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Autore: RandomWriter    29/09/2014    8 recensioni
Si era trasferita con il corpo, ma la sua mente tornava sempre là. Cambiare aria le avrebbe fatto bene, era quello che sentiva ripetere da mesi. E forse avevano ragione. Perchè anche se il dolore a volte tornava, Erin poteva far finta che fosse tutto un sogno, dove lei non esisteva più. Le bastava essere qualcun altro.
"In her shoes" è la storia dai toni rosa e vivaci, che però cela una vena di mistero dietro il passato dei suoi personaggi. Ognuno di essi ha una caratterizzazione compiuta, un suo ruolo ben definito all'interno dell storia che si svilupperà nel corso di numerosi capitoli. Lascio a voi la l'incarico di trovare la pazienza per leggerli. Nel caso decidiate di inoltrarvi in questa attività, non mi rimane che augurarvi: BUONA LETTURA
Genere: Commedia, Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing | Personaggi: Un po' tutti
Note: Missing Moments, OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'In her shoes'
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RIASSUNTO DELLA PUNTATA PRECEDENTE:
 
Dopo aver ricevuto la notizia della partenza di Castiel, Erin promette di non scrivere più al ragazzo, offesa per il suo comportamento.
Nel pomeriggio, Nathaniel ed Iris le fanno una visita a sorpresa durante la quale, accidentalmente, scoprono l’esistenza di Sophia. Complice l’intromissione di Pam, Erin è costretta ad ammettere che Castiel ed Ambra erano già al corrente della sua vicenda familiare e questo fa arrabbiare i due ospiti, specialmente Nathaniel. Il biondo, dopo aver invitato Iris a farsi da parte, sfoga su Erin tutta la sua frustrazione per non poter più accettare di essere messo dopo Castiel, capendo che la ragazza si sta innamorando dell’amico.
Quest’ultima è terribilmente confusa e incapace di giustificarsi o di replicare quando Nathaniel la lascia. Anche Iris è molto amareggiata poiché Erin ha preferito confidarsi con Ambra anziché con lei.
La protagonista allora si isola nella sua stanza, disperata, mentre la zia cerca di consolarla.
Nella notte, i Travis ricevono una sconvolgente chiamata da un ospedale dei dintorni: Sophia è stata ricoverata.

 



 
CAPITOLO 33:
ESITO INELUTTABILE
 
Dopo il suo incidente, Erin si era chiesta più volte cosa avessero provato i suoi genitori quella notte maledetta quando erano stati avvertiti che lei e la sorella erano seriamente ferite.
Ora poteva sentirlo lei stessa sulla sua pelle: il corpo era dominato da tremori incontrollabili, il cuore sembrava spaccarsi per la foga che aveva nel batterle in petto e l’agitazione le aveva reso particolarmente difficili gesti quotidiani come togliersi il pigiama.
Non era certo di ordinaria routine l’irruzione della madre alle tre di notte nella stanza della figlia, urlando disperata:
 
“ERIN SVEGLIATI! SOPHIA HA AVUTO UN INCIDENTE!”
 
Suo padre continuava ad andare su e giù per la casa, ripetendo sempre la stessa frase:
“le ho sempre detto di andare piano!” e se avesse rivolto a lui stesso quella raccomandazione, avrebbe visto lo spigolo del tavolo contro il quale cozzò il proprio alluce.
Un grido di dolore seguito da un’imprecazione si diffusero nella casa ma nessuna delle altre abitanti se ne curò.
Pam aveva assunto il comando della situazione, cercando di calmare la cognata e impartendo ordini alla nipote:
“Erin, tu che sei già pronta, va’ ad aprire il garage. Noi arriviamo subito”
A distanza di meno di dieci minuti dalla fatidica telefonata, i Travis erano in macchina, in direzione dell’ospedale che distava un quarto d’ora.
Quindici minuti e avrebbero rivisto Sophia.
Quindici minuti e forse l’avrebbero vista per l’ultima volta.
 
