Fanfic su attori > Ben Barnes
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Autore: Nadie    16/10/2014    4 recensioni
Un giorno ha chiesto cosa fosse quell’amore ripetuto dai dischi in vinile di papà.
«Una cosa che aggiusta tutto.» gli hanno risposto.
«Come una super colla?»
«Proprio come una super colla.»
Adesso che il bambino che è stato lo ha abbandonato, capisce che gli hanno mentito.

[Ben e Prudence]
[La Legge del Resto - sentivo il bisogno di cambiar titolo]
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Temporale '
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6. Mai




Le parole della ragazza con gli occhi verdi risuonano nella testa distratta di Occhi Bui ed entrano appuntite, affilate nel suo stomaco.
C’è quel mai breve e veloce che sembra quasi un taglio netto, preciso, profondo, deciso nella sua carne bianca fragile, fragile, futile, esile, e ancora fragile e se sono così fragile perché sono ancora qui? Perché le Sue parole letali non mi hanno cancellato?
Maimaimai.
Lo ripete, lo ripete all’infinito nella sua testa.
Maimaimai.
E parole taglienti che si infilano tra pensieri morbidi e distruttibili, che si arrampicano alle pareti della sua mente con forza invincibile.
Maimaimai.
E carne che si lacera, tagli invisibili sulla sua pelle e sangue trasparente che scorre, scorre e scivola via, fuori da una carne inospitale.
Maimaimai.
E com'è che ti sei ferito?
Con le parole.
Maimaimai.
Da quando ha sentito quelle parole uscire dalle labbra perfettamente imperfette di Prudence sono già passati due giorni, e come avrà fatto il sole a continuare a sorgere e tramontare nonostante tutto davvero non se lo spiega.
Seduto su una panchina fredda e dura in una piccola piazza vuota, aspetta un suo amico, un amico fidato a cui non ha mai raccontato nulla della ragazza con gli occhi verdi.
A nessuno ha mai raccontato di Lei.
Non esiste, non esisti da quando sei scappata via e perché avrei dovuto sprecare parole per te? Perché avrei dovuto dire qualcosa di te che non esisti, che non vuoi esistere dentro di me?
Maimaimai.
Di te non ho parlato mai, a nessuno mai.
Solo a me.
Mi sono raccontato la tua storia e la mia storia un sacco di volte, mentre fissavo un soffitto alto e non riuscivo a dormire e allora pensavo alla pioggia che amo e che odio e a te che amo e che odio, e sul soffitto alto vedevo comparire labbra carnose e screpolate, e poi occhi verdi e grandi dietro il vetro della finestra chiusa, capelli umidi sulle lenzuola bianche e pezzetti di te dovunque, dovunque, sparsi attorno a me, dentro e fuori da me.
Maimaimai.
E finirà così?
E devo arrendermi qui?
Maimaimai.
E se mollo ora cosa rimane?
Di me e te cosa mi rimane?
Maimaimai.
Lettere stropicciate e piegate nelle tasche dei jeans; occhi verdi che non vogliono andarsene affanculo via, via dalla mia testa; parole taglienti e velenose che squarciano la mia carne debole, la mia carne che è sporca, sporca di te, macchiata della tua essenza sottile e poi dentro le mie orecchie tante stronzate che mi hai detto e a cui ho creduto e non ci sei, e te ne vai, e dove vai?
E come t’è venuto in mente di fare ciò che hai fatto? E poi di chiedermi di perdonarti?
Non ti capisco e non ti perdono, e non perché non hai rispettato me ma perché non hai rispettato noi, noi e ciò che c’era tra noi, tu ci hai voltato le spalle e sei scappata via, ma il percorso è troppo lungo e forse smetterò di correre.
Forse lo vorrei.
Vorrei fermarmi, farmi una doccia e lavarti via, perderti, scuoterti via dalla mia testa ma tu continui, continui a correre e io vorrei lasciarti andare, ma non ci riesco.
Non ci riesco e forse tu non lo meriti, no, perché ti sei dimenticata di me.
Perché hai saputo solo regalarmi parole appuntite che mi hanno rigato la pelle e se potessi ti farei leccare tutte le ferite invisibili che hai aperto.
Maimaimai.
Un colpetto sulla spalla lo fa sobbalzare.
Il suo amico è arrivato ed ha un sorriso allegro disegnato sulle labbra e due bottiglie di birra tra le mani.
