Serie TV > Violetta
Segui la storia  |       
Autore: _Trilly_    30/10/2014    11 recensioni
Violetta, Angelica, Angie, Pablo, Leon, Diego, Francesca, Marco. Ognuno di loro ha un passato che vorrebbe cancellare, dimenticare. Si sa però, che per quanto si possa fingere che non sia mai esistito, esso è sempre là in agguato, pronto a riemergere nei momenti meno opportuni, portando con se sgomento e profondo dolore. Tutto questo perchè il passato non può essere ignorato per sempre, prima o poi bisogna affrontarlo. Ognuno di loro imparerà la lezione a sue spese.
Leonetta-Diecesca-Pangie
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Diego, Francesca, Leon, Pablo, Violetta
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A



Pablo si chiuse la porta di casa alle spalle, rigirandosi il mazzo di chiavi tra le mani. Era stanco morto e aveva una gran fame, dato che quella mattina l'aveva passata in sala professori sui conti dello Studio, cercando disperatamente di farli quadrare. Tutto questo perché per alcuni giorni aveva dovuto aiutare i ragazzi con una coreografia e di conseguenza aveva dovuto chiedere a Beto di occuparsi della contabilità, non lo avesse mai fatto. Benvenuto infatti, aveva combinato un vero e proprio disastro e per rimettere tutto a posto, aveva saltato la colazione e la pausa pranzo ed ecco spiegato il motivo per cui il suo stomaco brontolasse tanto. Alle narici gli giunse subito il delizioso profumino delle tagliatelle al sugo di Angie, il suo piatto preferito e affamato si affrettò a raggiungere la cucina. “Amore, sono tornato.”
Una nervosa Saramego, gli venne incontro in salotto, stampandogli un bacio a fior di labbra. “Sei tornato più tardi oggi. Sei riuscito a sistemare i conti?” Gli chiese, guidandolo in cucina.
Pablo annuì. “Ho passato una mattinata da inferno, credevo di non farcela, Beto ha...” s'interruppe di colpo, notando che in cucina oltre a Marco, che mangiava silenziosamente, ci fosse anche Angelica. “Ciao figliolo.” Diede una pacca sulla spalla del figlio, che lo salutò con un cenno, poi sorrise alla suocera. “Buon pomeriggio, Angelica.”
La donna gli sorrise, ma era un sorriso forzato, si vedeva lontano un miglio che avesse la testa da un'altra parte e anche Angie sembrava molto pensierosa. Che fosse sorto l'ennesimo problema? “Tutto bene?” Chiese, sedendosi a tavola e iniziando a mangiare.
Di tutta risposta Angelica si lasciò sfuggire un lamento e battè un pugno sul tavolo, facendo sobbalzare tutti. “Non so più che fare,” si lamentò la donna, sospirando disperatamente.
Confuso, Pablo guardò la moglie, che scrollò le spalle. “Violetta è scappata di casa.” Continuò poi raccontandogli di come Angelica avesse scoperto che la ragazza fosse tornata con Vargas e l'avesse per questo chiusa in camera, lasciandolo decisamente sbigottito. Tutto si aspettava, ma non di certo quello. “Se non ha chiamato la polizia, è perché io gliel'ho impedito,” spiegò, lanciando un'occhiata alla madre. “Sono sicura che Vilu è a casa di Vargas.”
“Questo non mi fa di certo stare meglio!” Ribattè l'anziana donna, scuotendo il capo. “Quello lì me la sta portando di nuovo sulla cattiva strada e non so più che fare. Se ne è andata, andata, capite? Aiutatemi, vi prego!” Aggiunse, a un passo dalle lacrime.
