LIAM
“Ehi”,
la voce allegra di Bree fece
istintivamente sorridere Liam.
Si voltò, seguendo con lo sguardo i movimenti
della rosa che a passo svelto si accingeva a scendere gli ultimi
scalini della
rampa.
“A cosa devo questa tua visita serale?”,
scherzò mentre si avvicinava a lui, fino a poggiare le sue
mani sul petto
muscoloso di Liam.
Sorrideva, il suo volto era raggiante, i suoi
occhi quasi brillavano di luce propria. Liam percepiva il suo tocco
delicato
sulla pelle tremante.
Lentamente avvicinò il suo viso a quello di
Bree. I suoi movimenti erano cauti, quasi come se attendesse il
continuo
consenso di Bree per proseguire. Era straziante averla così
vicina e non
poterla baciare, era frustrante averla finalmente sua e doverle dire
addio. Gli
occhi verdi di Bree lo scrutavano alla ricerca di qualche indizio.
Percepiva
l’ansia, la preoccupazione, la paura dominare
l’animo di Liam, ma non riusciva
a capire a cosa fossero dovute. Voleva solo rassicurarlo, voleva in
parte poter
riuscire a scacciar via tutti quei pensieri che sembravano accumularsi
nella
mente del castano. E sapeva che lui stava per baciarla,
l’aveva intuito dal
respiro caldo di Liam che cadeva soffice sulle sue labbra, ma quella
attesa la
stava distruggendo. Agognava quel contatto come mai aveva desiderato in
vita.
Ma c’era qualcosa che andava oltre il puro bisogno, la
più umana debolezza o
necessità. C’era affetto, c’era amore
negli enormi occhi castani di Liam,
quello stesso amore che trapelava dall’espressione rapita di
Bree.
La mano destra del ragazzo si posò dolcemente
sulla guancia arrossata di Bree, carezzandola con delicatezza. Lei
prese un
lungo respiro, quasi a corto di ossigeno, mentre lo sguardo di Liam
cadde sulle
labbra rosse e carnose della ragazza.
Esitava, esitava come non aveva mai fatto. E
non era per il bacio in sé, ma per tutto ciò che
quel bacio comportava. Aveva
provato a lottare contro quei sentimenti, quelle sensazioni che
innumerevoli
volte lo avevano portato a Bree. Aveva tentato di ignorare quella
strana
sensazione all’altezza dello stomaco che si impadroniva di
lui ogniqualvolta la
figura della rossa comparisse nella sua visuale. E Liam non voleva
illuderla,
non proprio ora che finalmente aveva smesso di ingannare se stesso.
Trattenne il fiato quando i loro nasi si sfiorarono.
Sentiva il respiro affannato di Bree sulla sua pelle, il suo cuore
batteva
forte ad un ritmo irregolare, le sue mani si erano chiuse ad
intrappolare la
stoffa della camicia azzurra che indossava.
L’avrebbe fatta soffrire ancora di più, forse
le avrebbe spezzato il cuore. Ma Liam non era stato in grado di
proteggerla
neppure una volta e quella non sarebbe stata un’eccezione.
Bree sussultò quando finalmente sentì le labbra
di Liam premere contro le sue e, quando il castano si decise ad
approfondire il
bacio, a Bree parve quasi di poter toccare il cielo con un dito.
Sentiva, sentiva come aveva sentito davanti
casa di Liam, quel giorno che gli aveva urlato contro. Percepiva il suo
cuore
accelerare, il sangue pompare forte nelle vene e le gambe tremare.
Avvertiva la
mano di Liam che si intrecciava tra i suoi capelli, mentre
l’altra le stringeva
forte un fianco. E provava amore, gioia, felicità, vita e
allo stesso tempo
disperazione, paura, terrore.
Liam indietreggiò di poco, interrompendo quel
bacio. I suoi occhi si puntarono di scatto in quelli verdi di Bree.
“Mi hanno accettato a Berkeley”, disse tutto
d’un fiato.
Doveva essere felice, era riuscito a
realizzare il suo sogno, avrebbe dato una svolta drastica alla sua
vita, eppure
non riusciva a scrollarsi di dosso quella sensazione di incompletezza.