Stare lì seduta composta nella sala d’attesa di quel piccolo ospedale era troppo per la capacità di sopportazione di Erin. Sua madre e suo padre erano spariti nei corridoi, alla ricerca di informazioni, dopo aver intimato lei e Pam di aspettarli lì.
Aveva sognato troppe volte il momento in cui avrebbe riabbracciato la sorella e mai aveva immaginato che una simile circostanza le avrebbe ricongiunte. Un incidente. Lo stesso fattore che aveva causato la loro separazione.
Grazie alla guida sicura e scattante di Pam erano arrivati in un batter d’occhio in quella struttura ma il panico cresceva più passava il tempo senza avere notizie.
In quel corridoio c’era un silenzio assurdo, interrotto qualche volta dal ciabattare di qualche infermiera o dal suono lontano di un campanello attivatosi in qualche stanza da un paziente bisognoso.
Quella notte tutti quei pensieri che avevano ritardato il sonno di Erin vennero accantonati: non pensò alla rottura da Nathaniel, alla partenza di Castiel, alla delusione di Iris.
C’era solo lei. La sua Sophia.
“se la caverà” mormorò Pam, cercando di risultare convincente, tentativo fallimentare poiché non aveva idea di quale fosse la gravità dell’incidente. Avrebbe potuto dirle qualsiasi cosa: la nipote non le avrebbe dato retta.
“non ne posso più di stare qui ad aspettare!” si spazientì Erin, alzandosi in piedi e cominciando ad avanzare a grandi passi verso il fondo del corridoio in cui aveva visto sparire i genitori.
“siediti, non possiamo fare altro. Ci sono già tua madre e tuo padre a correre su e giù per l’ospedale, noi saremo solo d’intralcio. Vedrai che saranno qui a breve”la richiamò severamente Pam con un tono che era estraneo alla sua natura.
Aveva solo undici anni più della nipote e non si sentiva così forte da poterla sostenere. In quel momento avrebbe voluto avere accanto Jason ma non poteva chiamarlo a quell’ora della notte e pretendere che si mettesse alla guida per lei.
Intrecciò saldamente le dita affusolate con quelle più paffute della nipote, sperando che interpretasse quella morsa come un’affermazione di forza anziché di nervosismo.
Da quando aveva preso la patente, sua nipote Sophia era stata una fonte continua di preoccupazioni per il fratello, a causa della sua tendenza a premere troppo sull’acceleratore.
Dopo l’incidente con la sorella, Pam sperava che la ragazza avesse imparato la lezione e invece, a distanza di più di tre mesi, si trovavano in una situazione analoga, a sperare e pregare che fosse ancora tutta intera.
 
Finalmente sbucarono Peter e Amanda, seguiti da un dottore non molto alto con l’inconfondibile camice bianco. Era una persona piuttosto anziana, con delle rughe marcate e un’espressione terribilmente seria.
Peter si sforzava in tutti i modi di darsi un contegno, sorreggendo le spalle della moglie le cui lacrime sembravano scavare in profondità i segni del tempo lasciati sul suo viso.
Pam e Erin andarono incontro a quel trio, tremando per l’agitazione.
“questa è mia figlia” spiegò sbrigativamente Peter, indicando Erin “e lei è mia sorella” passando a Pam.
Il medico annuì gravemente e alternando lo sguardo tra le due donne, spiegò:
“sono il dottor Hogan…come ho già spiegato ai signori Travis, Sophia è grave, molto grave. Abbiamo riscontrato una piccola lesione nell’atrio destro, tale da compromettere l’efficienza della pompa cardiaca. Il suo cuore non può reggere a lungo-”
“bisogna operare?” lo interruppe Pam.
“è l’unica cosa che possiamo fare, ma purtroppo non è necessariamente una soluzione”
“perchè?” continuò la zia, ripentendo inconsapevolmente le stesse domande che pochi minuti prima il fratello aveva rivolto al chirurgo.
Quest’ultimo sospirò. Erano anni che combatteva con il lato più amaro e oscuro del suo lavoro: la sconfitta dell’uomo dinanzi alla morte. In quei momenti tutta la sua esperienza non avrebbe consentito di nell’alleviare il dolore di quella famiglia.
“in letteratura la percentuale di sopravvivenza per questo genere di interventi è inferiore al 2%”
Pam sbiancò, mentre la cognata cominciò a piangere più forte, nonostante i tentativi del marito di sedarla.
Erin sentì degli artigli affilati come lame strapparle il cuore dal petto per gettarlo in un angolo.   
Ora si l’avrebbe persa. Per sempre. Era quel senso di irreversibilità a sconvolgerla tanto.
La sensazione di abbandono e solitudine che aveva provato quando Sophia era sparita, era nulla se confrontata alla prospettiva di un futuro in cui la gemella non sarebbe mai esistita.
“non c’è davvero nessuno speranza?” non si rassegnò Pam con un’espressione sconvolta “un trapianto di cuore per esempio?” farneticò in preda all’ansia.
Il medico sospirò rassegnato. In quei momenti gli sembrava che l’aspetto cruciale del suo lavoro consistesse nello smentire le speranze delle famiglie:
“non è così semplice trovare un donatore e comunque Sophia non sopravviverà abbastanza a lungo da poterlo aspettare”
“STA DICENDO CHE SOPHIA MORIRÀ IN OGNI CASO?” urlò Erin con il viso stravolto dalle lacrime.
Non riusciva più a mettere a fuoco il profilo del dottore ma in fondo era meglio così, altrimenti le si sarebbe impresso nella memoria come l’uomo che non era riuscito a strappare la sorella dall’abbraccio della morte.
Passarono due infermiere, spingendo un carrello cigolante in acciaio. Le due donne si guardarono in silenzio per poi volgere un’occhiata solidale all’ennesima famiglia distrutta da un incidente.
“cosa ci consiglia di fare?” singhiozzò Amanda disperata e confusa.
“riflettete sul fatto se volete autorizzare l’esecuzione dell’intervento toracico di cui vi ho parlato, aggrappandovi alla misera probabilità di successo. Tuttavia la decisione deve essere effettuata entro 48 massimo 72 ore, poi il danno a livello sistemico renderà inutile qualsiasi terapia chirurgica” replicò il dottore, approfittando della lucidità della donna.
“senza l’intervento, quanti giorni rimangono a Sophia?” indagò Peter, con voce tremante.
“non si può dire a priori con certezza, ma a mio avviso non più di sette. Il cuore si sta affaticando sempre di più e i tessuti riceveranno sempre meno ossigeno. L’area necrotica del tessuto cardiaco si estenderà anche…”
Erin non lo ascoltava più.
Il suo cervello era saturo di informazioni: Sophia sarebbe morta in ogni caso, senza che lei potesse fare nulla.
“possiamo vederla?” tentò Pam, stringendo a sé la nipote accanto a lei. Si era ripromessa che non le avrebbe mai più permesso di precipitare ancora una volta in quell’abisso di disperazione ma in quella terribile circostanza, non sapeva come impedire una simile fatalità.
“la stanno trasferendo in terapia intensiva, tuttavia non possono far entrare più di tre persone” specificò il dottore “vi chiedo solo di aspettare una mezz’oretta che le infermiere finiscano di prepararla e poi vi verranno a chiamare. Nel frattempo signori Travis, so che in questo momento sarà molto dura per voi, ma devo parlarvi nel dettaglio dell’intervento, in modo che possiate fare le vostre valutazioni. In ogni caso, ne riparleremo anche domani mattina, quando sarete più lucidi, ma è fondamentale che cominciate a pensarci sin da ora. Il tempo a nostra disposizione non è molto”
Amanda e Peter annuirono mestamente, seguendo quindi il dottor Hogan nel suo studio, mentre Pam ed Erin si erano rassegnate ad attenderli in quella sala così asettica e fredda.
 
