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Autore: GirlWithChakram    05/10/2014    5 recensioni
Cinque amici, compagni di liceo, alle prese con l'ultima vacanza insieme; un viaggio in Europa nel magico paesaggio della Spagna del nord; lo zampino del destino, che sa sempre come far incontrare le anime destinate a stare insieme.
"... E allora pensai che quella sarebbe rimasta nella mia memoria come la peggior vacanza di sempre."
Genere: Commedia, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: FemSlash | Personaggi: Brittany Pierce, Santana Lopez, Un po' tutti | Coppie: Brittany/Santana
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
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                                                                                          Brittany                            
To you, if you have stuck with Harry until the very end.
 

 
CAPITOLO XIII: Valerie
 
Restammo in silenzio per tutta la notte, ascoltando l’una il respiro dell’altra. Eravamo rannicchiate sul letto di Puck, ancora strette nell’abbraccio, quando mi risvegliai.
«Sei qui» bisbigliai, vedendola sveglia.
«Perché, avevi qualche dubbio?» domandò con un sorriso.
«Onestamente sì. Non avevo solide basi su cui poggiare la mia fiducia.»
«La smetterai mai con i commenti acidi?» mi chiese lanciandomi uno sguardo di rimprovero.
«Solo dopo che mi avrai spiegato perché te ne sei andata così, nonostante mi avessi promesso di non dirmi addio.»
«Se vuoi» disse stringendomi più forte «Ora ho tempo di raccontarti la storia.»
«Puoi provarci, ma non credere che ti sarà così facile sistemare tutto» commentai «Ci vorrà ben più di qualche spiegazione e una canzone per farmi tornare da te.»
«Lasciami cominciare…»
«Puoi saltare la parte della sportiva sabotatrice e super competitiva, Quinn me ne ha già parlato. Ah, anche del tuo “voglio una storia seria, ne ho abbastanza di spezzare cuori a destra e a manca”.»
Santana boccheggiò.
«Direi che puoi partire dal momento in cui mi hai cantato quella canzone, quella con l’arpeggio.»
«Intendi “Mine”?»
«Sì, quella. Quando hai finito di cantarla, ho notato qualcosa nei tuoi occhi, qualcosa di nuovo che tu cercavi di sopprimere. Voglio che inizi da lì.»
«Mi spiace, ma dovrò cominciare da molto prima» mi informò «Dal momento in cui, mentre facevo in pace un po’ di surf, ho visto due turiste spaesate cercare di ricavare informazioni da un povero negoziante. Mi sono avvicinata per aiutarle e ho subito riconosciuto una mia collega del comitato sportivo.»
«Hai capito chi fosse Quinn?»
«Una faccia da Barbie come la sua raramente la si dimentica. Comunque, scoprii che alloggiavano nel mio stesso complesso e vidi subito un’occasione per provare a conquistare qualche altra fanciulla ingenua. Non potevo essere più in errore. Dopo appena una sera passata a flirtare con lei ne ero già presa irrimediabilmente, come mai mi era capitato prima.»
«Quante lusinghe…»
Lei mi guardò storto, poi riprese: «Ho continuato a giocare col fuoco, certa di poter ritirare la mano prima di bruciarmi. Quando ho trovato la forza di confessare a me stessa che mi ero innamorata, ormai eravamo andate troppo oltre e ho reagito nella maniera più semplice: ho voluto sopprimere tutto e sono scappata.»
«Quella parte me la ricordo bene.»
«Le ho lasciato un messaggio, un bigliettino anonimo e crudele ancorato alla prima cosa che mi è capitata sotto gli occhi, volevo che sapesse dove stavo andando, nel caso decidesse di cercarmi.»
«Mi hai lasciato il trofeo perché inconsapevolmente volevi che ti seguissi lungo tutte le coste del mondo?»
Non mi rispose direttamente, ma continuò il suo racconto. «Mi sono pentita di quella scelta nell’istante in cui ho ripensato ai suoi occhi, così puri, sinceri, pieni di speranza e fiducia, fiducia che avevo tradito per codardia. Ho scelto di tornare indietro, di provare a salvare il salvabile, ma quando ho incrociato il suo sguardo vi ho letto solo odio e dolore. Le sue iridi, che fino ad allora ricordavo limpide come il cielo d’estate, si erano velate di nubi di disprezzo, che mi hanno spinto di nuovo verso il piano originale. Sono partita, lasciandomi tutto alle spalle. Ho vissuto godendomi la libertà che avevo desiderato per una vita intera, cercando la pace tra le onde che per me erano sempre state come una seconda casa. Avevo tutto ciò che desideravo: notorietà, soldi, la possibilità di vedere il mondo, ma c’era qualcosa che mi mancava. Ho cominciato ad essere distratta e assente, neppure la tavola da surf riusciva a colmare il vuoto che si stava facendo largo nel mio cuore.»
