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Autore: Diosmira    24/10/2014    1 recensioni
Una storia che parla d'amore e di paura, speranza e perseveranza.
Leggendola scoprirete la storia di una ragazza alla ricerca di ciò che le è stato tolto molto tempo fa: la Famiglia.
Lotterà con tutta se stessa per riaverla e attraversando gli oceani del tempo riuscirà ad ottenere la cosa più dolce: L'amore!
Ma potrebbe presto scoprire che spesso "l'amore può essere freddo come una tomba, un biglietto di sola andata per una tristezza infinita"
Genere: Avventura | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti | Coppie: Bella/Edward
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Precedente alla saga, Successivo alla saga
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Dedico questo capitolo a Giulia, cara amica mia.
Perché anche se non ci parliamo, anche se non ci vediamo e tu magari non ti ricordi più di me, io ti penso e ti sono vicina.
Sei una ragazza forte, Giulia.
Supererai anche questa.

Dopotutto, il sole nasce ogni giorno, no?




 
If You're Watching After Me
I 
 
Londra, Inghilterra. 1918
 
I woke up alarmed, the scene of the dark
I ran to your bedroom door
Your innocent eyes stared back at mine
I couldn't believe that sight
 
Giulia distese le gambe sul tavolino, sospirando rumorosamente.
Erano arrivati da poche ore, non avevano nemmeno disfatto i bagagli.
O almeno, lei non lo aveva ancora fatto.
La ragazzina invece, non appena aveva saputo quale sarebbe stata la sua stanza, si era affrettata a chiudersi lì dentro.
Nell'ultima settimana non avevano avuto occasione di parlare seriamente.
Era stato un viaggio molto lungo, stancante per un'umana come lei, specie essendo stata la sua prima esperienza per mare.
La rossa sbuffò ripensando alle continue nausee della sua nuova compagna.
Emily era rimasta per tutto il tempo chiusa in cabina, secchio in mano per prevenire i numerosi conati.
Ovviamente alla mannara non era passato nemmeno per l'anticamera del cervello di provare a darle conforto in qualche modo.
L'aveva lasciata annegare nella sua stessa bile, come a punirla per il fastidio che a breve le avrebbe di certo procurato.
L'idea di doversi occupare di quell'inetta la disgustava quasi, ma doveva ammettere di provare anche un po’ di orgoglio: se tutto fosse andato bene lei sarebbe stata libera e la salvezza dei lupi sarebbe dipesa pure da lei.
Era da troppo tempo che non si sentiva davvero utile a qualcosa.
Questa era la sua occasione.
 
