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Autore: Non ti scordar di me    31/08/2014    10 recensioni
Può un amore fraterno trasformarsi in altro? In passione? In un’ossessione? In amore?
Damon dopo vent’anni d’assenza ritorna a casa dal padre, dal fratello Stefan e dalla piccola Elena che ormai non è più tanto piccola.
Elena lo odia, lo odia per i suoi modi di fare, lo odia per essere il fratello peggiore al mondo e lo odia perché prova per lui un’attrazione illecita.
E se Damon si stesse spacciando per qualcun altro? Elena è invaghita di un misterioso ragazzo di cui non sa neanche com’è il volto e s’incontra con lui ogni giorno alla biblioteca del college. E se i due, in realtà, fossero la stessa persona?
I due sono veramente fratelli? O sotto si cela un segreto più grande?
Dalla storia:
Le sue labbra erano troppo soffici. Era sbagliato. Noi eravamo sbagliati, quella situazione era sbagliata. I loro sentimenti erano sbagliati.
Si era innamorata di suo fratello. Può una vittima innamorarsi del suo aguzzino? Può una persona innamorarsi di un ricordo? Può una sorella innamorarsi di suo fratello?
“Siamo sbagliati…” Sussurrai.
“Siamo le persone sbagliate al momento sbagliato, eppure non mi sono mai sentito meglio con un’altra persona e in un altro momento.”
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti | Coppie: Damon/Elena
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo cinque.
You are that small ray of sunshine.
 
Ero in biblioteca e sfogliavo svogliatamente un libro. Ero nell’angolo più buio della libreria, seduta a terra con un libro sulle gambe.

Ero nello stesso posto in cui quel misterioso sconosciuto mi aveva “adescato”. Ora che ci pensavo era da più di una settimana che non andavo in biblioteca. Anche se a pensarci bene, ora non potevo fare altro visto che ero in punizione per la bellezza di tre settimane.

Fin’ora era passata solo una settimana in cui non facevo altro che evitare Damon.
Insomma…Era un fratello odioso che stava buttando all’aria la sua vita. Dopotutto…a me che importava se si sfracellava su una macchina?
E la cosa che mi faceva più rabbia era che lui non aveva avuto il mio stesso – ingiusto – trattamento.
Serrai i pugni ai ricordi di quella sera.

Caroline mi aveva accompagnato a casa non appena l’avevo recuperata. Le avevo raccontato sommariamente quello che era successo e il suo unico commento fu “se vuole rovinarsi la vita sono problemi suoi”.
Ma non era così,dannazione! Damon era pur sempre mio fratello! Non potevo – non volevo – che si rovinasse la vita per qualche stupidaggine.

«Elena, fermati dannazione!» Imprecò Damon, camminando dietro di me a passo svelto. Era uscito dalla sua Camaro e m’inseguiva a grandi passi, ma io ero in vantaggio di un bel po’ di metri.
Presi il mio Iphone e composi il numero di Stefan, sperando che fosse già ritornato dal suo appuntamento.
Mentre componevo il numero, sentii due forti braccia prendermi per la vita e sbattermi – in modo rude – contro la porta di casa.
Damon era a pochi centimetri da me e teneva la sua presa salda sui miei fianchi. I suoi occhi pieni di rabbia, le nocche erano bianche e la fronte corrugata. Era – leggermente eh – arrabbiato. Eppure tra i due ero io quella che doveva essere arrabbiata!

«Ora, mi ascolterai.» Sibilò duro. Avevo le mani libere e la prima cosa che mi venne in mente fu quella di schiaffeggiarlo. Alzai la mano, ma mi bloccò prima che la mia mano toccasse la sua guancia.

«Non. Provarci. Più.» Digrignò i denti con gli occhi che fiammeggiavano di rabbia. Il mio cuore perse un battito, non avevo mai visto Damon così arrabbiato. Non riuscii neanche a replicare, perché m’interruppe bruscamente.

«Tutti quelli che ci hanno provato non sono vivi per raccontartelo, capito?» Continuò serrando la presa sul mio polso. Sapevo – o almeno ci speravo – che quella fosse una semplice minaccia, ma in quel momento lui era terribilmente serio.

