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Autore: Astrea_    28/09/2014    1 recensioni
[Dal primo capitolo]
Sapevano che erano esattamente come tante piccole mine vaganti, senza passato né futuro, anime che si affannavano per sopravvivere, che si sbracciavano per rimanere a galla nell’oceano increspato della vita. Si sforzavano di cercare contatti, di trovare stabilità, amore ed affetto. Fingevano di comprendersi, di esserci l’uno per l’altro, di essere uniti, ma in realtà sapevano di essere terribilmente soli. Non erano un gruppo, ma solo l’unione di individualità problematiche, di adolescenti troppo presi ad affrontare le difficoltà del piccolo mondo nel quale si rinchiudevano. Erano fragili, talmente tanto che sarebbe bastata una sola folata di vento per raderli al suolo, ridurli a brandelli. Erano forti, tanto forti da mascherare le loro più grandi paure, l’incolmabile vuoto che sentivano nei loro petti e nelle loro menti.
STORIA ISPIRATA ALLA SERIE TELEVISIVA "SKINS".
Genere: Drammatico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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LIAM

“Ehi”, la voce allegra di Bree fece istintivamente sorridere Liam.
Si voltò, seguendo con lo sguardo i movimenti della rosa che a passo svelto si accingeva a scendere gli ultimi scalini della rampa.
“A cosa devo questa tua visita serale?”, scherzò mentre si avvicinava a lui, fino a poggiare le sue mani sul petto muscoloso di Liam.
Sorrideva, il suo volto era raggiante, i suoi occhi quasi brillavano di luce propria. Liam percepiva il suo tocco delicato sulla pelle tremante.
Lentamente avvicinò il suo viso a quello di Bree. I suoi movimenti erano cauti, quasi come se attendesse il continuo consenso di Bree per proseguire. Era straziante averla così vicina e non poterla baciare, era frustrante averla finalmente sua e doverle dire addio. Gli occhi verdi di Bree lo scrutavano alla ricerca di qualche indizio. Percepiva l’ansia, la preoccupazione, la paura dominare l’animo di Liam, ma non riusciva a capire a cosa fossero dovute. Voleva solo rassicurarlo, voleva in parte poter riuscire a scacciar via tutti quei pensieri che sembravano accumularsi nella mente del castano. E sapeva che lui stava per baciarla, l’aveva intuito dal respiro caldo di Liam che cadeva soffice sulle sue labbra, ma quella attesa la stava distruggendo. Agognava quel contatto come mai aveva desiderato in vita. Ma c’era qualcosa che andava oltre il puro bisogno, la più umana debolezza o necessità. C’era affetto, c’era amore negli enormi occhi castani di Liam, quello stesso amore che trapelava dall’espressione rapita di Bree.
La mano destra del ragazzo si posò dolcemente sulla guancia arrossata di Bree, carezzandola con delicatezza. Lei prese un lungo respiro, quasi a corto di ossigeno, mentre lo sguardo di Liam cadde sulle labbra rosse e carnose della ragazza.
Esitava, esitava come non aveva mai fatto. E non era per il bacio in sé, ma per tutto ciò che quel bacio comportava. Aveva provato a lottare contro quei sentimenti, quelle sensazioni che innumerevoli volte lo avevano portato a Bree. Aveva tentato di ignorare quella strana sensazione all’altezza dello stomaco che si impadroniva di lui ogniqualvolta la figura della rossa comparisse nella sua visuale. E Liam non voleva illuderla, non proprio ora che finalmente aveva smesso di ingannare se stesso.
Trattenne il fiato quando i loro nasi si sfiorarono. Sentiva il respiro affannato di Bree sulla sua pelle, il suo cuore batteva forte ad un ritmo irregolare, le sue mani si erano chiuse ad intrappolare la stoffa della camicia azzurra che indossava.
L’avrebbe fatta soffrire ancora di più, forse le avrebbe spezzato il cuore. Ma Liam non era stato in grado di proteggerla neppure una volta e quella non sarebbe stata un’eccezione.
Bree sussultò quando finalmente sentì le labbra di Liam premere contro le sue e, quando il castano si decise ad approfondire il bacio, a Bree parve quasi di poter toccare il cielo con un dito.