In un momento come quello, neppure Pam sapeva come consolare la nipote: non si trattava più di un battibecco tra adolescenti, si trattava di farle accettare un esito tremendamente ineluttabile.
Nemmeno un’ottimista come lei poteva aggrapparsi ad una percentuale così bassa: meno di due casi su cento sopravvivevano all’intervento a cui sarebbe stata sottoposta la loro Sophia.
La statistica era una scienza infame: significava tutto e niente perché la nipote avrebbe potuto rientrare nell’esigua minoranza che usciva con un cuore pulsante dalla sala operatoria come pure, andare a popolare la schiera degli insuccessi.
 
Erin era a pezzi.
Sophia era una parte di lei e non per quel viscerale legame che gli studiosi attribuiscono alle coppie di gemelli: lei era semplicemente e meravigliosamente sua sorella.
Voleva solo piangere come una bambina, senza ritegno né pudore ma la presenza accanto a sé della zia la frenava, come una diga che centellina l’acqua, lasciandola sgorgare un poco alla volta.
Si alzò in piedi, mormorando che aveva bisogno della toilette. Pam finse di crederle e si limitò a rassicurarla che l’avrebbe attesa lì. In quel momento la nipote aveva bisogno di stare sola e lei si impose di rispettare quella sua volontà.
 