«Ora potremo parlare civilmente?» Chiese. Alzai finalmente lo sguardo e per poco non gli scoppiai a ridere in faccia.

«Cosa c’è da spiegare? Vuoi morire? Muori. Non me ne importa niente.» Mi pentii subito di aver detto quelle parole. Cosa avevo detto? Gli avevo veramente detto che non me ne sarebbe importato se fosse morto?
I suoi occhi diventarono tutt’un tratto più cupi e freddi. Il distacco tra di noi lo sentivo sempre più vicino. Volevo scusarmi, ma ero troppo orgogliosa per ammettere di esser troppo impulsiva.

«So bene che quello che ora hai detto è una cazzata.» Sibilò avvicinandosi pericolosamente al mio volto. Oh sì, lo sapevo anch’io.

«Chi te lo assicura?» Chiesi ironica. Mi stavo comportando male, anzi mi stavo comportando da stronza. Ma non l’avrei mai ammesso.

«Perché sei salita in macchina se ti avevo detto di non salire?» Chiese duro. Alla sua domanda fui presa alla sprovvista. Non avevo una vera risposta…Perché l’avevo fatto? Forse non volevo avere la sua morte sulla mia coscienza? O forse ho pensato che se doveva morire era meglio morire con lui che vivere coi sensi di colpa?
Non lo sapevo e non volevo saperlo. Scavare nel profondo dei miei sentimenti, significava cambiare idea su Damon e quello su cui avevo sempre pensato su di lui.
Non potevo permettermelo.

«Sai che non si risponde a una domanda con un’altra?» Grugnii tra i denti. Damon ispirò il mio profumo. Lui era così vicino e potevo sentire il suo buon odore. Sapeva di vaniglia, menta e fumo.

«Smettila di morderti il labbro.» Mi ordinò. Aveva cambiato il tono di voce. Era roca, più sensuale e mi stava provocando, ancora!

«Perché?» Chiesi fra i denti. Lui mi scrutò pochi istanti, per poi inspirare ancora il mio profumo e poggiare le sue fredde labbra sul mio collo. Rabbrividii a quel contatto.

«Perché mi fai venir voglia di morderti il labbro.» Non sapevo se essere disgustata dalle sue avances o se essere sorpresa da come riuscisse a farmi perdere la concezione del tempo.

«Damon…Damon, fallo ancora e non vedrai la luce del sole.» Lo minacciai. Damon sorrise e si leccò il labbro. Era solo uno stupido donnaiolo incallito!
Presi il mio Iphone e andai alla rubrica.

«Chi chiami?» Mi chiese Damon. Non avevo neanche voglia di parlargli perciò gli mostrai il display. Il corvino strabuzzò gli occhi e mi sfilò il cellulare di mano per chiudere la chiamata.

«Come ci entriamo in casa,eh?» Lo provocai, sapendo che non aveva un’idea migliore della mia.
«Forse con queste!» Disse ovvio, mostrando delle chiavi. Assottigliai lo sguardo e gli feci cenno di aprire quella maledetta porta. Aprì lentamente la porta e a passo felpato – provando a non fare rumore – ci avviammo verso le scale.

«Dove credete di andare?» Una voce ci fece sobbalzare. Chiusi gli occhi. Era papà. Ora sì che eravamo nei guai fino al collo.

«Damon…» Lo fissò per pochi istanti. «Grazie per averla recuperata.» Sia io che Damon eravamo a bocca aperta.
Fatemi un po’ capire…Io ero andata a una festa di nascosto, Damon faceva una gara clandestina, venivamo beccati al ritorno e mio padre lo ringraziava?

«Cosa?» Chiese Damon più sconvolto di me.
«Non sei andato tu a recuperarla per portarla a casa?» Chiese con fare indagatore. Ah bene…Io volevo dissuaderlo dal fare una cazzata, però papà lo ringraziava!

Sentii la rabbia salire in me a dismisura e per un momento ebbi voglia di rompere tutto quello che avevo sotto il mio raggio visivo.
«Ovvio. Non avrei permesso alla mia sorellina di girare da sola a quest’ora.» Quelle parole bastarono per odiare Damon ancora di più. Gli piaceva fare il doppio gioco, non era vero?

