Anime & Manga > Capitan Harlock
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Autore: lovespace    06/09/2014    10 recensioni
- Dopo un duro combattimento Harlock si ritrova a dover portare sull’Arcadia un ufficiale medico. Una donna alla quale si sente misteriosamente legato. Perchè? Tra colpi di scena ed avventure il tempo svelerà la sua verità. - Come le onde del mare nel loro immutabile fluttuare a volte rendono ciò che hanno sottratto alla terra, in egual maniera le onde del destino, nel loro divenire dal passato al presente, talora restituiscono quello che un tempo ci hanno portato via. –
Genere: Avventura, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harlock, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: Lime, Movieverse, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Care ragazze ciò che ci lega tutte indissolubilmente è l’amore per il nostro Capitano. Come accaduto a molte di voi subito dopo aver visto il film ‘Space pirates Capitan Harlock’ la mia testa ha iniziato, quasi da sola, ad elaborare una storia alternativa. Un amore salvifico per il nostro Harlock. A tal proposito approfitto subito per ringraziare Harlocked alla quale per mesi ho raccontato la storia e che mi ha sempre spronato a scrivere. Questo capitolo è tutto tuo. Oggi eccomi qui tentennante. Spero vi piaccia il mio modo di scrivere e che la storia vi avvinca.

Ringrazio di cuore tutti coloro che si fermeranno a leggere.

 

1

 

LA HORIZON

- Arcadia “Capitano!” disse Kei continuando a guardare i suoi monitor  “sul radar vedo una nave ad appena un anno luce da noi”. Harlock dal suo trono spostò solo lo sguardo da Kei a Yattaran . “Yattaran?” L’uomo dopo aver controllato i suoi strumenti con tocchi veloci delle dita sugli schermi sorrise quasi beffardo “ah ah..è una grossa nave capitano!..Dai dati in nostro possesso … è..è la Horizon una corazzata classe Destiny!” E continuando a scaricare dati “hey hey..armamento offensivo e difensivo utilizzata per il trasporto di contingenti e di rifornimenti..” l’ultima parola l’aveva pronunciata sorridendo sardonico. ”Kei sai che vuol dire?” Disse guardando la bionda ragazza alla sua destra. ”Non è una nave è un forziere..ci sarà di tutto! E in abbondanza..”   “Già!“ rispose sarcastica lei “ma anche un vero esercito … dovremmo lasciar perdere Capitano” guardò verso il trono. Harlock seguendo il filo dei suoi pensieri “Yattaran imposta le coordinate non possiamo farci sfuggire una occasione come questa, infliggeremo alla Gaia Sanction una perdita che non dimenticherà. Tecnica nautica in skip” disse alzandosi con la calma regale distendendo il mantello ed avanzando maestoso verso il timone. “Ma Capitano vi potrebbe essere un intero contingente armato!” il tono di Kei era preoccupato. “Tutti gli uomini disponibili si preparino ad assaltare la nave. A bordo resteranno solo quelli strettamente necessari, verrò anche io!” . Il tono era imperativo di quelli che non ammettevano repliche. Kei era perplessa ma la sua partecipazione all’assalto le dava certezza di esito positivo. L’allarme sonoro dell’Arcadia si diffuse violento per la nave e la voce di Yattaran l’accompagnava “Tutti gli uomini disponibili sul ponte per un assalto all’arma bianca, forza razza di pigroni oggi il Capitano sarà dei nostri!”. A quelle parole gli uomini si guardarono compiaciuti, qualcosa di grosso bolliva in pentola se il Capitano lasciava l’Arcadia. Corsero ad indossare le tute blindate. Eseguita rapidamente la manovra di avvicinamento Harlock piantato davanti al timone ferocemente determinato, speronò con consumata esperienza e grande tecnica e totale consapevolezza di forze e mezzi, la nave nemica, creando così a seguito del violentissimo impatto tra le due, un corridoio di passaggio da cui effettuare l’abbordaggio. Al contrario dei suoi uomini non indossava l’equipaggiamento blindato ma una semplice mascherina nera sul volto. Senza alcuna esitazione raggiunto il punto d’attracco si preparò all’attacco vero e proprio. Gli uomini gli stavano rispettosamente alcuni passi indietro. Harlock, sfoderata la spada con agile risolutezza si lanciò implacabile sull’altra nave sparendo oltre la coltre di fumo e scintille come una fiera che ‘sente’ la preda pur non vedendola. Inesorabile, impavido, il viso contratto dalla tensione del momento fendette l’aria, le armature, i corpi di chi si frapponeva tra lui e la meta. I nemici vestiti di bianche corazze cadevano a terra uno dopo l’altro come fiocchi di neve. Tolta la mascherina incedeva senza fretta da un corridoio all’altro come guidato dall’odore del sangue. Un nero felino, un puma, un passo dopo l'altro fiero e sprezzante, i sensi allertati e' lui Il predatore, la sua lentezza denotava un’immensa sicurezza. E’ solo vendetta che cerca il suo animo tormentato? Intanto seguiva l’andamento della battaglia attraverso le trasmissioni radio tra gli uomini e l’Arcadia. Tutti aspettavano i suoi ordini, lui è il capo, il condottiero, tutti dipendono da lui. E’ lui il faro tra il fumo e le fiamme,la luce guida delle loro vite. Incedeva senza fretta, sapeva che altrove i suoi uomini stavano facendo un buon lavoro. La nave nemica come previsto era colma di ogni tipo di derrate, armi e strumentazioni. Si susseguirono piccole esplosioni, vi era fumo ovunque, rumori di arma da fuoco e corpi che cadevano. Mentre camminava un movimento in un corridoio laterale attirò la sua attenzione. Voltò il capo. Un soldato chino accanto ad un altro probabilmente ferito. Harlock nell’avvicinarsi creò volontariamente rumore, il suo codice d’onore gli impediva di colpire qualcuno alle spalle. Il soldato alzandosi, lo vide, gli puntò la pistola contro, esplose diversi colpi in successione, uno, due, tre, nessuno andò a segno come se una forza invisibile non lo permettesse . Harlock sollevata la  pistola con spietata risolutezza la puntò dritta al cuore del soldato. La morte per mano sua, doveva sempre essere una morte netta! Immediata! L’ultimo atto d’onore ad un combattente nemico. Ma nello stesso istante in cui premette il grilletto qualcosa attirò il suo sguardo, spostò il braccio di poco più in alto così da cambiare la traiettoria del proiettile. Su quell’armatura bianca all’altezza del cuore c’era dipinta una croce di colore rosso. Quello davanti a lui.. era un medico!

