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Autore: Do_Not_Touch_My_Patria    08/10/2014    3 recensioni
E' il Giugno del 1940 quando la Francia è costretta a capitolare di fronte agli eserciti tedeschi e il Generale De Gaulle pronuncia il suo famoso discorso alla Radio.
Mentre Adolf Hitler si fa fotografare come un turista di fronte ai più grandi monumenti di Parigi, in tutto il paese la Resistenza fiorisce orgogliosa e testarda, ben decisa a tenere testa alla follia Nazista in nome di quella Libertà che ha sempre infiammato il popolo francese.
Due anni dopo, l'organizzazione clandestina degli Amis de l'Abaissé, portavoce degli ideali del popolo, si schiera al fianco di France Libre per sconfiggere il Generale filonazista Georges Mouton e aiutare le forze alleate a liberare la Francia.
Nelle soffitte e negli scantinati della Ville Lumière si intrecciano quindi storie e destini di giovani diversi e, ognuno a modo suo, sbagliati agli occhi del Governo Collaborazionista; giovani pronti a combattere, ad amarsi, a resistere, affinchè il sole possa tornare a sorgere sull'orizzonte senza più doversi vergognare...
[Enjolras/Grantaire; Courfeyrac/Jehan; Bossuet/Joly; Combeferre/Eponine e accenni Marius/Cosette]
Genere: Angst, Sentimentale, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Enjolras, Grantaire, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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~Capitolo I









