Un’altra notte insonne, la
terza da quanto Tsubasa era stato ucciso… non poteva chiudere gli occhi, come
lo faceva si ritrovava l’immagine del corpo esanime della persona che amava più
di ogni altra cosa, con gli occhi sbarrati e il sangue sparso ovunque. Era
un’immagine che mai e poi mai avrebbe cancellato dalla sua memoria; e mai e
poi mai avrebbe cancellato il ricordo di Tsubasa, l’unico ragazzo che aveva
mai amato, con tutta sé stessa, e l’unico ragazzo che l’aveva fatta sentire
amata, desiderata, unica…
Si alzò svogliatamente e si diresse in bagno, dove lo specchio rimandò
l’immagine di un viso pallido ed emaciato, con gli occhi scavati e contornati
da occhiaie, rossi per il pianto. Si sciacquò la faccia e fece una doccia
veloce, ben sapendo che quell’operazione non avrebbe cancellato i segni del
suo dolore; poi indossò una camicetta e un paio di semplici jeans e scese a far
colazione. Per fortuna avevano cambiato albergo, non avrebbe retto allo stress
emotivo di percorrere gli stessi corridoi che aveva percorso con Tsubasa e che
aveva percorso anche il suo assassino.
La sala da pranzo era vuota, fortunatamente, eccezion fatta per i suoi amici e
compagni di Nazionale di Tsubasa. Yayoi, Yukari, Yoshiko stavano già
sbocconcellando qualcosa, così come gli altri ragazzi; solo Kumi sembrava aver
appetito.
Beata lei…
pensò Sanae, sedendosi al tavolo con le amiche e salutandole con un cenno del
capo.
«Stanno solo conducendo le
indagini…- intervenne Taro, parlando a bassa voce –Io e Genzo siamo stati
convocati per un colloquio informale… vorranno parlare con qualcun altro…»
L’agente Yamamizu e l’agente
Hakitawa si avvicinarono al tavolo delle ragazze e salutarono con un leggero
inchino:
«Nakazawa-san, avremmo bisogno
di parlare con Lei… può seguirci in centrale?» le disse gentilmente Mikiru.
«Non possiamo farlo qui?»
«Purtroppo no: anche se
informali, questi interrogatori devono essere condotti in centrale.» rispose
Aya.
Sanae rimase in silenzio immobile
per qualche secondo, poi si alzò e seguì le due agenti.
«Dobbiamo cominciare a chiamare
gli avvocati? Siamo tutti sospettati?» esclamò ad un tratto Yukari.
Aya si voltò lentamente e fissò
la sua interlocutrice con aria seria:
«Noi stiamo solo cercando di
scoprire chi ha ucciso il vostro amico: pensavo che anche voi foste interessati
a scoprire chi è stato.»
«Questo però non significa che
possiate portare via Sanae così, come se fosse lei l’indiziata principale!»
intervenne Yayoi, alzandosi in piedi.
«Sono d’accordo- intervenne
Mikiru –Per questo motivo fuori c’è un taxi che ci aspetta, e non una
volante. E ora, se volete scusarci…»
Quando furono sul taxi, Sanae
parlò per la prima volta senza essere interloquita:
«Dovete scusare i miei amici…
sono solo preoccupati per me…»
«Nakazawa-san, noi capiamo
perfettamente il Suo stato d’animo e quello dei Suoi amici, ma noi stiamo solo
svolgendo il nostro lavoro: vogliamo scoprire chi ha ucciso Ozora perché prima
di essere una star internazionale del calcio era una persona, una persona come
lo siamo noi…- Aya parlava dolcemente –E so perfettamente cosa provi in
questo momento, Sanae…»
Sanae alzò improvvisamente lo
sguardo, sia perché l’agente Yamamizu le aveva dato del tu e l’aveva
chiamata per nome, sia perché quella frase, semplice, l’aveva profondamente
colpita.
«Solo chi ha provato la mia
esperienza può capire cosa provo…» mormorò, fissando l’agente negli
occhi.
«Ha ragione… scenda, siamo
arrivati.»
La fecero entrare in una stanza
fredda e spoglia, se non per un tavolo con due sedie e due applique poste alle
pareti laterali. Si sedette e aspettò con pazienza che qualcuno la
raggiungesse. Per fortuna l’attesa fu breve: dopo pochi minuti l’agente
Hakitawa la raggiunse e le porse un bicchier d’acqua.
«Se gradisse altro, me lo dica
senza problemi: non è sotto accusa, si tratta solo di un colloquio per capire
alcuni dettagli della vita del Suo compagno.»
«Sono a Sua disposizione, agente
Hakitawa. Mi chieda pure tutto quello che vuole.»
«Da quanto tempo conosceva Ozora?»
«Da una vita… lui si è
trasferito a Nankatsu circa 15 anni fa, e per me è stato un colpo di fulmine:
era diverso dagli altri ragazzini che giocavano a calcio. Wakabayashi era
arrogante, Ishizaki era un buffone… Tsubasa no, Tsubasa era serio, sapeva
quello che voleva ma non ti metteva in imbarazzo, né ti umiliava. Era più
forte degli altri ragazzi che giocavano con lui, eppure tutti lo adoravano perché
non li mortificava.»
«Vi conoscevate da tanto, eppure
erano solo 4 anni che stavate insieme…»
«Ufficialmente sì; lui ha
sempre anteposto il calcio a me, ma non lo faceva per cattiveria o per stupidità.