Il proiettile deviato all’ultimo istante colpì di striscio il soldato all’altezza dell’attaccatura del casco dell’armatura. Il casco si staccò, volò via, cadde, rotolò, rotolò e finì poco più in là. Il soldato perse per un attimo l’equilibrio ma restò in piedi. E come la forza dell’acqua, per troppo tempo trattenuta dallo sbarramento di una diga, una volta libera defluisce impetuosa all’esterno alla ricerca di libertà , allo stesso modo un fiume di lunghi e morbidi capelli castani esplose fuori dal casco ondeggiando per poi trovar pace lungo le curve della schiena. Un bellissimo volto di donna ora lo guardava, lo scrutava. Non c’ era paura in quei grandi e profondi occhi neri. Spesso Harlock aveva incrociato un lampo di terrore e ansia negli occhi di chi stava per morire per mano sua. C’era chi indietreggiava, chi tremava e chi addirittura fuggiva. Quella donna non si mosse, l’arma ancora in pugno lungo la gamba destra, teneva gli occhi fissi sul suo volto. Harlock immobile abbassò la pistola. Uno strano ed immotivato turbamento si stava lentamente impossessando di lui. Una inquietudine che veniva da lontano, da una zona remota ed ormai sepolta del suo spirito che non seppe spiegarsi. Un richiamo ancestrale a qualcosa, ma cosa? Come se il velo delle tenebre si fosse scostato per un breve istante mostrandogli qualcosa di cui aveva colto l'importanza non comprendendolo.  “Sei un medico?” chiese  “sono il primo ufficiale – medico di questa nave” rispose la donna. La sua voce dolce e ferma non tradiva nessuna emozione, continuava a fissarlo. “Il mio nome è Helèn Stèren”.  “Sai chi sono io?” chiese lui. “Tu  sei...Harlock. Ho visto le tue foto segnaletiche”. Harlock era rapito da quel viso. Non riusciva a distoglierne lo sguardo. L’aria intorno a loro sembrava ferma. Harlock rispondendo quasi ad un richiamo esterno alla sua volontà, e contravvenendo puerilmente ad ogni regola dettata dall’esperienza e dal buon senso si sentì dire “Mi serve un medico a bordo della mia nave, la tua tra poco esploderà!”. “Non è la mia nave” puntualizzò lei quasi a volerne prendere le distanze. “Mi vuoi arruolare Harlock?” non c’era sarcasmo nella sua voce. “No! mi serve un medico a bordo, potrai andar via quando vorrai”. In realtà portarla sull’Arcadia voleva semplicemente dire, in quel momento, salvarle la vita , prendere tempo per capire. Era l’unica cosa che gli era chiara: lei non doveva morire! Helen dalla sua si rendeva conto della situazione e benché non fosse nella posizione di dettare condizioni disse “Verrò ad una condizione, vorrei prendere alcuni effetti personali dalla mia cabina”. In quel momento Yattaran correndo capitò in quel corridoio. Dovette fermarsi. Li guardava attonito. L’uno poi l’altro.  Intorno impazzava la battaglia, l’odore della morte aleggiava tra fumo , schegge, urla di lamiere, scariche elettriche, ma quei due se ne stavano lì come se fosse l’ora del tè . Come rapiti da un incantesimo. ’Yattaran!’ la voce del Capitano lo scosse bruscamente dalle sue considerazioni. “Il medico qui viene con noi! Deve andare nella sua cabina, và con lei, avete cinque minuti prima che salti ogni cosa! “. “Ma ...ma Capitano !“  Fece l’uomo balbettando “noi non facciamo prigionieri !” “Non è un prigioniero è il nostro nuovo medico!” Così dicendo Harlock si voltò’ facendo ondeggiare il suo nero mantello. Helen pensò che sembrava un angelo, l’angelo nero della morte.