Incontrai gli occhi di Damon e per un momento fui tentata di raccontare a papà la verità, ma non lo feci.
Io non mi abbassavo ai suoi livelli.
«Elena in punizione per tre settimane. Niente amici. Non credevo potessi arrivare a tanto per una stupida festa.» Disse calmo, ma la delusione si sentiva dal suo tono di voce.

«Non è questo. E’…E’ il fatto che io non posso fare niente! Niente feste al college, coprifuoco a mezzanotte…Sono maggiorenne!» Gli urlai contro. Con Stefan non aveva mai fatto così!

«A questo punto avrei preferito andare a vivere da mamma!» Sbraitai. Vidi gli occhi di papà allargarsi. Mi portai una mano sulla bocca…O mio Dio, cosa avevo appena detto? Non lo pensavo veramente.

«Papà…» Tentai di spiegarmi. Ma capii che era inutile. Insomma…qualche volta le parole forti ci volevano! Ero la sua unica figlia femmina, ma non significava che non potevo fare quello che facevano tutti gli altri coetanei!

«Elena è tardi. Vai a riposare.» Mi consigliò, salendo via per le scale. L’avevo deluso…Forse non l’avrebbe mai ammesso, ma l’avevo deluso. Anzi, ferito. Ed era anche peggio.
«Piccola…Vedrai che…» Lo interruppi bruscamente. Non avevo voglia di sentirlo.

«Smettila!» Gli urlai, divincolandomi dalla sua stretta. «Tu non sei stato scoperto. E’ questo l’importante, giusto?» Damon mi guardò assorto pochi secondi, per poi lasciare la presa sul mio polso.

Arrabbiata per quei ricordi, scaraventai il libro il più lontano possibile da me. Sentii una voce ridacchiare. Chi era?

«Nervosetta, oggi eh?» Ghignò una voce alle mie spalle. Presi un sospiro e mi rilassai. Riconobbi quella voce distorta e irreale: era quel ragazzo di due settimane fa. Mi sedetti meglio e mi appoggiai alla libreria.
«Non sono in vena di giochetti.» Lo avvertii. Lo sentii ridere. Mi chiesi istintivamente perché stesse ridendo, ma sapevo bene che se gliel’avessi chiesto sarei risultata acida e incattivita.

«Anche la prima volta che ci incontrati eravamo qua e tu eri nervosa.» Sorrisi a me stessa. Quello sconosciuto si ricordava del nostro primo incontro? Sorrisi ancora e arrossii leggermente. Mi sentii fortunata del fatto che non potesse vedermi.

«Scommetto che il tuo battito è accelerato, che sei rossa e che ti stai mordendo il labbro.» Commentò, non riuscendo a trattenere una risata divertita. Aprii la bocca, curiosa di chiedere come faceva a sapere questi particolari ma preferii non chiedere.

«Qual è il tuo nome?» Chiesi vaga. «Tu sembri sapere molto di me, mentre io so poco se non niente.» Gli spiegai con un fil di voce. Insomma…Dov’era finita l’Elena Salvatore sicura di sé che rispondeva a tono a suo fratello? Puf. Sparita. Per colpa di due parole dette da uno sconosciuto.

«Oh, be…Non ho molto da dire su di me.» Si mantenne misterioso. Sorrisi leggermente. Questo ragazzo era misterioso, vago e me lo immaginavo con uno sguardo penetrante e magnetico.

«Almeno il tuo nome, mh?» Gli proposi. Sinceramente, non me poteva fregar di meno della sua vita privata ma almeno il suo nome lo volevo sapere.

«Io…sono…Ian. Mi chiamo Ian.» Ripeté come per auto convincersi. Me lo ripetei in mente alcune volte. Ian?
Scoppiai a ridere e forse ero sembrata anche maleducata, ma il suo nome era cos’ strano.