Alzò gli occhi quando notò William entrare deciso nel salotto in cui si trovava.
I gemelli dovevano essere già partiti per il campo di raccolta della loro gente.
Dovevano prepararsi a conoscere la nuova gemma.
E a questo proposito dovevano ancora discutere il da farsi.
<< Cosa può sapere, per ora? >> chiese non appena il compagno si fu seduto.
Lui la fissò di sottecchi prima di risponderle nel suo solito, sgarbato sussurro.
Era chiaro che non era ancora stata perdonata.
<< E' sotto la tua tutela, decidi tu cosa ti serve che sappia >> disse << Puoi dirle tutto quello che vuoi ma non accennarle niente riguardo al fratello. Se ti chiede qualcosa tu non sai niente, di lui mi occuperò io a tempo debito. Chiaro? >>
<< Certo, sire! >> Giulia si trattenne dal rispondergli male.
Non aveva il diritto di trattarla in quel modo!
William storse il naso, infastidito.
Eccola, la piccola vendetta della mannara: sapeva bene quanto il moro detestasse che gli venissero ricordate le sue responsabilità di capo.
La rossa sorrise, soddisfatta.
<< Quanto tempo possiamo concederle? >> chiese poi.
Il tempo era un fattore fondamentale.
A differenza loro la piccola era ancora umana, e dunque molto fragile.
In pochi mesi potevano succedere davvero molte cose, era meglio non rischiare.
Fosse stato per lei, le avrebbe dato una manciata di settimane per imparare quello che serviva e renderla eterna.
William però non sembrava del suo stesso avviso.
<< Due anni, tre se necessario >> disse infatti.
La rossa scattò a sedere diritta, fissandolo sbalordita.
Tutto in lei esprimeva il suo disappunto, persino i ricci, legati in una morbida crocchia, ne sfuggivano, sinuosi come serpenti, irti come lame minacciose.
<< E' una pazzia attendere tanto! >> si oppose << è debole ma molto astuta, potremmo non riuscire a controllarla >> tentò di argomentare.
Ma William era fermo nella sua decisione.
<< Occuparti di lei è compito tuo, se dovesse fuggire nuovamente o perire, sarà comunque considerata una tua negligenza >> la gelò con lo sguardo << evita dunque di ritrovarti in una situazione simile >> concluse.
Giulia si spazientì, incrociando le lunghe gambe.
<< Due anni sono comunque troppi. Sai bene che certe situazioni non dipendono da noi, non possiamo controllarle e basta! >> insisté.
William rispose pronto, laconico, senza degnarsi nemmeno di guardarla negli occhi, ma sfogliando svogliatamente alcuni documenti che aveva posto sulle sue gambe.
<< La questione è irrilevante, sarebbe comunque affar tuo. Due anni sono necessari affinché la gemma raggiunga una maturità accettabile, al momento è solo una bambina, non ci sarebbe di alcun aiuto. Dobbiamo darle il giusto tempo per accettare...>>
Giulia non resistette oltre. Era semplicemente furiosa.
Scattò in piedi come una belva e con un calcio violento mandò all'aria il tavolino che la separava dal moro.
<< Ad Anna hai dato solo due mesi, aveva la sua stessa età! >> urlò, tremando.
Il ragazzo sollevò appena lo sguardo, fissandola impassibile.
Insensibile.
<< Infatti tua sorella non ha retto. Ed è morta >>
Giulia arretrò, quasi si fosse scottata.
Un dolore sordo al petto.
William continuava a fissarla, gelido.
Quella doveva essere l'ennesima punizione per l'ennesimo errore.
La solitudine. Il disprezzo.
In silenzio, la giovane voltò le spalle al suo sire e abbandonò la stanza.
Il moro sospirò, stanco.
Era quello il dovere di un signore dei lupi, un guardiano della Luna.
Mantenere il controllo, garantire la giustizia.
Anche quando giustizia e controllo non gli appartenevano.
Anche quando la colpa abitava nelle sue mani.

 
 
Mi sono svegliato in allarme, scenario tetro
Ho corso alla porta della tua stanza.
I tuoi occhi innocenti mi hanno guardato.
Non potevo credere a quella vista.
 
Giulia entrò come una furia nella stanza di Emily.
Non aveva nemmeno bussato, non le importava.
Indossava abiti maschili, di un grigio pallido.
Era cinerea, simile alla morte.
La ragazza che cercava era distesa a letto, sopra le coperte.
Il suo pallore, dovuto al viaggio appena affrontato, contrastava fortemente con il nero del suo abito.
Non appena la rossa era entrata, era scattata a sedere, sulla difensiva.
<< Alzati! >> le impose la mannara, fremente d’irritazione
Aveva una grande voglia di sfogarsi su quella ragazzina, ma sapeva di avere limiti da mantenere.
Emily la fissò confusa, stanca.
Ma prima che potesse dire una qualsiasi cosa la riccia la precedette.
<< Avrai tutto il tempo di riposare stanne certa >> disse sarcastica << ma ora ti devi preparare a conoscere la gente che dipenderà da te e da quante poche stupidate riuscirai a fare. Sempre che tu riesca a stare al mio passo, ovviamente >> aggiunse sprezzante.
Emily non capì subito cosa intendesse, ma decise comunque di stare al gioco e si sollevò in piedi, pronta a qualunque cosa.
La mannara avanzò lenta verso di lei e le girò intorno, osservandola da capo a piedi, come se le stesse prendendo le misure.
Storse il naso prima di afferrarle neanche tanto delicatamente una ciocca di capelli.
<< Questi non vanno bene, sono troppo lunghi >> biascicò a labbra strette.
<< Cos’hanno che non va? >> volle sapere Emily, per niente contenta di quell’ultima uscita.
La rossa aveva la risposta pronta.
<< Limiteranno i tuoi movimenti durante l’apprendistato.  Se c’è una frivolezza di cui puoi fare a meno sono questi, tesoro >> disse acconciandoglieli in una bassa coda.
Emily ebbe un fremito di fastidio.
<< Non voglio tagliarli. Posso tenerli sempre raccolti, non daranno fastidio! >>
Parlare fu inutile, ma lo capì solo quando sentì l’aria fresca accarezzarle la nuca.
Giulia con una mossa rapida aveva estratto un pugnale da uno stivale e le aveva tranciato la coda di netto, appena sotto la base del collo.
Ad Emily non parve quasi vero.
Si sentì profanata.
Ma prima che potesse protestare la lupa la tirò a sé bruscamente per i corti capelli, facendole tendere il capo all’indietro, la schiene inarcata, la bocca spalancata.
Dolore e stupore attraversarono lo sguardo della ragazza.
<< E’ meglio se non fiati ragazzina >> sputò quasi Giulia << oggi proprio non è giornata, non ci tengo a sentire le tue lamentele! >>
Emily serrò le labbra di scatto, mordendosi le labbra per nascondere rabbia e frustrazione.
Nel mentre la riccia, dietro di lei, pugnale in mano, cominciò ad aggiustarle i capelli, pareggiando le punte ciocca dopo ciocca in un taglio abbastanza lineare.
Non era affatto male, a suo dire.
Ma è anche utile specificare che, ad ogni modo, a lei non importava granché dell’apparire della ragazza.
Stava semplicemente seguendo la prassi e lo stava facendo bene.
 