Gli uomini fecero tutti ritorno sull’Arcadia. Tra tutti spiccava questo soldato con la bianca armatura della Gaia, tutti lo guardavano ostili e non spiegandoselo , ma ciò che il Capitano decideva era legge. Si tolse il casco e vi fu un brusio. Una ...donna! Kei fu la prima a farsi avanti  ancheggiando ”Tu chi sei?”.  “Non pensavo ci fossero donne a bordo dell’Arcadia!” rispose lei sorridendo. Un sorriso caldo, trasparente e rassicurante che colpì Kei. Riecheggiò il rumore prodotto sul metallo dagli stivali di Harlock . Tutti alzarono il viso in quella direzione. “Bene! vedo che non c’è bisogno delle presentazioni! Lei è il nostro nuovo medico. Kei mostrale il suo alloggio.”  Stava per voltarsi quando Helèn interrompendo il silenzio che sempre accoglieva i suoi ordini, “preferirei  vedere l’infermeria, ci sono degli uomini feriti” al suo occhio esperto non erano sfuggiti pirati claudicanti, con tagli o escoriazioni. “E sia!” disse Harlock con un cenno del capo a Kei prima di sparire nel suo mantello. Kei molto seccata da quella novità diede una occhiataccia a  Yattaran che alzò gli occhi e le mani al cielo. Kei gli occhi fissi sulla nuova arrivata , guardinga e diffidente. Non solo una donna! ma pure della Gaia! penso'. Se lo sentiva che quella nave avrebbe portato guai. “Io sono Helèn” disse a voce sostenuta la nuova arrivata“ sono un medico non un nemico, chi ha bisogno per favore, ci segua”. Gli uomini dell’Arcadia all’inizio riluttanti e sospettosi, lentamente cominciarono, più che altro per la necessità dettata dal bisogno reale d’essere medicati , ad andare da Helèn. E comunque sempre in due ed armati fino ai denti. I primi ad uscire dall’infermeria invogliavano gli altri ad entrare, mostrando le loro medicazioni e facendo segni di approvazione. Era competente, pratica, disponibile, piena di buoni consigli e sorrideva sempre. Un sorriso semplice e caldo che riempiva i cuori come un raggio di sole in un luogo ormai buio da troppo tempo. Addirittura qualcuno che tanto ormai era lì , le parlò anche di qualche vecchio acciacco. Un camice bianco, quando stai male, pensò tra se, elimina sempre le iniziali diffidenze. Kei voleva scoprire di più sul suo conto e la raggiunse “il capitano vuole che ti mostri la nave”. L’alloggio a lei riservato era in realtà adiacente all’infermeria ed un po’ più grande di quello degli altri, letto, due poltrone, comò e grande bagno con doccia. Qualcuno le aveva già portato le sue cose.

