Anime & Manga > Tokyo Mew Mew
Segui la storia  |       
Autore: Ria    05/11/2014    6 recensioni
[...] Kisshu era uno di quei tipi a cui piace giocare con le ragazze. Tutte le ragazze. Gli piaceva stuzzicarle, blandirle pian piano, finchè queste non cadevano ai suoi piedi e tutte cedevano sempre. Perché per Kisshu era un gioco, un gioco allettante e piacevole, e perché per lui erano tutte uguali.
Con due eccezioni.
Una era Ichigo, e Taruto lo capiva benissimo, anche se non riusciva a capacitarsi di come fossero peggiorati i gusti del fratello per scegliere “quella vecchiaccia”.
L’altra era Aisei. [...]
[...] Lei scosse la testa con forza:
« Ho avuto… Ho avuto paura! – singhiozzò – Quando… Quando Kisshu mi dice che gli piaccio… Non so più cosa fare! Ho l’impressione di non controllare più il mio corpo, non riesco nemmeno più a pensare! Penso solo… »
« Solo? »
« … Solo… Che vorrei stare con lui, e nient’altro.
« Non… Non sento più niente, non voglio più sentire niente. Vorrei solo che mi abbracciasse… »
Genere: Azione, Guerra, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ichigo Momomiya/Strawberry, Kisshu Ikisatashi/Ghish, Nuovo Personaggio, Un po' tutti
Note: Lime, What if? | Avvertimenti: Triangolo
Capitoli:
 <<  
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Campagna di Promozione Sociale - Messaggio No Profit: 
Dona l’8‰ del tuo tempo alla causa pro recensioni. 
Farai felice milioni di scrittori. 

 

 

 

 

Secondo blocco di flashback. Io sono ancora in coma dal precedente, perciò non so cosa stia per accadere :P (anche perché sono tutta costipata dal raffreddore e ho un booo~tto di lavoro arretrato, tipo devo fine 40 tavole entro fine mese e sono disperata çwç).

Godetevi lo show :D!

 

 

 ~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~

  

 

 

 

 

Cap.14 – Emerald Temptation: tre anni fa

 

 

 

« Eddai, Kisshu, presentamela! »

« Scordatelo Eliel »

« Ma dai! Vabbè che siete amici da una vita, ma non è mica tua sorella! »

« In tutta sincerità, non m’interessa con chi esce Aisei, ma te lo dico col cuore: non è il tuo tipo. »

« E tu che ne sai?! – protestò l’altro ragazzo, afferrando Kisshu per il collo – La verità è che vuoi tenertela tutta per te! »

« Chissà… »

« Sei stronzo, sai?! »

I ragazzi presero a ridere come due idioti, attirando per l’ennesima volta l’attenzione del loro sergente istruttore, che inveì contro il loro schiamazzare per una decina di minuti buoni.

A differenza del solito, Kisshu sopportò la predica senza sbuffi o battutine sarcastiche: era troppo felice di andarsene in licenza per poter venire irritato da quel bacchettone del suo insegnante, sei mesi senza poter attraversare quei due chilometri scarsi tra casa sua e l’Accademia militare gli erano sembrati anni.

Mentre si avviavano veloci verso i dormitori, Eliel afferrò nuovamente Kisshu  per le spalle:

« Dai, voglio conoscere questa Aisei! È da quando sono qui dentro che non ho uno straccio di ragazza, devo rimpolpare i miei contatti! »

« T’ho detto che è meglio che lasci perdere…! »

Eliel sbuffò, capendo di dover rinunciare, e borbottando sugli amici che non aiutavano nel momento del bisogno, si avviò alla sua branda; Kisshu lo imitò e si sedette pesantemente sul letto, infilando alla rinfusa la poca roba che aveva nella valigia.

Cinque minuti dopo era bello che pronto per dire addio alla noiosissima vita da caserma, almeno per qualche tempo; salutò i suoi compagni di dormitorio e schizzò fuori dall’edificio come un fulmine, diretto a casa. Mentre attraversava la piazza del mercato trattenne a stento un verso di stizza, per colpa delle stupide domande di Eliel si sentiva nervoso.

Chissà se Aisei è a casa?

Si strinse attorno al collo il pastrano che aveva sulle spalle, tremando per uno spiffero ghiacciato, e finalmente intravide casa sua, in fondo alla via.

« Nair nee-san! »

La ragazza in piedi di fronte all’uscio si voltò nel sentirlo e gli sorrise con dolcezza:

« Bentornato, Kisshu-chan. »

« Nee-san, guarda che non sono un bambino! »

Lei ridacchiò, portandosi un ciuffo color dell’ebano dietro l’orecchio:

« Scusa, Kisshu-chan. »

« A ridagli! »

Nair rise con ancora più gusto; Kisshu sbuffò rassegnato.