«Ian? Scusa, ma che razza di nome è Ian?» Chiesi, cercando di trattenere le risate. Anche lui si unì a me. Si stava prendendo in giro da solo? Lo sapeva?
«Non mi rappresenta, mentre il tuo nome è perfetto per te.» Continuò. Aggrottai le sopraciglia. Non gli avevo detto come mi chiamavo.

«Come fai a sapere come mi chiamo?» Chiesi curiosa. Quel ragazzo era una continua fonte di mistero e mi stava intrigando.

«Mi tengo informato, Elena.» Era strano. Lui mi stava facendo uno strano effetto e stranamente il suo modo di parlare, come scandiva ogni parola mi faceva calmare e mi trasmetteva un senso di calma e pacatezza.

«E come mai il mio nome mi rappresenterebbe?» Chiesi con una punta di malizia. Lui l’avvertì subito, per trattenere una risatina.

«Il nome Elena deriva dal greco, significa raggio di sole. Il nome Elena rappresenta una donna sicura di sé, della sua forza, consapevole del suo fascino. Una donna che riesce facilmente a imporsi se non lo fa è solamente per rispettare la libertà altrui.» Disse con voce saggia.

Rimasi a bocca aperta. Il mio nome significava raggio di sole? E lui mi avrebbe paragonato a un raggio di sole?
Quella fu la prima volta che Elena Salvatore rimase senza parole. Era strano. Non avere altro con cui ribattere. Era così…strano, non avere la parola fino all’ultimo.

«Mi rappresenterebbe? Stai cercando di adularmi?» Lo presi in giro. Non mi veniva in mente altro da dirgli.
Un ‘grazie’ sarebbe bastato, sai? Mi suggerì la mia coscienza che ritornò all’attacco. Presi un sospiro e scossi i capelli.

«No, però ti rappresenta. Sei auto conformista. Non sei come le altre ragazze. Mettila in questo modo…» Rifletté sopra pochi istanti per poi riprendere il suo discorso. «Cos’è il mondo per te?» Chiese.
Cos’era il mondo per me? Cosa c’entrava con il mio nome e con la sua etimologia? Quel ragazzo diventava sempre più strano e affascinante ogni volta che parlava.

«Perché?» Chiesi. Non era una risposta valida, ma nessuno mi aveva mai chiesto cosa ne pensavo del mondo. Insomma…chi intavolerebbe mai un discorso sul mondo? Nessuno, a parte Ian.

«Rispondi.» M’invitò. Ci riflettei. Cos’era per me il mondo?
«Il mondo è quel posto incompreso. Un posto pronto a giudicarti per qualsiasi cosa tu faccia. Un mondo in cui tu non sei giusto, in cui la società ti pregiudica…Non so, nessuno me l’ha mai chiesto.» Dissi, per poi scoppiare in una risata cristallina.
La bibliotecaria mi mandò un’occhiataccia, per poi riprendere il suo lavoro. Ah, giusto…Ero pur sempre in biblioteca e dovevo cercare di non fare troppo rumore.

«Per me, invece, il mondo è la terra degli orrori, delle ingiustizie, della tristezza. La società ti pregiudica, ti rende debole e ti distrugge. Distrugge ogni singola forma di auto conformismo per renderti uguale alla massa.» Rimasi a bocca aperta da quelle parole.
Erano quasi poesia, ma dal suo tono avvertivo anche un lieve senso di rabbia…Lui era arrabbiato con la società. C’era qualcosa che mi nascondeva, qualcosa che gli era successo.

«E questo cosa c’entra col fatto che il mio nome mi rappresenta?» Chiesi cercando di spostare il discorso verso qualcosa di meno pesante e più leggero.

«Mettila così…In questo mondo ingiusto, dove tutti seguono la massa c’è qualcuno, c’è un piccolo raggio di sole che brilla e che si distingue dalla massa.» Mi spiegò. Fui incantata da quella spiegazione così bella…così romantica.

«Quel piccolo raggio di sole sei tu.» Continuò con tono leggero. A quelle parole, il mio cuore fece un balzo. Aveva sprecato tante parole…per farmi un complimento? Ma non era il solito complimento che mi faceva Matt o qualcuno dei miei corteggiatori, era un complimento vero e sincero.

