli sorrise per rassicurare lui e se stessa; in realtà avrebbe voluto rapire Jason e passare la giornata a ciondolare per il centro della città, ma il dovere viene sempre prima del piacere.
"Che fregatura! Guarda... ti lascio il biglietto della casa discografica, così hai l'indirizzo. Se vuoi venire a trovarmi, fammi uno squillo." Jason parcheggiò e si voltò verso la giovane per salutarla quando, si ricordò che aveva nel bagagliaio la valigia dell'amica: "Sì ma... aspè... che idiota!" E si slacciò la cintura per scendere e scaricare il trolley. Subito dopo venne raggiunto da Elizabeth, che si riprese il bagaglio e si alzò sulle punte per schioccargli un bacio su ciascuna guancia: "Grazie mille Jas... Catchya later!"
"Di nulla Beth, quando hai bisogno... io sono qui." Lui invece si era abbassato un poco, per ricevere i baci dell'amica, prima di salire di nuovo in auto e agganciarsi la cintura, mentre Beth entrava nell'albergo scarrozzandosi dietro il trolley.
Infilò le chiavi nel quadro e, in quel momento, si accorse che, appoggiata sopra un Kleenex, c'era metà brioche.




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Buonsalve a tutti quanti!
Sono fiera di essere la prima a scrivere in una sezione LEDApple qui su EFP con questa fanfiction.
Spero che catturi la vostra attenzione e che vi rimanga nel cuore... oltre che dare spunto alle LEDAs italiane per scriverne altre. Forza ragazze, so che ci siete! Uscite e tirate fuori la vostra creatività!
Detto ciò- ci vediamo al cap 2!
Ps: Il titolo della storia è tratto da una canzone di Jason Mraz, I won't give up, appunto, di cui il nostro Hanbyul ha fatto una covero (come dice lui con il suo aussie accent) inedita live. Stay tuned!




  
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