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Autore: Sweet Angel    20/09/2008    5 recensioni
Ciao!! Questa storia parla di Raislin e Dalamar, i miei personaggi preferiti. Che succederebbe se Dalamar vedesse piangere il suo Shalafi? Continuerebbe a temerlo? E una partenza inaspettata complicherebbe le cose? E poi.... e poi, leggete e scoprite!! Hope you like it!!!
Genere: Generale, Malinconico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: What if? (E se ...) | Avvertimenti: Incompiuta
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My Shalafi...my friend


















Eccomi di nuovo qua con la mia seconda fanfic su Dragonlance!
Spero vi piaccia più della prima... ^.^
In questa fic, innanzitutto chiedo scusa per il "riepilogo" iniziale, ma l'ho messo cosìcchè anche chi non conosce Dragonlace possa leggere la fic!
Questa storia parla di Dalamar e Raistlin, i miei personaggi preferiti... che succederebbe se Dalamar vedesse piangere il suo Shalafi? Continuerebbe a temerlo? E... una partenza inaspettata... complicherebbe le cose?
Bè... scopritelo...!
Buona lettura!!

****

La Torre di Phalanthas era un luogo davvero molto silenzioso.
Molto tempo addietro, quando il Sommo Sacerdote di Istar ancora viveva, e quando Istar stessa emergeva dalle acque, uomini comuni e maghi avevano combattuto.
O, per meglio dire, gli uomini avevano attaccato le Torri della Stregoneria. Una sola Torre era sopravvissuta indenne questo attacco: la Torre di Waireth, situata nell'omonima foresta.
Le altre Torri erano state distrutte dai maghi stessi, o trasferite su altri piani d'esistenza... ma di nessuna Torre era interessante come la Torre di Phalanthas.
Era la Torre più bella, prima che tentassero di distruggerla, Il vanto di Phalanthas, meravigliosa città dagli aggraziati edifici di marmo bianco. Poi, un attimo prima che i cittadini prendessero la Torre, una Veste Nera, dalla finestra più alta dell'edificio, scagliò una terribile maledizione sulla Torre, poi si gettò sulla cancellata che cingeva l'edificio, morendo.
E un bosco di querce, il Bosco di Shoikan era creciuto attorno a quell'edificio. Era una foresta orribile, popolata da spiriti assetati di sangue fresco, che incuteva paura perfino ai Kender.
E una sola creatura avrebbe potuto atraversare indenne quel Bosco maledetto.
Il maestro del Passato e del Presente.
'Il mio Shalafi ce l'ha fatta' pensò Dalamar, l'elfo traditore apprendista di Raistlin, mentre passegiava per le vie di Palanhtas 'La Veste Nera morta sulla cancellata si è inchinata davanti a lui, e gli spettri sono suoi servi'.
Dalamar era... fiero della sua posizione. Era indubbio che Raistlin fosse il più grande mago esistente, e l'elfo si sentiva privilegiato a poter studiare con lui.
Certo, era una spia mandata dai maghi di Waireth per... spiare, appunto, le mosse dell'arcimago di Phalanthas, ma quello era diventato oramai un compito secondario.
Dalamar si sistemò il cappuccio della veste nera, sentendo sotto le dita il filo argenteo con cui erano intessute le rune protettive. Ci teneva a non far sapere che era un elfo. Gli elfi non indossano mai le Vesti Nere, ma lui era un elfo... speciale... voleva conquistare potere, e aveva indossato le vesti nere. Ma era stato cacciato dalla sua patria.
Entrò in una piccola bottega che vendeva alcuni componenti per gli incantesimi, e vide chiaramente il venditore irrigidirsi.
-Buon uomo, può darmi per favore un vasetto di fiori di elicanthus essiccati?- chiese con voce gentile e dolce.
Quella mattina Raistlin era strano.
Aveva ricevuto una lettra, gli l'aveva recapitata Dalamar, senza leggere il mittente, naturalmente. L'elfo aveva lasciato la lettra fra le mani dell'arcimago, e aveva visto Raistlin rigirarsi la busta fra le mani, sorpreso.
Ed era impallidito, leggendo il mittente.
-Apprendista... ti dispiacerebbe... andare a prendere un po' di fiori di elichanthus?- aveva detto l'arcimago, con voce rotta.
Ma, Shalafi, ne abbiamo in abbondanza!- aveva replicato l'elfo.
-Vai lo stesso, Dalamar!- aveva risposto l'altro, con un tono di voce insolitamente alto. Solitamente lo Shalafi non alzava mai la voce... Dalamar era curioso: voleva sapere cosa c'era scritto in quella lettera, e soprattutto chi l'aveva mandata. Chi scriveva a Raistlin Majere? Chi poteva inquietarlo così?
I pensieri dell'elfo scuro furono interrotti dalla voce dell'uomo, che diceva: - I... i fiori di elicanthus costano molto, mio signore...-.
-Ho di che pagare!- rispose Dalamar, in tono un po' irritato.
-Anzi... mi dia i fiori di elicanthus migliori che ha!-.
-Come d...desidera, m...mio signore...-.
Dalamar uscì poco dopo con una vaso di grandi fiori blu e fucsia essiccati e chiusi in una barattolo di vetro.
Mise il barattolo leggerissimo in una tasca della veste, e ripiegò la mani nelle maniche, avviandosi di nuovo verso la Torre, che innalzava i suoi neri minareti verso il cielo, come scheletriche dita.

***

Dalamar varcò i cancelli della Torre.
Poi la pesante porta di lagno si spalancò davanti a lui, e la luce gialla delle candele  illuminò il suo cammino.
Entrò e si tolse il mantello pesante. Era autunno, ma faceva già freddo, e dopo aver attraversato il malefico Boschetto, si sentiva gelato e stordito.
Ma ora... doveva leggere quella lettera.
Poteva essere qualcosa di importante, da riferire a Par Salian! E poi... era irrimediabilmente... curioso!
Salì le scale a chiocciola reggendo un candelabro, e si avvicinò a passo sicuro verso lo studio di Raistlin. Ormai si muoveva bene in quel luogo silenzioso, immerso nelle tenebre... quelle tenebre che da un po' di tempo erano diventate stranamente confortevoli.
Quando era arrivato alla Torre, aveva avuto paura della costante penombra, ma ora... ora la penombra era diventata come una morbida coperta, avvolgente e sicura.
Dalamar si immobilizzò con un movimento così brusco che il cappuccio gli scivolò dalla testa, scoprendo i fluenti capelli neri.
Dallo studio del suo Shalafi, solitamente silenzioso, proveniva un suono... come un singhiozzo strozzato.
L'apprendista si avvicinò alla porta, lasciata socchiusa come sempre, e spiò dentro. Ciò che vide lo inorridì e lo lasciò senza fiato.
Il suo Shalafi, il suo maestro, che solitamnte incuteva timore solo col suo sgaurdo gelido, era accasciato sulla scrivania, con il volto sepolto nell'incavo di un braccio, nell'altra mano stringeva un foglio di carta scritto fittamente. E piangeva.
Piangeva a singhiozzi rotti e disperati.
Perchè?

****

Ok, vi lascio così...
Cosa farà il nostro elfetto?
Bè, leggete il prossimo capitolo e lo scoprirete!
Spero che questo capitolo vi sia piciuto...anche se a mio parere era un po' noioso.... e... l'idea per questa fic mi è venuta al supermercato...!!
Spero di poter aggiornare presto, ditemi cosa ne pensate, please!!!

  
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