«San…» mormorai.
«Sono tornata indietro ancora una volta, anche se la verità è che non me ne sarei mai dovuta andare. Ho rinunciato ad un sogno che non era più mio, ma quello di una bambina spaventata che si sentiva in colpa nei confronti della sua mentore. Avevo scelto la via della tavola perché mi ricordava mia nonna, eppure ogni giorno avevo tradito la sua memoria ignorando il suo più importante insegnamento: “seguire sempre il cuore”. Sono tornata indietro perché dovevo una spiegazione a quella ragazza, volevo che sapesse tutta la verità, che avesse la possibilità di picchiarmi ed insultarmi di persona. La donna che sono diventata aveva trovato un nuovo sogno.»
«Stai cercando di dirmi qualcosa?»
«So quanto apprezzerai questa citazione: “tu sei il mio nuovo sogno”. E so che sei andata avanti con la tua vita, ora stai a New York e magari hai già trovato un’altra e non ti importa più nulla di me…»
Scossi leggermente la testa. «Sei proprio una pessima bugiarda. Scommetto che ti sei fatta dire ogni cosa da Puck, sai benissimo che non c’è nessun’altra e che ci tengo ancora a te.»
L’ispanica ridacchiò.
«Quindi mi hai lasciato Valerie perché…?» ripresi.
«Per dimostrarti le mie intenzioni. Il surf d’ora in poi sarà per me un bel passatempo da fare nelle giornate d’estate mentre tu starai spaparanza a guardarmi da sotto l’ombrellone.»
«Sei sicura di resistere al richiamo dell’oceano?»
«Ho cercato le risposte della vita in tutti i mari conosciuti, ma la verità è che l’unico mare di cui avevo bisogno era quello nei tuoi occhi» mi rispose dolcemente.
«E questa frase da quale commedia romantica l’hai rubata?»
«Da nessuna» mi assicurò «È tutta farina del mio sacco!»
«Sei molto dolce San, ma non penso che basti… Mi hai davvero spezzato il cuore e non so se rivederti una volta ogni tanto basterà per recuperare quello che abbiamo perso.»
«Ho fatto domanda a Yale. Il prossimo anno inizierò a studiare legge per diventare avvocato, perché in fondo se c’è una cosa in cui me la cavo, oltre domare le onde, è dimostrare agli altri che ho ragione. Dunque, quando tu sarai a NY, io sarò abbastanza vicina.»
«Andrai a studiare a Yale?» chiesi sorpresa.
«Già, spero che a Quinn non dispiaccia avermi tra i piedi.»
«E cosa fari fino a Settembre?»
«Beh, pensavo di recuperare con lo studio, seguendo qualche corso come uditrice e preparando un paio di esami per conto mio.»
«Ma fai sul serio? Non scomparirai all’improvviso dopo avermi cantato una canzoncina?» la rimbeccai ancora.
«Forse le cose sarebbero andate diversamente se tu avessi tenuto la bocca chiusa dopo la mia ninnananna» disse, sciogliendosi dall’abbraccio.
«Oh… Quello…» borbottai colta dall’imbarazzo.
«Senti, Britt, abbiamo perso tanti mesi e me ne accollo la responsabilità, ma devi ammettere che la tua frase avrebbe allontanato chiunque dopo appena due settimane.»
«Ma era quello che sentivo in quel momento» mi difesi.
«Lo so e la cosa peggiore è che avrei tanto voluto trovare il coraggio di darti la risposta che volevi, ma…»
«La paura ha avuto la meglio, l’ho capito. In fondo, forse, è stato meglio così…»
«Quindi è tutto risolto?» domandò speranzosa.
«Non ho detto questo. Dovrai riconquistarti la mia fiducia» la stuzzicai.
«È proprio quello che desidero. Avrò la possibilità di innamorarmi di te, di nuovo.»
«Posso riprendere possesso della mia stanza?» ci interruppe una voce «Devo bruciare solo le lenzuola o vi siete date da fare anche altrove?»