Quando ebbe finito lasciò la presa sul suo capo, ma non le permise di specchiarsi.
Era ora che cominciasse a dimenticare tali vanità.
Notò con piacere che la ragazzina era abile a velare la sua rabbia: sarebbe stata una caratteristica molto utile.
La afferrò per un bracciò e la condusse in camera sua, una stanza dall’altro capo del corridoio.
Lì non c’era l’ombra di uno specchio, né di alcuna superficie riflettente.
La luce non veniva dalle finestre ma da numerosi candelabri disseminati per tutta la stanza.
Questi venivano accesi ogni otto ore da un personale di fiducia.
Nessun’altro vi aveva mai messo piede.
I lupi ci tenevano moltissimo al proprio spazio personale, dunque, salvo qualche eccezione, tutte le loro stanze erano sempre state immacolate.
I gemelli condividevano le loro camere, e lei era l’unica ad aver mai avuto accesso alle stanze di William.
Ma nessuno mai prima d’ora era entrato nella sua.
Ora però era necessario.
La spinse a sedere su una sedia rigida mentre lei si accomodò sul letto, pronta ad impartirle la sua prima lezione.
Ma prima tornò a squadrarla, ancora delusa dal suo aspetto.
<< Da domani ti sono proibiti gli abiti >> decise, guardandola seria << ti farò recapitare abiti maschili della tua taglia. Saranno molto più consoni al tuo nuovo look >> sarcasmo.
Emily faticava quasi a fissarla negli occhi, tanto era il ribrezzo che provava per quella donna che pareva non avere il minimo senso del rispetto.
La stava umiliando sapendo che non poteva difendersi.
Era spregevole.
Al suo silenzio provocatorio la rossa non batté ciglio, anzi il suo sorriso so allargò ancora di più.
<< Oh, e non preoccuparti di offendere la tua classe, qui non sei nessuno. Lo stesso discorso vale per i capelli, ma se ti è di conforto, quelli ricresceranno! >> cinguettò, falsa.
Emily scosse la testa.
<< Dunque vi servo o non sono nessuno? Noto che ci sono parecchie contraddizioni in tutta questa faccenda! >> disse infine incrociando le braccia al petto.
La rossa sollevò le sopracciglia, il chiaro intento di prenderla in giro nello sguardo.
<< Fintanto  che non saprai come muoverti in questo nuovo mondo, tu non varrai niente.
Il mio compito è quello di farti da guida e di assicurarmi che tu sopravviva fino al momento opportuno.
Pertanto, finché la tua vita sarà nelle mie mani, tu non varrai niente.
E dal momento che prima che tu possa essere totalmente libera qualcuno dovrà giudicarti abbastanza matura, ora tu non vali niente, intesi? >>
Emily pensò che il suo discorso era abbastanza confuso, ma il concetto base lo aveva assorbito:
Era nei casini.
Giulia dovette leggere i suoi pensieri dal suo sguardo, perché scoppio in una risata sguaiata, portando il capo all’indietro e chiudendo gli occhi, come a voler trattenere finte lacrime d’ilarità.
Poi la fissò dritta negli occhi, un sorriso quasi sadico a storpiarle il volto:
<< Dichiaro ufficialmente iniziato il tuo apprendistato, ragazzina. Benvenuta tra i Figli della Luna >>

 
This isn't real
A body so still
A portrait of a good fight
 good fight
Goodnight
 
Le risate più sguaiate testimoniano una vita di sofferenze.
 
