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Autore: Imyoursmaljk    26/10/2014    10 recensioni
Paige Murphy, ragazza diciassettenne che dopo un lungo periodo torna in America con la madre.
Compiuti i diciotto anni, scopre di non essere una semplice ragazza ma ben di più.
Scopre un mondo invisibile ai comuni mortali, dove le bellezze della natura sono infinite,
così come i pericoli che si nascondono dietro ogni cespuglio.
Sarà in grado di gestire il compito che le è stata affidata da compiere?
Tradimenti e delusioni, amicizia e amore.
 
Cosa saresti disposta a rischiare, se la vita di tutti i tuoi cari fosse appesa ad un filo?
 
NB: il genere è fantasy con un pizzico di sovrannaturale.
I primi nove capitoli saranno più classici con qualche minimo particolare, dal decimo capitolo in poi inizierà la vera avventura. :)
Buona lettura!
Genere: Fantasy, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti, Zayn Malik
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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"Questa storia è di mia pura invenzione. I personaggi presi in considerazione non hanno nulla a che fare con la realtà, qualsiasi paragone è puramente casuale.Con questo mio scritto pubblicato senza alcuno scopo di lucro, non intendo dare rappresentazione veritiera del carattere di queste persone, né offenderle in alcun modo."

I.

Conversation's getting dull
There's a constant buzzing in my ears
Sense of humor's void and null
And I'm bored to tears
.