«Sei il solito porco, Spazzolone» gli rispose Santana.
«Hai ben poco da offendere, signorinella. Per caso ti sei dimenticata chi ti ha ospitato per le ultime tre settimane?»
«Chiedo venia, messere, ma la vostra carenza di tatto mi ha portato a sragionare» replicò.
«Così va meglio… Spero comunque che abbiate chiarito, almeno in parte.»
«Per ora» dissi alzandomi «Io so solo che c’è un’affascinante ispanica in città che uno di questi giorni potrebbe invitarmi ad uscire…»
Gli occhi di San brillarono e il suo viso fu invaso da un sorriso luminoso.
«Ho sempre saputo che tra voi due sarebbe finita così» ci confidò l’ebreo «Non sono un esperto di lieti fini, ma su di voi scommetterei ancora cento volte.»
 
Da quel giorno la mia vita cambiò ancora una volta. Io e Santana recuperammo a poco a poco il nostro rapporto, ricominciando da zero per la seconda volta. Gli altri furono molto contenti della cosa e il gruppo fu finalmente riunito.
Quando tornai a New York per la fine del semestre, la latina seguì Quinn a Yale per “familiarizzare con l’ambiente”, ma la verità era che poteva trovare qualsiasi patetica scusa per venire a trovarmi. Per quanto mi fossi imposta di fare la preziosa, dopo un mese di corteggiamento cedetti alle sue avances e tornai ad avere un ragazza.
Il nostro rapporto andò sempre più rafforzandosi, vivemmo tante nuove esperienze insieme e raggiungemmo tanti traguardi, sempre fianco a fianco. Affrontammo anche momenti difficili, crisi e litigi, trovando comunque la forza di superare tutto.
Non scorderò mai il suo primo “ti amo” sussurrato un pomeriggio, mentre guardavamo l’ennesimo film fantasy sul divano. Mi aveva colto alla sprovvista, come solo lei poteva fare e quella volta la risposta non era stato un ingombrante silenzio, ma la mia risposta gemella seguita da caldi baci appassionati.
Il tempo sembrò volare via come i fogli da un calendario.
Santana andò a Yale, Sam si dedicò interamente al surf e Blaine si trasferì con noi a New York per studiare letteratura. Perdemmo tutti un po’ i contatti con Puck, impegnato a diventare un soldato modello, mentre Finn proseguiva gli studi per diventare insegnante.
Diventammo adulti in un lampo, quasi non me ne resi conto.
Io ottenni la mia laurea alla Julliard, così come Quinn e San ottennero le loro a Yale, Rachel e Kurt alla NYADA e Blaine alla NYU. Finn divenne insegnante, come tutti ci aspettavamo, e, dopo un lungo periodo come supplente, riuscì ad ottenere il posto che gli spettava di diritto: quello di professore al McKinley.
Hummel e la Berry, falliti i loro sogni di Broadway, tornarono con me a Lima, dove aprimmo una scuola di danza e canto coreografato. Non era un business molto redditizio, ma serviva a rendermi felice. Santana, ovviamente, tornò in Ohio con me, facendosi assumere dallo studio legale affiliato con l’ospedale in cui operava suo padre. Anche Quinn rientrò all’ovile dopo l’esperienza del college, saltando dalla direzione di una ditta ad un’altra, fino ad ottenere un posto di prestigio che le avrebbe garantito un’ottima rendita.
Anderson trovò posto nella redazione di un giornale newyorkese, ma, non riuscendo a stare lontano da Kurt, dopo appena un anno decise di ricongiungersi a noi altri a Lima.
Di Sam venimmo a sapere che durante una gara era stato notato da un regista in cerca di volti nuovi per la televisione e così aveva finito per fare l’attore.
Noah aveva continuato a fare carriera nell’esercito e non mancava mai di fare ogni tanto un salto a casa per salutare.
Cercammo di mantenere viva la famosa Bella Notte, per avere un’occasione di rincontrarci per chiacchierare e darci all’alcool.
Cinque anni dopo la fatidica estate arrivò la notizia che tutti aspettavamo: Rachel e Finn avevano deciso di fare il grande passo. Purtroppo la loro non si rivelò la gioiosa scelta sperata. Litigarono spesso, portando il loro rapporto a sfidare i limiti dell’impossibile. Dopo mesi di difficile convivenza, Rach decise di ritentare fortuna nella Grande Mela, riuscendo, questa volta, a farsi notare e ad ottenere qualche ruolo di spicco. Grazie alla lontananza, la relazione con il marito migliorò incredibilmente, riportandoli ad uno stato di quiete.
