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Autore: GirlWithChakram    25/10/2014    4 recensioni
Raccolta di OS legate alla fanfiction "Your Spanish Lullaby", che vedrà il ritorno di Brittany, Santana e la loro variegata compagnia, in diversi Missing moments, alle prese con le avventure non raccontate nell'opera originale.
Genere: Commedia, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash | Personaggi: Brittany Pierce, Santana Lopez | Coppie: Brittany/Santana
Note: AU, OOC, Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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THE ECHO OF YOUR SPANISH LULLABY
 
 
 
Ai fedelissimi,
che come me si sono affezionati a questa storia

 

 
Avvertimento: si consiglia di aver letto prima la fanfiction a cui questa raccolta fa riferimento. QUI il link diretto al primo capitolo.

Beth
 
Fissai con sguardo critico il gigantesco fiocco rosa che stava appeso sulla porta, proprio sotto la targhetta dorata “Puckerman – Fabray”.
«Gelosa, Lopez?» mi apostrofò Sam «Ne vuoi uno anche tu?»
Assunsi la mia espressione più impassibile e mi voltai. «No, sono solo scocciata dal fatto che il mio matrimonio sia caduto nell’oblio non appena Q. se n’è uscita con la storia della gravidanza. Avete passato il ricevimento a farle mille moine mentre Britt ed io mangiavamo la torta da sole!»
Il biondo ridacchiò. «A proposito della tua bellissima moglie, dov’è?»
«E me lo chiedi pure?» ironizzai «È dentro già da stamattina a spupazzarsi quella povera neonata. Io ho staccato adesso, nella fretta ho persino lasciato una pila di scartoffie sul caso a cui sto lavorando vicino alla macchinetta del caffè. Per fortuna ho uno stagista che è praticamente il mio schiavo, così l’ho spedito a sistemare tutto.»
«Sei sempre la solita» commentò con un sorriso «Adesso vogliamo entrare anche noi a dare il benvenuto alla nuova arrivata?»
«Se proprio dobbiamo…»
Aprii la porta di quella che, da più di un anno ormai, era casa di Noah e Quinn e da appena ventiquattr’ore era anche la dimora della loro primogenita.
«Tesoro, sono a casa!» annunciai.
«Abbassa la voce, razza di scellerata!» mi assalì Puck «La piccola si è appena addormentata!»
Trattenni a stento le risate. Il mio amico indossava uno sformato grembiule rosa con tasche organizzate per trasportare biberon, pannolini, ciucci e quant’altro. Aveva il viso stanco, tipico di chi aveva dormito sì e no dieci ore nell’ultima settimana.
«Non hai una bella cera, amico» osservò Evans, accompagnando le parole con una pacca sulla spalla che per poco non sbilanciò il neo-padre.
«Gli ultimi dieci giorni sono stati deleteri… Judy mi ha fatto praticamente ribaltare l’appartamento perché “non era a prova di bambino” e non voleva che la sua nipotina arrivasse in un ambiente “non idoneo”, poi il soggiorno di Quinn in ospedale, il parto… Non sono neppure più certo di che giorno sia oggi.»
«Oh, povero papi… Vorrei tanto stare qui a sentirti lamentare, ma sento la mancanza della mia dolce metà, quindi fatti da parte» conclusi, superandolo. Con passo deciso mi diressi verso la nursery, che io stessa avevo contribuito a progettare e costruire, con sommo tormento di due poveri impiegati dell’Ikea.
Socchiusi l’uscio e gettai un’occhiata all’interno.
Sprofondata in una morbidissima poltrona rossa, c’era Quinn, circondata da tre silenziose figure. Mi avvicinai cercando di non fare rumore, ma l’eco dei miei tacchi ruppe la quiete, facendo sì che tutti si voltassero nella mia direzione.
«Guarda chi ha deciso di farsi viva» bisbigliò la Fabray, stringendo al petto un fagotto avvolto in una coperta rosata.
«Finalmente» mi salutò Brittany, avvicinandosi per posarmi un lieve bacio sulle labbra «A Beth è mancata molto la sua zietta preferita.»
«Ehi» contestò Rachel «È chiaro a tutti che Betty preferisca me a Santana.»
