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Autore: elettra1991    18/09/2014    8 recensioni
Sono passati quasi sei anni dalla morte di Draco. Harry, Ron, Blaise, Elenie, gli Auror, ma soprattutto Hermione hanno dovuto imparare a convivere con l'accaduto. Ma ci sono veramente riusciti? Sono stati capaci di voltare sul serio pagina, o i loro vecchi fantasmi torneranno a tormentarli? Qualcosa di strano tornerà a muoversi nell'ombra, e per affrontarlo dovranno nuovamente riunirsi tutti. Il seguito di "Qui dove batte il cuore...", in cui tutto troverà finalmente risposta.
Genere: Romantico, Azione | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Draco Malfoy, Il trio protagonista, Nuovo personaggio | Coppie: Draco/Hermione
Note: AU, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Qui dove batte il cuore...'
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Elenie Grace Zabini, pochi minuti dopo, entrò al San Mungo come una furia.
Non le importava nulla delle amiche che le correvano dietro, non le importava delle loro urla. Appena aveva visto il biglietto di Alice non ci aveva visto più.
Superò l'accettazione e salì all'ultimo piano, dove erano stati convogliati tutti gli Auror feriti.
Lo scenario era terribile. Medimaghi si muovevano da una parte all'altra come trottole impazzite, prestando i primi soccorsi. I feriti, in mancanza di un così alto numero di stanze, erano stati collocati su barelle provvisorie sistemate alla meglio tra i corridoi,
La ragazza corse in avanti, cercando disperatamente una faccia amica che le potesse dire cos'era successo.
-Chris!- gridò infine, notando i capelli biondi dell'Auror. Mason faceva su e giù davanti a una porta.
Lui le andò incontro, sul volto dipinta un'espressione nervosa.
-Ciao ragazze- disse, salutando anche Pansy e Sophie, che le erano arrivate alle spalle. Laine evidentemente doveva aver trovato Sebastian, perchè era sparita.
Gli occhi di Mason si allargarono di gioia, non appena Sophie gli porse la piccola Hope. Chris se la strinse al petto, assaporando il profumo di sua figlia, grato di poterla di nuovo tenere tra le braccia.
-Alice dov'è?- chiese la LeBlanc, guardandosi attorno.
-Si sta facendo medicare- spiegò l'Auror, con occhi vuoti -Nulla di grave- si affrettò ad aggiungere, notando l'espressione spaventata delle ragazze.
-Harry dov'è? E gli altri?- chiese Elenie, formulando la domanda che nessuna delle tre aveva il coraggio di fare. -Santo Cielo, Chris, ma tu sanguini!-
-Non è niente- assicurò Mason, guardando la camicia squarciata e rossa di sangue. No, un taglio, anche se profondo, non era nulla in confronto all'ingrato compito di dire loro che gli uomini che amavano erano ancora in pericolo di vita.
Non appena racimolò il coraggio di fissarle negli occhi però, un CRAC alla sua destra lo indusse a voltarsi.
Harry e Draco, coperti non si sapeva se più di sangue o polvere, comparvero, sostenendo l'uno Ron e l'altro Blaise.
-Oddio- mormorò Elenie, correndo loro incontro, esattamente come fecero quattro Medimaghi.
-Una barella, presto- gridò uno di loro, con voce decisa.
La ragazza si bloccò, impotente. Suo cugino, incosciente, venne depositato su una di esse e portato via, seguito da una Pansy sconvolta.
I tre Auror rimasti vennero invece circondati da infermiere, che presero in consegna Ron, che pareva essere ferito ad un fianco.
Harry, che lo sosteneva, era costretto a restare fermo, ma in tutto quel tempo non smise di puntare i suoi occhi verdi in quelli della sua fidanzata.
Sto bene, sembrava dirle. Sto bene e sono tornato.
Elenie sentì una lacrima birichina scorrerle lungo la guancia, e fu solo quando Sophie prese il posto di Harry, che potè finalmente corrergli incontro e abbracciarlo.
-È tutto a posto?- chiese, singhiozzando di felicità nel rivederlo in piedi -Sei ferito?-
Gli prese il volto tra le mani, tempestandolo di baci, incurante dello sporco che lo ricopriva. Con gli occhi intanto lo controllava in ogni punto, alla ricerca di danni seri.
-No, più o meno sto bene- disse piano Harry, aggrappandosi a quel corpo sottile come ad un àncora di salvataggio.
Era di nuovo con lei. Affondò il viso nel collo di Elenie, gioendo a quel contatto tanto bramato.