La Primavera, a Parigi, arriva in silenzio.
Febbraio si era dissolto in un sussurro con la bruma del mattino, e un sole pallido e incerto aveva fatto capolino all’orizzonte, stropicciandosi per scacciare il sonno di un lungo Inverno di freddo e di neve. Le prime ore del giorno erano bagnate di una luce flebile, quasi reticente, mentre i gatti lasciavano i loro cantucci e raggiungevano i tetti più alti, alla disperata ricerca della tiepida carezza del sole.
Le rondini ancora non c’erano, ma i passerotti, temerari e molto meno esigenti, avevano già invaso le Tuileries, alla ricerca di qualche briciola sfuggita ai panieri delle donne di passaggio. Soddisfatti dal loro bottino, si alzavano in volo e si lanciavano a gara nell’azzurro, finché i colori non prendevano nuova consistenza e la luce irrompeva nelle piazze, carica di nuova energia.
Era il 3 Marzo 1942, e i pesanti cappotti di lana avevano iniziato a diventare eccessivi per uscire in pieno pomeriggio. Il cielo terso e la tiepida brezza in arrivo da Sud annunciavano una Primavera luminosa e calda, portando in città un’allegria che era mancata per tutto l’Inverno. Già di prima mattina era parso a tutti quanti che quella sarebbe stata una buona giornata, ma la natura, in un vicolo ad una manciata di minuti dal cimitero del Père-Lachaise, tratteneva il respiro, complice suo malgrado di un delitto che avrebbe ben presto cambiato la storia della città.
Il muro di mattoni rossi sbeccati dal tempo era umido e freddo, quasi avesse avuto paura dei minuti a venire.
Perché era la paura a impregnare l’aria, mentre un manipolo di uomini dai modi bruschi e cupi facevano la loro comparsa nella stretta stradina.
-Contro il muro, schnell! –
Una voce ruvida e volgare risuonò sotto al cielo azzurro, mentre due giovani uomini venivano condotti bruscamente con le spalle contro ai mattoni.
Avevano gli occhi pesti e le labbra gonfie, e i loro abiti stracciati e lerci lasciavano intuire la loro provenienza dai quartieri poveri.
Eppure, nonostante la miseria impressa a fuoco sulla loro pelle, nonostante il terrore che faceva tremare le loro mani, gli occhi erano saldi e colmi di coraggio, forse addirittura d’odio.
- Puntare! -
I due si strinsero la mano, uniti fino all’ultimo istante, insieme nell’ultima battaglia.
Il feuer! del Tedesco fu soffocato da un urlo più forte, più disperato.
- Viva la Francia Libera! –
Poi fu solo la detonazione, e il fumo che si alzava lento verso la libertà.
Caddero a terra, stroncati dalle pallottole.
Il più alto aveva ricevuto un unico colpo in fronte, l’altro, il petto grondante di sangue, era stato un bersaglio migliore.
Il plotone d’esecuzione attese pazientemente l’ordine del comandante, che rimase in piedi a valutare il suo operato, le mani intrecciate dietro la schiena e una smorfia sul viso.
Sputò a terra, ai piedi dei due partigiani, poi, con un cenno del capo, precedette i suoi fuori dal vicolo.
Nella fretta e nel disgusto, nessuno di loro aveva notato la bicicletta che appena sporgeva dall’angolo opposto della strada.
Una mano piccola e segnata da anni di lavoro afferrò il manubrio e condusse l’ammasso di ferraglia sgangherata lontano da quel luogo di morte. Si trattava di una ragazza, i capelli scuri e secchi sciolti sulle spalle e addosso poco più di stracci.
Fece un rapido segno della croce, poi montò in sella e, cercando di ignorare il dolore e la paura, prese a pedalare sempre più veloce alla volta di casa.
Tutto assunse il freddo distacco della vertigine, mentre i pedali le scivolavano da sotto le suole degli stivaletti e la bici sobbalzava nella sua folle corsa.
Il nodo in gola le impediva di repsirare, e ogni cosa attorno a lei pareva lontana, ogni rumore ovattato, mentre i polmoni bruciavano di una rabbia cieca.
Deviò dal suo percorso due volte, e raggiunse la vecchia casa da dietro, facendo il giro lungo.
Oltrepassato il vecchio cancello arrugginito del giardino, scese dalla bicicletta e la appoggiò contro un muro con noncuranza, senza tuttavia rallentare l’andatura.
Sentiva gli occhi pizzicare, ma ricacciò indietro le lacrime, mentre la parola d’ordine pronunciata con voce malferma veniva soffocata dai violenti colpi alla porta.
Quando l’uscio si aprì, entrò in casa come un fiume in piena si riversa nel suo letto, impetuoso e travolgente.
- Li hanno presi! Feuilly e Bahorel, li hanno presi! – esclamò senza curarsi di mantenere un tono di voce quieto e pacato.
Il primo a recepire la notizia fu Joly, che era corso ad aprirle, poi fu il turno degli altri tre, le giovani teste a fare capolino dalla porta del salotto.
- Cosa succede? –
Enjolras, il loro capo, raggiunse il corridoio dell’ingresso con un paio di falcate, immediatamente seguito da Combeferre e Courfeyrac, i suoi più fidati luogotententi, nonché amici di vecchia data.
- Notizie di Bahorel e Feuilly… - replicò Joly, le mani a torcere il bordo inferiore del maglione in gesti di spasmodica apprensione.
I tre si scambiarono un’occhiata preoccupata, poi il biondo decise finalmente di rivolgersi alla ragazza, ancora in piedi in mezzo al corridoio e pallida nonostante la corsa.