«Non dire assurdità, Hobbit» risposi, portandomi vicino a Q. per accarezzare la testolina della mia “nipotina” «Ogni volta che mi vede le si illuminano quei bellissimi occhioni verdi… E poi non chiamarla Betty, sembra un nome da spogliarellista. Potresti indirizzarla su una cattiva strada.»
«Santana» mi riprese Kurt «Non ricominciare con questa storia del nome…»
Io non gli diedi retta. «Dovevate scegliere qualcosa di più sofisticato e meno ambiguo. E poi come diavolo vi è venuto in mente Beth? Capisco fosse stato il diminutivo di Elizabeth, avrebbe avuto senso. Invece Noah ha sbattuto la testa e ha deciso di darle il nome di una canzone… Tanto valeva chiamarla “Sweet Caroline”.»
«Non ti permetto di criticare il nome di mia figlia» sbottò Quinn.
«Ti conviene tacere se non vuoi che tiri fuori qualcosa anche su di te, Lucille» sogghignai.
«È il mio secondo nome…» sottolineò lei.
«È comunque un nome orrendo» replicai.
«Stop the violence!» intervenne mia moglie, prima che si scatenasse una rissa «O almeno prima lasciate la bimba in mani sicure.»
Quando la mia bionda ebbe tra le braccia la piccola le sfiorò con un dito la punta del naso e sorrise. «Adesso potete accapigliarvi quanto vi pare.»
«Lascerai che questa psicopatica di Lucille metta le mani addosso alla tua mogliettina adorata?» mi lamentai, sentendomi messa in secondo piano.
«San, sei benissimo in grado di difenderti contro una donna che fino ad una settimana fa aveva una pancia grande quanto un’anguria» disse, senza prestarmi attenzione.
«A quanto pare il mio frugoletto è riuscito a portarti via la donna, piccole vendette per le tue angherie» si aggiunse Puck, seguito da Sam.
«Britt, di’ qualcosa!» brontolai, cercando il suo appoggio, ma lei aveva occhi solo per Beth. Sarebbe stato giusto prendermela per essere così snobbata ed era proprio quella la mia intenzione infatti, ma qualcosa mi fermò.
Brittany aveva un sorriso bellissimo, disteso come non lo vedevo dal giorno del matrimonio. Eravamo felici, indiscutibilmente felici, ma forse ci mancava qualcosa. Il suo sguardo brillava di gioia nel posarsi su quella marmocchia, potevo scorgere un’aura radiosa che le avvolgeva entrambe.
Non avevamo parlato seriamente dell’eventualità di avere dei figli, o meglio, io avevo sempre fatto sì che l’argomento fosse buttato sul ridere. Non mi figuravo come madre. Potevo essere la simpatica e fantastica zia Tana che portava di nascosto dolciumi e videogame ai suoi nipoti e avrei adorato farlo, ma occuparmi per tutta la vita di un altro essere vivente mi sembrava un compito troppo gravoso. Certo, Britt sarebbe stata al mio fianco e non mi avrebbe mai lasciata sola, ma comunque non mi sentivo sicura.
«Scusate il ritardo» ci sorprese la voce di Blaine «Avevo delle faccende da sbrigare.»
Il marito gli corse incontro e gli afferrò un braccio per tirarlo in disparte. Si misero a confabulare tanto a lungo che nel momento in cui finirono di discutere io avevo già preparato la cena.
Beth si era svegliata ed era stata molto contenta di vederci tutti insieme, sembrava piacerle avere tante persone intorno, ma ovviamente non potevamo esagerare nel passarcela e coccolarla perché dopotutto aveva appena una settimana di vita. Contavo sul fatto che l’avrei potuta conquistare nel corso degli anni, eppure era chiaro che si sentisse al sicuro quando la prendevo in braccio perché assumeva un’aria serafica particolare.
«Questo mi ricorda una certa scena in Privet Drive…» commentò Blaine.
«Anderson, questa volta il tuo riferimento fa acqua da tutte le parti» gli feci notare «Primo: non ho una motocicletta volante, secondo: non ho la barba, terzo: questo angioletto non ha ancora sconfitto nessun Signore Oscuro. Conserva il tuo umorismo potteriano per quando sarà richiesto.»
«La solita Serpeverde» mi rispose facendomi l’occhiolino.
«Cosa ho appena detto?» borbottai, ma le mie parole, pronunciate con un po’ troppa enfasi, bastarono a turbare la quiete della piccola che riposava tra le mie braccia.
