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Autore: Queen of Superficial    16/10/2014    1 recensioni
Un neurologo, un chitarrista,
un'anziana signora, un batterista,
un'anomalia cerebrale, un mistero.
«Clio si riscosse da questi pensieri mentre entrava in macchina e quasi riusciva a sentire ancora la mano di lui sulla coscia. Scosse la testa. Due giorni prima era tutto normale, due giorni dopo niente significava più niente.
Era il 29 dicembre.
Faceva freddo.
»
Genere: Introspettivo, Mistero, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Synyster Gates, The Rev
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Non è necessario essere una stanza o una casa per essere stregati.
Il cervello ha corridoi che vanno oltre gli spazi materiali.”
- Emily Dickinson

 

 

Guidava verso casa con il vento del Pacifico che le mescolava i pensieri.
Quello che intendo, Clio, le diceva Scarlett, in qualche angolo oscuro della sua memoria, è che la fisica quantistica non spiega l'aldilà, ma apre una porta che possa consentirci di pensare che qualcosa di noi coesiste eternamente, in fin dei conti, con le miriadi di atomi di cui da miliardi di anni è composto il mondo che noi chiamiamo casa. È un esperimento da folli, un'acrobazia intellettuale, ma non si può escludere che l'elettricità che ci anima il cervello resista alla decomposizione e allo smembramento di tutto quel complesso gioco di squadra che è il nostro corpo. Ed è quella, l'anima. Capisci? Ricordi, esperienze, volti che hai amato, tutto ciò che ti rende te stesso e che il tuo cervello immagazzina ed elabora; tutto questo potrebbe sopravvivere. Potrebbe sopravviverti.
Avrebbe voluto crederci, in quel momento, Clio che guidava verso casa. Clio che usciva ed entrava da un ospedale così bianco e intricato che sembrava lui stesso una riproduzione in scala architettonica di un cervello. Clio che apriva il cranio delle persone e ci guardava dentro con affetto, con l'amore accorto che si riserva soltanto alle passioni che ti riempiono la vita e ti fanno respirare aria carica, mai ferma, mai scontata. Le passioni calmano, le passioni legittimano giorni grigi e altrimenti tutti uguali. Quale altra ragione potrebbe esserci, sennò, a questa ridicola abitudine che è svegliarsi al mattino?
Clio non sapeva se ascrivere anche James alla ristretta cerchia di quelle che considerava le sue passioni. Sapeva però, perché l'aveva studiato, che una parte del suo cervello rispondeva a lui come uno strumento musicale fa con un diapason. Una parte della sua anima si irradiava da lei per abbracciarlo, per inglobarlo, per farlo diventare cosa sua. Non è così, Scarlett. L'unica vita eterna a cui possiamo aspirare è quella che resta nelle persone che lasciamo indietro, quando moriamo. Parti di noi che somigliano a riproduzioni grossolane di quel che eravamo in vita, filtrate attraverso altri occhi e rielaborate con i mezzi di chi vuole conservarle. E quest'è. Per questo sopravvive, l'anima, ammesso che ne abbiamo una. Perché qualcuno la custodisce, e la ricorda. Perché qualcuno non si rassegna ad averti perso per sempre.

Era il pomeriggio del 27 dicembre e James l'aveva accompagnata in ospedale, per ricoverare la signora Fitz. L'anziana se ne stava accoccolata su una sedia, in silenzio, con le mani in grembo e un sorriso enigmatico; intorno a lei, uno stuolo di dottori si affaccendava tra cartelle e fiale di fisiologica.
“Dottoressa, lei è certa che si tratti di afasia?”
Clio nemmeno rispose, presa com'era a studiare il mistero di quell'anziana donna. L'afasia transcorticale mista scomponeva la capacità di linguaggio: le persone che ne erano affette credevano di star facendo discorsi perfettamente coerenti, ma in realtà pronunciavano parole a caso. Gli scienziati non sapevano in base a quale associazione queste parole che non c'entravano nulla con il pensiero venissero scelte e quindi dette, e Clio aspettava qualcosa. Qualunque cosa. James era accanto alla finestra; non c'era stato verso di farlo uscire dalla stanza, così gli aveva messo addosso un camice bianco preso da un armadietto a caso e una sciarpa al collo per coprire quelle assurde manette tatuate, e lo aveva presentato a tutti come il Dottor Sullivan.
“Di cosa si occupa, Dottor Sullivan?”, avevano chiesto.
“Di battiti.”, aveva risposto lui, tranquillissimo. Perfino Chris DiBenedetto, impegnato a studiare qualcosa dello storico clinico della signora da una cartelletta, aveva sorriso.
Elda Fitz si riscosse e stornò lo sguardo su di lui.
“Lei è credente, James?”
Un paziente in afasia recupera difficilmente la facoltà di linguaggio, e di certo non così all'improvviso. Si voltarono tutti verso di lei, piombando in un gelido, confuso silenzio.
James la guardò a lungo: “Ci sono cose in cui credo, sì.”
La signora Fitz sorrise, materna, e intonò con una voce strana: “Forse un mattino, andando in un'aria di vetro, arida, rivolgendomi, vedrò compirsi il miracolo: il nulla alle mie spalle, il vuoto dietro di me, con un terrore di ubriaco. Poi, come su uno schermo s'accamperanno di gitto alberi, case, colli, per l'inganno consueto. Ma sarà troppo tardi, ed io me ne andrò zitto tra gli uomini che non si voltano, col mio segreto.
L'intera stanza, gremita di specialisti, piombò in una sistole organizzativa; si guardarono spaesati giusto il tempo di calcolare l'ampiezza della diastole e riavventarsi, con gli occhi, sul soggetto della loro attenzione.
“Signora Fitz? Elda? Mi sente?”
L'anziana donna guardò il dottor DiBenedetto con un misto di indignazione e perplessità, non avendo gradito di essere stata scossa per le spalle. Articolò un pensiero completamente assurdo, gridandogli addosso parole senza correlazione.
“Sta fingendo?” chiese Chris a Clio, voltandosi preoccupato. Clio scosse la testa.
James ancora la guardava, intenso, rigirandosi in bocca le parole che la donna gli aveva appena rivolto.
“Ma cosa ha detto?”, chiese qualcuno, chissà chi.
“E' una poesia.”, rispose Clio, guardando James. Lui le sorrise. Non gli andava di vederla stanca e preoccupata.
Ma sarà troppo tardi, ed io me ne andrò zitto tra gli uomini che non si voltano, col mio segreto.”, ripeté, a voce bassa.