Sentiva, sentiva come aveva sentito davanti casa di Liam, quel giorno che gli aveva urlato contro. Percepiva il suo cuore accelerare, il sangue pompare forte nelle vene e le gambe tremare. Avvertiva la mano di Liam che si intrecciava tra i suoi capelli, mentre l’altra le stringeva forte un fianco. E provava amore, gioia, felicità, vita e allo stesso tempo disperazione, paura, terrore.
Liam indietreggiò di poco, interrompendo quel bacio. I suoi occhi si puntarono di scatto in quelli verdi di Bree.
“Mi hanno accettato a Berkeley”, disse tutto d’un fiato.
Doveva essere felice, era riuscito a realizzare il suo sogno, avrebbe dato una svolta drastica alla sua vita, eppure non riusciva a scrollarsi di dosso quella sensazione di incompletezza.
Bree sgranò gli occhi e fu costretta a boccheggiare più volte, prima di essere nuovamente in grado di proferir parola.
Deglutì, sperando che con quel semplice gesto potesse mandar giù il groppo che le si era creato in gola.
“Wow, ma è magnifico”, si ritrovò ad esultare con voce non troppo convinta.
Liam sospirò, mentre con le dita afferrava una ciocca di capelli di Bree, puntando su di essa il suo sguardo completamente svuotato.
“No, non lo è affatto”, ribatté con le labbra umide che sfioravano la fronte di Bree.
La ragazza si morse forte il labbro e chiuse forte gli occhi, temeva sarebbe scoppiata a piangere da un momento all’altro.
“Ed invece sì! Andiamo, Liam, è della Berkeley che stiamo parlando”, si finse entusiasta, mentre si costringeva a sorridere.
Liam le sarebbe mancato, saperlo oltreoceano era un qualcosa che la uccideva dentro, ma non avrebbe provato a fermarlo in alcun modo.
“Sono contenta per te, davvero”, mormorò sincera, sfiorando con un dito i lineamenti rigidi del ragazzo.
“Partirò tra qualche settimana”, annunciò lasciandosi cullare dal gentile tocco di Bree.
Lei sapeva perfettamente cosa Liam volesse dire con quelle parole. Era una scadenza, un limite dopo il quale tutto sarebbe cambiato.
“Ce la faremo Liam, ce la faremo”, sussurrò soltanto, stringendolo forte tra le sue braccia.
E Liam la baciò, con foga, con passione, come se quello sarebbe stato il loro ultimo bacio. Voleva sentirla, voleva che ogni sua parte del corpo potesse entrare in contatto con quello di Bree. Voleva amarla.
D’impulso afferrò Bree, alzandola fino a permetterle di avvolgere le gambe attorno alla sua vita, poi a tentoni si mosse fino alla parete. Il muro freddo a contatto con la schiena della rossa la fece rabbrividire, ma ben presto quella sensazione fu sostituita dalla bramosia e dall’eccitazione provocati da quella lunga scia di baci che Liam aveva preso a depositare lungo il collo, partendo dalla mascella per poi giungere fino alla scollatura a cuore del top che Bree indossava.
“Li-Liam”, lo richiamò quasi ansimante contro la pelle del ragazzo, mentre le sue mano correvano sul petto di Liam. “In camera mia”, disse soltanto, prima che le labbra del castano furono nuovamente sulle sue.
Lo avrebbe amato, con Liam avrebbe fatto di tutto, per lui avrebbe rischiato, sofferto, perso. Ogni volta che era con lui, Bree si sentiva forte, talmente forte da poter distruggere il mondo intero, ma vulnerabile, perché sarebbe bastata una sola parola, uno sguardo od un semplice gesto a far vacillare le sue sicurezze. Ma quella sera non voleva avere paura, quella sera Bree voleva soltanto amare Liam.
“La ringrazio per l’invito, signor Wood”, esordì Harry, facendo capolinea in sala da pranzo, accompagnato da Audrey.
“È un piacere averti a cena con noi”, ricambiò prontamente, facendogli segno di accomodarsi a tavola.
Audrey lasciò la mano del riccio, mentre con gli occhi allarmati cercava quelli verdi di Harry. Lui le sorrise appena, prima di prendere posto a tavola.