 
Dal finestrino osservavo gli abeti mentre si imbrunivano lentamente. Il tragitto in macchina dall'aeroporto a casa stava diventando alquanto lungo e stavo iniziando ad annoiarmi.
Il volo dalla mia vecchia casa in Inghilterra a quella nuova in America, era stato più faticoso dal previsto. "Andrà tutto bene, vedrai" aveva detto mia madre quanto l'aereo aveva iniziato a prendere quota e io le avevo regalato semplicemente un sorriso.
Non volevo pensasse che la sua decisione presa all'improvviso e nel bel mezzo del mese ottobre non mi piacesse, anche perché non era così. Nella mia vecchia scuola era sempre stata una ragazza tranquilla che non infastidiva o veniva infastidita da nessuno, una a cui piaceva passare per i corridoi e non essere notata.
Probabilmente nessuno sentirà la mia mancanza così come non sentirò la loro. Ma chi ero realmente? Paige Annabeth Murphy, una normalissa ragazza che stava per iniziare una nuova vita in un continente completamente nuovo e sconosciuto.
«Sai Paige, la zia mi ha raccontato che Mackenzie non vede l'ora di conoscerti» sorrise mia madre.
Con zia intendeva sua sorella e con Mackenzie intendeva sua figlia, mia cugina. Due persone mai viste e completamente estranee a me. Mia madre e Odette, così aveva detto che si chiamasse sua sorella, erano originarie di Boston ma per un assurdo motivo mia madre aveva abbandonato l'America per andare a vivere nel Regno Unito, concependomi lì.
Probabilmente perché i miei nonni non avevano accettato il fatto che mia madre era rimasta incinta a ventitré anni, senza essere sposata o sapere chi fosse mio padre. Forse l'unica cosa positiva era stata che mia madre era riuscita in tempo a prendersi la laurea in giurisprudenza prima di farsi ingravidare.
«Spero solo che non sia assillante» sospirai.
 E lo speravo davvero, non avevo abbastanza pazienza per convivere con una adolescente iperattiva sotto lo stesso tetto.
«Tesoro, avete la stessa età. A dir la verità ha fatto diciotto anni a giugno quindi è perfino più grande di te, anche se di poco» mi rassicurò allungando la mano verso la mia.
Dopo questa breve conversazione, arrivammo a casa della zia Odette. Tuttavia, piuttosto di sembrare una casa sembrava una specie di ranch. E pensare che mia madre era nata e cresciuta in questo luogo. La casa sembrava costruita completamente in legno e dal tetto si vedeva spiccare fuori un camino fatto di mattoni rossi.
Attorno la casa vi era un esteso prato ben curato, qua e là c'era qualche cesta di legno che conteneva del fieno e dietro la casa invece sembrava di specchiarsi un piccolo laghetto. Grandioso, avevano anche i cavalli. Quando mia madre entrò nel sentiero che portava alla casa, vidi due figure davanti la porta di cui una di queste di stava visibilmente sbracciando.
Roteai gli occhi aspettandomi una convivenza al quanto fastidiosa perché sì, era mia zia Odette che ci ospitava. Almeno non avremmo dovuto pagare affitto e da quanto potevo notare non ci sarebbero stati vicini irritanti nei dintorni.
Quando mia madre parcheggiò e mise il freno a mano, la vidi catapultarsi fuori dalla macchina e correre ad abbracciare sua sorella. Sbuffando scesi e la seguii svogliatamente. I capelli biondi di mia madre erano in contrasto con quelli scuri di mia zia e anche la pelle era più scura della nostra.
«Ciao, Paige!» Sussultai quando la ragazza che qualche minuto fa si stava sbracciando si presentò davanti a me porgendomi la mano praticamente davanti al viso.
La sua carnagione era visibilmente più scura della mia, aveva gli occhi marroni e lunghi capelli corvini. In pratica potevamo rappresentare entrambe le facciate del biscotto ringo, lei cioccolato ed io vaniglia.
«Ciao, Makenna» ricambiai cordialmente. «Mackenzie» mi corresse, «ma tranquilla, prima o poi l'imparerai.»
Mentre mia madre e Odette erano intente a rovistare nei vecchi ricordi d'infanzia, io mi scomodai a scaricare le valige dalla macchina così avrei avuto un'ottima scusa per chiudermi in camera e scollarmi mia cugina da dosso. In fondo non sembrava poi così male come ragazza ma mi dava fastidio essere circondata da sconosciuti, tutto qui.
Le valige erano più pesanti di quanto pensassi e riuscii a stento tirarli fuori dal cofano.
«Ti aiuto» si offrì mia cugina. Mi aiutò a portare dentro la valigia e mi accorsi che la casa da dentro non era niente male.
Dava un'aria tipica da cacciatore con le tonalità rosse e qualche tappeto persiano qua e là.
«La nostra camera è di sopra» mi informò. Sentii lo stomaco stringermi appena udii la parola nostra.
Avrei dovuto condividere la stanza con Mackenzie per un periodo a tempo non determinato. Sperai solo che non invadesse i miei spazi e non mi rubasse i vestiti. Salimmo le scale caricando le valige, due le portò nella stanza degli ospiti ed una nella nostra camera in comune. Era ben arredata con tonalità lilla e qualche poter di Green Day e Aritic Monkey appesi alle pareti.