Città di Siena, Italia. 1736
 
<<  La principale differenza tra noi streghe e una qualsiasi altra creatura della notte è che a noi viene sempre data una scelta. Siamo noi a controllare la nostra natura, non il contrario.
Possiamo scegliere se essere immortali e quali creature servire.
Possiamo cambiare idea.
Possiamo sempre tornare indietro” >>
 
Queste parole aveva in mente Giulia mentre passeggiava per le vie acciottolate della sua amata città.
Erano le prime parole che una maestra rivolgeva alla propria iniziata prima di cominciare la formazione.
Erano parole importanti.
E Giulia ci meditava profondamente da ormai tre giorni.
 
Ormai l’attesa stava per finire, quella notte sarebbe divenuta una strega a tutti gli effetti.
Nonostante tutto sapeva di non poter più cambiare idea, non su quello per lo meno.
Non poteva e non voleva farlo.
Grazie a lei la sua famiglia sarebbe potuta uscire dallo schifo che impregnava tutti gli esseri umani.
Sporchi, stupidi, bestiali.
Non avevano idea delle forze che li minacciavano giorno dopo giorno, ma continuavano a sentirsi i padroni del mondo.
Suoi padroni.
Lei era nata schiava.
Bastarda.
Ma era anche nata strega e aveva avuto la possibilità di imparare a gestirsi, grazie alla governante, strega pure lei.
Streghe non si diventa, si nasce.
La stessa identica cosa avveniva per tutte le altre creature oscure, esclusi ovviamente i vampiri.
Loro probabilmente erano la più grande maledizione che potesse colpire il mondo. 
D’altronde, come poteva essere altrimenti?
Erano il lato più oscuro degli esseri umani.
 
Giulia aveva da subito escluso la possibilità di servire i vampiri.
Finora a dire il vero non si era ancora visto alcuna strega avvicinarsi a quel mondo.
Tra tutte le creature maledette erano quelli che venivano evitati di più.
Tanto che si stupivano ogni volta nel rendersi conto di non essere gli unici mostri a camminare sulla terra.
Il Popolo fatato era da escludersi. Ne aveva avuto abbastanza di enigmi e tranelli.
No. Lei voleva essere importante.
Voleva poter viaggiare, usare il suo sapere per rendersi davvero utile a qualcosa.
I Figli della Luna erano troppo impegnativi da gestire.
E lei non aveva certo voglia di impazzire.
Infondo a lei sapeva già quale scelta fare.
Nonostante le streghe erano nate per custodire il soprannaturale, avevano bisogno che le custodissero a loro volta.
Negli anni molte di loro andavano perdute.
La maggior parte di loro veniva annientate dai loro stessi famigli.
Altre morivano prima di scoprire di essere magiche.
Giulia voleva servire loro, le sue vere compagne.
Tutte le altre razze erano superbe, egoiste.
Pretendevano il loro aiuto e talvolta lo prendevano con la forza.
Ma chi addestrava poi le nuove venute?
Chi si preoccupava del loro numero in continua diminuzione?
Gli umani fingevano di non sapere.
Il popolo fatato se ne fregava.
I vampiri erano semplici ignoranti.
I Lupi credevano di avere chi sa quali diritti su di loro.
E così le streghe si consumavano.
Lei stessa, se non fosse stata notata da Gabriella, la governante, avrebbe vissuto una vita incompleta, umana.
Le cose dovevano cambiare.
 
Aveva appena attraversato il grande Duomo, il vecchio campanile segnava le undici in punto del mattino.
Accelerò il passo.
Poteva concedersi una pausa sino alle tre del pomeriggio, dopo di che sarebbe dovuta tornare dai suoi signori.
Di solito approfittava di tutti i momenti liberi per imparare da Gabriella il necessario per affrontare la vita che le sarebbe spettata.
Ma quel giorno era diverso.
Poteva essere l’ultimo infondo, quindi aveva deciso di trascorrerlo con sua sorella Anna.
Se il suo spirito non si fosse rivelato abbastanza forte, sarebbe passata oltre.
Anche quella era una possibile scelta.
Unirsi anzi tempo alle anime delle Antenate e guidare le streghe già formate nelle loro future decisioni.
Cose del tipo: come nutrire tale creature e come guarire quest’altra.
Magari fondamentali in casi specifici ma non a livelli generici.  
O almeno questo Giulia pensava.
Di streghe morte ce n’erano fin troppo.
Lei voleva essere una guida .
Un appoggio per le iniziate.
Un conforto come Gabriella era stata con lei.
Gabriella.
Lei aveva scelto di custodire gli umani, ritenendoli troppo deboli per cavarsela davvero da soli.
Era ormai da due secoli che vegliava sulla città di Siena, mascherandosi da umile serva.
Era così che si erano trovate.
 