Angie subito abbracciò la madre, tentando di confortarla. Marco continuava a mangiare, apparentemente perso nei suoi pensieri e il povero Pablo si sentiva per l'ennesima volta immischiato in situazioni più grandi di lui. Da quando aveva vita, non ricordava un giorno in cui non avesse avuto delle questioni di cui preoccuparsi, sembrava che i problemi lo perseguitassero. Smise di colpo di mangiare, poggiando i gomiti sul tavolo e prendendosi la testa tra le mani. Tra i problemi allo Studio, quelli tra Marco e Diego e ora quello di Violetta, non sapeva davvero cosa fare. La sua intenzione era quella di mangiare e farsi qualche ora di sonno prima di tornare allo Studio, ma ora i suoi piani erano inevitabilmente saltati. Guardando lo stato d'animo di sua moglie e sua suocera, si rendeva conto che doveva fare qualcosa per risollevarle e subito, ma cosa? “Dov'è Diego?” Si azzardò a chiedere, notando che fosse stato apparecchiato anche per lui, ma che non ve ne fosse traccia. A quella domanda, Marco s'irrigidì e Angelica continuò a piangere silenziosamente, mentre Angie digrignò i denti, rivolgendogli un'occhiata esasperata. “Un giorno di questi quel ragazzo lo ammazzo, Pablo! Ti rendi conto che si è chiuso in camera e rifiuta di farmi entrare? Mi ignora completamente!” Esplose la bionda, agitando le braccia. “Si permette di fare l'offeso quando dovremmo essere noi ad avercela con lui.” Continuò a sproloquiare contro Diego, ma ormai Pablo non la stava ascoltando, stava elaborando un'idea apparentemente folle, ma che forse gli avrebbe permesso di risolvere due problemi in un solo colpo. “Lasciate fare a me,” esordì all'improvviso, scattando in piedi e attirando lo sguardo curioso di tutti i presenti. “C'è una sola persona che può convincere Violetta a tornare a casa, è la sua occasione per rimediare a ciò che ha combinato.” Il riferimento a Diego, che da sempre era molto legato alla Castillo, era molto evidente, ma se lui era abbastanza sicuro di ciò che dicesse, gli altri tre apparivano scettici. Marco borbottò qualcosa a proposito della malvagità del fratello, che di sicuro avrebbe sfruttato la situazione a suo vantaggio, mentre Angie e Angelica lo ascoltavano, interessate. “E come pensi di riuscire a parlare con quel testone se non apre nemmeno la porta?” Chiese la Saramego, scettica. “Non tocca cibo da ieri e solo per farci un dispetto.”
Pablo sospirò, avvicinandosi ai fornelli e riempiendo un piatto di pasta. “Gli porto da mangiare e tento di parlargli. Chissà, magari oggi sarà più collaborativo,” aggiunse, alludendo al famoso giorno del litigio nell'aula di ballo, quando una volta fuori non era riuscito ad ottenere altro che monosillabi di risposta. “Buona fortuna,” gli disse Angie, poco convinta. Se Diego aveva ignorato lei, non vedeva perché avrebbe dovuto dare retta a Pablo.
In ogni caso, Galindo si incamminò verso la camera del figlio, tentando di ostentare una sicurezza che non aveva. Diego poteva essere più testardo di sua madre quando ci si metteva e per questo temeva che lo avrebbe lasciato fuori alla porta come un allocco. Con la coda dell'occhio, vide che Angie si fosse appostata per spiare e prendendo un profondo respiro, bussò un paio di volte. “Diego, sono papà. Ti ho portato il pranzo, mi fai entrare?”
Seguirono lunghi istanti di silenzio, in cui Pablo pensò seriamente di andarsene, suo figlio lo stava ignorando come aveva fatto con Angie, poi però di punto in bianco sentì la chiave girare nella toppa. Lanciò un'occhiata verso una stupefatta Saramego e infine varcò la porta, che Diego gli aveva lasciato socchiusa. La prima cosa che notò era che facesse decisamente freddo e quello perché la finestra era spalancata, probabilmente per fare uscire la terribile puzza di fumo che l'aveva completamente invasa. Il giovane era proprio accanto alla finestra e stava spegnendo in un posacenere quella che a occhio e croce doveva essere l'ennesima cicca. Apparentemente sembrava il solito di sempre, ma a Pablo bastò un'occhiata per rendersi conto che Diego fosse presente fisicamente ma non mentalmente. “Diego.”
Il ragazzo sussultò, risvegliandosi da quella sorta di trance e voltandosi verso di lui. “Papà,” mormorò con voce incolore. “Ha mandato te adesso?” Aggiunse, con un'improvvisa acidità. Galindo senior non ci mise molto a capire che alludesse ad Angie e confuso gli si avvicinò, poggiando il piatto di pasta sulla scrivania. “Ti ho portato da mangiare.”