« Allora, tutto bene? Non hai combinato troppi guai in accademia, vero? »

« No, mammina, sono stato un bravo bambino. – fece sarcastico, mentre Nair lo fissava eloquente – A proposito… Mamma e papà? »

« Sono andati al mercato assieme a Taruto-chan. Immagino ti aspettassero per questo pomeriggio. »

Kisshu annuì con un monosillabo, prendendo a guardarsi attorno irrequieto. Nair sorrise ancora, facendo per entrare nella casa di fianco, e guardò il ragazzo con aria maliziosa:

« Mia sorella invece credo sia andata al vecchio fiume. »

Kisshu fece una smorfia indispettita, serrando i pugni:

« Non stavo cercando Aisei! »

La ragazza ridacchiò ancora e Kisshu scostò lo sguardo, a disagio.

« Vabbè – borbottò alla fine – visto che non c’è nessuno, andrò a fare un giro… »

« D’accordo. »

 

 

Kisshu si trattenne dal mettersi a correre fino al vecchio fiume, non voleva dare a Nair un altro spunto per prenderlo in giro. Anche se sapeva che aveva ragione.

Il vecchio fiume era parecchio distante dalla città, nella prima zona che la sua gente aveva abitato: essendo uno degli unici corsi d’acqua del pianeta che non ghiacciava, era stato usato da sempre come sorgente; da tempo, però, avevano costruito una centrale completamente automatizzata per portare l’acqua fino in città, e la zona era diventata deserta, il posto perfetto per starsene un po’ in pace.

Appena iniziò a sentire il gorgoglio delle gelide acque del fiume, Kisshu scorse Aisei che passeggiava distrattamente su e giù lungo l’argine.

Quatto quatto si teletrasportò alle sue spalle: era un’occasione troppo ghiotta per un scherzo per potervi rinunciare! Pregustando già le risate fece per agguantare Aisei per la vita, quando questa lo centrò in pieno con una gomitata sul naso mandandolo lungo disteso a terra.

« OHIIIII…!! Ma sei scema?!? »

« K-Kisshu?!? Eri tu?!? »

« No, sono il mostro delle nevi! – fece sarcastico, le mani chiuse sul naso e sulla bocca – Ma ti pare che si debba reagire così?! »

Imprecò a denti stretti, arricciando il naso con una smorfia di dolore.

« Scusami! Scusa davvero è…! È che mi hai spaventata! »

« Faccio così paura? »

« Spiritoso! Dai, fa vedere… »

Lui borbottò qualcosa come lascia stare, ma Aisei irremovibile lo costrinse a mostrargli la faccia; Kisshu sentì un po' troppo prepotentemente lo stomaco contrarsi mentre lei gli sfiorava il viso con delicatezza.

« Per fortuna ti ho preso male… – disse Aisei con un sorrisino tirato – Temevo di avertelo rotto! »

« Se fosse successo saresti incorsa nell’ira di tutta la popolazione femminile universale. »

« Ah, ah, ah! »

Lo canzonò, anche se scandì ogni frammento della risata con fare troppo acido. Kisshu sorrise.

« A proposito – continuo Aisei, sempre un po’ stizzita – come mai non sei con quella? »

« Chi? »

« Quella tipa di un po’ di tempo fa… Credevo vi sareste visti subito appena fossi tornato. Com’è che si chiamava…? »

« Parli di Milia? – rispose lui con noncuranza – Boh, e chi l’ha più vista…! »

Aisei lo fissò un istante e si sforzò di non sembrare contenta:

« … Ah sì? »

« Già. »

« Si può sapere ora perché mi guardi e sghignazzi?!? – protestò, arrossendo – Non sopporto quando mi prendi in giro! »

« E chi ha fatto niente? »

La guardò con un sorrisetto malizioso, trattenendo le risate, e Aisei arrossì ancora di più:

« Sei il solito cretino! »

 

 

« Hai intenzione di tenermi il muso per tutto il giorno? »

« Finchè non mi dici cosa c’era di così divertente nella mia faccia, sì! »

« Eddai! Basta oggi che sono tornato »

Aisei lo ignorò, continuando a camminare impettita. Kisshu si passò una mano sul collo, sospirando: e dire che tra tutte le cose che voleva evitare quel giorno era discutere con Aisei!

Ma stuzzicarla a quella maniera, vedere la sua espressione gelosa e le sue guance rosse d’imbarazzo e stizza… Era qualcosa di cui Kisshu non riusciva a fare a meno. E gli dava anche una certa soddisfazione vedere che la sua tattica andava a segno tutte le volte.

Quando avevano stabilito che tra loro due non sarebbe cambiato nulla, quella volta nella grotta, Kisshu aveva sperato con tutto il cuore che le cose, invece, cambiassero molto in fretta.

Più passava il tempo più gli era difficile trattenere i suoi sentimenti per Aisei, ma lei invece non cedeva, respingendolo ogniqualvolta lui tentava di sorpassare la linea di amico.

L’ostinazione di Aisei era qualcosa fuori dal normale: eppure anche Kisshu sapeva benissimo di piacerle!