Bree sgranò gli occhi e fu costretta a
boccheggiare più volte, prima di essere nuovamente in grado
di proferir parola.
Deglutì, sperando che con quel semplice gesto
potesse mandar giù il groppo che le si era creato in gola.
“Wow, ma è magnifico”, si
ritrovò ad esultare
con voce non troppo convinta.
Liam sospirò, mentre con le dita afferrava una
ciocca di capelli di Bree, puntando su di essa il suo sguardo
completamente
svuotato.
“No, non lo è affatto”,
ribatté con le labbra
umide che sfioravano la fronte di Bree.
La ragazza si morse forte il labbro e chiuse
forte gli occhi, temeva sarebbe scoppiata a piangere da un momento
all’altro.
“Ed invece sì! Andiamo, Liam, è della
Berkeley
che stiamo parlando”, si finse entusiasta, mentre si
costringeva a sorridere.
Liam le sarebbe mancato, saperlo oltreoceano
era un qualcosa che la uccideva dentro, ma non avrebbe provato a
fermarlo in
alcun modo.
“Sono contenta per te, davvero”, mormorò
sincera, sfiorando con un dito i lineamenti rigidi del ragazzo.
“Partirò tra qualche settimana”,
annunciò
lasciandosi cullare dal gentile tocco di Bree.
Lei sapeva perfettamente cosa Liam volesse
dire con quelle parole. Era una scadenza, un limite dopo il quale tutto
sarebbe
cambiato.
“Ce la faremo Liam, ce la faremo”,
sussurrò
soltanto, stringendolo forte tra le sue braccia.
E Liam la baciò, con foga, con passione, come
se quello sarebbe stato il loro ultimo bacio. Voleva sentirla, voleva
che ogni
sua parte del corpo potesse entrare in contatto con quello di Bree.
Voleva
amarla.
D’impulso afferrò Bree, alzandola fino a
permetterle di avvolgere le gambe attorno alla sua vita, poi a tentoni
si mosse
fino alla parete. Il muro freddo a contatto con la schiena della rossa
la fece
rabbrividire, ma ben presto quella sensazione fu sostituita dalla
bramosia e
dall’eccitazione provocati da quella lunga scia di baci che
Liam aveva preso a
depositare lungo il collo, partendo dalla mascella per poi giungere
fino alla
scollatura a cuore del top che Bree indossava.
“Li-Liam”, lo richiamò quasi ansimante
contro
la pelle del ragazzo, mentre le sue mano correvano sul petto di Liam.
“In
camera mia”, disse soltanto, prima che le labbra del castano
furono nuovamente
sulle sue.
Lo avrebbe amato, con Liam avrebbe fatto di
tutto, per lui avrebbe rischiato, sofferto, perso. Ogni volta che era
con lui,
Bree si sentiva forte, talmente forte da poter distruggere il mondo
intero, ma
vulnerabile, perché sarebbe bastata una sola parola, uno
sguardo od un semplice
gesto a far vacillare le sue sicurezze. Ma quella sera non voleva avere
paura,
quella sera Bree voleva soltanto amare Liam.
“La ringrazio per l’invito, signor Wood”,
esordì Harry, facendo capolinea in sala da pranzo,
accompagnato da Audrey.
“È un piacere averti a cena con noi”,
ricambiò
prontamente, facendogli segno di accomodarsi a tavola.
Audrey lasciò la mano del riccio, mentre con
gli occhi allarmati cercava quelli verdi di Harry. Lui le sorrise
appena, prima
di prendere posto a tavola.
Audrey aveva detestato fin dall’inizio quella
ridicola proposta di suo padre. In realtà erano state le
circostanze a
costringerla ad accettare. Da quando Millie aveva iniziato la terapia,
suo
padre trascorreva molto più tempo a casa. Era come se, tutto
d’un tratto, si
fosse risvegliato, se fosse tornato alla vita, alla sua famiglia dopo
anni di
silenzio ed assenza. Lo vedeva muoversi per casa, lasciare aperta la
porta del
suo ufficio, sedersi sul divano e guardare quella tv che per mesi era
rimasta
spenta. Aveva persino ripreso ad aspettare che le sue due figlie si
svegliassero per poter fare colazione con loro.