 

Di nuovo il 29 dicembre. Il vialetto di casa era avvolto nel grigiore delle nuvole che coprivano il cielo in quel tardo pomeriggio particolarmente gelido. Clio aprì la porta con le chiavi e si chiese se non c'era qualcosa di estremamente sbagliato in tutte le correlazioni che le balzavano in testa, come se volesse per forza trovare un senso e una coerenza in cose che non erano altro che strane coincidenze.
Aprì la porta e Brian era lì, stravaccato sul divano con in mano un bicchiere di liquore forte.
“Sei tornata presto, oggi.”
Clio sospirò, buttando la borsa e il golf sulla poltrona che era stata di suo nonno. Non gli chiese neanche cosa ci facesse lì, e come fosse entrato.
“Grazie dei fiori, B.”, disse, andandosi a sedere accanto a lui e puntando gli occhi stanchi nel soffitto. Brian si girò il bicchiere tra le mani: era evidente che moriva dalla voglia di farle una domanda, o forse venti.
“Novità?”, le chiese infine, tenendosi sul vago.
Clio non rispose. Affondò la schiena nella spalliera del divano e chiuse gli occhi; dietro le sue palpebre, si affannarono rincorrendosi miriadi di immagini prive di ordine e criterio. Erano altri occhi, come i suoi ma di un chiarissimo blu. Erano le espressioni di Scarlett, china sui tomi di fisica quantistica che traduceva con la devozione di uno scriba orientale. Le espressioni di Scarlett quando fumavano davanti a un caffè, parlando di quanti, di conti, di scienza e di progetti. Le braccia di sua madre, le mani lunghe che le passavano distratte tra i capelli quando scriveva avvolta da uno scialle sul divano della sua vecchia casa; quella voce, che stai facendo?, alla quale lei dava sempre risposte vere solo in parte.
“Novità di quella faccenda lì?”, incalzò Brian, gli occhi scuri che cercavano quelli di Clio.
Lei si voltò, e i capelli produssero nell'aria la parabola di una frusta.
“Vuoi dire novità su come mai James sia clinicamente morto e miracolosamente risorto nello spazio di sette ore senza spiegazione, e sul perché lui non voglia parlarne assolutamente? No, non ho novità.”
Si guardarono per un momento, carichi di tensione.
“Scusa.”, disse ancora lei, “Sono agitata. È sotto osservazione, le funzioni sono normali. Domani potrete vederlo di nuovo. Non c'è spiegazione, Brian. È assurdo, ma è successo.”
Il cellulare di Clio squillò una, due, tre volte.
“Clio?”
Era Chris DiBenedetto, agghiacciato.
“Dimmi.”
“Ciao, scusa, non volevo disturbarti dopo la fine del tuo turno ma... la signora Fitz si è svegliata.”
“Svegliata?”
“Sì. Si era addormentata e si è svegliata.”
“E allora?”
Dall'altra parte del ricevitore seguì un lungo sospiro.
“So che si è svegliata perché è sparita, Clio.”
L'espressione di Clio mutò così velocemente che Brian si sporse in avanti per la sorpresa.
“Il letto è vuoto, accuratamente rifatto. Lei non si trova più. È svanita nel nulla.”
Clio piombò gli occhi in quelli di Brian. Le parole lottarono per uscirle dalla gola, senza successo.
“Sì.”, disse Chris, capendo ciò che lei non aveva detto, “E' sparito anche James. Ho già chiamato la polizia.”

   
 
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