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Autore: _Laine    28/08/2014    3 recensioni
Mi accarezzò delicatamente una guancia, ma già sapevo che quel tocco così leggero non aveva nulla a che fare con ciò che voleva realmente.
“Ti voglio…” la sua mano scese ad accarezzarmi il collo, per poi muoversi fino alla scollatura, ma lo fermai. “Aspetta, andiamo via di qui.”

Credevo di essere destinata ad una vita infelice e alquanto squallida. Non ero assolutamente preparata all'avventura che avrei vissuto di lì a poco; non sapevo che tutto stava per cambiare radicalmente.
Genere: Commedia, Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Triangolo | Contesto: Contesto generale/vago
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Comunicazione di servizio:
Ehm ehm, sono giunta nuovamente a rompere le scatole perché ieri mi sono messa a rileggere questa storia e con grande sgomento mi sono resa conto che mancava un capitolo! Ebbene sì, mi ero dimenticata di pubblicarlo! Più precisamente si tratta di quello che dovrebbe essere il decimo, ossia l'incontro di Jill con suo padre. Se notate infatti in quello che è ora il decimo la povera disgraziata si ritrova nel suo letto e nessuno può spiegarsi come abbia fatto!
Ho provveduto inserendo la parte mancante subito dopo il capitolo nono, nella stessa pagina, quindi se volete andate pure a leggerlo.
Non vi disturbo oltre e vi lascio con il finale.
-Laine


 

- Epilogo -


La stanza è gremita di gente e io non riesco a vedere nessuno di mia conoscenza. Mi guardo attorno un po' spaesata e faccio ancora fatica a realizzare dove mi trovo.

La luce nella galleria è debole e gli unici rumori che avverto sono le voci della persone che chiacchierano, scherzano, ridono e commentano animatamente i dipinti appesi alle pareti.

Improvvisamente vedo mio padre raggiungermi di corsa. "Jill!" esclama, quasi con il fiatone. "Spero di non essere in ritardo!"

"No papà" rispondo, con le braccia conserte. "Abbiamo iniziato da poco."

Mi da due baci sulle guance e mi abbraccia. "Sono così orgoglioso di te."

"Aspetta a dirlo, prima guarda cos'ho combinato."

Prendendolo sottobraccio lo conduco verso una parete sulla quale sono affissi cinque dei vari dipinti che ho realizzato nell'ultimo anno.

 

Dopo aver riallacciato i contatti con mio padre, avevo finalmente deciso che direzione dare alla mia vita: andai a lavorare con lui al negozio e cominciai subito a racimolare i soldi necessari per frequentare dei corsi d'arte, rispolverando così quella passione che avevo riposto nel cassetto. Avevo un'ottima insegnante che mi spiegò un'infinità di tecniche da disegno.

Un giorno ci disse che alla fine del corso ognuno di noi avrebbe potuto esporre una selezione di proprie opere ad una mostra che si sarebbe tenuta in una vera e propria galleria d'arte, e lì avremmo potuto confrontarci con il pubblico e sentire cosa pensava la gente dei nostri lavori.

Non si trattava di certo del MoMA, ma per me era la realizzazione di un sogno; nonostante ciò avevo anche paura che le persone non avrebbero capito cosa volevo comunicare.

 

"Mio Dio, sei bravissima!"

"Ma tu sei un po' di parte, papà, non mi diresti mai che fanno schifo."

Si sofferma in particolare sulla prima opera e la osserva per alcuni istanti. Al centro c'è una ragazza di spalle, dai lunghi capelli castani; a sinistra c'è una porta aperta, da cui penetra la luce del sole, dall'altra predominano le ombre, mentre sul bordo campeggia una completa oscurità.

Legge il titolo ad alta voce: "Light and dark" e io penso che a dare i nomi ai dipinti non sono affatto brava.

"Questo è il mio preferito" commenta. "Non capisco molto di arte, ma penso di riuscire a cogliere il messaggio."

In effetti mi sembrava di aver reso semplice ciò che volevo comunicare e sono felice di essere riuscita a trasmettere qualcosa.