 Anche un cieco se ne sarebbe accorto!

Non sapendo più che pesci prendere, Kisshu era passato all’offensiva.

Compiuti i dodici anni ed entrando nella pubertà, aveva scoperto di avere un certo ascendente sulle ragazze, e aveva deciso che la cosa poteva tornagli utile.

L’essere amici implicava anche che a nessuno dei due doveva importare se l’altro frequentava qualcuno, non era forse così?

Definire quelle che aveva avuto nel precedente anno e mezzo come “frequentazioni” sarebbe stato eccessivo, ma tanto bastava per mandare in bestia Aisei che cercava di volta in volta di prolungare l’intervallo tra una ragazza e l’altra – anche se non lo avrebbe mai ammesso – stando sempre appiccicata a Kisshu  per scoraggiare le spasimanti.

Quel gioco, però, stava diventando logorante, tanto per lei quanto per lui. Kisshu non sapeva per quanto ancora avrebbe resistito.

Eliel aveva ragione, lui voleva Aisei tutta per sé; ringraziava che fino a quel momento i modi da maschiaccio della bruna avessero reso ciechi gli altri ragazzi. All’idea che qualcuno che non fosse lui la toccasse, la abbracciasse, pensasse anche soltanto a baciarla...

Kisshu formulò i pensieri più truculenti concepibili da una mente razionale, in cui un numero indefinito di spasimanti erano polverizzati alla velocità della luce.

Rivedere Aisei dopo sei mesi lo faceva sentire irrequieto, felice ed emozionato, e gli ormoni che presto gli sarebbero divenuti tanto famigliari davano il loro contributo. La ragazza stava cominciando a perdere i tratti fisici da bambina: la vita si stava stringendo, i fianchi andavano a inarcarsi così come la linea del fondoschiena, accarezzata dai capelli sempre più lunghi, e sul petto s’intravedeva sempre più evidente la curva del seno.

Kami-sama, quanto potrò andare avanti così?!?

« Aisei, dai, ascolta. »

La fermò afferrandole con gentilezza il polso e cercando di concentrare i suoi pensieri su qualcos’altro che non fosse il desiderio di abbracciarla:

« Scusami ok? Non volevo farti arrabbiare. »

Lei lo fissò torva e lui ricambiò con un’occhiata supplichevole. Aisei sbuffò rassegnata, sciogliendosi in un mezzo sorriso:

« Ok… In fondo ho esagerato anch’io… »

« Che strano! »

« Ehi! »

Scoppiarono a ridere entrambi. Aisei lo guardò sorridendo ancor di più:

« Sono... Felice che tu sia tornato. »

« ... Ah sì? »

Lei annuì con espressione dolce e Kisshu sentì lo stomaco attorcigliarsi deliziosamente e un piacevole calore riempirgli il petto.

Così, quando una voce famigliare lo costrinse a voltarsi, gli sembrò lo avessero centrato con un secchio di acqua gelata; si girò con una smorfia assassina stampata in faccia.

« Kisshu! Ma guarda un po’, quanto tempo! »

« Eliel… »

« Ehi, che faccia! Due ore e ti sei già dimenticato di me?! »

Il tono scherzoso dell’altro non sembrò sfiorare neppure vagamente Kisshu, che rispose con un sibilo.

« Aspetta un momento…! Ehi, tu devi essere Aisei, giusto?! – esclamò Eliel, afferrando al volo la mano della ragazza – Molto piacere! Io sono Eliel. »

« Ehm… Piacere… »

Mormorò lei. Kisshu augurò a Eliel di mollarle la mano entro i successivi cinque secondi, o gliel’avrebbe staccata a morsi.

« Visto che alla fine sono riuscito a farmela presentare lo stesso? »

Scherzò ancora Eliel; Kisshu non rispose, troppo impegnato a contrarre la mascella per non insultarlo.

« Mi aveva parlato di te, ma non mi aveva detto che eri così carina! »

Aisei fece un mezzo sorriso, ringraziando; non amava troppo i cascamorti, ma quel ragazzo era simpatico. Kisshu serrò i pugni.

Stai calmo. Stai calmo. Lo sapevi che sarebbe successo, prima o poi. Devi solo comportarti da essere civile e andartene, portando via Aisei con una scusa...

« Senti Kisshu, visto che vi siete già salutati, posso rubartela per qualche minuto? »

Il braccio di Eliel si mosse per agguantare Aisei alla vita. Kisshu respirò a fondo per non urlargli contro.

« No. »

Con fare brusco afferrò la mano di Aisei e sorpassò Eliel a passo di marcia, guardandolo torvo:

« Scusa, ma dobbiamo andare. – fece sbrigativo con un cenno della mano – Ci vediamo, eh? »

Eliel non ebbe nemmeno il tempo di rispondere.