-Gli altri? Gli altri come stanno?- chiese la Benèfica angosciata, ripensando alle condizioni di suo cugino.
-Non lo so- mormorò Harry -Blaise l'abbiamo trovato così, ma respirava, sembrava solo Schiantato o qualcosa del genere...-
Non ce la faceva. Non ce la faceva a dirle di tutti i corpi schiacciati accanto a cui era passato nel tentativo di trovare gli amici.
Non le poteva raccontare di tutto il sangue che ancora gli danzava davanti agli occhi, di tutte le urla e gli strepiti delle persone in agonia, e che non era riuscito a salvare.
Non le poteva dire di Hermione.
Elenie sembrò capire, perchè si limitò solo a stringerlo forte, ringraziando Dio che gliel'aveva riportato indietro sano e salvo.


Draco intanto era a pezzi. Seduto su una sedia poco più in là, era stato raggiunto da Sebastian e Laine, che non avevano avuto la forza di dirgli alcunchè.
Si era rifiutato di farsi visitare, e ora stava lì, a guardare la porta bianca dietro la quale gli avevano detto che era stata portata Hermione, i capelli biondi ormai grigi per la polvere, il viso graffiato, la camicia stracciata.
Tutta l'adrenalina che l'aveva tenuto in piedi nei minuti che lui e Harry avevano impiegato per portare indietro trovare Blaise e Ron, sembrava essersene andata di colpo, e ora gli sembrava di non avere più la forza nemmeno di alzarsi in piedi.
Posò la testa sulle mani, ancora impregnate del sangue di Hermione, di Blaise, e di chissà chi altro.
Sentì la mano di Seb posarsi sulla sua spalla, e con sua grande sorpresa non ebbe nemmeno l'istinto di scrollarsela via.
-Non avete saputo niente?-
La voce distrutta di Potter si fece strada fino al suo orecchio. Lo sentì sedersi lì accanto, e lo stesso fece Ron poco dopo, nonostante lo squarcio che aveva poco sopra il fianco destro.
Erano tutti lì, o quasi, tutti per Hermione. Tutti bloccati, tutti in attesa, tutti aggrappati a una flebile speranza.
Lui stesso cercava di rimanervi attaccato saldamente, con le unghie e con i denti, ma era difficile.
Loro non l'avevano vista come lui. Non avevano toccato quel corpo freddo, non si erano specchiati in quegli occhi vuoti.
Non si erano sentiti morire dentro nel vederla così inerme.
Cristo.
Udiva i rumori delle persone lì accanto, le loro parole sommesse, eppure si sentiva totalmente estraneo a loro.
Ora che non c'era più Hermione a tenerlo ancorato alla realtà, cosa l'avrebbe potuto fare?
Ora che lei non era lì a spronarlo, a incoraggiarlo, a renderlo migliore, che senso aveva stare al mondo?
La porta bianca si aprì e Draco, come un automa, si alzò in piedi per andare verso il Medimago che era uscito.
Sentì gli amici alzarsi a loro volta, ma rimanere un passo indietro, lasciando che fosse lui il primo a parlarci.
-Allora?- udì la propria voce chiedergli.
Il dottor Davies, che ormai li conosceva, li fissò uno ad uno con espressione grave.
-Abbiamo fatto tutto il possibile- spiegò -Ma le sue condizioni erano disperate, e più di così non possiamo fare. La signorina Granger è in coma-
Draco avvertì una morsa afferrargli la bocca dello stomaco. Non avrebbe saputo dire cosa gli impediva di crollare in ginocchio e restare lì.
Vide con la coda dell'occhio Harry mettersi le mani sul volto, e Ron,
pallido come un cencio. lasciarsi abbracciare da Sophie.
Gli altri erano tutti muti, troppo increduli e addolorati per manifestare i loro sentimenti.
-E cosa si può fare ora?- chiese infine Laine, gli occhi lucidi.
Il Medimago scosse la testa.
-Solo aspettare, e pregare che si svegli. Ma questo potrebbe accadere domani, come tra un anno. Come mai più-
Draco fece due passi, superando il dottore e appoggiandosi al muro. Qualcosa gli si stava inesorabilmente sgretolando nel petto.
Il suo autocontrollo, forse.
-Dannazione!- gridò a un tratto, tirando un pugno alla parete, con tanta violenza da escoriarsi le nocche.
Posò la fronte alla parete, singhiozzando. Non ce la faceva. Non poteva essere forte se non c'era lei ad insegnarglielo.