A meno di un anno di distanza anche Kurt e Blaine intrapresero la via coniugale, con i migliori auguri di tutti noi.
Un’altra sconvolgente notizia arrivò il giorno del Ringraziamento dell’anno successivo. Eravamo stati invitati tutti a cena in casa Fabray. Sam era riuscito a sfuggire al set della serie tv che stava girando, Blaine, che lavorava in ufficio di giorno e faceva lo scrittore di notte, e il marito avevano rinunciato ad un viaggio in Australia per poter essere presenti. Santana ed io non potevamo, ovviamente, mancare. Rachel e Finn, che in quel periodo erano ai ferri corti, avevano comunque voluto presenziare. Nessuno di noi si sarebbe perso quel momento epico per nulla al mondo.
Eravamo ormai seduti a tavola, quando suonò il campanello.
La padrona di casa fece per andare ad aprire, ma io la fermai.
«Non preoccuparti, Q. Vado io.»
Mi diressi all’entrata e feci spazio per l’ultimo arrivato.
Non ci diede neppure il tempo di salutarlo. Puck si gettò ai piedi di Quinn con una scatolina di velluto in mano.
«Quinn» esordì «So che abbiamo ripreso a frequentarci da pochi mesi, dopo non esserci praticamente mai visti nel corso di questi sei anni. So anche che tu sei stata sul punto di fare questa stupidata altre due volte, ma all’ultimo momento hai rinunciato, piantando in asso persone migliori di me, ma io non posso vivere senza chiedertelo.»
La bionda non ebbe neppure tempo di aprire bocca che l’ebreo fece la fatidica domanda: «Quinn Lucille Fabray, vuoi concedermi l’onore di provare a portarti all’altare prima che tu fugga?»
Noi altri ci sciogliemmo in mille moine mentre lei, tra le lacrime, sussurrava un “sì”. La loro era certamente stata la storia più travagliata, ma proprio per questo ero certa che ce l’avrebbero fatta. Alla fine, nelle altre relazioni avute negli anni, non avevano fatto altro che cercare l’uno il ricordo dell’altra, quindi quello era l’unico finale possibile.
Si sposarono in Giugno e organizzarono il viaggio di nozze in Spagna per il mese successivo, invitandoci ad accompagnarli, per rievocare quello che era accaduto la bellezza di sette anni prima.
Provammo a prenotare al Kursaal Hotel, ma scoprimmo, con estremo cordoglio, che aveva dovuto chiudere, così ripiegammo su un’alternativa non altrettanto evocativa.
«E pensare che, ancora una volta, festeggeremo nella città con il nome di un tuo ex» si lamentò Kurt.
«Quante volte dovrò ripeterti che io e Sebastian non siamo stati insieme?» gli rispose il marito.
«Signori» intervenne Sam, con la sua solita flemma «Non vorrete rovinare il momento speciale dei nostri amici! Vedete di comportarvi bene. E comunque io sono l’unico in diritto di muovere lamentele, visto che siete tutti accoppiati e io sono da solo.»
«E osi protestare?» si intromise Noah «Sbaglio o ci sono un mucchio di ragazzine che sbavano dietro al tuo personaggio di surfista?»
«Ancora mi devi spiegare come uno scarsone come te sia riuscito ad ottenere un simile ruolo» brontolò Santana «Ci sono atleti migliori e attori più belli di te.»
«Stai per caso insinuando che una bella ispanica dai capelli neri e le forme provocanti sarebbe una scelta più furba?» la punzecchiò il biondo.
«Senza dubbio» rispose lei con uno sbuffo.
La vacanza sarebbe durata una settimana e avevamo fatto in modo che la Bella Notte cadesse proprio in quel lasso di tempo, ma lo realizzai quando ormai il piano era stato pensato e messo in atto.
Come potevo sapere che San e Puck non avrebbero rinunciato alle loro macchinazioni neppure in quell’occasione?
Mi svegliai la sera del 10 Luglio dopo un prolungato pisolino pomeridiano, trovando, con somma disapprovazione, l’altro lato del letto vuoto. Quando vidi il biglietto sul comodino rischiai l’infarto, certa che avesse deciso di scappare un’altra volta.
Vieni a fare merenda.