Diego lanciò una mezza occhiata al piatto, poi storse il naso. “Non voglio niente che sia preparato da lei, anzi dille di smetterla di urlare come un'isterica, tanto non le risponderò.” Andò a sdraiarsi sul letto e recuperò l'MP3, probabilmente intenzionato a concludere lì la conversazione, ma l'uomo non era per niente d'accordo. “Perché ce l'hai tanto con tua madre?” Gli chiese perciò, sollevando un sopracciglio, in attesa. Il ragazzo ruotò gli occhi e sbuffò, mettendosi in posizione seduta. “Non lo immagini? Ti credevo più intelligente.” Di fronte allo sguardo confuso del padre, sbottò: “Il modo in cui ha aggredito Francesca ti sembra normale? Non aveva alcun diritto di dirle delle cose così orribili!” Diego strinse forte i pugni, mentre la rabbia e l'indignazione si propagavano in ogni cellula del suo corpo. Da quando era chiuso lì dentro, era riuscito a contenersi ma ora non poteva più, doveva tirar fuori ogni cosa, solo così poteva liberarsi e sentirsi più leggero. “Io ho sbagliato quanto lei, con me doveva prendersela, con me e basta!” Quasi senza rendersene conto, era scattato in piedi e si era avvicinato alla finestra, mentre il padre lo fissava a bocca aperta. “Tra l'altro anche Marco ha sbagliato, ma sembra che a nessuno interessi!” Artigliò le mani al davanzale e lo strinse così forte da far diventare le nocche bianche, ma non gli importava, tutto ciò a cui riusciva a pensare era che per colpa di sua madre, Francesca era stata ferita e umiliata e non se lo meritava. Odiava che lei stesse male, non lo poteva sopportare.
Pablo gli si avvicinò, poggiandogli una mano sul braccio. “Dimmi la verità Diego, cosa provi per quella ragazza?”
Diego si voltò di scatto quasi avesse preso la scossa. “Come?” Chiese, confuso.
“Non fare il finto tonto con me,” ribattè Galindo, scuotendo il capo. “è chiaro che ci tieni a lei, la sola idea che possa soffrire ti fa impazzire.”
Il ragazzo sospirò, prendendosi il volto tra le mani. Quella conversazione sapeva tanto di deja vù, era fin troppo simile a quella che aveva avuto con Leon. Possibile che suo padre e Vargas per la prima volta la pensassero allo stesso modo? Ma soprattutto, avevano ragione?
“Sei innamorato di Francesca?” Quella domanda fatta con tanta semplicità, lo colpì con la violenza e l'imprevedibilità di uno schiaffo. Leon lo aveva affermato, suo padre glielo stava chiedendo, ma il senso era lo stesso. Fece qualche passo per la camera, poi si bloccò di colpo passandosi nervosamente le mani nei capelli. Era innamorato di Francesca? Quando glielo aveva detto Vargas, lo aveva mandato al diavolo, pensando che fosse un'assurdità, ma ora era decisamente confuso. Aveva desiderato baciarla sin da quando se l'era ritrovata nella cucina di casa, era persino arrivato a sognarla e quando finalmente aveva assaporato quelle labbra, si era reso conto che il sogno non reggeva nemmeno lontanamente il confronto. Quelle labbra erano così morbide, dolci, innocenti e allo stesso tempo sensuali e poi...cavolo, non riusciva a togliersela dalla testa. Ora non sognava solo di farci l'amore, voleva baciarla, stringerla a se, vederla sorridere e...cosa gli stava succedendo? Da quando Diego Galindo faceva simili pensieri? Tornò a guardare suo padre e quello che vide lo terrorizzò. In quegli occhi c'era la risposta a quella tempesta di emozioni che da troppo tempo lo confondeva e non poteva e non voleva accettarlo.
Pablo lo raggiunse con pochi passi, scuro in volto. “Lo sapevo,” mormorò con un filo di voce. “Ti sei innamorato di lei.”
Diego non rispose, limitandosi a fissarlo. No, lui non poteva innamorarsi, non era predisposto, non voleva. Scosse la testa, come se ciò potesse bastare per cancellare le parole di suo padre. “Assurdo,” borbottò tra se e se.
“Devi dimenticarla, Diego,” disse Pablo saggiamente, poggiandogli una mano sulla spalla. “E anche Marco deve farlo. Siete fratelli e vi piace la stessa ragazza, la cosa giusta è che entrambi ci rinunciate. Ciò non toglie che hai ragione, tua madre non avrebbe dovuto aggredire Francesca. Pretenderò che le chieda scusa.”