Sentì il braccio di Sebastian passargli attorno al collo, ma non ebbe alcuna reazione.
-Ce la farà- gli sussurrò Anderson -Lei è fortissima. Ce la deve fare-
Come mai lui non ci credeva? Si chiese Draco.
Perchè lui la stava lasciando andare così, senza aver fiducia in lei? Ce l'avevano tutti. Perchè lui no?
Glielo doveva in fondo.
Lo doveva a lei, a loro. Lo doveva agli anni in cui non aveva smesso un attimo di pensarla, e durante i quali lei l'aveva aspettato, pur senza saperlo.
Lo doveva a quell'amore grande, e alla compassione che lei aveva avuto quando avevano solo diciassette anni, quando lui era un idiota orgoglioso che non si era reso conto della fortuna enorme che aveva tra le mani.
Hermione doveva, doveva, doveva riprendersi. Non poteva lasciarlo solo, non poteva voltargli le spalle così.
-C'è dell'altro-
La voce del Medimago si era fatta più pacata. Malfoy alzò la testa e trovò gli occhi del dottor Davies, che guardavano con insistenza proprio verso di lui.
-Cosa?- chiese con voce roca. Cos'altro poteva esserci oltre a tutto quel dolore?
-Ecco...- disse un po' titubante l'uomo, avvicinandosi a lui e a Sebastian -Sembra...sembra che la signorina sia incinta-
Draco lo guardò imbambolato, temendo di aver capito male, ma poi la potenza di quelle parole lo colpì come un'onda d'urto.
-Come...com'è possibile?- mormorò, frastornato. La testa gli si era fatta leggera come una bolla, e i mormorìì degli amici gli arrivavano lontani, ovattati.
-La gravidanza è proprio agli inizi- spiegò il dottore -Molto probabilmente nemmeno la signorina lo sapeva. È troppo presto per verificare se il feto è sano, soprattutto dopo quello che è accaduto nelle ultime ore. Le possibilità che si verifichi un aborto sono molto alte-
Eccolo di nuovo. Ecco quel peso che lo schiacciava a terra, impedendogli di respirare.
-Posso vederla?- sussurrò.
-Certo, ma solo qualche minuto, d'accordo?-
Draco annuì, quindi rivolse un ultimo sguardo ai ragazzi. Erano lì, fermi e uniti come non mai.
-Salutala per noi- disse Ron piano, gli occhi gonfi e rossi.
Malfoy posò una mano sulla maniglia, quindi spinse la porta ed entrò.
Era il momento di essere coraggioso, per tutti e due. Anzi, per tutti e tre.
Nella stanza ad accoglierlo c'era solo bianco. Il biondino si mosse piano, accostandosi poi all'unico letto che c'era, e che lo attraeva come una calamita.
Hermione era lì, i lunghi ricci sparsi sul cuscino, ad aspettarlo come sempre.
Ad aspettare i suoi tempi, le sue paure, le sue esitazioni.
Ma questa volta non avrebbe potuto dirgli che lo capiva, e che era lì per lui.
Era il suo turno adesso, di attendere. Di attendere che lei tornasse da lui.
Le si sedette accanto, afferrandole una mano. Le baciò le dita gelate, una ad una, stringendogliele poi tra le proprie nel tentativo di scaldarle.
Guardò le sue labbra appena schiuse, e le ciglia lunghe posate sulle guance perlacee.
Era bellissima. E troppo, troppo distante da lui.
Draco chiuse gli occhi, posando la fronte sulla mano di lei.
-Mezzosangue. Non posso. Non posso sopportare tutto questo da solo- sussurrò.
Lo ammetteva solo adesso, adesso che lei non poteva sentirlo. Solo adesso che lei era chissà dove.
Di nuovo le posò gli occhi addosso, cercando di non far caso ai tanti, troppi lividi, alla fasciatura bianca che le circondava la spalla.
E scese ancora, fino ad arrivare al ventre.
Incinta.
L'aveva sorpreso, ancora una volta, come sempre.
Un bambino. Lo stesso che poco tempo prima l'aveva fatto fuggire, terrorizzato, e che ora desiderava più dell'aria.
Un figlio da Hermione.
Cosa poteva esserci di più bello?
E poi, la parola più terribile.
Aborto.
Aveva appena immaginato la sua esistenza, aveva appena cominciato ad amarlo, e già avrebbe dovuto accettare l'idea di poterlo perdere.
Di perderli entrambi.
Per favore, non portarmeli via. Non portarmi via la parte migliore di me.