La prima volta che suo padre aveva scoperto
lei ed Harry aggirarsi furtivi per il giardino a notte tarda, lui aveva
semplicemente finto di non accorgersi di nulla e probabilmente avrebbe
continuato a farlo, se non fosse stato per quel cappotto che Harry
aveva
lasciato sul divano del salone. Il signor Wood aveva controllato tutte
le
stanze del piano terra, prima di salire le scale a due a due, con
fretta, per
raggiungere la camera da letto di Audrey. Aveva spalancato con foga la
porta
chiusa, temendo il peggio, ma si era dovuto ricredere
all’istante. Audrey
l’aveva visto tirare un sospiro di sollievo alla visione di
lei ed Harry,
seduti sul tappeto ai piedi del letto che guardavano un film horror.
E, nonostante non ci fosse nulla di
equivocabile in quella situazione, il signor Wood aveva capito che non
avrebbe
più potuto ignorare quello che succedeva sotto i suoi stessi
occhi. Audrey era
sua figlia e quel giovincello con la testa riccia aveva tutta
l’aria di essere
il suo ragazzo.
Così aveva chiesto ad Audrey di conoscerlo, di
presentargli quell’amico che continuava ad aggirarsi per casa
sua senza mai
passare per il portone principale. Lei aveva rifiutato per giorni,
troppo imbarazzata
ed intimorita da quella eventualità, ma quando suo padre
l’aveva seguita in
giardino, una sera, per accertarsi della presenza di Harry, aveva
dovuto
cedere, prima che il riccio potesse notarli discutere dietro un albero.
“Finalmente ho l’onore di vederti in
faccia”,
borbottò sarcastico l’uomo.
In realtà Harry aveva un viso anche piuttosto
simpatico, ma il signor Wood non voleva affatto facilitargli il compito
solo
per quell’espressione affabile e quei modi gentili che
parevano distinguerlo.
Seduto a capotavola, il signor Wood scrutava
con attenzione il ragazzo seduto alla sua sinistra. Alla sua destra,
invece, se
ne stavano un’annoiata Millie e una preoccupata Audrey.
“Papà, smettila di metterli a disagio”,
lo
rimproverò Millie, stufa del silenzio che era caduto nella
sala. “Non lo vedi
che a stento respira ancora?”, ironizzò lanciando
una veloce occhiata
all’indirizzo di Harry.
Quella visuale quasi la irritava. Audrey era
talmente in ansia che continuava a ticchettare a terra con il piede
sinistro,
sfiorando di tanto in tanto il ginocchio di Millie e facendo, di
conseguenza,
tremare anche lei.
“Dimmi, Harry”, esordì allora il signor
Wood,
catturando l’attenzione del riccio. “Come hai
conosciuto mia figlia?”, chiese
con sguardo inquisitorio.
Harry deglutì a quella domanda che aveva tutta
l’aria di essere la prima di una lunga serie. Era un
interrogatorio, quello. Un
interminabile test che avrebbe dovuto superare per ricevere il
beneplacito del
padre di Audrey. Cercò di sorridere, mentre pensava ad una
risposta adeguata
alle circostanze. Certo non avrebbe potuto raccontargli tutta la
verità, ma non
voleva neppure inventare tutto di sana pianta.
“Abbiamo degli amici in comune”, proferì
con
voce chiara e decisa. “Inoltre frequentiamo degli stessi
corsi”, aggiunse
cercando gli occhi di Audrey come a chiedere conferma.
“Spero ti piaccia il pesce, perché ho fatto
preparare una cena a dir poco squisita”, commentò
l’uomo, mentre una donna
faceva il suo ingresso in sala con dei piatti ricolmi di cibo.
“Lo adoro”, si limitò a dire Harry,
dando
un’occhiata alla succulenta pietanza che gli veniva servita.
“Hai già pensato a cosa farai l’anno
prossimo?”, domandò l’uomo, mentre si
accingeva a prendere la forchetta e dare inizio alla cena.