Il ragazzo rise, incredulo. “Non lo farà mai, è convinta che Francesca sia una seduttrice seriale, io un maniaco perverso e Marco la povera vittima. Bè, non è così!” Sbottò, scattando in piedi. “Ha baciato un'altra papà, non è un santo. Perché non è stato punito? Perché non è stata messa in discussione la sua posizione allo Studio?” Pablo abbassò lo sguardo, non sapendo proprio che dire. Diego aveva ragione, la colpa era anche di Marco e non era giusto che solo lui e Francesca fossero stati puniti. “Allora?” Il giovane gli si piazzò di fronte, sfidandolo con lo sguardo. “Non hai niente da dire?” Galindo incrociò lo sguardo del figlio, mortificato. “Diego, io...mi dispiace figliolo, hai ragione su tutto.” Diego sgranò gli occhi, sorpreso. “Parlerò con tua madre, la farò ragionare e... non è giusto che tu stia in punizione e Marco no.” Seppur ancora visibilmente sconvolto, il ragazzo si limitò ad annuire. “Per quanto riguarda Francesca,” riprese, invitandolo a sedersi di nuovo sul letto. “Se vi amate davvero, ti devo chiedere di far passare un po' di tempo, la situazione è delicata.” “Capisco,” si limitò a dire Diego. D'altronde la Cauviglia era la ex di suo fratello e poi lui stesso aveva bisogno di fare chiarezza, era troppo confuso e anche se non lo avrebbe mai ammesso, la paura incideva e non poco. “Diego, figliolo, c'è un'altra cosa che devo chiederti.” Il moro non disse una parola, allora lui continuò. “Violetta è scappata a casa di Vargas, tua nonna è disperata e...ho bisogno del tuo aiuto.”
Diego si voltò verso di lui, ostentando un sorrisetto ironico. “Fammi capire, sei venuto solo per farmi delle richieste? Wow.” Gli fece un applauso, per poi incrociare le braccia al petto e sollevare un sopracciglio, divertito. Pablo sospirò, esasperato. “Sai che non è così, se potessi risolvere ogni cosa con un semplice schiocco di dita lo farei. Vorrei solo che tu, Marco e Violetta foste felici,” proseguì, guardandolo dispiaciuto. “Non devi mai dubitare di questo.”
Diego annuì, sistemandosi più comodamente sul letto. “Raccontami di Violetta e della nonna, vedo cosa posso fare,” mormorò rassegnato, facendo nascere un grande sorriso sul volto del padre. “Arriveranno tempi migliori, vedrai.”




Violetta stirò le gambe e le braccia, sorridendo tra se e se. Un delizioso profumo di caffè le giungeva alle narici, ma era ancora molto assonnata per alzarsi. Il letto di Leon era troppo morbido, troppo caldo. Tenendo gli occhi chiusi, allungò il braccio accanto a lei, aspettandosi di trovare Vargas, ma non c'era nessuno. Aprì gli occhi di scatto, confusa. Il letto era ancora caldo, lui doveva essersi alzato da poco.
“Mmm...” Si abbandonò ancora tra i confortevoli guanciali, mentre la mente andava a ciò che era accaduto il giorno prima. Sua nonna aveva scoperto di lei e Leon e l'aveva chiusa in camera e così, disperata, aveva avvisato il suo ragazzo che prontamente l'aveva portata via. Poteva immaginare la paura e la disperazione di Angelica quando non l'aveva trovata in camera e ciò la faceva stare male, ma d'altronde non aveva avuto scelta. La donna non poteva rinchiuderla in camera come un animale, non poteva impedirle di stare con Leon, non poteva contrastare la sua felicità. Ne aveva abbastanza dei suoi piani per separarla dal suo grande amore, ne aveva abbastanza di tutto e di tutti. Si strofinò il volto con vigore, mentre una serie di fastidiosi pensieri non abbandonava la sua mente. Perché doveva essere sempre tutto così complicato? Voleva bene a sua nonna, ma non poteva costringerla a scegliere tra lei e Leon, era assurdo, impensabile.
“Ehi.” Il giovane Vargas comparve sul ciglio della porta, reggendo un vassoio con caffè e biscotti. “L'ora di pranzo è passata da un pezzo, ma non penso che volessi della pasta appena sveglia,” sorrise, sedendosi sul bordo del letto.
La Castillo ricambiò il sorriso, sfiorandogli una guancia con una leggera carezza. “Tu mi conosci sempre troppo bene.” Prese poi un biscotto e lo addentò con gusto. “Mmm...questi biscotti sono buonissimi.”