- Dunque? – chiese, nei glaciali occhi azzurri una serietà che tradiva la paura.
La giovane trasse un profondo repsiro e si passò una mano fra i capelli, un gesto che mise in chiara luce la sua frustrazione.
- Li hanno tenuti due giorni in una vecchia cantina in fondo a Chemin Vert. Dio solo sa cosa gli hanno fatto… - mormorò con un fremito nella voce al ricordo dei visi tumefatti degli sciagurati.
Combeferre si tolse gli occhiali e li pulì nervosamente nella camicia.
- Li avranno torturati, quei maledetti… - sussurrò, sperando che il racconto terminasse lì.
La ragazza fece spallucce.
- Non li lasciano mai andare senza fare domande. – spiegò, lo sguardo basso.
- Allora li hanno liberati? Dove sono? – fu il turno di Courfeyrac, la cui speranza non si spegneva nemmeno di fronte all’evidenza.
Joly e Enjolras alzarono lo sguardo su di lui, per poi posarlo sulla giovane staffetta.
- Sono arrivata troppo tardi, il plotone era già schierato. Mi dispiace. –
La frase di Eponine Thénardier fu accolta da un silenzio pesante e sgradevole, umido d’incredulità.
Courfeyrac sbatté le palpebre come un gufo in pieno giorno, Joly chinò il capo e Combeferre fece il segno della croce.
Improvvisamente un rumore sordo fece sobbalzare tutti quanti: Enjolras aveva sbattuto il pugno contro lo stipite della porta, lo sguardo incandescente d’odio.
- Quei bastardi… - sibilò, veleno a trasudargli dal cuore.
Nessuno si azzardò a replicare, quelle parole erano le parole di tutti, un pensiero comune che, se avessero potuto, avrebbero gridato al mondo.
Eponine mosse un passo in avanti, salda e coraggiosa a dispetto dei suoi diciannove anni.
-  Hanno avuto coraggio, non hanno tradito. La loro è stata una fine degna di onore… - aggiunse, come se quell’inutile informazione avesse potuto essere di qualche conforto agli amici.
Enjolras annuì, mentre gli altri lo guardavano smarriti.
- Anche tu sei una ragazza coraggiosa. Hai fatto quanto in tuo potere, ti ringrazio. –
Quella annuì, la consapevolezza di essere stata in realtà completamente inutile a bruciarle nelle vene.
Era da tre giorni che non si sapeva più nulla di Feuilly e Bahorel, partiti un pomeriggio per una missione di poco conto e mai più tornati.
Lei era una ragazza povera, inesistente agli occhi dello Stato, e la sua condizione di miserabile le era valsa molte amicizie interessanti nei bassifondi della città.
Eponine era un’ombra, esile e guardinga.
Raccoglieva informazioni come si raccolgono le viole e, rapida come una donnola, sgusciava lontano dai guai, pronta a riferire le sue scoperte.
Quella volta, purtroppo, il nemico era stato più rapido della sua bicicletta, e il suo aiuto prezioso non aveva avuto alcun valore, se non quello di dare un nome ai due cadaveri che sarebbero stati rinvenuti da lì a poche ore da una sventurata passante.
- Vieni, ti do un bicchiere d’acqua… - le sussurrò Combeferre, un braccio attorno alle sue spalle nel condurla verso la cucina.
Enjolras tornò in salotto scuro in volto, seguito da un Courfeyrac sconvolto dalla terribile notizia.
Solo Joly rimase indietro, immobile nel buio dell’ingresso.
Il silenzio lo avvolse come una coperta, mentre immobile in mezzo al corridoio si rendeva conto di cosa fosse davvero accaduto.
Morti.
Feuilly e Bahorel, i suoi amici, erano morti.
Joly non aveva paura della morte: era un medico, e aveva imparato che il conculdersi della vita non era altro che il punto di arrivo di un ciclo naturale, un qualcosa di talmente ovvio da non avere motivo di temerlo.
Durante i suoi studi gli era capitato più volte di assistere all’ultimo respiro di pazienti affetti da gravi malanni, e in tempi meno recenti aveva avuto molte crisi nel vedere i bambini morire di Tifo o altri terribili mali.
Eppure la malattia era qualcosa di diverso, qualcosa di naturale.
Che un uomo ne uccidesse un altro, invece, non aveva nulla a che spartire con la natura.
I suoi amici non erano morti, erano stati uccisi, e c’era una bella differenza.
Per la prima volta da quando tutto era incominciato, si rese conto davvero del rischio che correva, che correvano tutti quanti, e un’agghiacciante consapevolezza gli fece rizzare i peli sulla nuca.
Potresti essere il prossimo.
Non si trattava più di un gioco d’infanzia, dove le regole si potevano cambiare a proprio piacimento. Ora erano in guerra, e le carte vincenti erano nelle mani del Destino.
Tornò lentamente in salotto, dove nel frattempo si erano recati anche Eponine e Combeferre, e nel vedere i suoi amici non poté evitare di ripensare a come tutto era incominciato.
Era stato Enjolras a fondare il gruppo, una manciata di anni prima. All’epoca Joly non lo conosceva, troppo impegnato a portare avanti gli studi di Medicina per interessarsi a quel manipolo di matricole dagli ideali rivoluzionari.
A dire il vero all’inizio Les Amis de l’Abaissé, così si chiamavano, non si occupavano strettamente di Politica. Combeferre, braccio destro di Enjolras, nonché mente filosofica del gruppo, era riuscito a ottenere una piccola aula alla Sorbona dove avrebbero potuto tenere i loro incontri una o due volte alla settimana.