Percorse il lungo corridoio che puzzava di fenolo ed entrò nel bagno delle donne, riservato ai visitatori dell’ospedale.
Erano quasi le quattro di notte o del mattino, lei non avrebbe saputo dirlo con certezza. Per quello che la riguardava il sole poteva anche non sorgere affatto quel giorno, non le avrebbe fatto né caldo né freddo.
Si chiuse la porta alle spalle, sostando davanti ad essa.
Aveva il capo chino, facilitando così le lacrime in caduta libera verso il pavimento. Qualche goccia le cadde anche sulla punta delle scarpe, quelle scarpe che aveva infilato di tutta fretta, allacciandole in malo modo.
Erin si spostò, sbattendo la schiena contro la parete piastrellata e accasciandosi lungo essa.
Voleva urlare a pieni polmoni, imprecare, sfogare tutta la sua disperazione ma quel minimo di razionalità che ancora albergava nella sua mente la tratteneva dal farlo.
“perché… perché...” continuava a mormorare tra un singhiozzo e l’altro.
Doveva prepararsi dire addio a Sophia, la sua prima amica, il fulcro di tutte le sue certezze.
Quella metà di lei necessaria per definire per antitesi se stessa. Se veniva cancellata la gemella, punto di riferimento per ogni confronto, sentiva che si sarebbe persa anche lei.
Le lacrime non accennavano a scemare e continuavano a irrompere con la foga di una cascata.
I singhiozzi, a lungo trattenuti, divennero incontrollabili ma non si vergognò dell’eventualità che qualcuno li sentisse.
Ripeteva sommessamente quel nome, come una mantra, ma più lo pronunciava e più lo sentiva svanire, come una goccia d’acqua che evapora lentamente ma ineluttabilmente.

 
 

Il dottore Hogan fece accomodare i coniugi Travis sulle sedie posizionate davanti alla sua scrivania, mentre recuperava un fazzoletto di carta dal cassetto. Lo porse ad Amanda che gli rispose con un cenno di gratitudine e cominciò:
“purtroppo signori Travis il mio lavoro mi impone di essere franco e parlare senza mezzi termini: non possiamo indugiare in situazioni come questa. Procederò quindi a spiegarvi i dettagli dell’intervento in modo che possiate decidere se autorizzarlo o meno. Se non avete chiaro qualcosa, vi prego di interrompermi”
Peter annuì gravemente, mentre la moglie continuava a singhiozzare.
Il dottor Hogan recuperò da un cassetto sotto la scrivania, una scheda plasticata con il disegno anatomico di un cuore. Teneva quel genere di fogli proprio per le terribili evenienze come quella che si era verificata quella notte:
“questo è l’atrio destro, una delle quattro camere del cuore umano. La parete di questo spazio, nel caso di vostra figlia, ha subito una lesione in questo punto” precisò indicando con la penna un punto specifico “anche se la lesione non è profonda, è in un punto troppo cruciale. Il sangue infatti, per poter fluire in circolo, deve essere mantenuto sotto pressione all’interno della rete vasale… mi segue?” si interruppe, guardando incerto Peter.
L’uomo annuì e il medico proseguì:
“il cuore di sua figlia però,  a seguito di questo danno, non sta lavorando al massimo dell’efficienza, anzi si sta lentamente ma inesorabilmente sovraccaricando. In altre parole la muscolatura cardiaca deve contrarsi con una forza maggiore rispetto a quella normale, in modo da compensare la perdita di pressione provocata dalla lesione. La conseguenza di tutto questo, come le accennavo prima, è che progressivamente il cuore si affaticherà al punto da non poter più irrorare adeguatamente i tessuti e con essi, tutti gli organi vitali. Il primo che risentirà gli effetti del malfunzionamento della pompa cardiaca sarà il cervello e a quel punto, Sophia entrerà in coma vegetativo. Nel frattempo i tessuti sempre più carenti di ossigeno e nutrienti cominceranno a morire. Vostra figlia si spegnerà lentamente, come una candela che non ha abbastanza cera”
Il medico non aggiunse altro, consapevole di aver bombardato di informazioni quei due poveri genitori che cercavano disperatamente di farsi forza.
“e l’intervento?”
Quella domanda, pronunciata con voce incrinata, era venuta dalla donna seduta davanti a lui.
Il medico fissò quella figura incurvata che quasi non osava guardarlo. Il fazzoletto che le aveva allungato era ormai impregnato di lacrime e disperazione che avevano stravolto un volto altrimenti dolce e solare.
“l’intervento consiste nel suturare la lesione” le spiegò il dottor Hogan, sperando che riuscisse davvero ad ascoltarlo “concettualmente non c’è molto da capire anche se in un secondo momento provvederò ad illustrarvi i dettagli tecnici di tale operazione. Intanto, ai fini di prendere una decisione, ciò che dovete sapere è la probabilità di successo. Se facciamo riferimento alla letteratura medica, andando quindi a stimare la percentuale di successi sul totale di interventi eseguiti, in operazioni come questa la sopravvivenza del paziente non supera il 2%, come vi dicevo prima”
“quanto possiamo fidarci di questo numero dottore?” sbottò Peter, deglutendo a fatica.
“è solo un valore indicativo signor Travis… racchiude casistiche molto diverse, dalle più disperate e quelle più lievi. Nel caso di Sophia si tratta di una lesione meno seria rispetto ad altre verificatesi in circostanze analoghe, ma rimane il fatto che stiamo parlando di un intervento a cuore aperto. Il rischio che non ce la faccia rimane altissimo”
Peter si accasciò pesantemente contro lo schienale della sedia.
“quindi, dovremo scegliere se rischiare il tutto per tutto con un intervento che, con ogni probabilità ci strapperà via nostra figlia oppure decidere di lasciarla vivere qualche giorno in più senza tentare nulla”
Il dottor Hogan annuì gravemente.
“un intervento del genere comunque non possiamo certo eseguirlo qui, non siamo attrezzati. Questo è un piccolo ospedale e poi è necessario un cardiochirurgo. Sophia dovrebbe quindi venir trasferita all’ospedale di Allentown”
“è la nostra città”
“bene. In tal caso provvederò io stesso a mettermi in contatto con il primario della struttura. Sentiremo anche la sua opinione”
“e se ci rifiutassimo di autorizzare l’operazione?”
La voce bassa di Amanda sconvolse il marito che si voltò di scatto verso quella figura così fragile.
Stava per replicare, ma il dottor Hogan lo precedette:
“in tal caso signora, ritengo inutile spostare Sophia da qui”
“per morire un posto vale l’altro giusto?” commentò amaramente la donna alzandosi barcollando.
Peter scattò in piedi ma non trovò la forza per rimproverare la moglie per l’amarezza di quella frase. L’aveva sempre considerata il pilastro di marmo della sua vita, il suo sostegno inossidabile… ora invece vedeva che quel materiale così solido e di cui aveva sempre ricercato l’appoggio, era fragile come la terracotta.
 