Leon annuì, mangiandone uno a sua volta. “Li ha preparati Lara, è sempre stata brava in cucina.” Continuarono a mangiare, scambiandosi dolci sguardi e sorrisi, poi il giovane si fece di colpo serio. “Sai che verranno a cercarti, vero? Non fraintendermi,” aggiunse, circondandole le spalle con un braccio e attirandola a se. “Mi piacerebbe svegliarmi ogni giorno con te accanto, ma tua nonna sarà preoccupata e...”
“Lo so, ma lei non ti accetterà mai e io non posso ubbidirle come un cagnolino,” ribatté lei, poggiando la guancia contro il suo petto. “Io ti amo e non rinuncerò a te, né ora e né mai.”
Leon sorrise, facendo scorrere la mano lungo la sua schiena. “Nulla ci separerà , te lo giuro.” Le prese poi il volto tra le mani, facendo combaciare le loro labbra. “Ti amo.”
Si stavano ancora baciando, quando sentirono bussare alla porta. “Avanti,” sbottò Leon, con una punta di fastidio. Chiunque fosse aveva davvero un tempismo perfetto.
La porta si aprì e un'agitatissima Lara varcò l'ingresso. “Scusate se vi disturbo, ma c'è una persona che chiede di te.” Guardò Violetta, che s'irrigidì di colpo, cosa che accadde anche a Leon. “Chi è?”
“Diego,” ammise Lara, mordendosi nervosamente il labbro. “Dice che deve parlarti.”
“Fallo entrare,” ribatté Leon, prima che la Castillo potesse dire qualsiasi cosa. La ragazza allora si allontanò per andare a chiamare Galindo, mentre Violetta guardò Vargas preoccupata. “Lo ha mandato mia nonna, ne sono sicura.”
“Tranquilla,” la rassicurò lui, sorridendole dolcemente. “Faremo valere le nostre idee e comunque di Diego possiamo fidarci, è uno di noi.” Lei annuì, anche se poco convinta. Si era sempre fidata ciecamente del cugino, ma da quando la sera prima Francesca e Camilla le avevano raccontato del bacio tra lui e la Cauviglia e della successiva lite con i Galindo, non sapeva più che pensare. Gli aveva chiesto di non giocare con i sentimenti della sua amica, eppure lui non l'aveva ascoltata e addirittura aveva messo Francesca in una situazione parecchio complicata, come poteva quindi comportarsi con lui come se nulla fosse accaduto? Si sentiva così ferita, delusa e...
“Leon, Violetta.” Diego entrò nella camera, ostentando un debole sorriso. Lara, ferma poco dietro di lui, lo fissava sognante. Chiaramente la ragazza non sapeva nulla di quello che era accaduto.
“Ehi Dieguito,” lo salutò Leon, andandogli incontro e dandogli una pacca sulla spalla. “Sei evaso?” Lo beffeggiò, facendolo sghignazzare. “Qualcosa di simile. Mi ha accompagnato mio padre,” spiegò, guardando anche Violetta. “Come stai cuginetta, non me lo dai un abbraccio?” Aprì le braccia, aspettandosi che lei ci si fiondasse come faceva sempre, ma rimase deluso. Violetta infatti restò esattamente dov'era, guardandolo torva. “Me lo avevi promesso.”
Diego sospirò, capendo immediatamente a cosa si riferisse. La ragazza doveva aver parlato con Francesca e perciò sapeva che non avesse rispettato la promessa che le aveva fatto, flirtando lo stesso con la Cauviglia. “Non sono venuto per parlare di me,” disse loro, recuperando la sedia da dietro la scrivania e sedendosi pigramente. “La nonna è disperata, non riesce a darsi pace, ha bisogno di te.”
La Castillo abbassò lo sguardo, dispiaciuta. Sapeva di aver provocato un profondo dolore in sua nonna, ma sentirselo dire la faceva sentire ancora di più in colpa. “Non voglio che stia male,” ammise, con un filo di voce.
“Allora torna a casa,” ribattè il moro, sorridendole comprensivo. “Siete sempre state solo voi due, vi siete fatte forza insieme, non può finire tutto così.” Mentre diceva ciò, Diego scuoteva il capo, stupito dalle sue stesse parole. Da quando era così saggio? Parlare troppo con suo padre iniziava a fargli decisamente male. Se Leon non disse una parola, limitandosi ad alternare lo sguardo da Violetta a Diego, la ragazza si morse il labbro facendo fatica a trattenere le lacrime. “Lei è tutto quello che mi resta della mia famiglia, è come una mamma per me,” singhiozzò, lo sguardo fisso nel vuoto. “Non voglio perderla.”