«Perché mia figlia piange?» Noah arrivò nello stesso istante in cui il primo lamento lasciò la bocca di Beth, sembrava essersi teletrasportato.
«Quello scellerato le ha dato fastidio» spiegai.
«Falso!» intervenne Blaine.
«Non mi importa chi di voi abbia cominciato, dammi la piccola e finite di litigare altrove» sentenziò Puckerman.
Controvoglia, gli cedetti il fagotto e trascinai l’altro uomo in un angolo dove avremmo potuto infierire l’uno sull’altra in santa pace.
«È colpa tua se ho perso le staffe e ho dato fastidio a Beth» iniziai, ma Anderson, prontamente, fece un cenno con la mano, per farmi capire che l’argomento doveva chiudersi lì.
«Sai perché ho fatto tardi oggi?» mi domandò.
«No, Pretty Pony, dimmelo» replicai.
«Da quando Quinn ha annunciato la gravidanza…»
«Sì, il giorno del mio matrimonio, me ne ricordo.»
«Non intendevo quello. Stavo dicendo… Quando Quinn ha annunciato la gravidanza, Kurt ha iniziato a tormentarmi. Abbiamo entrambi un lavoro, ma lui è pronto a prendersi una pausa per…»
«Badare ad un figlio? Sul serio? Volete fare i genitori?» continuai ad interromperlo.
«Sì, San. Io avevo già considerato un’eventualità simile, ormai è da più un anno che porto avanti le pratiche per l’adozione e oggi mi hanno comunicato che c’è una ragazza disposta ad incontrarci per trattare i termini, ho dovuto compilare una sfilza di moduli, per questo sono arrivato in ritardo.»
«Ok, Blaine, ma perché me lo stai dicendo?»
«Perché tu sei una persona saggia, Santana, e prima di annunciare la cosa pubblicamente volevo avere la tua opinione. Dopotutto tu e Brittany…»
«Io e Brittany, cosa?» domandai.
«Beh, Britt me ne ha parlato, insomma…»
«Senti, smettila di parlare con frasi sospese o ti appendo per le mutande al fiocco che c’è fuori dalla porta» lo minacciai.
«Brittany mi ha detto che anche voi avete parlato della possibilità di metter su famiglia.»
Avrei voluto nascondere la sorpresa, ma la mia espressione dovette tradirmi perché l’uomo spalancò la bocca e iniziò a balbettare: «Lei… Lei ha detto… Insomma, deve avertelo almeno accennato…»
«Cosa? Cosa deve avermi accennato? C’è dell’altro?» presi a tormentarlo.
«Le visite… La clinica per la fecondazione eterologa… Sì, insomma, non dovrei essere io a parlartene…»
«Infatti, non dovresti» mormorai «Adesso credo che sia ora per me di tornare a casa. Devo andare a chiamare Brittany.» Il mio tono era piatto, inespressivo. Stavo cercando di reprimere qualsiasi pensiero. Volevo essere sola con lei, prima di dare libero sfogo al mio disappunto.
Tornai il cucina, dove tutti si erano radunati per salutare Finn, che era riuscito a passare nonostante avesse una serie di riunioni legate alla scuola.
«Grazie per la bella serata, Beth è adorabile, ma adesso dobbiamo proprio andare. Vieni Britt, ho lasciato la macchina qui vicino, forza» dissi meccanicamente. Non stavo prestando attenzione al mondo intorno, volevo restare da sola con lei per parlare.
«Ma San, Finn è appena arrivato ed è ancora presto per tornare a casa» obiettò, supplicandomi di restare con i suoi limpidi occhi celesti, ma non mi lasciai intenerire.
«Dobbiamo andare. Ora.»
Ci congedammo in fretta dal resto del gruppo, agguantai la giacca ma non me infilai, ero talmente agitata da sentire un caldo insopportabile, nonostante fosse pieno inverno.
Restai in silenzio lungo il tragitto fino all’auto, non mi andava che tutto il circondario mi sentisse litigare con mia moglie, che, dal canto suo, mi stava accanto con lo sguardo basso, persa in chissà quale ragionamento.
Non riuscii a spiccicare parola neppure durante il resto del viaggio fino a casa. Ogni volta che tentavo di aprire bocca mi si stringeva un nodo alla gola. Non avevo idea di come tirar fuori la questione.
Arrivammo a destinazione in un quarto d’ora. Quando misi piede nella dimora, mi lanciai subito in bagno e iniziai a sciacquarmi la faccia con l’acqua gelida, per schiarirmi le idee.
