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recensioni.
Farai
felice milioni di scrittori.
Secondo blocco di
flashback. Io sono ancora in coma dal precedente, perciò non so cosa stia per
accadere :P (anche perché sono tutta costipata dal raffreddore e ho un booo~♫tto di lavoro arretrato, tipo devo fine 40 tavole entro fine mese e
sono disperata çwç).
Godetevi lo show :D!
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Cap.14
– Emerald Temptation: tre anni fa
« Eddai, Kisshu, presentamela! »
« Scordatelo Eliel »
« Ma dai! Vabbè che siete amici
da una vita, ma non è mica tua sorella! »
« In tutta sincerità, non
m’interessa con chi esce Aisei, ma te lo dico col cuore: non è il tuo tipo. »
« E tu che ne sai?! – protestò
l’altro ragazzo, afferrando Kisshu per il collo – La verità è che vuoi
tenertela tutta per te! »
« Chissà… »
« Sei stronzo, sai?! »
I ragazzi presero a ridere come
due idioti, attirando per l’ennesima volta l’attenzione del loro sergente
istruttore, che inveì contro il loro schiamazzare per una decina di minuti
buoni.
A differenza del solito, Kisshu
sopportò la predica senza sbuffi o battutine sarcastiche: era troppo felice di
andarsene in licenza per poter venire irritato da quel bacchettone del suo
insegnante, sei mesi senza poter attraversare quei due chilometri scarsi tra
casa sua e l’Accademia militare gli erano sembrati anni.
Mentre si avviavano veloci verso
i dormitori, Eliel afferrò nuovamente Kisshu
per le spalle:
« Dai, voglio conoscere questa
Aisei! È da quando sono qui dentro che non ho uno straccio di ragazza, devo
rimpolpare i miei contatti! »
« T’ho detto che è meglio che lasci
perdere…! »
Eliel sbuffò, capendo di dover
rinunciare, e borbottando sugli amici che non aiutavano nel momento del
bisogno, si avviò alla sua branda; Kisshu lo imitò e si sedette pesantemente
sul letto, infilando alla rinfusa la poca roba che aveva nella valigia.
Cinque minuti dopo era bello che
pronto per dire addio alla noiosissima vita da caserma, almeno per qualche
tempo; salutò i suoi compagni di dormitorio e schizzò fuori dall’edificio come
un fulmine, diretto a casa. Mentre attraversava la piazza del mercato trattenne
a stento un verso di stizza, per colpa delle stupide domande di Eliel si
sentiva nervoso.
Chissà
se Aisei è a casa?
Si strinse attorno al collo il
pastrano che aveva sulle spalle, tremando per uno spiffero ghiacciato, e finalmente
intravide casa sua, in fondo alla via.
« Nair nee-san! »
La ragazza in piedi di fronte
all’uscio si voltò nel sentirlo e gli sorrise con dolcezza:
« Bentornato, Kisshu-chan. »
« Nee-san, guarda che non sono un
bambino! »
Lei ridacchiò, portandosi un
ciuffo color dell’ebano dietro l’orecchio:
« Scusa, Kisshu-chan. »
« A ridagli! »
Nair rise con ancora più
gusto; Kisshu sbuffò rassegnato.
« Allora, tutto bene? Non hai
combinato troppi guai in accademia, vero? »
« No, mammina, sono stato un bravo
bambino. – fece sarcastico, mentre Nair lo fissava eloquente – A proposito…
Mamma e papà? »
« Sono andati al mercato assieme
a Taruto-chan. Immagino ti aspettassero per questo pomeriggio. »
Kisshu annuì con un monosillabo,
prendendo a guardarsi attorno irrequieto. Nair sorrise ancora, facendo per
entrare nella casa di fianco, e guardò il ragazzo con aria maliziosa:
« Mia sorella invece credo sia
andata al vecchio fiume. »
Kisshu fece una smorfia
indispettita, serrando i pugni:
« Non stavo cercando Aisei! »
La ragazza ridacchiò ancora e
Kisshu scostò lo sguardo, a disagio.