Audrey aveva detestato fin dall’inizio quella ridicola proposta di suo padre. In realtà erano state le circostanze a costringerla ad accettare. Da quando Millie aveva iniziato la terapia, suo padre trascorreva molto più tempo a casa. Era come se, tutto d’un tratto, si fosse risvegliato, se fosse tornato alla vita, alla sua famiglia dopo anni di silenzio ed assenza. Lo vedeva muoversi per casa, lasciare aperta la porta del suo ufficio, sedersi sul divano e guardare quella tv che per mesi era rimasta spenta. Aveva persino ripreso ad aspettare che le sue due figlie si svegliassero per poter fare colazione con loro.
La prima volta che suo padre aveva scoperto lei ed Harry aggirarsi furtivi per il giardino a notte tarda, lui aveva semplicemente finto di non accorgersi di nulla e probabilmente avrebbe continuato a farlo, se non fosse stato per quel cappotto che Harry aveva lasciato sul divano del salone. Il signor Wood aveva controllato tutte le stanze del piano terra, prima di salire le scale a due a due, con fretta, per raggiungere la camera da letto di Audrey. Aveva spalancato con foga la porta chiusa, temendo il peggio, ma si era dovuto ricredere all’istante. Audrey l’aveva visto tirare un sospiro di sollievo alla visione di lei ed Harry, seduti sul tappeto ai piedi del letto che guardavano un film horror.
E, nonostante non ci fosse nulla di equivocabile in quella situazione, il signor Wood aveva capito che non avrebbe più potuto ignorare quello che succedeva sotto i suoi stessi occhi. Audrey era sua figlia e quel giovincello con la testa riccia aveva tutta l’aria di essere il suo ragazzo.
Così aveva chiesto ad Audrey di conoscerlo, di presentargli quell’amico che continuava ad aggirarsi per casa sua senza mai passare per il portone principale. Lei aveva rifiutato per giorni, troppo imbarazzata ed intimorita da quella eventualità, ma quando suo padre l’aveva seguita in giardino, una sera, per accertarsi della presenza di Harry, aveva dovuto cedere, prima che il riccio potesse notarli discutere dietro un albero.
“Finalmente ho l’onore di vederti in faccia”, borbottò sarcastico l’uomo.
In realtà Harry aveva un viso anche piuttosto simpatico, ma il signor Wood non voleva affatto facilitargli il compito solo per quell’espressione affabile e quei modi gentili che parevano distinguerlo.
Seduto a capotavola, il signor Wood scrutava con attenzione il ragazzo seduto alla sua sinistra. Alla sua destra, invece, se ne stavano un’annoiata Millie e una preoccupata Audrey.
“Papà, smettila di metterli a disagio”, lo rimproverò Millie, stufa del silenzio che era caduto nella sala. “Non lo vedi che a stento respira ancora?”, ironizzò lanciando una veloce occhiata all’indirizzo di Harry.
Quella visuale quasi la irritava. Audrey era talmente in ansia che continuava a ticchettare a terra con il piede sinistro, sfiorando di tanto in tanto il ginocchio di Millie e facendo, di conseguenza, tremare anche lei.
“Dimmi, Harry”, esordì allora il signor Wood, catturando l’attenzione del riccio. “Come hai conosciuto mia figlia?”, chiese con sguardo inquisitorio.
Harry deglutì a quella domanda che aveva tutta l’aria di essere la prima di una lunga serie. Era un interrogatorio, quello. Un interminabile test che avrebbe dovuto superare per ricevere il beneplacito del padre di Audrey. Cercò di sorridere, mentre pensava ad una risposta adeguata alle circostanze. Certo non avrebbe potuto raccontargli tutta la verità, ma non voleva neppure inventare tutto di sana pianta.
“Abbiamo degli amici in comune”, proferì con voce chiara e decisa. “Inoltre frequentiamo degli stessi corsi”, aggiunse cercando gli occhi di Audrey come a chiedere conferma.
“Spero ti piaccia il pesce, perché ho fatto preparare una cena a dir poco squisita”, commentò l’uomo, mentre una donna faceva il suo ingresso in sala con dei piatti ricolmi di cibo.
“Lo adoro”, si limitò a dire Harry, dando un’occhiata alla succulenta pietanza che gli veniva servita.
“Hai già pensato a cosa farai l’anno prossimo?”, domandò l’uomo, mentre  si accingeva a prendere la forchetta e dare inizio alla cena.