«Tesoro» mormorò Brittany da fuori «Ti aspetto a letto, ok? Prometto di non fingere di dormire, ho capito che vuoi parlarmi.»
Non risposi, ma presi a camminare avanti e indietro, rischiando di scavare un solco. Alla fine, dopo aver fatto un centinaio di respiri profondi, mi decisi ad uscire.
Entrai in camera e trovai Britt già sotto le coperte, ma sveglia, come aveva promesso.
Mi cambiai rapidamente e sgusciai sotto il piumone, lasciando accesa la luce del comodino, cosicché la potessi vedere in faccia.
«Blaine Boccalarga si è lasciato sfuggire un segreto di troppo» esordii.
«Sapevo che prima o poi lo avresti scoperto» mi rispose, fissando il vuoto davanti a sé «Avrei voluto dirtelo, ma avevo paura della tua reazione.» Si voltò lentamente verso di me, ma io evitai prontamente il suo sguardo, che avrebbe certamente abbattuto qualsiasi mia opposizione.
«Sono sempre stata io quella timorosa, costretta a nascondere le cose» commentai «Non vorrei averti trasmesso questi pessimi vizi.»
«Santana» disse dopo un momento di silenzio «Ti prego guardami.»
Riluttante, feci quanto mi aveva chiesto.
«Guardami negli occhi e dimmi che non lo vuoi anche tu e io domani mattina prenderò il telefono, chiamerò la clinica e dirò che non siamo più interessate.»
Quelle iridi. Avrebbe potuto dire che, se mi fossi opposta, mi avrebbe soffocato con il cuscino e io non sarei riuscita comunque a concentrarmi su altro che quei magnifici pozzi azzurri. Come potevo negarle qualcosa quando mi fissava con quegli occhi?
Mi tornò in mente il momento in cui l’avevo vista con in braccio Beth. Brittany sarebbe stata una madre perfetta, ce l’aveva nel sangue, lo si poteva scorgere chiaramente: quando coccolava la piccola Puckerman, quando consolava i bambini a cui insegnava danza, persino quando si intratteneva a fare le boccacce ai mocciosi che incontrava per caso al supermercato. Io la osservavo e notavo tutto ciò, ma fino ad allora avevo categoricamente rifiutato l’idea che una cosa simile potesse contagiare anche me. Ma quelle iridi, purissime come la sua anima, mi avrebbero vinto, sempre.
«Ti odio quando fai così…» borbottai «Lo sai che potresti estorcermi qualsiasi cosa…»
Lei si allungò verso di me e iniziò a baciarmi dolcemente.
«Però» la fermai «Ho qualche richiesta da avanzare e abbiamo ancora un sacco di cose da discutere. Non credere che si risolva tutto magicamente e che domani una cicogna si presenti sul nostro tetto con un bebè.»
Britt si limitò a mugugnare un assenso, stringendomi a sé.
«Adesso però sono stanca, amore. Questa giornata è stata più traumatica del previsto» ripresi, girandomi su un fianco per spegnere la luce.
«Non stai dimenticando qualcosa?»
Sorrisi nel buio e mi riavvicinai alla bionda. Le diedi un bacio sulla fronte e poi iniziai a cantare, perché non poteva passare giorno senza che io le dedicassi la sua ninnananna spagnola.

NdA: Buonsalve signore e signori, eccomi con una nuova OS, ma, specifichiamo, si capisce subito che non è completa. Infatti questa è solo parte di una storia più grande, una specie di mini-long divisa in più OS, che dovranno essere tre o quattro, a seconda di come mi gira, che saranno caricate in seguito. Ad esclusione di questi "pseudo capitoli", ricordo che le OS sono tra loro indipendenti, non vincolate dall'ordine cronologico degli eventi e dipendono solamente dalla mia voglia di scrivere e da ciò che la mente malata decide di plasmare. Mi sono dilungata anche troppo, quindi passo a ringraziare i fedelissimi citati all'inizio, coloro che hanno recensito lo scorso capitolo: wislava, MartaDelo, WankyHastings e strapelot. Un grazie dovuto anche a tutti gli altri lettori e a coloro che hanno aggiunto la storia tra le preferite/ricordate/seguite. A presto il seguito, sempre in compagnia delle Brittana e della loro ninnananna spagnola.
   
 
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