“Ho fatto domanda per Oxford, Cambridge e
Londra, ma ancora non ho ricevuto risposta”,
spiegò lui, tentando di mantenere
un tono calmo.
“Sbaglio o sono le stesse università per le
quali hai fatto richiesta anche tu?”, chiese torvo
all’indirizzo di Audrey.
Lei fece spallucce, masticando lentamente.
Aveva previsto una conversazione del genere, per questo si era ben
preparata
all’eventualità.
“Sono le migliori di tutto il Regno Unito”, si
giustificò piuttosto soddisfatta della prontezza e
dell’insindacabilità della
sua risposta.
L’uomo prese un lungo respiro, leggermente
scosso da quella notizia.
“Harry, sarò sincero con te”,
esordì
inchiodando lo sguardo del ragazzo. “Sei il primo ragazzo che
Audrey porta a
casa”, constatò con voce seria e profonda.
“Ne abbiamo già passate tante come
famiglia, quindi fai soffrire ancora Audrey e sei finito”,
concluse con un
sorrisetto minaccioso stampato in volto.
“Signore, tengo davvero a sua figlia”,
confessò allora Harry.
Audrey sorrise ed Harry pensò di poter vivere
in eterno di quel sorriso.
La cena era da poco finita quando il cellulare
di Millie vibrò. Erano seduti in salotto, suo padre ed Harry
parlavano di sport
sotto lo sguardo vigile di Audrey. Con lo sguardo controllò
l’identità di colui
che la stesse cercando e per poco non fece un balzo quando lesse sullo
schermo
il nome di Zayn.
La chiamata terminò ancor prima che lei
potesse rispondere. Sbuffò, pensando che aveva appena perso
un’altra ottima
occasione, ma dovette ricredersi quando la spia rossa del cellulare
lampeggiò.
Aveva ricevuto un messaggio. Non attese neppure un attimo prima di
aprirlo. Era
Zayn e le chiedeva di raggiungerlo fuori.
Rilesse in apnea oltre una decina di volte
quell’unica semplice riga. Le mani tremavano, sudavano
freddo. Da quando Millie
lo aveva baciato, lo aveva evitato in tutti i modi. Zayn
l’aveva chiamata più
volte, l’aveva cercata per i corridoi, ma eccezion fatta per
il giorno della
partenza di Margaret, non era più riuscito a parlare con lei.
Da un lato Millie sapeva che continuare ad
ignorarlo fosse la cosa più giusta da fare, avrebbe evitato
ad entrambi
discorsi imbarazzanti e una buona dose di delusione, ma
dall’altro era come se
nutrisse ancora della speranza, come se in un piccolo e remoto angolo
del suo
cuore sperasse di poter finalmente chiarire con Zayn.
“Ancora lui?”, il sussurro di sua sorella la
ridestò dai suoi pensieri.
Millie corrugò la fronte, chiedendosi come
Audrey potesse sapere di chi si trattasse. Lei alzò gli
occhi al cielo,
scrollando le spalle.
“Sono giorni che ti cerca”, spiegò con
tono
ovvio, cercando di non farsi notare da Harry e suo padre.
Millie sospirò, il suo viso affranto facevano
chiaramente intuire quanto quella situazione la turbasse.
“Va’ da lui”, le consigliò
Audrey.
Millie si accigliò a quelle parole. Le
immagini di quel bacio ancora la perseguitavano.
“Va’ da lui, prima che papà lo veda qui
fuori
e decida di organizzare una cena anche per lui”,
scherzò seguendo con lo
sguardo quella luce di fari accesi che proveniva dal vialetto.
Le braccia di Millie si piegarono sotto al
seno, in segno di disappunto.
“Lo faccio solo perché voglio risparmiarmi
un’altra serata del genere”, borbottò
mentre si alzava dal divano.
“Vado a buttare la spazzatura”, disse in
direzione del padre, mentre si allontanava sotto lo sguardo compiaciuto
di
Audrey.
“Ciao”, salutò quando finalmente ebbe
raggiunto Zayn all’interno dell’abitacolo della sua
auto.