“Ho fatto domanda per Oxford, Cambridge e Londra, ma ancora non ho ricevuto risposta”, spiegò lui, tentando di mantenere un tono calmo.
“Sbaglio o sono le stesse università per le quali hai fatto richiesta anche tu?”, chiese torvo all’indirizzo di Audrey.
Lei fece spallucce, masticando lentamente. Aveva previsto una conversazione del genere, per questo si era ben preparata all’eventualità.
“Sono le migliori di tutto il Regno Unito”, si giustificò piuttosto soddisfatta della prontezza e dell’insindacabilità della sua risposta.
L’uomo prese un lungo respiro, leggermente scosso da quella notizia.
“Harry, sarò sincero con te”, esordì inchiodando lo sguardo del ragazzo. “Sei il primo ragazzo che Audrey porta a casa”, constatò con voce seria e profonda. “Ne abbiamo già passate tante come famiglia, quindi fai soffrire ancora Audrey e sei finito”, concluse con un sorrisetto minaccioso stampato in volto.
“Signore, tengo davvero a sua figlia”, confessò allora Harry.
Audrey sorrise ed Harry pensò di poter vivere in eterno di quel sorriso.
La cena era da poco finita quando il cellulare di Millie vibrò. Erano seduti in salotto, suo padre ed Harry parlavano di sport sotto lo sguardo vigile di Audrey. Con lo sguardo controllò l’identità di colui che la stesse cercando e per poco non fece un balzo quando lesse sullo schermo il nome di Zayn.
La chiamata terminò ancor prima che lei potesse rispondere. Sbuffò, pensando che aveva appena perso un’altra ottima occasione, ma dovette ricredersi quando la spia rossa del cellulare lampeggiò. Aveva ricevuto un messaggio. Non attese neppure un attimo prima di aprirlo. Era Zayn e le chiedeva di raggiungerlo fuori.
Rilesse in apnea oltre una decina di volte quell’unica semplice riga. Le mani tremavano, sudavano freddo. Da quando Millie lo aveva baciato, lo aveva evitato in tutti i modi. Zayn l’aveva chiamata più volte, l’aveva cercata per i corridoi, ma eccezion fatta per il giorno della partenza di Margaret, non era più riuscito a parlare con lei.
Da un lato Millie sapeva che continuare ad ignorarlo fosse la cosa più giusta da fare, avrebbe evitato ad entrambi discorsi imbarazzanti e una buona dose di delusione, ma dall’altro era come se nutrisse ancora della speranza, come se in un piccolo e remoto angolo del suo cuore sperasse di poter finalmente chiarire con Zayn.
“Ancora lui?”, il sussurro di sua sorella la ridestò dai suoi pensieri.
Millie corrugò la fronte, chiedendosi come Audrey potesse sapere di chi si trattasse. Lei alzò gli occhi al cielo, scrollando le spalle.
“Sono giorni che ti cerca”, spiegò con tono ovvio, cercando di non farsi notare da Harry e suo padre.
Millie sospirò, il suo viso affranto facevano chiaramente intuire quanto quella situazione la turbasse.
“Va’ da lui”, le consigliò Audrey.
Millie si accigliò a quelle parole. Le immagini di quel bacio ancora la perseguitavano.
“Va’ da lui, prima che papà lo veda qui fuori e decida di organizzare una cena anche per lui”, scherzò seguendo con lo sguardo quella luce di fari accesi che proveniva dal vialetto.
Le braccia di Millie si piegarono sotto al seno, in segno di disappunto.
“Lo faccio solo perché voglio risparmiarmi un’altra serata del genere”, borbottò mentre si alzava dal divano.
“Vado a buttare la spazzatura”, disse in direzione del padre, mentre si allontanava sotto lo sguardo compiaciuto di Audrey.
“Ciao”, salutò quando finalmente ebbe raggiunto Zayn all’interno dell’abitacolo della sua auto.
“Ormai stavo iniziando a darmi per vinto”, borbottò sarcastico il moro. “Ho parlato con mio fratello qualche giorno fa”, iniziò per smorzare la tensione.
Non era un argomento a lui congeniale quello, ma tutto in quel momento gli appariva meno straziante del silenzio di Millie.
“Qualunque cosa sia successa tra di voi, credo che tutti meritino una seconda possibilità”, asserì.