Furente, Kisshu trascinò Aisei il più distante possibile, fermandosi solo quando il suo camerata fu fuori dalla loro vista, in un angolo angusto fra tre case. La ragazza, che aveva protestato tutto il tempo, si liberò dalla sua stretta guardandolo male:

« E ora che ti è preso?! »

« Niente! »

« A me non sembrava! – gli si piazzò di fronte con le mani sui fianchi – Che ti passa per la testa?! »

« Che mi passa per la testa?! Vuoi proprio saperlo?!? »

« Sinceramente?! No! Ma non capisco perché sei dovuto essere così sgarbato! »

« Preferivi che il polipo afferrasse qualcos’altro oltre alla tua mano e ai tuoi fianchi?! »

« Che scemenze! – sbottò lei arrossendo – Non ha fatto niente di male! »

Invece anche lei aveva capito benissimo dove voleva andare a parare Eliel, ma non poteva accettare comunque il comportamento di Kisshu.

Né voleva ammettere che, in un angolino recondito della sua testa, le facesse piacere vedere Kisshu geloso.

« E poi anche se fosse? A te che importa! »

Si morse la lingua a quella frase; Kisshu la guardò furioso e Aisei si vece piccola piccola, indietreggiando verso il muro alle sue spalle.

« Cosa me ne importa?! »

Le poggiò una mano accanto alla testa. Aisei era ormai addossata alla parete e fu costretta a fissare Kisshu negli occhi. Deglutì a vuoto; Kisshu aveva la maledetta mania di venirle troppo vicino, gli sarebbe bastato un altro passo per toccarla.

E da quando è così alto…?

Aisei dovette alzare la testa per guardarlo in faccia. Prese un bel respiro, convincendosi che il brivido che le scendeva per la schiena era causato dal muro gelido, e riprese cercando di non far tremare la voce:

« S-sì. E se invece a me stesse bene se lui ci prova? Cos’è, puoi avere la ragazza solo tu?! »

« Non è questo il punto! »

Sbottò, arrossendo impercettibilmente sulla punta delle orecchie – per la seconda e ultima volta nella sua esistenza – e poi riprese con più foga:

« E comunque no, tu non puoi! »

« Come sarebbe a dire?! – fece lei inviperita – Non puoi decidere tu! »

« Non puoi, perché se qualcuno provasse a sfiorarti gli spaccherei la testa! »

« Ma sei impazzito?! P-perchè dovresti farlo?! »

« Lo sai benissimo perché! Come sai benissimo che di quelle altre non me ne frega un cazzo, ma di te sì…! »

Aisei tacque un istante, era talmente arrabbiata e confusa da non trovare la risposta adatta. Quel discorso stava sforando nel non senso, e sapeva che presto il suo caratteraccio l’avrebbe portata a dire cose sconclusionate solo per ferire Kisshu e farlo tacere.

« A me sembra che tu sia solo possessivo per non si sa quale ragione! »

Dannazione alla sua boccaccia.

Kisshu si corrucciò ancora di più:

« Piantala di dire stronzate! »

Prese un bel respiro, appoggiando al muro anche l’altra mano.

Ecco, la sua resistenza era terminata.

« Lo sai cosa davvero mi da ai nervi? Non il fatto che tu sia arrabbiata, ma che ti comporti come se non capissi. »

« Che stai…? »

« Te l’ho già detto, mi sembra. Credi che da quando eravamo piccoli me lo sia dimenticato? »

Aisei ebbe un fremito.

Digli di lasciar stare il discorso! Non farglielo dire, non farglielo dire!

« Quella che si ostina a negarlo sei tu. »

« I-io… Io… »

Doveva dirgli di finirla, che non riusciva a seguire il suo ragionamento assurdo e che era solo un cretino, ma le parole non le uscivano dalle labbra.

« Sono innamorato di te e lo sai, quindi non posso sopportare che idioti come quello ti girino attorno. »

Aisei divampò e cercò di scappare, ma il suo corpo non si muoveva.

« Kisshu… Senti io… »

Le parole le morirono in gola quando si accorse che si era fatto più vicino. Non si sentiva nemmeno più arrabbiata, perché di colpo era troppo concentrata a mantenere salde le gambe.

« Hai idea di come sono stato sei mesi senza vederti? »

« B-beh… Anche tu mi sei mancato – bofonchiò lei – però… »

Cercava in tutti i modi di distogliere gli occhi da lui, ma sembrava che il suo sguardo le occupasse tutto il campo visivo. Kisshu le sfiorò la guancia con le dita, accarezzando distrattamente qualche ciuffo che le scendeva sulla fronte. Aisei era sicura di stare per morire d’infarto.

Quando Kisshu la baciò smise di respirare, abbandonando poi la testa contro il muro e lasciandosi andare ad un piacevolissimo stordimento, mentre lui le sfiorava la nuca con la mano e si piegava sopra di lei, quasi ad impedire che perfino l’aria si mettesse in mezzo.