«Ti ho lasciato senza parole, eh? Wow, ho lasciato senza parole Elena Salvatore. Mi dovrei sentire fortunato.» Aggrottai le sopraciglia. Passava dall’essere romantico all’essere schietto.
Proprio come Damon…NO! Non dovevo pensare a lui! Anche se questo cambio di umore e modo di fare me lo ricordava parecchio.

«Sarà la prima e l’ultima volta, Ian.» Sbuffai alzando gli occhi al cielo. Lo sentii ridacchiare.
«Quindi…Non mi hai ancora detto perché sei nervosa.» M’invitò. Ci riflettei…Dopotutto con chi potevo sfogarmi? Caroline era fuori luogo, Stefan ancor meno perché mi avrebbe ripetuto ‘te l’avevo detto’ fino alla nausea e poi…Poi basta! Non volevo sfogarmi con gente di cui conoscevo il volto e soprattutto che mi avrebbe giudicato!

«Se…se ti parlassi di quello che mi è successo, tu non mi giudicheresti?» Chiesi. Perché volevo confidarmi con un tipo di cui non sapevo neanche che faccia aveva? Forse perché mi ispirava fiducia?

«Chi sono io per giudicare le tue scelte?» Quella risposta mi piacque. Presi una boccata d’aria e valutai cosa dirgli. Avrei omesso alcuni dettagli – come la gara clandestina – però potevo parlargli del brusco rapporto che avevo con mio fratello.

«Io e mio fratello abbiamo…abbiamo disubbidito a nostro padre. Ma papà è convinto che lui sia uscito di casa per venirmi a recuperare da una festa a cui non potevo andare.» Raccontai brevemente. «Il punto è che alla fine io ho litigato con papà e sono stata messa in punizione per tre settimane, mentre quello no!» Sbottai, guadagnandomi una sgridata da parte della bibliotecaria.

«Chi sarebbe quello?» Chiese con una sottile ilarità nella voce. Assottigliai lo sguardo e per un momento pensai che quel ragazzo era tarato, anche se nella sua voce trapelava molta ironia.

«Damon. Si chiama Damon. Damon è mio fratello.» Gli spiegai con un sorriso sforzato. Perché sorridevo? Dopotutto lui non poteva vedermi! Controllai il mio orologio. Tra poco sarei dovuta ritornare a casa.

«Perché dici il suo nome con tanto odio?» Chiese ancora. Roteai gli occhi e sbuffai. Quel ragazzo faceva troppe domande.
«Io ti sto parlando dei miei problemi…e tu? Tu non hai alcun problema? Nessun fratello antipatico? Nessun padre offensivo?» Feci ironica. In risposta ottenni solamente il silenzio. C’era qualcosa…Gli era successo qualcosa, forse non a lui ma a qualcuno che amava.

«Si chiamava Katherine.» Disse. Lo sentii sospirare e io m’immaginai un bel ragazzo che sorrideva amaramente.
Persi un battito. Chi era Katherine? Era…sua sorella?

O forse è la sua fidanzata? Mi suggerì la mia coscienza. Non sapevo il perché, ma quella coscienza mi stava dando il tormento. Ian fidanzato? Perché dovrebbe essere fidanzato? Insomma…Parlava e flirtava con me, perciò avevo dato per scontato che fosse single, giusto?

«Chi era Katherine?» Mi morsi la lingua non appena mi resi conto di quello che avevo detto. Perché avevo usato il passato? Be’…Anche lui aveva usato il passato, però potevo essere più delicata, più gentile! Mi maledii e aspettai una risposta.

«Era la mia ragazza. Era antipatica, scontrosa, cattiva…Era sola contro il mondo.» Mi rispose. Persi un battito…Era morta? O si erano solamente lasciati? Perché era sola? Cosa intendeva con ‘contro il mondo’?
Avevo tante domande, ma non volevo chiedergliele. Sapevo di essere indelicata e molto spesso quello che dicevo feriva le persone, anche se non era mia intenzione.

«Capisco…Sai, non sei l’unico che ha perso una persona cara.» Gli dissi. Lo sentii ispirare, probabilmente era sollevato dal fatto che non facessi molte domande.

