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Autore: Thilwen    04/10/2008    1 recensioni
“Poco importava, perché quello che era successo lo avrebbe messo in cima alla lista come peggior fidanzato del nuovo millennio, con tanto di corona artistica che avrebbe ricordato vagamente il palco di corna di un cervo a primavera.
Si era dimenticato del compleanno di Hermione.
Di nuovo.”
Pensate che Ron abbia avuto una buona idea nell’affidarsi all’oroscopo e al fratello George, deciso a brevettare la sua ultima invenzione, per uscire da tale spiacevole situazione?
Genere: Romantico, Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: George Weasley, Hermione Granger, Ron Weasley | Coppie: Ron/Hermione
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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Note: Per non so quale assurda questione informatica o simili, il testo del precedente capitolo era tanto piccolo da essere particolarmente stancante per la lettura; praticamente tentando di far funziona quel diavolo di Page Breeze come si deve, o mi veniva minuscolo o mi veniva enorme.

Che io di informatica non ci capisca una cippa (infatti mi sto laureando in lettere…) non è un mistero, quindi  tralasciate tale insensate dichiarazioni.

Visto che è sempre meglio una grafia meno aggraziata ma non dei lettori ciechi, ho uniformato il testo di quel capitolo e di questo a tale carattere.

Eccovi il secondo capitolo: sono molto più soddisfatta degli ultimi due, parecchio divertenti, che di questi primi più “introduttivi”, ma ogni storia ha bisogno del suo equilibrio e della sua contestualizzazione.

Portate pazienza e ditemi che ve ne pare.

 

 

Capitolo Secondo

 

   Ron avrebbe dovuto capire a intuito che qualunque proposta del fratello, fatta con quella faccia da ladro di lecca-lecca, sarebbe stata sicuramente una fonte sicura di guai.

E avrebbe dovuto ricordare quanto Hermione fosse scaltra e riuscisse a sentire la puzza di bruciato lontano un miglio.

Oppure, semplicemente, avrebbe potuto leggere seriamente ciò che scriveva Bunny SuperStars nelle sue rubriche di astrologia; che i Vergine apprezzavano a pari modo con l’intelligenza l’onestà.

Ma nulla di tutto ciò gli passò per testa.

Purtroppo per lui.

Mancava ancora mezz’ora all’apertura del negozio di scherzi magici “Tiri Vispi Weasley”, ma lui e George si trovavano già al piano di sotto, nel retrobottega.

Ron osservava perplesso il fratello tirare fuori da una scatola che giaceva quasi dimenticata in un angolo del negozio un barattolo di vetro contenente un certo numero di, si sarebbe detto a prima vista, caramelle dai colori sgargianti. Caramelle dalla forma leggermente allungata a proiettile.

Anzi, a guardarle bene, dovette ammettere che somigliavano parecchio a supposte.

George si avvicinò a lui con il barattolo in mano e un grande sorriso stampato in volto.

«Ecco,» disse poi porgendolo a Ron come se con un solo colpo d’occhio si potesse capirne uso e funzioni.

«Ecco, cosa?» domandò a quel punto l’altro, afferrando il barattolo e scuotendolo un po’; ne uscì solo un tintinnio ovattato. «Queste, cosa sarebbero?»

George sospirò, come se fosse un professore costretto a ripetere per l’ennesima volta la stessa lezione a un alunno particolarmente distratto. «In effetti, non hanno un nome ben preciso; non le ho mai messe in commercio perché…» si bloccò, fece spallucce, poi continuò tranquillamente. «Diciamo perché ho sempre pensato che non avrebbero avuto buon mercato. Sono dei simulatori di malattie sintomatiche: ti fanno venire giusto per una mezza giornata diverse macchie sul corpo e un poco di febbre, poi passa tutto così com’è arrivato. Ideale per prendersi un giorno di vacanza senza che qualcuno indaghi sulla veridicità dei tuoi sintomi».

Ron guardò nuovamente il contenuto del barattolo. Poi lo aprì e, avvicinando il naso, ispirò profondamente; c’era un vago odore di ciliegia, limone e mandarino dentro.