Zayn strinse forte il volante tra le mani, di sottecchi osservava Millie farsi sempre più piccola sul sedile della sua macchina.
“Non volevo baciarti, l’altro giorno”, esordì poi con foga, fissando per la prima volta quella sera i suoi occhi in quelli ambrati di Zayn. “Cioè, in realtà io volevo, ma probabilmente tu no, quindi…”, farneticò gesticolando nervosamente.
Le labbra di Zayn si piegarono in un ghigno divertito.
“Smettila di guardarmi cosi”, si lamentò allora Millie, abbassando il capo in direzione delle sue gambe. “Credo di essere già piuttosto a disagio, non c’è bisogno della tua aria derisoria”, borbottò in un mormorio.
“Millie, anche io volevo quel bacio”, confessò Zayn tutto d’un fiato, destabilizzando completamente la ragazza.
Schiuse la bocca, sorpresa, mentre il suo cuore batteva forte. Non aveva mai provato nulla di così intenso per un ragazzo.
“Ma ci ho pensato bene”, riprese e a quelle parole Millie sentì una voragine aprirsi all’altezza del suo petto.
“E?”, il suo era un sibilo appena udibile.
“E credo che per ora sarebbe meglio concederci del tempo”, spiegò con le nocche bianche per la ferrea stretta. “Sono accadute troppe cose in quest’ultimo periodo.”, approfondì cercando lo sguardo di Millie.
In quell’istante desiderò con tutto se stesso poterle leggere la mente.
“Tu hai la terapia ed io devo fare ordine nella mia vita”, proseguì con fare incerto. “Ci sarà tempo per noi, in futuro, ma per ora sarebbe meglio aspettare”, concluse.
Aveva rimuginato prima di prendere una decisone. La sola idea di dover allontanare Millie lo turbava, ma sapeva che entrambi avevano bisogno di rimettere insieme tutti quei frammenti in cui le loro vite si erano sgretolate. Zayn non avrebbe mai potuto aiutarla in quell’impresa, perché anche lui, per quanto continuasse a negarlo, necessitava dell’ausilio di qualcuno. Sapeva che Millie aveva avuto delle crisi, negli ultimi giorni, e avrebbe voluto essere più presente, ma anche lui era intento a cercare un modo per riscattare se stesso. Con lui ci sarebbe stata la sua famiglia, Louis e forse anche Jamal. Millie, invece, avrebbe avuto al suo fianco suo padre ed Audrey. Ce l’avrebbero fatta, Zayn ne era sicuro, ma non l’avrebbero fatto insieme, perché insieme erano ancora troppo deboli per lottare.
Millie annuì. Non le piaceva affatto il significato di quelle parole, ma era consapevole della loro veridicità.
“Aspetteremo, allora”, concordò con tono sommesso. “Aspetteremo”, ripeté, quasi a voler convincere se stessa.
Millie spostò la mano sulla maniglia che permetteva l’apertura della portiera, poi si concesse un ultimo sguardo in direzione di Zayn ed immediatamente incontrò gli occhi ambrati del ragazzo.
“Allora ciao”, salutò, accennando ad un lieve sorriso.
Zayn si morse il labbro, combattuto. Non poteva lasciarla andar via così.
“Millie”, sussurrò afferrando la ragazza per un braccio, per poi avvicinare i loro volti e baciarla.
L’avrebbe lasciata andare, avrebbe concesso ad entrambi tutto il tempo di cui avevano bisogno, ma almeno avrebbe conservato il ricordo di quella serata, il ricordo di Millie.
Lei ricambiò prontamente il bacio, lasciando che Zayn potesse approfondirlo. Avevano giocato per mesi, stuzzicandosi e lanciandosi occhiate languide e seducenti, ma Millie mai aveva pensato di poter desiderare proprio le labbra sottili di Zayn, un giorno, le sue attenzioni, i suoi baci, i suoi occhi.
“Ciao Millie”, la salutò, quando il bacio terminò.
Millie arrancò un sorriso, poi scese dall’auto.
Zayn la seguì con lo sguardo, mentre camminava svelta lungo il vialetto. Si passò una mano sulle labbra, tastandole. Sorrise nel constatare che aveva ancora il sapore di Millie addosso.