«Chi hai perso?» Chiese con un fil di voce. Stavo veramente confessando le mie paure a uno sconosciuto? A questo punto potevo confidarmi con Damon!

«E’ diverso da Katherine…Lui è vivo, Damon è accanto a me da un paio di settimane, eppure per me è come morto. Non riesco a percepirlo come mio fratello, sento che non sono legata a lui.» Avevo la voce incrinata. Non sentivo niente…Ian sembrava si fosse eclissato. Dopo un po’ lo sentii deglutire.

«Perché non gli dai un’altra chance?» Chiese. Alzai gli occhi al cielo. Perché tutti quanti mi dicevano di dargli una seconda possibilità? Loro non sapevano di come lui mi avesse ignorata per tutto questo tempo, così come la donna che mi aveva messo al mondo…mi aveva abbandonata a mio padre e si era portata con sé il figlio prediletto.
Sia io che Stefan avevamo i ricordi sfocati di lei e Damon. Damon allora era piccolo…E l’aria in casa non era delle migliori, però col tempo…con gli anni poteva almeno sprecare un po’ del suo tempo per la sua famiglia!

«Non capisco perché mi dite tutti la stessa cosa. Tu daresti un’altra possibilità al tuo peggior nemico?» Chiesi. Silenzio. Ecco, avevo ragione. Tutti quanti, quando vedevano la situazione dall’esterno ti dicevano ‘no, ma dai! Perdonalo!’ ma se loro non vivevano quella vita che senso aveva giudicare?

«Non dico che dovresti dargli un’altra chance, ti sto consigliando di…di guardare un’altra prospettiva.» Un’altra prospettiva? C’era un’altra prospettiva? Un lato positivo di questa situazione esisteva veramente?

«Dovresti, almeno, parlargli. Chiarire la situazione.» Spiegò. Ian non poteva capire. Non poteva capire. Quando mi aveva aiutato in trigonometria, avevo veramente sperato che potesse cambiare…Ma ora, con le sue battutine, con quella gara clandestina aveva mandato tutto all’aria.

«E’…complicato.» Sospirai. Presi l’Iphone. Avevo quattro chiamate da un numero non memorizzato in rubrica e diversi messaggi. Li ignorai e vidi che ore erano.
Tardi. Mi alzai da terra e raccolsi le cose in silenzio. Una parte di me era curiosa di conoscere questo Ian e di vederlo in faccia, ma un’altra parte aveva paura di rimanere delusa…E se magari fosse solamente un’idiota che si divertiva a prendermi in giro?
Pian piano raggirai la libreria, ma lui non c’era. A terra c’era solo un biglietto con sopra una bella scrittura.

“Non saprai mai chi sono. Non m’ingannerai, tesoro.          I.” Presi il biglietto, lo accartocciai e lo infilai nella borsa. Quel ragazzo mi aveva sorpreso. Mi aveva liquidato con un biglietto e se l’era svignata.
Un punto per lui.
Uscii dalla libreria. Nel campus giravano poche persone. Il pomeriggio la maggior parte degli studenti era riunita o nelle diverse confraternite o se n’era già andata a casa.

Da lontano avvistai una Camaro. Non poteva essere la sua Camaro, no? Non ci parlavano da una settimana, avrebbe potuto – come minimo – cercare di giustificarsi con me e invece non aveva fatto niente.
Damon ormai stava diventando un chiodo fisso nella mia mente. Mi stava completamente offuscando la mente, non riuscivo a pensare ad altro…Riuscivo solo a mitigare l’odio per lui. E l’odio non era l’amore.
L’amore finiva. Poteva finire da un momento all’altro, per una bugia o per delle incomprensioni, mentre l’odio no. L’odio verso una persona poteva solo crescere o poteva tramutarsi in altro.