«Quindi, io dovrei prendere uno di questi e fingere di stare male?»

«Be’, non è che fingeresti sul serio: un poco di malessere lo avresti» ci tenne a precisare George.

Ron lo guardò per qualche secondo. «È assurdo. Non credo valga la pena fare una cosa così stupida. Sentirsi male, mentire, per non pagare le proprie colpe…»

«Mi sa che tu stai proprio iniziando a somigliare a Hermione» buttò lì l’altro, con un’espressione vagamente disgustata stampata in viso. «A parlare di cose giuste, di doveri e di responsabilità».

«Be’, insomma, non è che sia proprio una cosa da persone mature da fare…»

 «Visto, come dicevo, Hermione precisa!» rincarò la dose George.

«Che palle!» sbottò Ron passandosi una mano nervosamente fra i capelli. «Quindi, secondo te, io dovrei prendere una cosa di queste, stare male e farlo sapere a Hermione?»

«La avvertirò io stesso non appena la pasticca avrà avuto effetto» rispose. Poi abbassò la voce in un vago tono di falsetto «Le dirò che stai male da ieri, che hai avuto la febbre tanto alta da delirare e che oggi ti sei ricoperto di strane macchie rosse. Così non solo non potrà restarci male perché c’è stato un motivo davvero valido perché tu ti sei dimenticato del suo compleanno, ma accorrerà da te e ti farà da dolce infermiera scrupolosa».

«Be’, direi che si preoccuperà anche non poco…»

«Ma tu lo sai che non ha veramente motivo di farlo».

«E tu, qui, con il negozio…»

«Me la caverò da solo con le ragazze».

Ron si rigirò il barattolo fra le mani, confuso. «Sai, secondo me è una bella cazzata questa».

«Va bene», rispose George allungando la mano destra verso il fratello. «Come vuoi tu, non facciamone nulla. Certo che è una bella carognata scordarsi così il compleanno della fidanzata. Anche se non te lo dirà mai, chissà come c’è rimasta male Hermione…»

Ron sentì un paletto conficcarsi dentro il cuore a quelle parole.

Era vero, Hermione, in qualunque modo sarebbero andate le cose, doveva esserci rimasta davvero male. Magari questa piccola bugia l’avrebbe a lungo andare consolata.

Osservò il contenuto del barattolo. Le diverse “caramelle” avevano tutte dei colori molto accesi: rosso, giallo e arancione.

«Perché hanno colori diversi? »

George aveva ancora la mano destra tesa verso il barattolo «Hanno essenze e aromi diversi, ma, fondamentalmente, dànno esito a effetti diversi. Quelle rosse ti fanno venire delle macchie, quelle gialle delle bolle, quelle arancioni… dei problemi intestinali».

Ron continuò a osservarle perplesso.

Certo che, almeno come forma, somigliavano davvero a delle supposte.

«Senti» disse dopo un sospiro. «Queste cose hanno una forma parecchio strana. Se devo farle passare su per qualche orifizio posto in una determinata zona mi rifiuto categoricamente di…»

«Tranquillo» sorrise George ritirando infine la mano. «Si masticano e basta»

Ron prese in mano un confetto rosso. Fra diarrea, bolle e macchie, di certo avrebbe preferito quest’ultime.

«George, sei sicuro che non dànno effetti collaterali pericolosi, vero?»

«Ma no!» rispose quello impassibile. «Qualche macchia e un po’ di febbre per qualche ora e poi nulla»

«Ma poi le macchie vanno via sicuro? Hai già sperimentato tutto abbastanza, no?» continuò Ron, soppesando sul palmo della mano il prodotto rosso brillante.

«Ma sì, coraggio: mica avrei potuto far provare qualcosa del cui esito non fossi sicuro al mio fratellino?» disse George con un’espressione quasi angelica.

Ron continuò a guardare la roba che aveva in mano dubbioso.

Improvvisamente gli apparve in mente la testa boccolosa di Hermione mentre lui era intento a scusarsi dicendo: “L’ho dimenticato, non so come ho potuto”, e il suo sguardo carico di rammarico e delusione mentre con voce piatta rispondeva: “Fa’, nulla Ron. È evidente che non è importante”, e magari lo bandiva dal suo letto per un paio di settimane.