Kisshu si separò da lei malvolentieri, facendo il più piano possibile. Per qualche istante Aisei lo guardò sognante, le iridi smeraldo tremanti, poi assunse un’espressione di panico:

« I-io… Io… »

Lo scostò con malagrazia e scappò via senza voltarsi.

 

 

Né Pai né i suoi si domandarono perché Kisshu non fosse ancora spuntato; la puntualità non era la sua miglior dote. Il ragazzo moro, comunque, non potè evitare di sbuffare sonoramente, fissando accigliato la porta.

Suo padre, dall’altro lato del tavolo, ridacchiò:

« Pai, se continui a fare quella faccia ti verranno le rughe. »

Taruto, seduto accanto alla madre, si sganasciò dalle risate; Pai gli lanciò un’occhiata di traverso:

« Quello si è cacciato in qualche guaio. »

« Non hai nemmeno un po’ di fiducia in lui? – domandò la madre con un sorriso tirato – E’ la prima licenza da sei mesi, sarà a fare due passi! »

Pai sbuffò di nuovo e lasciò cadere il discorso, prendendo a mangiare.

Nello stesso momento la porta di casa si aprì con un cigolio cupo e Kisshu entrò, richiudendosela alle spalle fin troppo piano. Pai stava per sgridarlo – come di consueto – ma il fratellastro aveva una faccia talmente da funerale che l’invettiva gli morì sulle labbra.

« Kisshu, tesoro, tutto a posto? »

Il ragazzo sollevò le iridi dorate verso la matrigna e annuì con un mezzo sorriso:

« Sì – mentì – sono solo stanco. »

Lei annuì e gli fece segno di sedersi.

La famiglia prese a mangiare in un silenzio tranquillo, interrotto solo dal ciarlare del piccolo Taruto. Kisshu mandò giù piano la zuppa, mandando occhiate in tralice alla madre: lei sapeva benissimo che il suo sto bene era una bugia e anche Kisshu aveva capito di non avergliela data a bere; lei, però, non avrebbe insistito, sapeva anche questo.

Il ragazzo osservò la matrigna sovrappensiero. Era difficile dire che non si trattasse davvero di sua madre, entrambi avevano gli stessi occhi color dell’oro, gli stessi che aveva trasmesso a Taruto. Il patrigno, invece, aveva gli stessi occhi blu violacei di Pai, mentre i capelli di un bel color castagna passati in toto al figlio minore.

Una volta ne avevano parlato, ma non ricordava granchè di quella conversazione: se non errava, dovevano essere degli zii, biologicamente parlando, o comunque dei parenti alla lontana. C’era stato un periodo, da bambino, che la coscienza di essere un’aggiunta alla famiglia l’aveva isolato dai genitori adottivi, ma ormai non poteva figurarsi altro padre e madre se non quelli con cui stava cenando.

Finito il pasto Kisshu salì nella sua stanza senza dare troppe spiegazioni. Come immaginava, dopo nemmeno dieci minuti che si era sdraiato sul letto sentì qualcuno bussare alla porta e sua madre fece capolino, guardandolo con un sorriso dolce:

« E’ successo qualcosa? »

Lui non rispose e si limitò a grugnire. La madre lo interpretò come un .

« Eri con Aisei-chan? »

Kisshu non rispose di nuovo, ma s’irrigidì di colpo. La madre mandò un sospiro divertito:

« Sei sempre precipitoso…! »

Lui la guardò appena da oltre la spalla:

« Ma cosa sei, un’indovina? »

« So solo quando combini qualche guaio. – gli disse divertita – E soprattutto se in quel guaio c’entra Aisei-chan. »

Gli sorrise allusiva e il figlio fece una smorfia imbarazzata:

« Non so più cosa devo fare… »

« Purtroppo non posso aiutarti, in questo, lo sai. – disse con dolcezza, dandogli un buffetto sulla testa – So che tu e tuo fratello odiate questa frase, ma penso solo dobbiate parlare con calma. »

Kisshu emise un gemito di disperazione. I termini parlare e con calma non rientravano nel suo vocabolario, quando mai poi nella medesima frase?

« E’ un consiglio da mamma? »

« E’ un consiglio da esperta. »

E gli fece un occhiolino malizioso per poi uscire; Kisshu si sedette sul letto e guardò la porta inarcando un sopracciglio:

« E questo che cavolo voleva dire? »

 

 

Aisei rimase sdraiata di fianco sul letto a fissare il muro, finchè la poca luce artificiale dell’esterno non scemò e venne sera; ogni tanto sospirava e affondava il viso nel cuscino, stritolandolo tra le mani, cercando in tutti i modi di allontanare il pensiero di Kisshu, inutilmente. Nella sua testa il ricordo del loro bacio si ripeteva, ancora e ancora, e lei cercava d’istinto di riprovare anche la magnifica vertigine che le sue labbra le avevano dato, senza riuscirci.

Diventò così rossa che le sembrò di avere la febbre e soffocò un gemito nel guanciale.

L'immagine di se stessa che se la dava a gambe le faceva venire voglia di prendere a testate il muro.