“Non la perderai.” Leon le si sedette accanto, stringendola forte a se. “Ti vuole bene e non ti abbandonerà mai, vedrai che capirà.” Violetta tirò su col naso, strofinando il volto contro il suo petto. “Non vuole che stiamo insieme, lo sai. Se torno a casa mi chiude di nuovo in camera.”
Vargas le accarezzò dolcemente il capo, lanciando un'occhiata verso Diego, che scosse la testa. “Non lo farà, mio padre mi ha assicurato che vuole solo parlarti,” promise il cugino avvicinandosi al letto e sfiorandole il capo, ma Violetta lo scacciò, scattando in piedi, stizzita. “Quanto sei falso, prima rompi una promessa e poi fingi che ti importa di me.”
Diego sollevò gli occhi al cielo, esasperato. “Pensi davvero che non mi importi di te? Cavolo Violetta, tu sei una delle poche persone per cui darei la vita.”
“Perchè allora ti sei messo lo stesso tra Marco e Francesca? Perché non hai mantenuto la promessa che mi avevi fatto?” Sbottò lei, agitando le braccia. “Mi fidavo di te.”
Il moro abbassò lo sguardo, afflitto. Violetta aveva ragione su tutti i fronti e non c'era nulla che lui potesse dire per discolparsi. L'aveva ferita, tradita, delusa, con il suo comportamento aveva causato fin troppi problemi esattamente come faceva in passato, evidentemente era un tipo recidivo.
“Stai esagerando, adesso basta.” Diego e Violetta si voltarono di scatto verso Leon, che ancora seduto sul letto fissava la fidanzata, serio. “Diego ha baciato Francesca e allora? Se lei non voleva quel bacio poteva tirarsi indietro, ma non lo ha fatto.” Si alzò poi in piedi, raggiungendo i due. “è già stato punito abbastanza e nonostante tutto, è qui a sostenerti, dovresti ringraziarlo e non dargli contro,” proseguì duramente, stupendo entrambi i giovani. Leon non aveva mai parlato a Violetta con quel tono e nonostante tutto, lei si rendeva conto di meritarlo. Vargas aveva ragione, non poteva avercela con Diego per una cosa simile, d'altronde la stessa Francesca le aveva detto di essere innamorata del moro e di averglielo persino confessato, entrambi avevano le loro colpe e non avrebbe dovuto permettersi di giudicare. Convinta di ciò, guardò il cugino, mortificata. “Scusami, non avrei dovuto dirti quelle cose, perdonami.” Diego scosse la testa, stringendola tra le sue forti braccia. “Non ti devo perdonare nulla, va tutto bene.”
Lei annuì, singhiozzando contro il suo petto. “Ti voglio bene, Diego.”
“Anch'io cuginetta, anch'io,” sorrise lui, rivolgendo uno sguardo riconoscente a Leon, che gli strizzò l'occhio. “Parlate con la nonna, non penso voglia ripetere l'esperienza della tua fuga...vi ascolterà.”
Violetta sciolse l'abbraccio, così da poter guardare sia lui che Leon, scettica. “Credi davvero che mi ascolterà?”
“Credi davvero che ascolterà me?” Aggiunse Vargas, divertito. “è più facile che mi cacci a calci nel sedere, mi odia.”
Diego scrollò le spalle, sforzandosi di trattenere una risata. “Se è per questo odia anche me, ma vale la pena provare, no?”
Alla fine Violetta si convinse ad affrontare Angelica, anche se pretese che Leon l'accompagnasse e lui non potè fare altro che concordare. Dopotutto era arrivato il momento del confronto tra lui e la persona che più di tutti gli aveva sempre remato contro, molte cose dovevano essere chiarite e lui non era il tipo che lasciava correre, era fin troppo diretto.
“Sono sicuro che mia nonna capirà.” Leon aveva accompagnato Diego all'ingresso e prima di varcare la soglia il moro gli aveva mormorato quella frase, dandogli una pacca sulla spalla, solidale.
Vargas sorrise riconoscente. “Spero che tu abbia ragione, amico.” Il moro ricambiò il sorriso e quando fece per voltarsi, lui lo fermò. “Abbiamo una conversazione in sospeso io e te, non dimenticarlo.” Chiaramente Leon voleva conoscere la sua versione su quello che era accaduto con Francesca e Diego non poté fare a meno di scuotere la testa, divertito. “Non lo dimentico, tranquillo.”