Chiuse la mano in un pugno e si strinse nelle spalle guardando il fratello.

«Mah, visto che non si usa come una supposta, non sarà tanto brutto provare».

George si limitò ad annuire con convinzione.

*

   Hermione Granger era china su di un grosso e polveroso tomo di Storia della Magia, che trattava dell’ennesima guerra intestina fra le diverse fazioni di Goblin del Nord Europa; con la mano destra, ogni tanto, prendeva qualche appunto su di una pergamena poggiata sulla scrivania del suo piccolo ufficio al Ministero. Nel silenzio di quella mattina il timido grattare della penna sul foglio sembrava un fastidioso rumore deconcentrante.

O forse, dovette ammettere, era lei stessa a essere particolarmente infastidita.

E deconcentrata.

Soffocò uno sbadiglio con la mano sinistra e nel frattempo posò la piuma che teneva con l’altra vicino alla boccetta d’inchiostro, per potersi stiracchiare bene e godersi qualche secondo di riposo.

Secondo utile a ricordarle che ieri era stato il suo ventiduesimo compleanno.

E che Ron lo aveva nuovamente dimenticato.

Non riuscì a non far comparire immediatamente sul volto un’espressione stizzita al pensiero. La cancellò in fretta, scuotendo stancamente la testa e sospirando; conosceva Ron, non avrebbe dovuto stupirsi così tanto.

Era sempre stato un tipo svagato, leggermente rozzo e particolarmente poco attento a queste cose. Il suo sguardo azzurro sembrava vagare oltre la successione dei giorni e delle settimane in un perenne stato di distrazione.

C’era lui, il negozio da portare avanti con George, il contemporaneo tentativo di diventare un Auror. Raramente si ricordava che giorno fosse, meno che la domenica, quando poteva dormire a pancia in su fino a tarda mattina tranne che non fosse lei stessa, venuta per passare qualche ora libera con lui, a svegliarlo accarezzandogli lentamente il volto.

Insomma, di certo non lo aveva fatto per male: Ron era così.

In fondo il compleanno era solo un numero, un numero che viene affibbiato a ciascuno per questioni burocratiche.

Una comodità sociale.

Una stupida tradizione.

Una scusa per viziare i bambini.

Nulla di importante.

Però. Beh, sì, però

Lei, il suo compleanno, non l’avrebbe mai potuto dimenticare.

Ci pensava giorni prima e quella mattina il suo primo pensiero era di ritagliarsi uno spazio di tempo per potergli fare gli auguri come si deve. Anche impegnandosi, non lo avrebbe mai dimenticato.

Perché per lei Ron era troppo importante perché potesse non fare caso a una cosa simile.

Forse Ron lo aveva dimenticato perché in fondo lei non era tanto importante per lui.

Scosse la testa.

Stupidaggini. Ron aveva dimostrato nelle situazioni realmente serie e importanti quanto tenesse a lei. Ecco che cos’erano questi pensieri. Solamente stupidaggini.

Questo non poteva minimamente dimostrare che non tenesse a lei: semplicemente era una prova lampante di quanto fosse sbadato.

Insomma, doveva smetterla di essere delusa e rancorosa: in certe cose lui era un pasticcione e lo sapeva.

Non era di certo una cosa bella, ma non era così importante.

Probabilmente se avessero organizzato qualcosa, com’era stato da lui proposto, non lo avrebbe dimenticato.

Invece avevano deciso di posticipare festeggiamenti e tutto, perché lei il giorno prima aveva avuto alcune riunioni e degli incontri importanti con gli emissari di alcune comunità magiche “non-umane”. Come aveva previsto aveva finito tardi e sarebbe stata troppo stanca per ogni festeggiamento; l’unica cosa che avrebbe voluto festeggiare era la carezza calda delle sue coperte.

Probabilmente nella giornata odierna Ron si sarebbe reso conto del suo fallo e, costernato, le avrebbe portato a testa bassa le sue scuse, insieme a una qualche proposta per farsi perdonare.