Erin non sarebbe riuscita a fornire una stima del tempo che aveva trascorso accucciata sul pavimento freddo di quel bagno. Sapeva solo che doveva alzarsi per poter vedere finalmente la sorella, almeno finché ne aveva la possibilità.
Entrò in una delle toilette e recuperò un pezzo d carta igienica dalla cui estremità strappò un paio di pezzi; se li passò sul viso, cercando di prosciugare ciò che rimaneva delle lacrime salate che le avevano seccato le guance e gli occhi.
Si guardò allo specchio e vide riflesso un inquietante volto apatico: aveva gli occhi terribilmente arrossati, i capelli in disordine e il solco dove le labbra si appoggiavano l’una sull’altra tracciava una linea retta.
Niente di quel viso poteva ricollegarsi a quello allegro di Sophia, eppure Erin sapeva che, ogni volta che avrebbe visto la propria immagine, avrebbe pensato alla gemella.
Il ricordo della sorella l’avrebbe perseguitata per sempre.
Non avrebbe mai potuto dimenticare i suoi occhi verde bosco, il naso un po’ a patatina, i capelli color mogano o le lunghe ciglia perché li avrebbe sempre ritrovati nel riflesso di se stessa.
Questa volta non le sarebbe bastato tornare a fingere di essere lei perché aveva spezzato l’illusione di quel rassicurante inganno già da molto tempo.
L’unica cosa che lo specchio non avrebbe mai potuto restituirle, era il sorriso spontaneo della sorella perché Erin sentiva di aver perso per sempre la voglia di imitarlo.
 
Sentì vibrare il cellulare e lo estrasse lentamente.
Sul display comparve un messaggio da parte della sua compagnia telefonica:
“Fortunato cliente, per lei 1 GB di navigazione a 4 $ al mese. Chiami il 43060 per ulteriori informazioni”
Ripose il telefono in tasca, senza chiudere la finestra degli sms.
Per un attimo aveva sperato che fosse lui.
In quel momento, chiusa in quel bagno in solitudine, non le interessò chiedersi il perché dopo aver sentito la vibrazione, avesse pensato a Castiel. Avesse sperato fosse Castiel.
Sentiva che solo lui avrebbe potuto consolarla, esserle di sostegno o se non altro, sapeva che quella dell’amico era l’unica presenza che riusciva ad accettare.
Meno di ventiquattrore prima aveva fatto una promessa a Lysandre ma era già disposta a dimenticarla; attivò il traffico dati e, non appena vide il simbolo che la connessione al web era attiva, aprì la sua casella di posta.

 
A: castiel.black11@gmail.com
OGGETTO: nessun oggetto
 
Sophia ha avuto un incidente.
Il medico ha detto che non ce la farà poiché l’intervento al cuore è troppo rischioso.
Vorrei solo che tu fossi qui, anche senza dire una parola.
In questo momento sei l’unica spalla su cui vorrei piangere.
 
Erin
 

 
 
 
 
  
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