Costatando che io e Damon eravamo fratelli, oltre il bene fraterno – che non avevamo – il mio odio non poteva trasformarsi in altro.
L’odio era duraturo, non poteva finire. Poteva solamente trasformarsi in altro. E io non volevo che si trasformasse in bene. Non ne avevo intenzione.
Passai accanto alla Camaro incurante, visualizzando alcuni messaggi da whatsapp. Superai di poco la macchina, ma qualcuno mi prese violentemente il polso costringendomi a girarmi.
Damon mi scrutava seriamente con gli occhi fiammeggianti di rabbia. Lui era arrabbiato? Sbaglio o tra i due quella che poteva essere arrabbiata ero io?

«Molla la presa, Damon.» Sussurrai a denti stretti, avvicinandomi pericolosamente a lui. In quel momento stavo placando la voglia matta di sbatterlo contro la macchina e urlargli contro di tutto e di più. Insomma…Che razza di rapporto avevamo?

«Sali in macchina, Elena.» Replicò freddamente. Lanciai uno sguardo allo sportello del passeggero aperto e poi spostai la mia attenzione nuovamente verso di lui. Stavo valutando le diverse opzioni che avevo, ma mi ricordai che quella mattina avevo deciso d’indossare le mie nuove Converse blu con la zeppa incorporata.
Gli calpestai il piede con forza. Damon soffocò un gemito, sorrise freddamente e aumentò la presa sul mio polso.
Trattenni un piccolo lamento. Non avrei alzato il piede dal suo se lui non avesse lasciato la presa sul mio polso.

«Molla la presa, Damon.» Ripetei io guardandolo negli occhi. Non gliel’avrei data vinta per nessuna ragione al mondo. Il corvino mi guardava con gli occhi fiammeggianti. Ero sicura: se gli sguardi potessero uccidere, io a quest’ora sarei già cinque metri sottoterra.

«Al tre entrambi molliamo la presa, okay?» Chiarì guardandomi. Sospirai. Non mi fidavo molto e non avrei mollato la presa fin quando non avrei sentito la pressione sul mio polso diminuire.
«Uno.» Disse guardandomi. Sorrisi leggermente, sapevo bene che anche lui non si fidava di me. Eravamo a pochi centimetri di distanza e se qualcuno non sapesse del nostro legame di parentele probabilmente ci avrebbero scambiato come una coppia di fidanzati che litigavano.

«Due.» Continuò. Aggrottai le sopraciglia. Perché aveva detto due? Da copione, io dovevo dire due, poi entrambi contemporaneamente dovevamo dire tre e lasciare la presa!

«Non dovrei dire io due? Come da copione da film?» Feci l’ironica. Sul suo viso si formò una smorfia divertita. Il mio umorismo non mi abbandonava neanche in momenti delicati e insopportabili come questi.
«No…Se fossimo in un film, questa litigata si concluderebbe con un bacio.» Il suo tono di voce era incredibilmente serio e roco. Sentivo le gambe diventare molli e il mio peso intensificarsi. L’aveva veramente detto?
Sperai che non vide in me il leggero sgomento e scossi i capelli. Non mi sarei mai – e quando dicevo mai, intendevo MAI in questa vita – debole sotto il suo sguardo.

«Oh, andiamo. So che hai dei metodi particolari per abbordare le ragazze, ma persino con tua sorella? Se vuoi baciarmi, basta dirlo.» Ammiccai infine con un sorrisetto. La sua reazione mi lasciò completamente senza parole.

«Se volessi baciarti, non lo farei di certo qui. Ti prenderei in braccio a mo’ di sposa, ti caricherei con la forza in macchina e ti porterei lontano da qui.» Sussurrò vicino al mio orecchio. Si abbassò leggermente e lasciò un casto bacio sul mio collo. Spostò i capelli di lato e continuò a torturarmi il collo per pochi minuti.

Elena, quello è tuo fratello! Riprendi il controllo di te stessa! Mi rimproverò la mia coscienza. Stavo cedendo a mio fratello? A mio fratello?!
«E dopo?» Lo provocai con un sorrisetto. Soffiò leggermente sul mio collo e mille brividi percorsero la mia schiena. Potevo sentirmi in questo modo con mio fratello?