In fondo era anche una prospettiva divertente: doveva smetterla di angustiarsi tanto e covare dispiacere per riuscire a tirar fuori il comico da quella situazione.

Avrebbe pure potuto divertirsi nel costringere Ron a trovare un modo per farsi perdonare…

I suoi pensieri furono interrotti da un improvviso rumore proveniente nei pressi del piccolo camino situato alle sue spalle. Un improvviso baluginio di fiamme verdi colse la sua attenzione e la costrinse ad alzarsi; di sicuro si trattava di qualcuno desideroso di mettersi in contatto con lei “via camino”.

“Probabilmente sarà Ron,” pensò Hermione mordendosi un labbro e sperando di aver razionalizzato l’evento abbastanza a fondo per non fare una faccia da maschera tragica al momento delle sue scuse.

Attese qualche secondo aspettando di vedere fra le fiamme baluginanti la sua testa rossa.

In effetti, appena qualche istante dopo, vide proprio apparire una testa rossa all’interno del camino, ma il volto dell’avventore, per quanto vagamente simile, non era quello di Ron, ma di George Weasley.

«George?» commentò infatti Hermione nel vederlo apparire, con un tono abbastanza sorpreso; non riusciva a trovare un motivo valido per la mistica apparizione nel suo ufficio.

«Ehilà, Hermione!» commentò allegramente quello dopo averla scorta. Poi, come se si fosse ricordato solo in quel momento di qualcosa di molto brutto e grave, trasformò la sua espressione leggera in un cruccio cupo, e si scusò dicendo. «Perdona la mia intrusione nel tuo ufficio, spero di non averti disturbato, ma volevo dirti una cosa…»

Istintivamente Hermione si preoccupò: quando George tirava fuori quella faccia o stava giocando un brutto tiro a qualcuno o era davvero successo qualcosa. Entrambe, le opzioni, comunque, la mettevano in preallarme.

«Che cosa è successo?» chiese quindi, vendendo che il ragazzo non continuava spontaneamente.

George sospirò. «Non so se sia il caso di disturbarti per questo, so che sei molto impegnata in questo periodo,» fece una pausa che risuonò vagamente teatrale .«Ma, vedi, pensavo fosse necessario avvisarti che da due giorni Ron sta parecchio male: ha una brutta febbre, molto alta, e stamattina gli sono improvvisamente comparse diverse macchie rosse sparse per il corpo. Credo abbia preso qualche brutto virus».

Hermione, mentre George parlava, era visibilmente impallidita. Quando quello aveva accennato alle macchie, si era portata entrambe le mani alla bocca e aveva singhiozzato un «Ron!» molto accorato, mentre gli occhi le diventavano lucidi.

«Oh, Hermione!» continuò George, aprendo il viso in un sorriso tranquillo, alla vista dello spaesamento della ragazza. «Non sarà nulla di grave! Pensavo solo di doverti avvertire. Non volevo farti preoccupare» scosse la testa in mezzo alle fiamme smeraldine. «Forse avrei fatto meglio a non disturbarti a lavoro per questo…»

«No,» lo fermò Hermione con voce ansiosa. «No, hai fatto bene a dirmelo. Oggi non ho molto lavoro da sbrigare, dovrei solo documentare gli incontri di ieri, ma posso farlo in un altro momento. Chiedo un permesso e corro da Ron».

La testa di George si mosse avanti e indietro in un movimento di decisa affermazione in mezzo alle fiamme. «Non è una cosa indispensabile, ma se vuoi puoi portargli la tua assistenza, penso gli farebbe piacere».

Hermione si era già voltata verso la scrivania a risistemare le sue pergamene di appunti e tutta la sua roba; un crampo di senso di colpa colpì lo stomaco di George appena la vide chiudere il suo libro con un colpo secco e riporlo in un armadio.

Se le sue parole erano state capaci d farle posare un libro e interrompere gli studi, doveva essersi preoccupata davvero.

«Allora ci vediamo dopo,» si affrettò quindi a salutarla, aggiungendo, fra sé e sé, una volta fuori dal camino: «E speriamo che la cosa non ci sfugga di mano».

 

  
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