"È una contrapposizione tra ciò che è giusto e sbagliato. Siamo sempre in bilico tra questi due aspetti e ogni azione che compiamo ci avvicina ad una direzione piuttosto che un'altra."

Trovo divertente il modo in cui dà questa interpretazione e scoppio a ridere, ma poi mi affretto a spiegargli che ha pienamente ragione. "Fortunatamente con l'arte possiamo esprimere ciò che è difficile comunicare a parole."

 

In realtà c'è anche un'altra interpretazione che preferisco tenere per me e che credo non rivelerò mai a nessuno. Le due parti rappresentano i due ragazzi che più hanno avuto importanza nella mia vita.

Richard rappresenta la luce, la sicurezza, la sincerità. Adam è il mistero, l'indecisione, l'irruenza.

Avevo deciso di rappresentare sulla tela la sintesi degli avvenimenti dello scorso anno perché le persone con cui ho avuto a che fare hanno lasciato tutte dei segni indelebili. Oltre a mio padre, Adam e Richard sono stati coloro che hanno letteralmente stravolto la mia esistenza e mi ero sentita in dovere di omaggiarli in questo modo particolare.

 

Io e Adam siamo rimasti in contatto, anche se non ci sentiamo frequentemente, mentre di Richard non ho più avuto notizie.

 

"Confermo: sei un'artista e sono fiero di te."

"Alla fine siamo riusciti ad incamminarci verso la luce" commento, alludendo al quadro.

Mi abbraccia di nuovo e io ricambio con affetto.

"Sto morendo di fame" dice poco dopo. "Credo che farò un giro al tavolo del buffet. Ti porto qualcosa?"

"No, grazie, sto bene così."

Mi sorride e si allontana, mentre io fisso di nuovo il quadro e vedo la ragazza voltarsi verso la porta aperta.

 

Il secondo quadro che ho scelto non è allusivo come il primo, ma per me ha ugualmente importanza. Una ragazza dai lunghi capelli biondi sorride in direzione dell'osservatore, e il suo sorriso è dolce e sincero. Indossa un lungo abito blu ed è in posa su un elegante divano.

Anche se non avevo chiesto a Dana di mettersi in posa, aveva capito perfettamente che si trattava di un suo ritratto, e l'ambientazione richiama il salotto della casa del suo nuovo fidanzato.

Si erano conosciuti per puro caso, una sera, mentre entrambi passeggiavano in solitudine nei pressi del lago. Dana mi aveva raccontato che Peter, soprappensiero, l'aveva spinta mentre camminava. Si era subito scusato un milione di volte, nonostante lei gli avesse ripetutamente risposto di non preoccuparsi, perché non era accaduto nulla di grave. Dana, osservando quel ragazzo dal viso angelico, gli occhi chiari e i riccioli biondi, non aveva minimamente pensato di proporgli un incontro a casa sua. Con la massima naturalezza possibile, si erano semplicemente seduti ad una panchina a chiacchierare. Si erano dati appuntamento diverse volte a quella panchina poi, dopo qualche tempo, lui le chiese di sposarla. Ma questa è un'altra storia.

Sembrava tutto affrettato ma, dopo aver conosciuto Peter, avevo capito che era veramente pazzo di lei, e non avrei potuto desiderare di meglio per Dana.

In questo momento devono essere a Parigi e, nonostante vorrei che fosse qui con me, spero solo che si stia godendo ogni momento con Peter. Se lo merita.

 

Ad un tratto si avvicinano due figure conosciute e io stento a credere ai miei occhi.

"Ragazzi, che piacere vedervi!"

Adam e Eden mi salutano a turno baciandomi le guance.

"Non mi sarei perso la tua prima mostra per nulla al mondo!"

Eden lo prende in giro: "Dovevi sentirlo, non vedeva l'ora di venire qui ad ammirare i tuoi lavori, non parla d'altro da ore!"

Li osservo per un attimo e noto che ormai entrambi hanno abbandonato quel look un po' dark che li contraddistingueva. Questa sera poi sono particolarmente eleganti.

"Sono lusingata" rispondo, sorridendo. "I miei dipinti sono questi."