“Ma quanto sono perfetta,” sorrise soddisfatta Ludmilla, ammirando il suo riflesso nello specchio del suo armadietto, passandosi l'ennesimo strato di rossetto rosso. Aveva appena terminato di scrivere una canzone, una canzone che parlava di lei ovviamente e che quindi era meravigliosa, perciò ora doveva ricomporsi prima di lasciare lo Studio. Poco distante da lei c'era un gruppo di ragazzi e da stralci di conversazione, potè capire che parlassero dei Galindo e di Francesca e ciò fece accentuare il suo sorriso. La sua vendetta ai danni di Diego si era conclusa a meraviglia, tutti sapevano cosa aveva fatto, tutti lo giudicavano male, la sua famiglia su tutti. Ora avrebbe sofferto così tanto che la prossima volta ci avrebbe pensato due volte prima di prendersi gioco di lei.
“Ciao Supernova.”
Ludmilla distolse lo sguardo dallo specchio, per posarlo sul ragazzo che era apparso di punto in bianco alla sua destra. Era quel Federico, il ragazzo fastidioso che aveva occupato la sua panchina. Come l'ultima volta, aveva un odioso sorrisetto stampato in faccia ed era vestito in maniera piuttosto modesta. “Ah, sei tu ehm...non mi ricordo il tuo nome però,” ribattè con voce annoiata, tornando a concentrarsi sulla sua immagine riflessa. Federico sogghignò, appoggiandosi pigramente contro gli armadietti, lo sguardo che seguiva ogni movimento della ragazza. “Mi chiamo Federico,” le disse, facendo scorrere le dita lungo il bordo dell'anta dell'armadietto in maniera lenta e ipnotica. Ludmilla seguì quelle dita per alcuni istanti, poi scosse la testa, disgustata. “Ti ho già detto che il tuo nome non mi interessa, perciò è inutile che me lo ripeti.” Nonostante fosse indispettita, lui si ritrovò a ridacchiare, profondamente divertito. “Sai che ti dico, Supernova,” iniziò, avanzando di un passo, cosicché i due fossero separati solo dall'anta dell'armadietto. “Io dico che il mio nome te lo ricordavi eccome, ma dovevi darti delle arie.” Con un leggero gesto della mano, accostò l'anta, così da poterla guardare meglio in volto. “Sei molto modesta, eh?” Aggiunse, con un sorrisino ironico.
Ludmilla lo fulminò con lo sguardo, chiudendo l'armadietto con un gesto di stizza e facendo voltare diverse persone. “Non hai niente di meglio da fare che darmi fastidio? La tua presenza mi innervosisce.”
Ancora una volta Federico non si scompose, al contrario continuò a sorridere. “Non avevo dubbi, però innervosirti mi piace troppo.” Fece scorrere lo sguardo lungo la figura della ragazza, che s'irrigidì. Non sapeva dire perché, ma lui la rendeva nervosa e il modo in cui la guardava la faceva sentire sotto esame come mai le era accaduto, cosa che non le piaceva per niente. Si lisciò con cura la giacca verde marine che indossava, stringendo nella mano sinistra la pochette coordinata. “Non ho tempo da perdere con te. Bye,” lo salutò agitando la mano. Non fece però nemmeno mezzo metro, che una voce la fermò, una voce che era sicura non appartenesse a Federico. “Finalmente ti ho trovata.”
La Ferro si voltò, spazientita, incrociando lo sguardo di Marco Galindo. “Dobbiamo parlare,” spiegò il ragazzo, particolarmente nervoso, segno che per lui quella conversazione avesse molta importanza. “Mi dispiace sweety, ma ora non ho proprio tempo,” ribattè la bionda, ma Marco le bloccò il polso, impedendole di andarsene. “Tu non vai da nessuna parte senza prima avermi ascoltato.”
Ludmilla fece per ribattere, ma... “L'hai sentita, non vuole parlare con te.” Federico si frappose tra i due, fronteggiando il ragazzo. “Lasciala stare,” sibilò minacciosamente, stupendo sia Galindo che la stessa ragazza.
Marco gli rivolse una mezza occhiata, poi mollò la presa. “è una cosa importante,” disse, guardando la Ferro. La bionda ruotò gli occhi e sbuffò. “E va bene, ma ti concedo solo cinque minuti.” A quel punto Federico non potè fare altro che sollevare le mani in segno di resa e allontanarsi, mentre Galindo appariva decisamente soddisfatto. “Finalmente se ne è andato, è di un'arroganza spaventosa,” commentò, guardando Bianchi con la coda dell'occhio.