 

Passarono le ore, e i giorni, e Draco non si staccava dal letto di Hermione.
Usciva solo per il tempo necessario ad andare in bagno, o a fare una scappata a casa a lavarsi, o a salutare Blaise che lentamente si stava riprendendo.
Ma anche in quei momenti lei non era mai sola. Harry, Ron e gli altri si alternavano per stare con lei, per portare un po' di vita in quella stanza troppo silenziosa.
Le parlavano tantissimo. Le raccontavano di come tutti loro stessero facendo progressi, di come stessero guarendo dalle ferite della battaglia, ci come si aspettassero che anche lei facesse lo stesso.
Le avevano detto che Cavendish era stato portato ad Azkaban, dove sarebbe rimasto fino alla fine dei suoi giorni.
Le raccontarono che Lasko era scappato, e nessuno era più riuscito a trovarlo, mentre Willard Everett era stato ucciso da Ron, prima che rimanesse ferito.
Lei però non reagiva. Era sempre lì, immobile, come se stesse dormendo. Ogni giorno che passava si assottigliavano le possibilità che si risvegliasse, e per Draco era un'agonia. Ogni volta che entrava in quella stanza era come se il tempo si fermasse.
Lui, lei, e quel figlio che già tanto amava.
Era lì anche quella mattina un po' fredda, seduto su una sedia a guardarla, a carezzarle il viso, a parlarle piano.
Sentì una mano posarglisi su una spalla, una mano più delicata di quella di Chris o Sebastian. Il ragazzo si girò, e vide sua madre.
Narcissa Malfoy strinse le dita curate sul maglione del figlio, e senza una parola si accomodò accanto a lui.
Lui la guardò, e per la prima volta non provò nulla. Non odio, non rabbia. Tutte le sue emozioni sembravano essere canalizzate verso Hermione. Non c'era spazio per altro.
Però, stranamente, era bello che fosse lì. Era bello averla accanto. Sua madre.
-Sei sola?- chiese con voce roca.
-Ho pensato che tuo padre fosse meglio lasciarlo a casa, per questa volta- disse dolcemente lei.
Parlò sottovoce, quasi timorosa che con una parola di troppo potesse farlo scappare o ribellarsi.
Guardò quel figlio diventato ormai uomo. Era così orgogliosa di lui. Gli carezzò dolcemente il viso, soffermandosi appena sul taglio sullo zigomo, strappandogli una smorfia.
-Perdonami, tesoro. Non avevo capito niente- sussurrò, gli occhi lucidi.
Draco la guardò. Non l'aveva mai chiamato in quel modo. Non l'aveva mai guardato con tanta tenerezza.
Si limitò ad annuire, posando una mano su quella che la madre teneva in grembo.
-Come sta?- chiese allora Narcissa, cercando di non scoppiare in lacrime per quel contatto tanto a lungo bramato.
Era proprio vero. Nulla unisce le persone come le disgrazie. Solo in quei casi ci si ricorda di ciò che conta davvero.
-Sta male, mamma, e io non posso fare niente-
Draco chinò la testa, strofinandosi il volto con le mani.
-Puoi sperare. Puoi avere fede- cercò di consolarlo Narcissa, avvicinandosi maggiormente a lui.
-Fede in cosa?- mormorò il ragazzo -In Dio? Non sono mai stato ascoltato-
-Non so in cosa, caro. Fede in voi due credo-
-Aspetta un bambino, mamma. Mio figlio-
-Lo so-
Il biondino la guardò, e lei gli sorrise appena.
-Me l'ha detto Sebastian, è stato lui ad avvertirmi di tutto-
Draco si ritrovò ad annuire.
-Non posso perderla. Lei e nostro figlio sono l'unica cosa buona che sia riuscito a fare nella vita-
Narcissa gli passò un braccio attorno alle spalle, lasciando che Draco posasse il capo sulla sua spalla.
E lui riscoprì quanto fosse bello farsi abbracciare da una madre, quando il mondo sembrava un posto troppo brutto in cui vivere. Si ricordò quanto lei fosse l'unica persona, a parte Hermione, che lo avesse sempre amato incondizionatamente.
E finalmente pianse.




Non posso credere di essere arrivata alla fine, praticamente. Ormai manca solo l'Epilogo, e anche questa seconda parte sarà conclusa. Preferisco non dire nulla adesso, voglio lasciare ogni saluto e ringraziamento al prossimo, e ultimissimo, capitolo!
A prestissimo!

  
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