Si trattava per lo più di discussioni volte al sociale nelle quali la parola communisme, sebbene intimamente condivisa da tutti, non era mai nemmeno stata accennata.
Al fianco del Capo e della Guida vi era poi Courfeyrac, giovane solare ed energico capace di portare un po’ di calore a tutta quella teoria altisonante messa in campo dagli amici.
I tre si completavano, rendendo Les Amis de l’Abaissé un gruppo solido e apprezzato fra gli studenti.
Avevano un discreto seguito quando, il 14 Giugno 1940, Parigi era caduta in mano ai Tedeschi. In men che non si dica le Leggi di Norimberga erano diventate l’unico vero statuto della città, e il diritto di associazione era stato revocato, piombando il trio e i loro seguaci nell’illegalità. Molti, spaventati dalla piega degli eventi, avevano abbandonato il gruppo, ma questo aveva continuato a resistere perseverando in pericolose riunioni clandestine, ben deciso a non cedere alla follia Nazista.
Il sociale si era quindi lentamente fuso al politico, finchè qualcuno, scaltro al punto da non essere mai stato individuato, aveva tradito.
Dei pochi che erano rimasti, qualcuno era stato preso, altri erano riusciti a scappare e i nomi di Enjolras, Combeferre e Courfeyrac erano finiti sul libro nero della Giustizia.
Era in quei giorni bui di paura e incertezza che Joly era entrato in contatto con loro.
Da quando era stato cacciato dall’Università aveva tentato di tenersi aggiornato in ogni modo, e la vicenda degli Amis de l’Abaissé l’aveva incuriosito al punto da cercare di contattarli.
Era stato più difficile del previsto, i tre avevano dovuto nascondersi, ma i loro ideali non si erano spenti, ed era stato seguendo quella flebile luce di coraggio e di rivolta che, dopo giorni di fatica, era riuscito ad incontrarli.
Si era ritrovato davanti tre ragazzi dai visi puliti e dagli occhi sinceri, ed erano bastate poche semplici parole e le loro calde strette di mano affinchè Joly capisse che il suo destino si era ormai legato al loro senza possibilità di appello.
Adesso, a quasi due anni di distanza, impalato di fronte alla porta del loro nascondiglio, Joly si chiedeva che cosa sarebbe successo se non avesse mai incontrato i suoi amici.
Forse Bahorel e Feuilly sarebbero stati ancora vivi, e quella sera si sarebbero visti alla vecchia bettola dei Thénardier per un bicchiere di vinaccio dopo il lavoro…
Scosse la testa e si mosse lentamente verso il tavolo, dove una cartina di Parigi vecchia e spiegazzata se ne stava placida e ricoperta di frecce e segni rossi.
- Stasera terremo un discorso in loro onore… - la voce di Combeferre gli giunse in un sussurro, ma fu sufficiente per farlo sobbalzare.
Alzò gli occhi scuri sul viso dell’amico e annuì debolmente.
- Non saranno dimenticati. – replicò con più fermezza di quanto non si fosse aspettato, grattandosi il naso in un gesto nervoso.
Lanciò un’occhiata a Courfeyrac ed Eponine, seduti sul divano con lo sguardo fisso a terra, poi si concentrò su Enjolras, in piedi davanti alla piccola finestra che dava sul cortile.
Sebbene gli voltasse le spalle, poteva immaginare senza alcuno sforzo i suoi occhi freddi come il ghiaccio ridotti a due fessure, la ragione che cercava di dominare l’odio.
Il sole, al di fuori di quelle mura intrise di dolore, splendeva alto e ignorante nel cielo. La natura stendeva le sue ali al fresco vento di Primavera in arrivo da Sud, e tutto sembrava meraviglioso, mentre una signora di ritorno dalle compere svoltava infilandosi in un vicolo in Chemin Vert e, le suole inzaccherate dal sangue, lasciava cadere a terra la spesa e si portava le mani alla bocca in un grido di terrore.
No, Bahorel e Feuilly non sarebbero stati dimenticati.
Mai.



























 
Note:

Ed ecco concluso il primo capitolo.
Che dire, si inizia già alla grande, con i poveri Feuilly e Bahorel fucilati in un vicolo.
Lo confesso, ho sofferto tantissimo a scrivere quella scena e quei poveri cristi non si meritavano assolutamente una fine del genere. Però che ci volete fare, siamo due autrici sadiche, e questa storia doveva iniziare con una morte.
Il loro sacrificio non è stato vano, ve lo possiamo assicurare! -come se fosse di qualche consolazione-
In realtà questo capitolo è ancora molto confusionario, abbiamo Eponine staffetta, la storia del trio e un close-up sul nostro Joly.
Abbiamo deciso di passare dalla prima alla terza persona per esigenze di copione, ma gli scritti di pugno del nostro medico preferito torneranno, non preoccupatevi!
Come sempre un grazie infinito alle meravigliose persone che hanno recensito e che hanno inserito la nostra storia fra le seguite e le preferite, vi vogliamo immensamente bene! <3

Ps: giuro che questa fanfiction non sarà sempre un dramma come sembra dai primi capitoli. Ci saranno anche momenti felici. Giuro. xD

Au revoir et Vive la France! ~

Ame&Koori
  
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