Charlie se ne stava seduta sul dondolo del piccolo terrazzo sul retro della casa. Teneva le gambe strette al petto, avvolte tra le braccia, mentre con lo sguardo studiava attentamente il cielo scuro sopra di lei. La sua mente era affollata da mille pensieri. Da quando Margaret era partita l’aveva sentita solo tre volte e le conversazioni non erano neppure durate molto. Si erano concentrate principalmente sulla nuova città, la casa e qualche persona che Margaret aveva avuto modo di conoscere. Le mancava poter chiacchierare con lei come erano solite fare un tempo tra una lezione e l’altra. Aveva impiegato pochissimo tempo ad affezionarsi a quella ragazza ed ora doveva già fare i conti con la sua assenza.
Sussultò quando percepì il rumore di passi sempre più vicino.
“Niall”, sussurrò poi, quando riconobbe la figura del suo ragazzo a pochi metri da lei.
“Ciao”, salutò lui con un cenno della mano. “Tua madre mi ha fatto entrare”, si giustificò subito dopo, quasi a dover dare un valido motivo alla sua presenza lì.
“Siediti”, propose allora Charlie, facendo spazio sul dondolo.
Niall sospirò, mentre si muoveva con passo stanco fino a raggiungerla.
“Ho saputo che ti hanno presa qui a Londra, congratulazioni”, esordì forzando un tono entusiasta.
Charlie sorrise con la testa china e con le dita della mano sinistra iniziò a giocherellare con una ciocca di capelli.
“Mia madre non riesce a mantenere un segreto per neppure dieci secondi”, borbottò. “Avrei voluto dirtelo io”, spiegò.
“Charlie, io ho bisogno di sapere”, annunciò Niall con voce autoritaria.
Era contento per Charlie, lo era davvero, ma quei dubbi continuavano a logorargli l’animo. La bionda alzò di scatto il volto in direzione di Niall, in attesa che continuasse. Lui la osservò per qualche istante. Aveva la fronte corrugata e l’espressione preoccupata. Continuava ad arrotolare quell’unica ciocca di capelli attorno ad un dito, mentre con gli occhi di ghiaccio lo osservava impaziente.
“Riuscirai mai a dimenticare Louis?”, la sua domanda schietta giunse all’orecchio di Charlie come una lama affilata.
Sapeva di aver concesso troppe attenzioni a Louis in quell’ultimo periodo, sapeva di non essersi dedicata abbastanza a Niall, di averlo trascurato e, a dirla tutta, si aspettava anche un discorso simile da parte del biondo.
“Niall”, iniziò, afferrando una mano del ragazzo per poi stringerla tra le sue. “So di essere stata scostante in questi giorni, ti ho dato mille e più motivi per poter dubitare di me e dei miei sentimenti e per un attimo ho tentennato anche io”, iniziò.
Forse avrebbe potuto omettere quel particolare, ma con Niall voleva essere sincera, non voleva nascondergli nulla.
“Ma Louis fa parte del mio passato”, dichiarò con lo sguardo perso negli occhi color oceano di Niall. “Ed in un certo senso fa parte di me, lo farà sempre”, confessò con la voce incrinata. “E mi dispiace se in questi giorni ti ho dato mille motivi per dubitare di me, mi dispiace tantissimo”, ammise, con lo sguardo basso.
Niall sorrise a quelle parole, rassegnato.
“Eppure ora l’ho capito ed al momento è l’unica cosa certa che so”, annunciò, alzando gli occhi in direzione di quelli azzurri e limpidi di Niall.
“Ti amo, ti amo davvero”, confessò con un filo di voce, tremante per l’emozione.
Niall sorrise, disarmato davanti alla sincerità di quella voce e quello sguardo.
“Speravo di sentirtelo dire”, ammise, sogghignando leggermente in direzione della bionda.
All’improvviso si era sentito più leggero, felice, senza pensieri. Tutta l’angoscia che per giorni si era portato dentro era scomparsa ed il merito era tutto di Charlie.
Niall avvicinò lentamente il suo viso a quello della ragazza, ammiccando giocosamente in sua direzione.
“Ti amo anche io”, sussurrò sulle sue labbra, prima di baciarla.
Louis si strinse nelle spalle per il freddo. Era da poco passata l’alba quella mattina e l’aria era ancora gelida e tagliente, tanto che si ritrovò a sfregarsi le spalle con le mani nel tentativo di farsi calore.