« Aisei? Posso entrare? »

La ragazza sobbalzò e si mise seduta di scatto, il cuscino stritolato tra le braccia. Nair la fissava dalla porta socchiusa e aveva l’aria dubbiosa.

« Nee-chan... »

Aisei chinò la testa e si mordicchiò le labbra, gli occhi lucidi. La mora le si sedette a fianco e le poggiò con gentilezza una mano sul ginocchio:

« Ai, cosa succede? Sono due giorni che non esci da qui. »

La bruna non rispose. Nair si chinò fino a piantare i suoi occhi smeraldo in quelli appena più chiari della sorella:

« Kisshu-chan è passato almeno dieci volte a cercarti. »

Sentendo il nome del ragazzo Aisei mandò un singhiozzo soffocato:

« Nee-chan... Sono... Una stupida! »

« Cos’è successo? – la indusse a sollevare il viso e a sedersi più comoda – Da quando lo conosciamo è la prima volta che non vi vedo parlare per così tanto tempo… »

« I-io… »

Assecondò la sorella e si rannicchiò vicino a lei, la testa appoggiata alla sua spalla, tirò forte su col naso e riprese piano:

« Kisshu… Mi ha… Baciat… »

Soffocò il termine della frase nel cuscino, sentendo la punta delle orecchie che andava a fuoco. Nair la fissò con tanto d’occhi e poi sorrise:

« Era l’ora! »

« Che?! »

« Pensavo avrei dovuto aspettare ancora chissà quanto…! Invece Kisshu è proprio precoce…! »

« Ma cosa stai dicendo?! »

Aisei guardò la sorella scandalizzata, scarlatta in volto; Nair la guardò confusa:

« Scusa, ma che ho detto di male? E poi, se è così perché sei triste? Dovresti essere contenta! »

La pelle della bruna divenne se possibile di un tono più accesa:

« Per quale mot…?! »

« Beh, perché a te Kisshu piace, no? »

Aisei fermò l’urlo a metà, ammutolendo e fissando Nair ad occhi sgranati. Abbassò lo sguardo, scoraggiata, e annuì con la faccia nel cuscino.

« Ma allora cos’è successo? »

« … Sono scappata… »

« Cosa?! »

« Lui mi ha baciata e io sono scappata via! – pianse lei – Io… »

Nair le accarezzò la testa, lasciandola sfogare, poi le prese la mano e la guardò interrogativa:

« Ai… Perché? »

Aisei scosse la testa con forza:

« Ho avuto… Ho avuto paura! – singhiozzò – Quando… Quando Kisshu mi dice che gli piaccio… Non so più cosa fare! Ho l’impressione di non controllare più il mio corpo, non riesco nemmeno più a pensare! Penso solo… »

S’interruppe, ormai il viso che era un tutt’uno con la federa. Nair la guardava con dolcezza e comprensione e la incitò a proseguire, scostandole i ciuffi castani dietro l’orecchio:

« Solo? »

« … Solo… Che vorrei stare con lui, e nient’altro. »

Nair mandò un sospiro divertito. Aisei fissò la sorella appena da oltre il cuscino, nascondendocisi dietro:

« Non… Non sento più niente, non voglio più sentire niente. Vorrei solo che mi abbracciasse… »

« Sei davvero innamorata, Ai… »

La bruna non rispose.

« Perché non glielo hai mai detto? »

« Non lo so… – pianse piano – Forse… Forse ho paura di non sapere più cosa fare. Di non sapere più come parlargli, o… »

« Tu pensi troppo, Ai. – l’ammonì gentile la sorella; le poggiò un dito sul cuore – Non hai bisogno di saperlo. Lo sai già e basta. »

Aisei la guardò in silenzio e accennò un mezzo sorriso, incupendosi ancora subito dopo:

« Ora come faccio, però? Kisshu ormai non vorrà più neanche parlarmi! »

« Uno che non ti vuole parlare non viene a cercarti per dieci volte. »

La guardò allusiva e Aisei arrossì di nuovo. Nair si alzò, abbracciandola:

« Non avere paura, Ai. Non hai nessun motivo di averne. Fai solo quel che ti viene dal cuore. E, per l’amor del cielo! non pensarci sopra. »

 

 

La casa di Aisei e Nair era proprio accanto a quella della famiglia di Kisshu. Per di più, la stanza di Aisei dava proprio su quella del ragazzo; a separare gli angusti rettangoli che facevano da finestra alle due camere c’era sì e no un metro e mezzo scarso, distanza facilmente superabile da un buon allungo di gamba o da un impercettibile voletto.

Aisei aveva faticato parecchio a restarsene nascosta, anche se sapeva che Kisshu non avrebbe provato a raggiungerla senza il suo permesso.

Almeno credeva.

Diciamo che ne era quasi certa.