Mostro loro ciò che ho imparato al corso, spiego perché ho usato una tecnica piuttosto che un'altra e loro paiono piacevolmente colpiti.

 

Ad un tratto Eden esclama: "Ma dov'è quello scemo di mio fratello? Dovrebbe essere arrivato da un pezzo!"

Il mio cuore sobbalza. "Richard è qui?!" esclamo a voce alta.

"Sì, l'abbiamo incontrato qui fuori e ha detto che ci avrebbe raggiunti subito, ma a quanto pare ha deciso di starsene là a congelare.”

Istintivamente mi dirigo di corsa verso l'ingresso della galleria, facendo adirare la gente che affolla la stanza e spingendola in tutte le direzioni.

Quando apro la porta d'ingresso un vento gelido mi travolge e, guardandomi in giro, noto che in strada non c'è anima viva.

Se n'è andato, penso, e la delusione mi investe come un treno.

Non mi aspettavo che si presentasse questa sera, anche se in tutta sincerità un po' ci speravo.

Cerco di trattenere le lacrime e mi dirigo di corsa in bagno, dove accendo il rubinetto e mi sciacquo la faccia.

Guardo il mio riflesso nello specchio e penso che nulla dovrebbe rovinarmi la serata, perché sono nel bel mezzo di un evento importante e devo godermelo a pieno, lasciando da parte i cattivi pensieri.

Spengo l'acqua, mi faccio un sorriso ed esco.

Sento un forte rumore proveniente dal bagno degli uomini: qualcuno sta parlando a voce decisamente troppo alta.

"Dai, non essere codardo, ce la puoi fare!"

La sua voce è inconfondibile e il cuore comincia nuovamente a martellarmi nel petto.

Senza avere il controllo delle mie azioni, mi metto a bussare alla porta e ricevo in risposta: "È libero!"

Continuo a bussare con insistenza. "Oh, per l'amor del cielo!"

Richard apre la porta stizzito e appena mi vede spalanca gli occhi.

"Jill, c-ciao!" cerca di articolare le parole. "Che b-bello vederti!"

Gli faccio un enorme sorriso e, prendendogli la mano, lo conduco verso un divano accanto all'ingresso, dove c'è poca gente. "Sono troppo felice che tu sia qui! Respira profondamente, Richard, o ti verrà un colpo!"

"Sto bene... Sto bene" si accomoda sul divano. "È solo che rivederti dopo tutto questo tempo mi ha messo in agitazione, non sapevo cosa aspettarmi."

"Ci credi se ti dico che per me è lo stesso? Non pensavo che ti saresti presentato qui, stasera."

"Ho approfittato dell'occasione" spiega. "Mia sorella mi ha raccontato di questa serata e io mi sono detto che non potevo assolutamente mancare a questo evento all'insegna dell'arte."

"Ah, quindi sei qui solo per i quadri" commento, fingendomi offesa. Lui risponde con plateale convinzione: "Precisamente."

Scoppiamo entrambi a ridere e la tensione sembra dileguarsi subito.

Poi lo abbraccio, senza aggiungere altre parole. Mi è mancato, in un modo che non avrei mai creduto possibile. Mi stringe forte e io penso che le sue braccia siano il posto più sicuro al mondo.

"Allora, cosa hai fatto quest'anno? Ti sono accadute delle cose belle?"

Mi divincolo dall'abbraccio e rispondo: "Sono successe tante cose, una migliore dell'altra."

E inizio a raccontargli del mio nuovo lavoro, dell'arte e del rapporto che sono riuscita ad instaurare con mio padre. "Ovviamente non ho più dovuto guadagnarmi da vivere come facevo prima, e di questo sarò per sempre grata a mio padre."

Lui mi sorride di nuovo dolcemente.

"E tu?" riprendo. "Alla fine sei riuscito ad esaudire il sogno dei tuoi genitori?"

"Ebbene sì!" esclama, mentre dentro di me sento qualcosa che si rompe. "Ho incontrato una donna bellissima e ricchissima di nobili origini, l’ho presentata ai miei genitori e ne sono rimasti entusiasti!"