Lo trovai strano come messaggio, perché quella non era certo l’ora più idonea per uno spuntino. Scesi nella hall dell’albergo facendomi indicare il locale per i pasti, ma lo trovai deserto. Provai a bussare alle camere degli altri, ma un inserviente mi disse che “i signori erano tutti usciti”, senza lasciare detto nulla per la sottoscritta.
Ero contrariata, non era stata solo Santana ad abbandonarmi, bensì l’intera compagnia!
Cercai di spremere le meningi e ancora una volta venne in mio aiuto la saccente voce della mia Coscienza. “Non puoi davvero essere così ingenua! Forza Brittany, pensa… Dove potresti trovare uno spuntino con un valore simbolico?”
“Stai per caso facendo riferimento ai churros? Dici che devo andare in spiaggia a quel maledetto chiosco?”
“Ovvio!”
Mi diressi fuori di buon passo, senza quasi rendermi conto della lieve pioggia che cadeva. Quella non era cambiata. Tempo di arrivare in spiaggia e si era trasformata in un vero e proprio acquazzone.
La baia era disabitata, come la prima volta che l’avevo vista. Mi sorpresi nel vedere il baracchino dei dolci ancora aperto, nonostante i sette anni trascorsi.
Mi avvicinai e notai che l’uomo dietro al bancone non era lo stesso, ma aveva comunque un’aria familiare.
«Cominciavo a pensare che non saresti arrivata» mi apostrofò, levando il viso così che lo potessi osservare: Noah Puckerman con un paio di finti baffi e un ridicolo accento spagnolo mi fissava con aria eloquente.
«Puck, ma che diavolo succede?» cercai di capire.
«Vedrai che a tempo debito capirai… Anche se sei sempre stata dura di comprendonio.»
«Noah, sta diluviando! Non ho tempo per i giochetti! Mi prenderò una polmonite!» sbottai.
«Non fare la guastafeste come Schuester…» cominciò l’ebreo.
«Non tirare in ballo Mr. Schue!» scattò Finn, comparendo alle spalle dell’amico «Potrà anche essere esasperante a volte e un pelino soporifero, ma è pur sempre il professore migliore mai avuto al McKinley» concluse come ogni volta, aggiungendo: «Ultimamente ho sentito un mio studente dire una frase simile con “Mr. Hudson”, direi che ho fatto bene il mio lavoro.»
«Questo ancora non spiega il perché siete qui, travestiti da vendi-churros» commentai.
«Su, non hai capito che questo è un altro dei miei brillanti piani? Solo che questa volta ho fatto le cose più in grande» mi spiegò Puck.
«E adesso cosa dovrei fare secondo il tuo ingegnoso programma?»
«Credo sia ora di cena, non ti pare? Vogliamo andare?» mi disse Noah, prendendomi sottobraccio.
Così, tutti e tre ci dirigemmo verso un luogo che ben conoscevo.
«Come può essere aperto dopo tutto questo tempo?» chiesi quando arrivammo davanti al “Bar Alex”.
«La guida lo diceva che era il posto migliore dove mangiare i pintxos, non lo avrebbero mai chiuso» mi sorprese la voce di Rachel.
«Allora, entriamo a mangiare?» si aggiunse la Fabray.
«Certo e vediamo di muoverci, se no non staremo nei tempi» concluse suo marito, spingendoci tutti dentro il ristorante.
Nonostante gli anni passati, il cibo era rimasto eccellente, anche se mi mancò il cameriere sorridente e il simpatico cuoco, ma non potevo certo aspettarmi che fossero ancora lì.
Concluso il pasto, immaginai quale potesse essere la nostra meta successiva.
“La oca loca” aveva cambiato nome in “La vida loca”, nome decisamente meno originale, ma era rimasto un locale karaoke. Là, come la prima sera in Spagna, trovai il trio maschile del Morgenstern.
«Qualcuno mi spiega qual è il senso di tutto questo?» domandai esasperata.
«Su, non lo hai ancora capito?» mi disse Blaine «Mi sembri tonta come Ron!»
«Miseriaccia» risposi «Non ti permetto di offendermi così… Se mi aveste fornito una pista di ragni o di farfalle magari ci sarei arrivata.»
«Lasciamola ancora nella sua ignoranza e portiamola all’ultima tappa, perché da sola non ci arriverebbe mai» sbuffò sconfortato Finn.
Mi trascinarono fino ad un furgone, come quello del Babbo Natale spagnolo che ci aveva salvato dal restare bloccati al lunapark del Monte Igueldo.