“Ormai stavo iniziando a darmi per vinto”,
borbottò sarcastico il moro. “Ho parlato con mio
fratello qualche giorno fa”,
iniziò per smorzare la tensione.
Non era un argomento a lui congeniale quello,
ma tutto in quel momento gli appariva meno straziante del silenzio di
Millie.
“Qualunque cosa sia successa tra di voi, credo
che tutti meritino una seconda possibilità”,
asserì.
Zayn strinse forte il volante tra le mani, di
sottecchi osservava Millie farsi sempre più piccola sul
sedile della sua
macchina.
“Non volevo baciarti, l’altro giorno”,
esordì
poi con foga, fissando per la prima volta quella sera i suoi occhi in
quelli
ambrati di Zayn. “Cioè, in realtà io
volevo, ma probabilmente tu no, quindi…”,
farneticò gesticolando nervosamente.
Le labbra di Zayn si piegarono in un ghigno
divertito.
“Smettila di guardarmi cosi”, si lamentò
allora Millie, abbassando il capo in direzione delle sue gambe.
“Credo di
essere già piuttosto a disagio, non c’è
bisogno della tua aria derisoria”,
borbottò in un mormorio.
“Millie, anche io volevo quel bacio”,
confessò
Zayn tutto d’un fiato, destabilizzando completamente la
ragazza.
Schiuse la bocca, sorpresa, mentre il suo
cuore batteva forte. Non aveva mai provato nulla di così
intenso per un
ragazzo.
“Ma ci ho pensato bene”, riprese e a quelle
parole Millie sentì una voragine aprirsi
all’altezza del suo petto.
“E?”, il suo era un sibilo appena udibile.
“E credo che per ora sarebbe meglio concederci
del tempo”, spiegò con le nocche bianche per la
ferrea stretta. “Sono accadute
troppe cose in quest’ultimo periodo.”,
approfondì cercando lo sguardo di
Millie.
In quell’istante desiderò con tutto se stesso
poterle leggere la mente.
“Tu hai la terapia ed io devo fare ordine
nella mia vita”, proseguì con fare incerto.
“Ci sarà tempo per noi, in futuro,
ma per ora sarebbe meglio aspettare”, concluse.
Aveva rimuginato prima di prendere una
decisone. La sola idea di dover allontanare Millie lo turbava, ma
sapeva che
entrambi avevano bisogno di rimettere insieme tutti quei frammenti in
cui le
loro vite si erano sgretolate. Zayn non avrebbe mai potuto aiutarla in
quell’impresa, perché anche lui, per quanto
continuasse a negarlo, necessitava
dell’ausilio di qualcuno. Sapeva che Millie aveva avuto delle
crisi, negli
ultimi giorni, e avrebbe voluto essere più presente, ma
anche lui era intento a
cercare un modo per riscattare se stesso. Con lui ci sarebbe stata la
sua
famiglia, Louis e forse anche Jamal. Millie, invece, avrebbe avuto al
suo
fianco suo padre ed Audrey. Ce l’avrebbero fatta, Zayn ne era
sicuro, ma non
l’avrebbero fatto insieme, perché insieme erano
ancora troppo deboli per
lottare.
Millie annuì. Non le piaceva affatto il
significato di quelle parole, ma era consapevole della loro
veridicità.
“Aspetteremo, allora”, concordò con tono
sommesso. “Aspetteremo”, ripeté, quasi a
voler convincere se stessa.
Millie spostò la mano sulla maniglia che
permetteva l’apertura della portiera, poi si concesse un
ultimo sguardo in
direzione di Zayn ed immediatamente incontrò gli occhi
ambrati del ragazzo.
“Allora ciao”, salutò, accennando ad un
lieve
sorriso.
Zayn si morse il labbro, combattuto. Non
poteva lasciarla andar via così.
“Millie”, sussurrò afferrando la ragazza
per
un braccio, per poi avvicinare i loro volti e baciarla.
L’avrebbe lasciata andare, avrebbe concesso ad
entrambi tutto il tempo di cui avevano bisogno, ma almeno avrebbe
conservato il
ricordo di quella serata, il ricordo di Millie.