Ora Giulia era pronta ad abbracciare la sua nuova natura.
Avrebbe potuto regalare una vita migliore alla sua famiglia.
Alla sua piccola, dolce, sorellina.
Che non sapeva ancora nulla del soprannaturale, ma che presto, come lei ne avrebbe fatto parte.
Anna.

 
 
 
Questo non è reale
un corpo così immobile
il ritratto di una giusta battaglia
una giusta battaglia
buonanotte
 
 
Città di Siena, Italia. Tre mesi dopo
 
When I'm falling deep down under
I'm always gonna wonder
If you're watching after me
Watching' after me...
 
Chiunque le avesse viste vicino non avrebbe creduto che fossero sorelle.
Erano completamente diverse.
L’una i capelli castani, lisci. L’altra rossi, ricci.
L’una bassa, mingherlina. L’altra alta e formosa.
L’una timida, insicura. L’altra forte e carismatica.
L’unica cosa in comune erano gli occhi, si un marrone assai simile al caffè tritato.
Tale differenza derivava da un fatto semplice e naturale: non avevano la stessa madre.
Era con una fitta di sordo dolore al petto che Giulia si rese conto di ciò.
Non riusciva a crederci, ma era ovvio.
La stregoneria si trasmetteva per parte di madre.
Anna non era una strega.
La aveva testata in mille modi, ma non c’era alcuna traccia di sangue magico in lei.
Niente.
Sapeva per certo che il conte che l’aveva generata non era suo padre.
Non erano nemmeno sorelle.
Giulia non voleva crederci.
Ma lo accettò.
Giulia aveva scelto le streghe.
Sua sorella era umana.
Giulia poteva tornare indietro.
L’avrebbe protetta.
Da tutte quelle forze oscure che, giorno dopo giorno, in quanto ceca umana, avrebbero minacciato la sua esistenza.
E l’avrebbe fatta divenire padrona del mondo.
Perché era la padrona della sua vita, del suo cuore, della sua anima.
 
Arrivò poi il giorno in cui pregò tutti gli Spiriti delle Antenate affinché le concedessero il più miracoloso di tutti gli incantesimi, pur di riportare la vita in quelle deboli membra.
Ma il nulla le rispose.
Infondo le Antenate donavano solo piccolo consigli, roba di poca importanza.
Così Giulia aveva creduto.
Prima punizione.
Superbia, la colpa.

 
Quando starò cadendo giù nel profondo
mi chiederò sempre
se ti stai prendendo cura di me
occupando di me

 
 
 
 
Salve a tutti!
Allora, il capitolo è breve, ma è solo la prima parte.
Cos’è successo ad Anna e come proseguirà l’addestramento di Emily lo scoprirete Domenica, se tutto va bene.
Immagino che molti di voi si staranno chiedendo: ma quando si arriva ai giorni di Edward e Bella?
Beh, so che la narrazione sta procedendo abbastanza lenta, se per voi è troppo avvisatemi e provvederò ad aggiungere qualche ellissi.
Ma comunque ho già deciso che prima di avanzare così tanto temporalmente voglio farvi conoscere i miei personaggi.
Avviso da subito che dopo l’undicesimo avremo un salto temporale di ben dieci anni di storia.
Forse qualcuno di voi intuirà già il perché, ma non voglio dirvi niente, odio gli spoiler non richiesti!
 
Come al solito dunque, se avete domande chiedete pure, se ci sono richieste particolari sono tutt’occhi e spero sempre che avrete la buona volontà di seguire la mia storia.
 
Al prossimo aggiornamento,
*Diosmy*
 
Ps. La canzone utilizzata nel capitolo è la prima metà di:
Are you Watching After Me – Joel Faviere.

 
In questo periodo ascolto solo questa giuro, è semplicemente bellissima, anche se molto triste. 
  
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