“Cosa vuoi?” Chiese Ludmilla, incrociando le braccia al petto e battendo il piede, in attesa.
Marco sorrise, circondandole le spalle con un braccio. “Siamo proprio una bella squadra tu ed io e proprio per questo, non possiamo lasciare il lavoro a metà.”
“A che ti riferisci?” Ribattè lei, liberandosi dalla sua stretta, stizzita. Non ricordava di avergli mai dato tutta quella confidenza.
Galindo sollevò le spalle, come se la sua risposta fosse ovvia. “Ma a Diego e Francesca ovviamente,” spiegò infatti il ragazzo con un filo di voce. “Dobbiamo vendicarci per come si sono comportati con noi e...”
“E niente,” lo interruppe la Ferro, agitando la mano quasi stesse scacciando una mosca particolarmente fastidiosa. “Li odiano tutti, non potrei chiedere di meglio.”
“Ma...” provò a protestare il ragazzo, ma lei lo zittì. “Basta, non insistere. A tirare troppo la corda si rischia di spezzarla. Vedere tutti parlar male di Diego, mi basta.” Detto ciò, lo spinse di lato e se ne andò ancheggiando, mollandolo lì da solo.
“Allora, che voleva?” Federico riapparve di nuovo da chissà dove, affiancandola, interessato.
Ludmilla sospirò, rivolgendogli una mezza occhiata. “Nulla di particolare, non mi perdona che tutti abbiano saputo dell'avventura tra la sua ragazza e suo fratello.”
“Che cosa?” Chiese il ragazzo, stupito. “E tu l'hai raccontato in giro? Sei anche pettegola quindi,” considerò, accigliato.
Lei scrollò le spalle, incurante. “Chi si mette contro di me, ne paga le conseguenze e il fratello di Marco se l'è cercata più di tutti,” ribatté con un sorriso maligno stampato in faccia.
“Wow,” commentò Federico, stupito dal fuoco che vide riflesso nei suoi occhi nocciola. Non credeva avesse un temperamento così vendicativo e doveva ammettere che la cosa lo affascinasse molto. “E dimmi, queste conseguenze colpirebbero anche me se ti chiedessi un appuntamento?” Si azzardò a chiederle, guardandola intensamente.
Ludmilla si bloccò di colpo, voltandosi verso di lui, sorpresa. “Come scusa?”
Federico sorrise, piegando leggermente il capo verso destra. “Voglio conoscerti meglio Supernova, mi incuriosisci molto.”
Lei rise, incredula. “Io no, per niente.” Fece per andarsene, ma la voce del ragazzo la bloccò. “Non pensi che dopo averti difeso da Galindo me lo meriterei?” Le fece notare con un sorrisetto sornione.
Ludmilla lo scrutò, scettica. “Mmm...me la sarei cavata lo stesso, non ho bisogno di qualcuno che mi difenda.” Sotto lo sguardo interessato del ragazzo, proseguì. “Ma in effetti potrei concederti questo onore, non sei così disgustoso, ho avuto a che fare con tipi peggiori,” dicendo ciò, lo scrutò storcendo il naso, mentre lui sorrideva soddisfatto. “Io sono il meglio che potrebbe capitarti Supernova, te lo assicuro.” Le strizzò l'occhio, per poi allontanarsi e lei lo seguì con lo sguardo, incredula. A quanto pareva, in fatto di arroganza nemmeno lui scherzava, erano fin troppo simili e la cosa, doveva ammettere, era decisamente interessante.




Dopo la tempesta ecco un po' di quiete, se così si può definire. Lunga conversazione tra Pablo e Diego, dove il primo non solo rivaluta le colpe del figlio ma lo mette di fronte a un'importante interrogativo: cosa prova per Francesca?
Awwwww ecco dove si sono rifugiati i Leonetta, a casa di Leon!! *________* Chiarimento tra Vilu e Diego, poi il giovane convince lei e Leon a parlare con Angelica, chissà come andrà questo confronto XD
Nel frattempo Ludmilla liquida Marco e i suoi propositi di vendetta e decide al contrario di uscire con Federico, con cui sembra esserci un'intesa molto particolare :3
Vi ringrazio per il vostro affetto e spero che anche questo capitolo vi sia piaciuto :3
Baci <3


 
  
Leggi le 11 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Violetta / Vai alla pagina dell'autore: _Trilly_