Lei ricambiò prontamente il bacio, lasciando
che Zayn potesse approfondirlo. Avevano giocato per mesi, stuzzicandosi
e
lanciandosi occhiate languide e seducenti, ma Millie mai aveva pensato
di poter
desiderare proprio le labbra sottili di Zayn, un giorno, le sue
attenzioni, i
suoi baci, i suoi occhi.
“Ciao Millie”, la salutò, quando il
bacio
terminò.
Millie arrancò un sorriso, poi scese
dall’auto.
Zayn la seguì con lo sguardo, mentre camminava
svelta lungo il vialetto. Si passò una mano sulle labbra,
tastandole. Sorrise
nel constatare che aveva ancora il sapore di Millie addosso.
Charlie se ne stava seduta sul dondolo del
piccolo terrazzo sul retro della casa. Teneva le gambe strette al
petto,
avvolte tra le braccia, mentre con lo sguardo studiava attentamente il
cielo
scuro sopra di lei. La sua mente era affollata da mille pensieri. Da
quando
Margaret era partita l’aveva sentita solo tre volte e le
conversazioni non
erano neppure durate molto. Si erano concentrate principalmente sulla
nuova
città, la casa e qualche persona che Margaret aveva avuto
modo di conoscere. Le
mancava poter chiacchierare con lei come erano solite fare un tempo tra
una
lezione e l’altra. Aveva impiegato pochissimo tempo ad
affezionarsi a quella
ragazza ed ora doveva già fare i conti con la sua assenza.
Sussultò quando percepì il rumore di passi
sempre più vicino.
“Niall”, sussurrò poi, quando riconobbe
la
figura del suo ragazzo a pochi metri da lei.
“Ciao”, salutò lui con un cenno della
mano.
“Tua madre mi ha fatto entrare”, si
giustificò subito dopo, quasi a dover dare
un valido motivo alla sua presenza lì.
“Siediti”, propose allora Charlie, facendo
spazio sul dondolo.
Niall sospirò, mentre si muoveva con passo
stanco fino a raggiungerla.
“Ho saputo che ti hanno presa qui a Londra,
congratulazioni”, esordì forzando un tono
entusiasta.
Charlie sorrise con la testa china e con le
dita della mano sinistra iniziò a giocherellare con una
ciocca di capelli.
“Mia madre non riesce a mantenere un segreto
per neppure dieci secondi”, borbottò.
“Avrei voluto dirtelo io”, spiegò.
“Charlie, io ho bisogno di sapere”,
annunciò
Niall con voce autoritaria.
Era contento per Charlie, lo era davvero, ma
quei dubbi continuavano a logorargli l’animo. La bionda
alzò di scatto il volto
in direzione di Niall, in attesa che continuasse. Lui la
osservò per qualche
istante. Aveva la fronte corrugata e l’espressione
preoccupata. Continuava ad
arrotolare quell’unica ciocca di capelli attorno ad un dito,
mentre con gli
occhi di ghiaccio lo osservava impaziente.
“Riuscirai mai a dimenticare Louis?”, la sua
domanda schietta giunse all’orecchio di Charlie come una lama
affilata.
Sapeva di aver concesso troppe attenzioni a
Louis in quell’ultimo periodo, sapeva di non essersi dedicata
abbastanza a
Niall, di averlo trascurato e, a dirla tutta, si aspettava anche un
discorso
simile da parte del biondo.
“Niall”, iniziò, afferrando una mano del
ragazzo per poi stringerla tra le sue. “So di essere stata
scostante in questi
giorni, ti ho dato mille e più motivi per poter dubitare di
me e dei miei
sentimenti e per un attimo ho tentennato anche io”,
iniziò.
Forse avrebbe potuto omettere quel
particolare, ma con Niall voleva essere sincera, non voleva
nascondergli nulla.
“Ma Louis fa parte del mio passato”,
dichiarò
con lo sguardo perso negli occhi color oceano di Niall. “Ed
in un certo senso
fa parte di me, lo farà sempre”,
confessò con la voce incrinata. “E mi dispiace
se in questi giorni ti ho dato mille motivi per dubitare di me, mi
dispiace
tantissimo”, ammise, con lo sguardo basso.