«Dopo ti bacerei. In un posto in cui saremmo solamente noi due. Soli soletti.» Le mie labbra si incurvarono e sospirai pesantemente.
Entrambi lasciammo le diverse prese. Io tolsi la mia scarpa dal piede e lui lasciò il mio polso. Ci guardammo pochi istanti. Ero in netto imbarazzo, mentre lui era completamente a suo agio.

«Vuoi salire in macchina, ora?» Insistette. Roteai gli occhi al cielo…Damon non riusciva a cambiare idea. Anzi, era sempre più cocciuto e testardo. Testardo come un mulo!

«Neanche per sogno, Damon.» Risposi a tono, incrociando le braccia al seno. Lui si guardò attorno e accennò un sorriso divertito.
Mi prese per i fianchi e mi caricò in spalla come un sacco di patate.

Aprì lo sportello e mi poggiò sui sedili posteriori. Chiuse con forza lo sportello e salì sul sedile del guidatore. Diede gas e partì a tutta birra allontanandosi dal campus.

«Con le maniere forti si ottiene tutto. Giusto, Elena?» Fece un sorrisetto divertito. Sbuffai innervosita e gli lanciai un’occhiataccia truce.
«Questa non è la strada di casa.» Costatai. Avevamo imboccato una strada di campagna, portava verso le altre piccole cittadine.

«Lo so.» Rispose semplicemente, aumentando la velocità. Dove mi stava portando? Io dovevo ritornare a casa e non potevo neanche andare a trovare Care, tutta per colpa della mia punizione.

«Devo ritornare a casa, Damon. Ritorna indietro.» Intimai seriamente. Dalla litigata con mio padre non gli stavo più parlando. Mi sentivo in colpa e sapevo bene che ero nella parte del torto, quelle parole le avevo dette con lo scopo di ferirlo. Ero stata cattiva, però anche lui con le sue ansie da genitore apprensivo aveva stancato.

«Tranquilla, piccola. Goditi il viaggio.» Disse divertito, girando a destra. Ancora non ci credevo…Mi aveva caricato sui sedili posteriori della macchina come un sacco di patate e mi stava portando solo Dio sa dove.
«Questo è un rapimento.» Gli feci notare. Damon alzò gli occhi al cielo e si mise gli occhiali da sole. Svoltò a destra e sbuffò vistosamente.

«Oh, andiamo Elena…Per una volta sto facendo la cosa giusta, non fare così!» Lui fare la cosa giusta? Lui non faceva mai la cosa giusta. Mi dovevo preoccupare? Sì.

«Tu? Fare la cosa giusta?» Scoppiai a ridere di gusto. Di tutto quello che poteva dire, ‘fare la cosa giusta’ era la cosa più stupida e idiota che potesse dire.
«Un weekend per aggiustare il nostro rapporto. Fidati, ce la posso fare.» Era così convinto…E dopotutto cosa poteva succedere? 










Angolo dell'autrice: Dopo cinque giorni sono qui, puntuale come sempre. Avevo il capitolo pronto già da ieri, però ho pensato di postarlo oggi con calma. Inizio come sempre dai ringraziamenti: Grazie alle 5 buone anime che hanno recensito, ovvero Smolderina78, AleDic, Darla19, NikkiSomerhalder e PrincessOfDarkness90. Alle buone 14 anime che hanno inserito la storia tra le preferite, alle 24 che la seguono e l'uno che l'ha inserita nelle preferite. E un grazie a tutti i lettori silenziosi!
Passando al capitolo: Il ragazzo della biblioteca torna all'attacco con Elena! E come si chiama? IAN. Questo nome mi è venuto in mente per caso XD, che le fa capire - almeno secondo me - che è un po' interessato a lei. Il complimento del raggio di sole io lo amo! *O* Non so voi! Ian - ragazzo misterioso - accenna anche a una certa Katherine! Chissà...Tutte coincidenze?
Elena parla a lui del fratello con molta distanza e poi dopo la scena....come chiamiamo la ElenaxIan...Aiutatemi a trovare un nome a questa ship! XDXD Dopo incontra Damon, con la scena Delena...COSA SUCCEDERA' IN QUESTO WEEKEND? Sorpresa.
Ci sentiamo alle recensioni!
Bacioni!
Cucciolapuffosa

 
  
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