«Oh, no…» cominciai a realizzare quando mi fu chiara la nostra meta.
«Evviva!» esultarono tutti in coro, poi iniziarono ad intonare l’inno della giornata.
Oh, this is the night, it’s a beautiful night
And we call it Bella Notte
Look at the skies, they have stars in their eyes
On this lovely Bella Notte
Entrai praticamente in trance, sopraffatta da quello che sapevo sarebbe accaduto da lì a poco. I miei amici mi scarrozzarono fino al piazzale sulla cima del monte, invitandomi ad andare al punto panoramico.
Camminai con calma, come avevo fatto la prima volta, senza neppure rendermi conto che le nuvole e la pioggia avevano ceduto il posto a stralci di limpido cielo stellato.
Lei era lì, nello stesso punto dove avevamo scambiato il primo vero bacio e dove poi mi aveva chiesto di essere la sua ragazza. Conservavo ancora quel ciondolo, riposto al sicuro in cassaforte vicino ai gioielli di famiglia.
«Questo è un po’ il nostro posto speciale» mi disse, fissando l’oceano «Ogni volta che siamo qui i problemi e le incomprensioni sembrano annegare tra le onde, lasciandoci libere di essere davvero felici.»
Mi portai al suo fianco, lasciando vagare lo sguardo tra i flutti. «È per questo che hai scelto questo luogo e questo momento?» domandai, pur sapendo la risposta.
«Mi concedi di dedicarti una canzone?» mi sorprese.
«Purchè tu non lo faccia per lasciarmi…»
Ridacchiò, prima di cominciare a cantare.
For you, there’ll be no more crying
For you, the sun will be shining
And I feel that when I’m with you
It’s alright, I know it’s right
And the songbirds are singing
Like they know the score
And I love, I love you, I love you
Like never before
And I wish you all the love in the world
But most of all, I wish it from myself
And the songbirds keep singing
Like they know the score
And I love you, I love you, I love you
Like never before, like never before
Like never before
«Questa mi piace decisamente più di “Mine”» commentai, cercando i suoi occhi.
«Britt» disse fissandomi con le sue bellissime iridi scure «A volte neppure con il canto sono in grado di esprimere tutto l’amore che provo per te, ma forse non è con le parole che dovrei provare a spiegarmi.»
Si inginocchiò e come ogni volta, nonostante in quel caso avessi capito benissimo cosa aveva intenzione di fare, il mio cuore mancò un battito per la sorpresa.
«Brittany, sei stata tanto coraggiosa da sopportarmi per sette lunghi anni, con alti e bassi, certo, ma non hai mai provato a fuggire. Tu mi infondi coraggio, mi doni speranza e ogni volta che mi permetti di amarti mi sembra di ricevere il più bello dei regali possibili. Perdermi nei tuoi occhi mi fa dimenticare ogni problema e ogni preoccupazione, perché finché ti avrò al mio fianco sono certa che tutto si sistemerà.»
Sentii le lacrime pungermi agli angoli degli occhi.
«Per questi e mille altri motivi non posso più aspettare, per cui riprenderò la formula più classica: Brittany Susan Pierce» continuò porgendomi una scatolina «Vuoi diventare mia moglie?»
Quello fu un altro dei momenti in cui il mio cervello si scollegò completamente. «Sì, Santana, è tutto quello che ho sempre desiderato» urlai, gettandomi su di lei.
Rotolammo a terra e la strinsi forte.
«Britt, per le mutande di Merlino! Mi hai fatto cadere l’anello!» gridò preoccupata.
Passammo i successivi dieci minuti a cercare il sacro gioiello e quando finalmente me lo mise al dito potei riprendere quello che l’allarme aveva interrotto.
La baciai come se fosse ancora la prima volta.
Non potevo credere a quanto fossi fortunata. Lei mi aveva appena chiesto di essere sua per sempre e io non potevo desiderare nulla di più, perché lei era perfetta, migliore di qualsiasi fantasia. Era reale.
Ed era mia, mia soltanto.
 
***
 
«E questa» concludo con la mia consueta enfasi «È la storia di come ho conosciuto tua madre e di come abbiamo affrontato la vita insieme.»
Uno, due, tre.
Conto sempre i secondi che lascia passare prima di rispondermi, sempre con la stessa frase.