Niall sorrise a quelle parole, rassegnato.
“Eppure ora l’ho capito ed al momento è
l’unica
cosa certa che so”, annunciò, alzando gli occhi in
direzione di quelli azzurri
e limpidi di Niall.
“Ti amo, ti amo davvero”, confessò con
un filo
di voce, tremante per l’emozione.
Niall sorrise, disarmato davanti alla
sincerità di quella voce e quello sguardo.
“Speravo di sentirtelo dire”, ammise,
sogghignando leggermente in direzione della bionda.
All’improvviso si era sentito più leggero,
felice, senza pensieri. Tutta l’angoscia che per giorni si
era portato dentro
era scomparsa ed il merito era tutto di Charlie.
Niall avvicinò lentamente il suo viso a quello
della ragazza, ammiccando giocosamente in sua direzione.
“Ti amo anche io”, sussurrò sulle sue
labbra,
prima di baciarla.
Louis si strinse nelle spalle per il freddo.
Era da poco passata l’alba quella mattina e l’aria
era ancora gelida e
tagliente, tanto che si ritrovò a sfregarsi le spalle con le
mani nel tentativo
di farsi calore.
“Ehi Louis”, lo chiamò Bree,
raggiungendolo.
Si erano dati appuntamento al parco per
l’occasione. In realtà ormai lo facevano sempre
più spesso, ma quella era
davvero una mattina speciale.
“Hai salutato Liam?”, domandò lui,
osservando
Bree che si lasciava cadere sul prato fresco accanto a lui.
“Sì”, disse soltanto, prima di stendersi
completamente sull’erba. “Credi lo
rivedrò presto?”, chiese dopo qualche
istante, con voce tremante.
I suoi occhi verdi e lucidi vagavano nel
cielo, il suo sguardo assente rispecchiava perfettamente il vuoto che
sentiva
dentro.
“Vuoi la verità, Bree?”, quella di Louis
aveva
tutta l’aria di essere una domanda retorica. “Non
credo proprio”, confessò,
sdraiandosi accanto alla ragazza.
“Siamo nella merda, allora”, commentò
rammaricata, girandosi su un fianco, così da poter
abbracciare l’amico.
E Louis l’avvolse tra le sue braccia. Bree
lasciò sprofondare la sua testa rossa nell’incavo
del collo del ragazzo, mentre
delle lacrime salate le scorrevano lungo le guance.
Liam era partito, Margaret era partita,
Charlie aveva lasciato Niall e Louis non sapeva davvero cosa pensare di
tutta
quella storia.
“’Fanculo, piccola”, imprecò
chissà contro
cosa o chi. “Ci faremo forza a vicenda”,
mormorò poi, stringendo forte Bree
contro il suo petto.
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Angolo Autrice
Buona domenica a tutti!!! Finalmente eccoci con l'ultimo capitolo!!
Allora, che dire, ho pensato di finire la storia così com'era iniziata, con Liam.
Insomma, diciamo che questo non è proprio un lieto fine, fatta eccezione solo per Harry ed Audrey.
Certo, anche a Niall e Charlie va bene, ma non so per quale ragione mi
lasciano l'amaro in bocca. Sarà che c'è sempre Louis di
mezzo.
Finale aperto per Zayn e Millie, che decidono di aspettare, ma anche per Bree e Liam, tra i quali ci si mette la distanza.
Margaret ormai è partita e non compare affatto ed, infine, c'è Louis...
beh, non so proprio che dire su di lui, ma mi piaceva l'idea di un'amicizia tra lui e Bree.
Anyway, anche Liam è in partenza, alla volta degli USA. Ed ho
pensato che chiudere così era un bel modo per chiudere,
perché lasciava aperto quasi tutto...
Okay, non credo che quello che ho appena detto abbia senso, però più o meno era questa l'idea che avevo.
Bene, ora ci tenevo a ringraziare chi ha letto, ricordato, seguito o preferito,
ma soprattutto volevo ringraziare Grauen per il sostegno!!! Grazie mille, davvero!!!*.*
Okay, credo di aver detto tutto!
Alla prossima!:*