L’Arcadia era una nave immensa vi erano molti spazzi comuni, cucina robotizzata con annessa mensa dai grandi tavoli e panche in metallo fissati al pavimento , grande palestra e sala per gli allenamenti, un piccolo teatro , alloggi. Ma ciò che la lasciò senza parole fu la plancia. L’immensa vetrata sullo spazio, il timone. Sembrava di essere su di un antico galeone piuttosto che sulla nave più potente dell’universo conosciuto. Non lo avrebbe mai immaginato. Non aveva mai visto nulla del genere sulle navi della Gaia Flett. Harloch aveva un trono, lo guardò affascinata, svettava sinistro sul ponte di comando, rosso porpora con i teschi argentei come poggia mani. Incuteva timore ma anche rispetto. Sembrava raccontare di chi fosse e cosa pensasse l’uomo a cui apparteneva. Alle sue spalle il motore della nave, un retaggio della guerra di Come Home,niente del genere sulle navi della Gaia Fleet dove vi erano motori a evanescenza. Che strana nave, sembrava una cattedrale gotica, volte immense, immersa nella semi oscurità, piena di echi, ombre lunghe e strani rumori, sembrava viva pensò. Consumarono un piccolo pasto  “non sono una nemica Kei ” le disse ad un tratto, per interrompere il silenzio, e toccando la mano della ragazza, ”chiedimi ciò che vuoi” lo sguardo di Helen era sincero  “se il capitano ha deciso che fossi dei nostri c’è un motivo, lui non sbaglia mai!” disse Kei ”e poi ero stufa di stare sola qui” proseguì strizzandole l’occhio. Helen le raccontò di come si era arruolata, dei suoi studi da medico e rispose a qualche domanda. Parlarono di armi, battaglie , uomini, uniformi, come a Kei non capitava da tanto. Le raccontò qualcosa sui membri dell’equipaggio e di Harlock, della loro fede incrollabile in lui e negli ideali che lui perseguiva. Del fatto che fosse un uomo molto introverso ma giusto e leale. Ognuno di loro non avrebbe esitato un solo istante a dare la vita per lui. Alla fine parte dei timori di Kei erano diminuiti, più che altro perché Helèn le ispirava fiducia e davvero aveva voglia dopo tanto tempo di avere nell'equipaggio un'altra donna. Si disse però che l’avrebbe comunque tenuta sott’occhio. Percorsero un tratto insieme “la tua cabina è alla fine di questo corridoio, notte.” “Notte Kei e grazie.” Helèn si incamminò lentamente per il lungo corridoio illuminato solo da una bassa luce notturna azzurrognola. Ogni tanto, ai lati si apriva una stretta finestra rettangolare dal vetro spesso da cui si intravedevano i pianeti galleggiare lenti in un immenso mare nero e denso. Ripensò a quando, solo poche ore prima con apprensione dai vetri della Horizon aveva visto per la prima volta la grande polena a forma di teschio dagli occhi rosso sangue dell’Arcadia ammantata da un nero mantello come il suo Capitano. Fu lì che lo sentì arrivare, si voltò e stavolta anche se la luce non era moltissima riuscì ad osservarlo bene. Camminava lentamente ma con passo fermo come chi ha tutto il tempo dell’universo, i capelli che incorniciavano un viso dai lineamenti antichi, ondeggiavano così come il lungo mantello, accompagnando l’andatura elegante e sicura, la spada ad ogni passo toccava la gamba sinistra ritmicamente. La snella figura si stagliava alta e fiera al centro del corridoio. Il mantello dall’alto bavero rosso lo rendeva ancor più maestoso ed imponente. Ecco da dove arrivavano gli strani racconti di chi anche se per poco, lo aveva veduto. Si fermò a qualche passo da lei, era impossibile non avvertirne l’ aura forte e potente. Ne osservò il viso, lo sguardo per la prima volta da vicino. Era un uomo forgiato come una spada nel fuoco del tempo e delle battaglie, temprato nel  ghiaccio vivo del dolore e della malinconia e battuto nella valle della solitudine e del rimpianto. “Rimpianti?” Le chiese lui dando voce ai suoi pensieri (ma.. leggeva nella mente?). Aveva una bellissima voce morbida e calda,  Helèn si chiese di che colore sarebbe stata la sua risata.  “No non ho rimpianti ero da poco sulla Horizon”. Era bello, molto, i lineamenti gentili , ma aveva il viso di chi è stanco ma non può arrendersi, di chi soffre dentro e non può smettere. La guardava con uno sguardo profondo ed indagatore ma non la metteva a disagio al contrario lei ne percepiva solo il buono. “Paura?” chiese lui.  “Ho smesso di avere paura tanto tempo fa’’. Quella donna lo incuriosiva e lo metteva a disagio al tempo. L’ovale delicato, le labbra sensuali  , gli occhi così oscuri, quel viso...non poteva non guardarlo senza che qualcosa dentro di lui, nel profondo cominciasse a scricchiolare. Come quando da una parete rocciosa si staccano i primi frammenti di pietra che preludono alla frana. Perché ? E perché l’aveva voluta sull’Arcadia? Non era attrazione fisica ne era certo, era altro, ma cosa? Era la stessa cosa che gli aveva impedito di spararle quando si erano visti. Il suo occhio si spostava lento su di lei. Helèn portava una semplice divisa nera l’aveva scelta perché non vi erano i simboli della Gaia, pantaloni aderenti e giacca militare sfiancata. Non era altissima ma armoniosa , il fisico allenato di chi vive combattendo, ma i suoi occhi erano gli occhi di chi si era perduto, pensò Harlock. “Riposati!” le fece e si avviò voltandosi. “Harlock!” lo chiamò, lui si voltò lievemente, prima di girarsi del tutto perché lei non parlava. Chinò il capo a sinistra in attesa. Avrebbe voluto essere già lontano ma era ancora lì davanti a lei. Helèn aveva solo dato fiato ai suoi desideri chiamandolo, sentiva chiaramente che il lungo viaggio che aveva intrapreso tanti anni prima era arrivato alla fine. Avrebbe voluto parlarne con lui ma non poteva, non ancora “nulla...notte!”. Si avviò dalla parte opposta accompagnata dal rumore dei passi cadenzati di lui che si allontanavano. Si voltò un attimo a guardare la figura dietro quel mantello ondeggiate ed i capelli lievemente arruffati. Le diede un senso di grande solitudine. Era quasi arrivata alla sua stanza che una luce strana alle sue spalle la illuminò, si voltò di scatto e vide Meeme. Eterea, sembrava fluttuare, irradiava una soffusa luce verde, la guardava quasi a scavarle dentro non tradendo emozioni “io... io sono Helen” le disse. Aveva sentito parlare di lei, si favoleggiava di questa aliena che viveva con Capitan Harlock e che forse era la sua donna. “Lo so” rispose “ Ti aspettavo, sapevo che un giorno saresti arrivata “ alcune piccole luci come dotate di vita propria iniziarono a fluttuare intorno ad Helen. “Il tuo viaggio è finito”. Helen la guardò stupita. “Non è questo che ti stavi chiedendo?”  e come era arrivata, sparì. Helen chiuse la porta della stanza alle sue spalle appoggiandovisi stanca e guardandosi intorno. Era stata una lunga giornata che mai avrebbe pensato si sarebbe conclusa a bordo dell’Arcadia. La Horizon attaccata, distrutta. Aveva visto tanti, troppi morire, poi forse sarebbe toccato a lei, ma Harlock l’aveva risparmiata chiedendole di andare con loro. Aveva accettato perché ormai non aveva più nulla da perdere, quello che aveva avuto da perdere nella sua vita lo aveva già perso . Tolse le sue tre piantine dalla cassa e le mise accanto alla finestra. Poggiò la fronte al vetro freddo, guardò fuori non sapendo quanto si sbagliasse . Avrebbe avuto ancora tutto e perso tutto … ancora una volta.

 

 

I personaggi descritti sono di chi li ha inventati primo tra tutti Leiji Matsumoto ma anche Shinji Aramaki e Harutoshi Fukui grazie per averci riportato il nostro Capitano dopo tanti anni.

Un ringraziamento speciale alla mia beta collega ma soprattutto amica Erika.

  
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