«Questa è la storia di come mi abbiate dato il nome di una tavola surf» borbotta la bambina sotto le coperte, mettendo un adorabile broncio.
«Sai bene che è molto più di questo» la riprendo, addolcendo le parole con un sorriso.
«Ma, mami…» prova a lamentarsi ancora.
«Valerie Luna Lopez-Pierce» la interrompe una voce dalla stanza vicina «Quante volte ti abbiamo detto che, finita la storia della buonanotte, devi chiudere gli occhi e dormire?»
«Mamma San, io però non ho ancora sonno!» contesta la piccola.
La latina fa la sua entrata con estrema grazia. Nonostante il passare del tempo continua ad essere bellissima come il giorno in cui l’ho incontrata.
«Allora, possiamo trovare un compromesso» dice, sedendosi al mio fianco a bordo del letto «Ti canto una ninnananna, ma poi prometti di fare la brava, d’accordo?»
Val annuisce e Santana inizia a cantare. Dopo pochi minuti, la bimba crolla addormentata.
Io prendo mia moglie per mano ed insieme andiamo in camera nostra. Mi sdraio al suo fianco e abbandono la testa sul suo petto.
«Mi piace la melodia che hai scelto oggi» le dico, socchiudendo le palpebre «Era molto dolce.»
«Ti piace di più della tua ninnananna spagnola?» mi domanda, passandomi le dita tra i capelli.
«No, certo che no. Quella è speciale ed è solo mia, proprio come lo sei tu.»
Chiudo gli occhi e mi lascio cullare dalla sua voce, che, come ogni notte, intona la nostra canzone, quella che fa vibrare all’unisono le nostre anime. Sento rimbombare le note nel suo petto ed ognuna sembra racchiudere in sé un pezzo della nostra storia, un pezzo di noi.
«San» la interrompo «Ti stancherai mai di cantarmela?»
Ma lei non mi risponde. Mi prende la mano e la poggia sul proprio cuore.
«Lo senti?» mormora «Lui batte al ritmo di quella canzone. Come potrei stancarmi di vivere?»
Sollevo la testa per posarle un bacio sulle labbra, prima che riprenda a cantare.
Mi abbandono di nuovo sul suo corpo, con la certezza di svegliarmi il mattino seguente per vivere il migliore dei sogni possibili: la vita a ritmo della nostra ninnananna spagnola.
 
THE END
 
 
NdA: queste due ultime sillabe mi sono costate molta più fatica che non lo scrivere le altre 50.555 parole che hanno composto l’intera avventura. Non avrei mai pensato che una storia, cominciata per noia mentre me ne stavo spaparanzata in albergo a Donostia ascoltando canzoni di Glee (La Isla Bonita ha fornito il titolo, ovviamente) nell’attesa che smettesse di piovere, potesse portarmi a questo. Eppure l’ha fatto. Ma un simile delirio non avrebbe avuto senso senza di voi, che tanto pazientemente (e forse coraggiosamente) avete deciso di dedicargli il vostro tempo e per questo non potrò mai esservi grata abbastanza. Non posso mancare di ringraziare personalmente i recensori dello scorso capitolo: wislava, strapelot, MartaDelo, WankyHastings e Shane_666, ricordando, però, anche tutti coloro che hanno recensito i capitoli precedenti. Vorrei elencare uno per uno coloro che hanno aggiunto la storia tra le preferite/seguite/ricordate ma, anche se non lo farò, vi basti sapere che sono grata con tutto il cuore ad ognuno, così come lo sono nei confronti di ogni singolo lettore. Passerei ore ed ore a scrivervi quanto ho apprezzato il vostro supporto e continuerei blaterando anche di altro, pur di ritardare l’inevitabile addio. Sono talmente attaccata a questa storia che vi fornirò persino false speranze, in quanto ho sulla “lista di cose da fare” una raccolta di one-shots con missing moments e altri piccoli episodi legati a questa vicenda, ma ancora non so quando (o se) arriveranno. Per rimanere aggiornati potete fare un salto alla mia neo-creata pagina Facebook, il cui link trovate qui, o, se vi va di leggere qualcos'altro di mio, qui trovate il primo capitolo della mia nuova ff di Glee, Faking (naturalmente Brittana).
Adesso credo sia davvero giunto il momento di congedarmi, da voi e da Your Spanish Lullaby, nella speranza che questa ninnananna spagnola rimanga nei vostri cuori così come rimarrà nel mio.
GirlWithChakram

 
   
 
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