Vi erano due letti singoli; uno con le coperte altrettanto lilla dall'aspetto invitante ed uno con le coperte bianche che davano l'impressione da un letto ospedaliero. Lungo la parete sinistra stava un armadio in legno bianco ed oserei dire piuttosto piccolo per contenere gli indumenti di due adolescenti. Arricciai il naso capendo al volo e i miei spazi sarebbero stati molto limitati e soprattutto invasi.
«Scusa per le lenzuola orrende, non sapevo di che colore ti piacesse. Domani possiamo anche cambiarle di un colore che ti piace, okay?» propose ed io annuii.
Sentii che tutta questa gentilezza era alquanto preoccupante, insomma, io non lo sarei stata se fossi stata al posto suo. Aprii la mia valigia e Mackenzie mi indicò la mia metà dell'armadio e i cassetti per la biancheria intima.
«Ti serve aiuto?» chiese mentre mi vedeva disfare il bagaglio. «No» risposi in monosillaba.
Mackenzie mi guardò per qualche altro secondo mentre ripiegavo le mie magliette, visibilmente in imbarazzo.
«D'accordo, allora ti lascio disfare in pace i bagagli. Scendo di sotto, se avessi bisogno di qualunque cosa chiedi pure.» Non la guardai nemmeno e continuai a fare il mio lavoro.
«A proposito» scattò mentre era diretta verso la porta per uscire, «domani sarà il tuo primo giorno nella mia scuola quindi dovrai alzarti presto così potremmo recuperare l'orario, l'armadietto, i cors-» La interruppi. «Va bene, va bene! Respira! Domani faremo tutte queste cose ma ora per piacere lasciami sola a sistemare le mie cose.» Mackenzie annuii un po' turbata e scese la scale.
I sensi di colpa si fecero spazio dentro di me per averla appena trattata in quel modo e aver alzato la voce dopo che lei mi aveva perfino aiutata a salire le valige pesanti. Per il resto della giornata restai dentro la camera a sistemare le mie cose e non scesi nemmeno per cena. L'unico momento un cui riparlammo fu per darci la buonanotte. L'indomani mattina quando mi svegliai sentii parecchio freddo nonostante fossimo solo ad ottobre.
Quando mi misi a sedere notai che il letto accanto a me era vuoto e già rifatto. Mi scostai da dosso le coperte e andai a tirare fuori dall'armadio un paio di jeans blu e una maglietta bianca gettandoli sul letto. Mi diressi al bagno ancora in pigiama ed incontrai lungo il corridoio mia cugina. «Oh, 'giorno. Il bagno è la porta in fondo a destra.» disse a voce bassa.
Avevo intenzioni di scusarmi per ieri ma non ora, non era il momento. Mi rinfrescai velocemente e mi vestii, Mackenzie nel frattempo era già pronta e mi stava aspettando all'ingresso. Solo quando uscii di casa notai zia Odette in macchina pronta per darci il passaggio a scuola. Quando arrivammo a scuola salutai educatamente mia zia e scendemmo dalla macchina. Mackenzie sfrecciò velocemente verso il liceo lasciandomi praticamente incustodita e sola.
«Mackenzie» la chiamai cercando di raggiungerla, «senti, per ieri io... Mi dispiace, okay? Non volevo essere sgarbata ma devo ancora abituarmi a tutto questo.» dissi.
Il viso inespressivo di mia cugina mutò in un battito di ciglia in uno felice.
«Tranquilla, adesso cerchiamo di recuperare tutto!» mi sorrise afferrandomi a braccetto. Cavolo, adesso tutti stavano guardando verso di noi! Sforzai un sorriso lasciandomi trascinare da lei sentendomi gli occhi di tutti gli altri studenti addosso.
«Allora Blondie, devi entrare lì dentro, presentarti e ti saranno dati i tuoi orari. Io nel frattempo andrò dal mio armadietto a recuperare i libri, ci metterò un attimo. A dopo!»
Si allontanò da me sventolando la mano e la seguii con lo sguardo mentre spariva lungo il corridoio finché non incontrai lo sguardo di un ragazzo. Il suo sguardo non era come quelli degli altri; gli altri studenti guardavano solo perché non mi avevano mai vista prima, solo pura curiosità ma il suo era come se mi volesse intimorire, o meglio, spaventare.
Aggrottando le sopracciglia entrai in segreteria chiedendo l'orario. La donna borbottò qualcosa del tipo di quanto facesse schifo il suo lavoro prima di consegnarmi i miei orari scolastici. Foggiando un sorriso più falso di una banconota da tre dollari la ringraziai ed uscii.
Se solo non fossi uscita così presto; quando uscii vidi il ragazzo del corridoio appoggiato al muro alla mia sinistra mentre sosteneva il peso su una gamba. Era vicino, troppo vicino. Con questa spaventosa vicinanza riuscii perfino a guardarlo dritto negli occhi, pentendomi subito l'attimo dopo.
Quegli occhi profondi erano incatenati a quelli miei e l'unica cosa che pensai era che trasmettevano guai. Grandissimi guai.
  
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