“Ehi Louis”, lo chiamò Bree, raggiungendolo.
Si erano dati appuntamento al parco per l’occasione. In realtà ormai lo facevano sempre più spesso, ma quella era davvero una mattina speciale.
“Hai salutato Liam?”, domandò lui, osservando Bree che si lasciava cadere sul prato fresco accanto a lui.
“Sì”, disse soltanto, prima di stendersi completamente sull’erba. “Credi lo rivedrò presto?”, chiese dopo qualche istante, con voce tremante.
I suoi occhi verdi e lucidi vagavano nel cielo, il suo sguardo assente rispecchiava perfettamente il vuoto che sentiva dentro.
“Vuoi la verità, Bree?”, quella di Louis aveva tutta l’aria di essere una domanda retorica. “Non credo proprio”, confessò, sdraiandosi accanto alla ragazza.
“Siamo nella merda, allora”, commentò rammaricata, girandosi su un fianco, così da poter abbracciare l’amico.
E Louis l’avvolse tra le sue braccia. Bree lasciò sprofondare la sua testa rossa nell’incavo del collo del ragazzo, mentre delle lacrime salate le scorrevano lungo le guance.
Liam era partito, Margaret era partita, Charlie aveva lasciato Niall e Louis non sapeva davvero cosa pensare di tutta quella storia.
“’Fanculo, piccola”, imprecò chissà contro cosa o chi. “Ci faremo forza a vicenda”, mormorò poi, stringendo forte Bree contro il suo petto.

Liam si guardò attorno, alla ricerca del gate giusto. Aveva chiesto a Bree di non accompagnarlo all’aeroporto, aveva preferito salutarla lì, a casa sua. La sera prima gli altri erano passati a salutarlo e Liam aveva convinto tutti che quel gesto era sufficiente e dargli un degno arrivederci. Tra pochi minuti sarebbe partito per gli Stati Uniti d’America e Londra, insieme al Kensington & Chelsea College, non sarebbe rimasta altro che un lontano ricordo. Una serie di flashback, mille immagini, gli passarono veloci davanti agli occhi. In quei mesi, in quell’ultimo anno, la sua vita era totalmente cambiata. Avrebbe per sempre conservato quei ricordi, avrebbe per sempre ricordato il volto arrossato di Bree la prima volta che avevano fatto l’amore, l’espressione di Harry quando per la prima volta lo aveva mandato bellamente al diavolo o quella di Millie quando finalmente aveva fatto cadere la maschera. E avrebbe ricordato la sicurezza di Charlie, il volto ombrato di Zayn, le battute senza senso di Louis, il sorriso di Margaret, le risposte secche di Audrey e la sensazione che aveva provato quando aveva colpito Niall in pena faccia. Ma per ora, tutto ciò che doveva fare, era ricominciare tutto daccapo.     

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Angolo Autrice

Buona domenica a tutti!!! Finalmente eccoci con l'ultimo capitolo!!
Allora, che dire, ho pensato di finire la storia così com'era iniziata, con Liam.
Insomma, diciamo che questo non è proprio un lieto fine, fatta eccezione solo per Harry ed Audrey.
Certo, anche a Niall e Charlie va bene, ma non so per quale ragione mi lasciano l'amaro in bocca. Sarà che c'è sempre Louis di mezzo.
Finale aperto per Zayn e Millie, che decidono di aspettare, ma anche per Bree e Liam, tra i quali ci si mette la distanza.
Margaret ormai è partita e non compare affatto ed, infine, c'è Louis... 
beh, non so proprio che dire su di lui, ma mi piaceva l'idea di un'amicizia tra lui e Bree.
Anyway, anche Liam è in partenza, alla volta degli USA. Ed ho pensato che chiudere così era un bel modo per chiudere, perché lasciava aperto quasi tutto...
Okay, non credo che quello che ho appena detto abbia senso, però più o meno era questa l'idea che avevo.
Bene, ora ci tenevo a ringraziare chi ha letto, ricordato, seguito o preferito,
ma soprattutto volevo ringraziare Grauen per il sostegno!!! Grazie mille, davvero!!!*.*
Okay, credo di aver detto tutto!
Alla prossima!:*

                                                          Astrea_


  
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