«Ma guarda chi si rivede!»
«Ciao Robbie!»
Si siedono di nuovo sulla panchina e Robert gli tende una bottiglia.
Occhi Bui la stappa e manda subito giù un sorso che gli scivola gelido lungo la gola.
«Non ti sei più fatto vedere per un po’ da queste parti o sbaglio?»
«Non sbagli.»
«Non ti è ancora passato il vizio di bidonare, eh?»
Robert gli dà un pugno scherzoso sul braccio.
«Barnes l’asociale.»
«No, è ‘Barnes il solitario’.»
«’Solitario’ è il modo educato di dire ‘asociale’, dovresti saperlo, Ben!»
«Dio mio, quanto sei simpatico, Robbie! Muoio dal ridere!»
Robert sbuffa, poi manda giù un po’ di birra e si passa una mano tra i capelli ricci e spettinati.
«Sei così divertente perché Giovedì prossimo diventerai un trentatreenne? La vecchiaia ti rende irascibile?»
«Devo ridere per compatirti o posso astenermi ed ignorarti?»
«Guarda che puoi sempre mangiare per prima la glassa con cui scriveranno il numero dei tuoi anni sulla torta!»
«Robert…»
«E poi l’importante è restare giovani dentro, ecco, ad esempio: dentro al tuo cervello sei parecchio giovane… avrai non più di sei anni!»
«Hai finito?»
«Ora sì. Scusa ma non ho potuto resistere: non ti prendo in giro di persona da circa tre anni, come facevo a trattenermi?»
Robert gli dà una pacca sulla spalla e ride.
«Possiamo passare alla parte seria?»
«Perché tu hai anche un lato serio, Barnes? Sono sconvolto!»
«Robbie, ti ho chiamato perché avevo bisogno di un amico per parlare di una cosa… parecchio seria… per favore.»
L’amico riccioluto gli si avvicina.
«Che resti tra noi, Barnes: anche io ho un lato serio! Dai, spara.»
Occhi Bui prende un respiro profondo, butta giù un altro po’ di birra e gli racconta tutto, a partire da otto anni prima, da una notte di Dicembre in cui si sentiva un vuoto perfetto dentro una metropolitana che invece vuota non lo era per niente, ma che era piena, piena di ciò che lo ha riempito e poi svuotato.
Gli racconta di occhi verdi, di spiagge, di notti piovose e di hai già fatto tutto quello che volevi fare prima di morire? Gli racconta di metropolitane ed autobus con dentro canzoni francesi, e delle parole degli Oasis ascoltate con gli occhi chiusi.
Gli racconta di una ragazza che si chiama come una canzone dei Beatles e che gli è entrata in testa e sembra non volerlo lasciare più.
E gli racconta di bambine non sue che si sono nascoste dentro il ventre caldo di quella ragazza.
Non sa bene quanto tempo passi, quanti minuti si siano riempiti delle sue parole e di quella storia andata a male, ma quando sente che ha esaurito le parole smette di parlare ed il suo amico lo guarda quasi incredulo.
«Merda!» esclama e si porta subito le mani alla bocca.
«Sì, forse al momento è la parola che rappresenta meglio il mio stato d’animo. Merda.»
Robert si abbandona contro lo schienale della panchina e sospira.
«Ti ha preso, amico.»
«Che cosa?»
«L’amore.»
Lui si appoggia con i gomiti alle gambe.
«Cosa dovrei fare secondo te?»
«Secondo me dovresti dartela a gambe e non tornare mai più qui. Ma se dopo otto anni ti sogni ancora questa tizia e ti vengono gli occhi a cuoricino quando parli di lei, allora… insisti!»
«Devo insistere?»
«Certo che sì! Dai, muoviti: va’ da lei!»
Lui si alza in piedi con un’espressione felice e confusa allo stesso tempo.
«Dici sul serio?»
«Sei ancora qui? Muoviti! Ah, e comunque Giovedì notte al pub… nessuno dei tuoi bidonaggi all’inglese verrà accettato!»
Occhi Bui si volta e lo abbraccia.
«Grazie!» gli dice, prima di correre via.





Bonjour!
Allora, allora, volevo inserire Robert Sheehan da un bel po' e finalmente ce sò riuscita, e niente, ne sono assai contenta!
Per il resto non ho nulla da anticiparvi perché lo sapete che io scrivo e poi distruggo perciò magari vi dico una cosa e poi dopo ne faccio un'altra... meglio se non dico proprio nulla!
E allora nada, un grazie come sempre a tutti i lettori, silenziosi e non, e a presto!
C.


  
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