"Wow..." dico, senza sapere cosa rispondere.

"È stato amore a prima vista e ci siamo sposati dopo un solo mese di frequentazione."

Faccio per alzarmi, sconvolta dalle sue parole. "Che dire... Sono molto contenta per... Hey! Non hai la fede al dito!"

Richard scoppia a ridere fragorosamente. "Era uno scherzo, volevo vedere la tua reazione."

"Sei pessimo!" esclamo, per poi andarmene.

"Aspetta!" mi prende la mano e mi fa voltare verso di lui. "Cerca di capirmi, l'ultima volta che ci siamo visti mi hai detto di non provare nulla nei miei confronti. Volevo vedere se era vero o no."

"Magari i sentimenti sono nati dopo, con la lontananza" mi guarda compiaciuto. "Sempre se sono nati, s'intende" puntualizzo poi, con fare altezzoso.

Mi cinge i fianchi, avvicinandomi a sé. "Quindi provi qualcosa per me o no?"

A questo punto mi avvicino e lo bacio, trasmettendogli tutto l'amore possibile. È un bacio lungo, intenso ed appassionato, con il quale spero di recuperare, anche se solo in minima parte, il tempo che abbiamo trascorso distanti.

"Comunque ti amavo già da tempo" gli sussurro all'orecchio, mentre gli accarezzo i capelli. "Non ho mai smesso di pensare a te, nemmeno per un istante."

"Allora non dobbiamo perdere altro tempo!" risponde, prendendomi per mano. "Iniziamo subito ammirando le tue doti artistiche."

E mentre mi sta accompagnando chissà dove, si rende conto di non sapere dove siano esposti i miei dipinti.

Mi metto a ridere e gli faccio strada, per poi raggiungere una serie di disegni di una ragazza che frequentava il mio corso, ma che aveva deciso di esprimere un concetto dell'arte del tutto personale: le sue cinque tele sono completamente bianche perché, a detta sua, è compito dell'osservatore riempirle con lo sguardo.

"Allora" gli faccio un sorriso a trentadue denti. "Che te ne pare?"

La perplessità sul suo volto è evidente. "Ehm, io..."

"Non ti piacciono?" dico, con finta delusione. "Credevo che il mio intento fosse evidente..."

Non sa come spiegarsi. "Ecco, io veramente..."

Non riesco più a reggere il gioco, perché inizio a ridere. "Dovresti vedere la tua faccia!"

Lui mi afferra i polsi, allibito per lo scherzo che gli ho fatto. "Imbrogliona!"

"Dai, non prendertela, ora ti mostro i miei capolavori."

"No, non ti credo più" afferma, incrociando le braccia e facendo il sostenuto. “Proverò ad indovinare da solo quali dipinti ti appartengono.”

"D'accordo" rispondo, sfidandolo.

Comincia a camminare per le sale, osservando le persone affollate attorno ai quadri.

"Oh, c'è mia sorella!" indica Eden e fa per avvicinarsi.

"Così non vale!" lo seguo contrariata.

"Oh beh, è andata così."

Saluta la sorella, la quale gli chiede dove si fosse cacciato.

"Diciamo che era occupato a fare training autogeno" intervengo io.

Richard fa finta di ignorarmi e si gira verso i dipinti raffiguranti cinque diversi paesaggi: appartengono ad un ragazzo veramente in gamba, forse il migliore del corso.

Eden deve essere rimasta colpita da questi splendidi paesaggi e si è allontanata dai miei dipinti per ammirarne degli altri.

Dopo un'attenta osservazione, Richard commenta: "Devo ammetterlo, Jill, sei un'artista nata. Hai una tecnica davvero impressionante."

Eden inizia a ridere sguaiatamente. "È vero, ma devi ammettere che ha scelto un nome d'arte piuttosto insolito."

A questo punto Richard ispeziona una delle targhette al di sotto delle cornici e legge a voce alta: "Gregory Miller."

Comincio a ridere anch'io, incapace di contenermi. Credo di non aver mai riso così tanto in tutta la mia vita.

"Vi detesto!" esclama, mentre io gli afferro la mano nel tentativo di non cadere a terra per le troppe risate.