Ora, invece, la ragazza lanciava di continuo occhiate alla finestra di fronte, che rimaneva scura e all’apparenza vuota. Aspettò finchè non fu sera inoltrata e le luci della casa a fianco furono spente, e restò ad ascoltare finchè non sentì Nair andare a riposare.

Sicura che tutti dormissero Aisei fece un bel respiro e si affacciò più che potè: l’aria ghiacciata delle viscere del pianeta le ferì la faccia, arrossata e calda per più di un motivo, mentre sentiva qualcosa piombarle nello stomaco e il cuore che accelerava.

« Kisshu…? »

Non sentì nulla e nessuno si mosse dall’altra parte.

« Kisshu? Sei sveglio? »

Ancora silenzio. Aisei deglutì a vuoto e tentò di non far tremare la voce:

« Kisshu… »

Ci fu ancora silenzio per qualche secondo, poi un frusciare di stoffa e Aisei perse un battito. Continuò a sporgersi ormai in bilico verso la stanza del ragazzo, e dopo un paio di minuti buoni Kisshu si portò di fronte alla finestra, l’espressione neutra. Aisei deglutì a vuoto.

« Kisshu… »

« Stai bene? »

« C-come? »

« Sono due giorni che sei sparita – disse lui con tono basso – ero preoccupato. »

Aisei si prese alcuni ciuffi nella mano e prese a passarci in mezzo le dita con fare nervoso, fissando il bordo di legno consunto:

« N-no… Sto bene… »

« Ok. »

Kisshu le accennò un sorriso stanco e fece per rientrare.

« No! Kisshu, aspetta…! »

Aisei si slanciò verso di lui tentando di bloccarlo, riuscendo solo a dimenare qualche secondo le braccia nel vuoto su e giù.

« Ehi, attenta! »

Kisshu le afferrò il polso e l’aiutò a rimettersi dritta; sospirarono di sollievo in contemporanea.

« Ma sei scema?! – sbottò lui – Volevi ucciderti?! »

Lei scosse la testa tenendo il capo chino e Kisshu le sentì trattenere un singhiozzo.

« Ehi, che succede? »

« Scusa… Volevo parlarti, invece faccio solo casino…! »

« Cosa? »

« Mi dispiace per l’altro giorno – mormorò – è solo che… Ecco, vedi… Io… Cioè, io e te… »

Sto balbettando… Sto balbettando! Ti prego fai che il cielo mi fulmini!   

Stritolò una ciocca nel pugno chiuso e piantò gli occhi su un’inutile, brutta e di colpo fondamentale macchiolina di sporco sul muro. Sentì Kisshu trattenere una risata e desiderò che non solo il fulmine la centrasse, ma che inghiottisse la sua camera, la terra sotto e perfino l’aria sopra la sua testa in modo da eclissare il suo ricordo dall’universo.

« Che scema! »

Aisei s’impettì e stava per rispondergli per le rime, quando lo vide guardarsi attorno furtivo e quindi compiere un balzo librato fino al suo poggiolo, accovacciandovisi sopra:

« Posso entrare? »

Aisei annuì piano, senza rispondere.

Kisshu entrò con leggerezza nella stanza della ragazza, senza però allontanarsi dalla finestra. Erano proprio uno di fronte all’altro, lei con l’aria impacciata e le mani strette al petto, lui le braccia lungo i fianchi e la faccia tesa; era da tempo che Aisei non gli permetteva di entrare lì, di solito era lei che si intrufolava nella sua camera a progettare chissà quale piano astruso per ammazzare la noia. Prese due lunghi respiri, non si era mai reso conto del profumo di Aisei che sembrava insinuarsi dappertutto tra quelle quattro mura.

« Kisshu. »

Il ragazzo si riscosse e la guardò più fisso e serio che potè, in modo da farle capire che aveva la sua più completa attenzione e che avrebbe ascoltato tutto senza battere ciglio.

« M-mi… Mi dispiace di essere scappata. – sussurrò lei a capo chino – Ero… Ero confusa. Non sapevo cosa fare, io… E’ solo che io, per te… E quando sto per dirlo, io… Cioè, non è che abbia qualcosa da dire (o da nascondere, no!), ma ci sarebbe… Sì, il fatto che… Insomma, se tu e io… Però, penso sarebbe tutto come sempre, no? Sono io che sono una vigliacca, perché… Perché dovrei dirti, sì, che… »

Aisei si morse la lingua, disperata.

Perché è così complicato da spiegare?!

« Ai… »

Lei sollevò lo sguardo e si rese conto che Kisshu la stava guardando dritta negli occhi con una strana dolcezza:

« Ai, io ti amo. »

Anche il resto del mondo doveva essersi bloccato, perché Aisei non riusciva a sentire assolutamente più nulla, tranne un battito del cuore che le sembrò più quello di un tamburo. Kisshu continuava a fissarla a quel modo e lei sentì ancora cederle le gambe:

« Tu mi ami? »

Aisei si convinse di stare per prendersi un colpo.