Lui mi ha sempre detto che prima di mettere su famiglia con me, voleva potermi
offrire una certa stabilità.»
«Stabilità economica?»
«Non solo. Si sa che il lavoro
di calciatore porta a viaggiare tanto: finché è rimasto in Brasile io ho
proseguito la mia vita qui in Giappone; quando gli è stato offerto l’ingaggio
dal Barcellona, nonostante non fosse stato messo subito in prima squadra, ha
capito che quello era il suo futuro e mi ha chiesto di andare a vivere con lui.»
«A vivere insieme, quindi, senza
sposarVi.»
Sanae emise un gemito e le sue
labbra si incrinarono come a formare un sorriso, ricordando quei giorni felici:
«Mi disse che il giorno in cui
avrebbe avuto la certezza di essere titolare in squadra mi avrebbe chiesto di
sposarlo… diceva che le tappe del nostro amore avevano sempre seguito le sue
tappe calcistiche, e così doveva continuare…»
«Nakazawa-san, ho parlato
personalmente col dirigente del Barcellona che ha avuto il colloquio telefonico
con Ozora la sera dell’omicidio. Mi ha detto che il procuratore di Ozora aveva
appena preparato un contratto da fargli firmare, un ottimo contratto…- Sanae
la fissò con gli occhi sbarrati –Un contratto che blindava il calciatore alla
società catalana per 5 anni. In prima squadra. Come titolare. –Ora Sanae
tremava, mentre alcune lacrime già solcavano le pallide guance –Ozora sapeva
già di questo contratto prima che voi lasciaste la Spagna per venire qui per
l’amichevole, e per questo si era premunito… abbiamo trovato uno scontrino,
nel pugno di Tsubasa. Si tratta di uno scontrino di una gioielleria molto famosa
di Barcellona.– Sanae si portò le mani alla bocca e cominciò a singhiozzare
–Ho contattato la gioielleria e… mi è stato confermato che la vittima aveva
acquistato un anello con solitario della collezione “Proposta d’amore”…»
Sanae crollò e iniziò a
piangere a dirotto: Aya entrò in quel momento e le portò la scatola dei
Kleenex e un altro bicchiere d’acqua, ma uscì immediatamente. Per un quarto
d’ora Mikiru rimase in silenzio e immobile ad osservare la disperazione della
ragazza, senza riuscire a fermarla. Quando finalmente la ragazza si calmò,
Mikiru riprese a parlare:
«Immagino che Lei non ne sapesse
niente…»
«No, non ne avevo la più
pallida idea… non mi aveva neanche detto che il suo procuratore stava
spingendo per un nuovo contratto… voleva farmi una sorpresa, era tipico del
suo stile…» concluse con un amaro sorriso.
«C’è solo una cosa che ancora
non ci spieghiamo: abbiamo controllato in tutta la stanza, abbiamo controllato
tutti gli effetti personali della vittima, ma dell’anello non c’era traccia,
però sappiamo che voleva farle la proposta quella sera: ha idea di dove possa
essere l’anello?»
«Immagino che sia stato Taro a
dirvi che voleva farmi la proposta quella sera: a cena avevo notato che
parlavano fitto fitto ma non ho dato peso alla cosa perché so che loro erano
molto legati. Io però non ho idea di dove possa essere l’anello, non sapevo
neanche che lo avesse con sé.»
«La ringrazio Nakazawa-san: la
mia collega La riaccompagnerà in albergo in macchina, così potrà riposarsi.»
«Arrivederci.»
Aya stava aspettando Sanae fuori
dall’edificio: la fece accomodare in macchina e, senza parlare, si sedette
alla guida e si immise nel traffico della capitale.
«Ho riflettuto su quello che mi
ha detto prima– Sanae ruppe il silenzio –sul fatto che capiva il mio
dolore… la Sua faccia non mi era nuova, così ho pensato a dove L’avessi già
vista, e improvvisamente mi è venuto in mente un articolo di giornale di un
paio di anni fa…- Aya rimase in silenzio ma strinse il volante con più forza,
tant’è che le si sbiancarono le nocche –Takamatsu Keisuke… era il Suo
ragazzo, vero?- Aya non rispose, ma continuò a guidare imperterrita –Fu Lei a
ritrovare il corpo, dico bene?»
«L’agente di polizia sono io!-
esclamò improvvisamente Aya –Sono io che faccio le domande!»
Accostò la macchina davanti
all’hotel in cui alloggiava Sanae: la ragazza scese ma prima di chiudere la
portiera dell’auto si chinò e le disse una frase:
«Solo Lei può capire il mio
dolore, come mi ha detto… ma solo io posso capire la Sua voglia di trovare il
responsabile… non lasci che questo delitto resti impunito…»
Chiuse la portiera ed entrò
nell’albergo, lasciando Aya da sola con i suoi pensieri…
Chi ha ucciso Ozora?
Accipicchia, la nostra Aya si è proprio
scaldata quando ha sentito parlare di questo Keisuke... chissà cosa nasconderà
nel suo passato! Intanto abbiamo dovuto dare a Sanae la notizia, al di là delle
antipatie penso sia saggio unirsi al suo dolore... o per lo meno fingete! XD
Ringrazio doverosamente tutte voi che continuate a seguirmi: Nene, OnlyHope,
Silen, Eos (Betta ti ha istruito bene, eh? XD), Saretta, Melanto... grazie di
cuore per il vostro affetto e il vostro calore!