Richard però sposta il braccio in un gesto stizzito e mi fa perdere l'equilibrio. Cado rovinosamente a terra e pesto il sedere.

"Jill!" Richard mi solleva con la preoccupazione nella voce. "Ti sei fatta male?"

Faccio no con la testa, mentre mi tiene stretta a lui e i nostri nasi si sfiorano.

"Dici che ci stanno guardando tutti?" domando, senza staccare i miei occhi dai suoi.

"Non mi importa" risponde, per poi baciarmi di nuovo.

Per alcuni istanti dimentico tutto e tutti ed esistiamo solo noi. Mi sento finalmente una persona completa e realizzata e sento che nulla potrebbe rovinare questo momento.

Alla fine, dopo avergli promesso di non fare altri scherzi, almeno per questa sera, gli mostro i miei quadri.

Dopo essersi assicurato che fossero davvero miei, ripete che ho davvero talento e che sono bellissimi.

"Però quei paesaggi laggiù sono più belli" aggiunge.

"Grazie per la considerazione" e gli mollo un pugno sul braccio.

"Ahi, mi hai fatto malissimo!" mi prende in giro e io comincio a colpirlo ripetutamente.

"Ragazzi, niente violenza!" Adam ci ammonisce, ma è divertito anche lui da questa situazione.

Si avvicina anche Eden, che propone: "Che ne direste se andassimo insieme a mangiare qualcosa?"

Accettiamo tutti la proposta e io aggiungo: "Aspettatemi solo un secondo."

Mi faccio largo tra la folla, che sta ormai diminuendo, e raggiungo il tavolo del buffet. "Papà, io e i miei amici andiamo a mangiare un boccone, ti va di unirti a noi?"

"No, grazie tesoro" risponde. "Credo di essere sazio per le prossime due settimane, ho veramente mangiato di tutto!"

Indica l'infinità di piatti esposti. "Vai pure, e divertitevi!"

Mi avvicino e gli do un bacio sulla guancia. "D'accordo, ti chiamo domani, buonanotte papà."

Recupero borsa e cappotto e torno dai ragazzi. "Sono pronta!"

 

Usciamo tutti insieme dalla galleria. Eden e Adam ci fanno strada precedendoci di qualche passo, mentre io cammino di fianco a Richard. Ben presto mi afferra la mano e la tiene stretta.

"Devi promettermi una cosa" mi dice ad un tratto, diventando serio. "Promettimi che d'ora in poi farai affidamento su di me per qualunque cosa ti serva. Promettimi di dirmi subito se qualcosa non va e, se per caso dovessimo litigare, promettimi che non aspetteremo un anno per fare pace."

"Lo prometto."

Sorride, riassumendo un'espressione rilassata. “Bene, ora possiamo recuperare il tempo perduto.”

"Hey, piccioncini!" la voce di Eden richiama la nostra attenzione. "Vi muovete o dobbiamo tornare indietro per staccarvi?"

Richard sbuffa. "Mia sorella ha la straordinaria dote di rovinare i momenti migliori."

Riprendiamo a camminare.

"La detesto."

"Dai, non prendertela. A me piace Eden, è una forza."

"Certo" commenta ironico. "Se ti piace avere attorno una che non sta mai zitta e ti disturba costantemente allora sì, è una forza."

"Esagerato!"

"Non sto scherzando" continua. "Se escludiamo il periodo in cui si è chiusa in sé stessa, non ha mai fatto altro che immischiarsi negli affari degli altri e disturbare la loro quiete.”

“Ma smettila, io penso che Eden sia fantastica, è un po' come la sorella minore che non ho mai avuto, e se ti dà così fastidio, io sarei felice di ospitarla a casa mia.”

“Ma per carità!” esclama, contrariato. “Non sopravvivresti più di cinque giorni in sua compagnia, te lo garantisco.”

Un'idea geniale mi attraversa la mente, mi fermo, lo guardo compiaciuta e lui ricambia con uno sguardo a metà tra il perplesso e il preoccupato. “Cosa c'è?”

“Facciamo una scommessa.”


 

Fine.

  
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