Kisshu le afferrò la mano e continuò a guardarla in silenzio. Lei era certa che le stesse dicendo di calmarsi, che lui era pronto ad aspettare anche tutta la notte, anche tutto il giorno dopo e quello dopo ancora, che era disposto anche ad ascoltare un’accozzaglia insensata di parole come il farfugliamento di poco prima, gli sarebbe solo bastato sentirle dire una risposta, alla fine. Solo quella, in qualunque forma.

Aisei si premette la mano di Kisshu contro la guancia, le sembrò gelida contro la sua pelle rovente.

« Sì… »

Stavolta sentì che era lui a trattenere un po’ il fiato.

« Ti amo tanto… »

Kisshu le abbracciò le spalle e la baciò, sorridendo con ogni centimetro della faccia; la baciò ancora, la afferrò per la vita e le fece fare un giro in tondo, ridendo a squarciagola. Per i primi secondi Aisei lo lasciò fare, lasciandosi trasportare troppo felice per ragionare, ma poi le venne in mente della sorella, addormentata sullo stesso piano, e tappò la bocca al ragazzo:

« Abbassa la voce! – sussurrò trattenendo a stento anche lei una risata felice – Vuoi svegliare tutti quanti?! »

« Sì, sì… »

Bofonchiò lui depresso, riposandola a terra; si riprese quasi subito e la baciò ancora, Aisei che sorrideva beata.

Non credevo che il cervello potesse andare così facilmente a spasso.

« Ti amo Ai! – ripeteva Kisshu con un sorriso da un orecchio all’altro – Ti amo! »

« Anch’io. »

Risero entrambi, sobbalzando a sentire dei movimenti vicini e un mugolare sommesso. Kisshu la guardò inarcando un sopracciglio:

« Se tua sorella e mio padre ci beccano svegli a quest’ora e a far casino ci uccidono. »

Aisei annuì e lo riaccompagnò alla finestra, tenendogli la mano; Kisshu la seguì obbediente ma senza smettere di baciarle la guancia e accarezzarle la nuca, cose che rendevano Aisei sempre meno determinata a farlo rientrare.

« Uh? E questo? »

La brunetta lo sentì stuzzicare con un dito qualcosa che portava al collo. Sorrise impacciata e tirò fuori da sotto i vestiti la collana che si era fatta anni prima con un cordoncino e una iridescente pietra bianco argentea.

« Questa… – Kisshu fissò la gemma che Aisei teneva in mano – Allora l’avevi ancora? »

« Non me ne separo mai. In fondo… È importante per tutti e due. »

Gli sorrise radiosa e Kisshu la baciò ancora:

« Sempre. Sei fantastica! »

« Ok, ora però torna normale (cioè cretino) come tuo solito o ci ripenso. »

« Lo sai che sei diventata pesante? Dovresti perdere qualche chilo… »

Lei lo trucidò sul posto:

« Ripeti-le-ultime-dieci-parole!!!! »

Aisei si tappò la bocca con le mani e guardò spaventata verso la porta, ma sembrò tutto tranquillo; Kisshu si trattenne dal ridere.

« Sei insopportabile! »

Ma stava ridendo anche lei. Con un sospiro lo costrinse a saltare di nuovo dall’altra parte, sorda alle sue proteste da bambino:

« Dai! Non vuoi stare ancora un po’ con me? »

« Voglio evitare che ci rinchiudano in casa fino alla maggiore età. – ribatté piatta – Avanti, ci vediamo domani. »

« Uffa! Ok, ok… »

« Ehi, Kisshu. »

« Uh? »

Il ragazzo, accucciato sul bordo della finestra, vide due mani nivee afferrarlo per il colletto e tirarlo indietro, dove Aisei lo baciò fluttuando a mezz’aria.

« Non mi avevi dato il bacio della buonanotte. »

« Kami-sama quanto ti adoro! »

Aisei sospirò divertita, si baciarono ancora e dopo entrambi si costrinsero, in un titanico sforzo fisico e mentale, a rientrare nelle loro stanze e stendersi a letto.

« Buonanotte Kisshu. »

« ‘Notte Aisei. »

 

 

 

 ~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~

 

Prego Pai mi allungheresti quella siringa @_@""?

Pai: … Che è?

Insulina @_@""… Sto per avere un attacco di diabete @________@"""….

Pai: … Passa un po' anche a me va -.-"

Kisshu: quanta simpatia -_-*!

Ok lo so sono smielata da essere disgustosa, e visto ciò che c'è scritto so che le domande saranno del tipo "ma come siamo arrivati a loro due che si odiano ?_?" ?!?!"… Lo scoprirete ^w^!

Tutti: CENSURA

Ci vedremo tra due settimane :D! Ringrazio tantissimo mobo, Dancelove, Danya, Amuchan e Perla-Bartolini per i commenti :3, tutti i lettori e mando bacini a tutti!

Mata ne
~♥

Ria

 

 

   
 
Leggi le 6 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Tokyo Mew Mew / Vai alla pagina dell'autore: Ria