« Vabbè – borbottò alla fine –
visto che non c’è nessuno, andrò a fare un giro… »
« D’accordo. »
Kisshu si trattenne dal mettersi
a correre fino al vecchio fiume, non voleva dare a Nair un altro spunto per
prenderlo in giro. Anche se sapeva che aveva ragione.
Il vecchio fiume era parecchio
distante dalla città, nella prima zona che la sua gente aveva abitato: essendo
uno degli unici corsi d’acqua del pianeta che non ghiacciava, era stato usato
da sempre come sorgente; da tempo, però, avevano costruito una centrale
completamente automatizzata per portare l’acqua fino in città, e la zona era
diventata deserta, il posto perfetto per starsene un po’ in pace.
Appena iniziò a sentire il
gorgoglio delle gelide acque del fiume, Kisshu scorse Aisei che passeggiava
distrattamente su e giù lungo l’argine.
Quatto quatto si teletrasportò
alle sue spalle: era un’occasione troppo ghiotta per un scherzo per potervi rinunciare!
Pregustando già le risate fece per agguantare Aisei per la vita, quando questa
lo centrò in pieno con una gomitata sul naso mandandolo lungo disteso a terra.
« OHIIIII…!! Ma sei scema?!? »
« K-Kisshu?!? Eri tu?!? »
« No, sono il mostro delle nevi!
– fece sarcastico, le mani chiuse sul naso e sulla bocca – Ma ti pare che si
debba reagire così?! »
Imprecò a denti stretti,
arricciando il naso con una smorfia di dolore.
« Scusami! Scusa davvero è…! È
che mi hai spaventata! »
« Faccio così paura? »
« Spiritoso! Dai, fa vedere… »
Lui borbottò qualcosa come lascia stare, ma Aisei irremovibile lo
costrinse a mostrargli la faccia; Kisshu sentì un po' troppo prepotentemente lo
stomaco contrarsi mentre lei gli sfiorava il viso con delicatezza.
« Per fortuna ti ho preso male… –
disse Aisei con un sorrisino tirato – Temevo di avertelo rotto! »
« Se fosse successo saresti
incorsa nell’ira di tutta la popolazione femminile universale. »
« Ah, ah, ah! »
Lo canzonò, anche se scandì ogni
frammento della risata con fare troppo acido. Kisshu sorrise.
« A proposito – continuo Aisei,
sempre un po’ stizzita – come mai non sei con quella? »
« Chi? »
« Quella tipa di un po’ di tempo
fa… Credevo vi sareste visti subito appena fossi tornato. Com’è che si
chiamava…? »
« Parli di Milia? – rispose lui
con noncuranza – Boh, e chi l’ha più vista…! »
Aisei lo fissò un istante e si
sforzò di non sembrare contenta:
« … Ah sì? »
« Già. »
« Si può sapere ora perché mi
guardi e sghignazzi?!? – protestò, arrossendo – Non sopporto quando mi prendi
in giro! »
« E chi ha fatto niente? »
La guardò con un sorrisetto
malizioso, trattenendo le risate, e Aisei arrossì ancora di più:
« Sei il solito cretino! »
« Hai intenzione di tenermi il
muso per tutto il giorno? »
« Finchè non mi dici cosa c’era
di così divertente nella mia faccia, sì! »
« Eddai! Basta oggi che sono
tornato »
Aisei lo ignorò, continuando a
camminare impettita. Kisshu si passò una mano sul collo, sospirando: e dire che
tra tutte le cose che voleva evitare quel giorno era discutere con Aisei!
Ma stuzzicarla a quella maniera,
vedere la sua espressione gelosa e le sue guance rosse d’imbarazzo e stizza…
Era qualcosa di cui Kisshu non riusciva a fare a meno. E gli dava anche una
certa soddisfazione vedere che la sua tattica andava a segno tutte le volte.
Quando avevano stabilito che tra
loro due non sarebbe cambiato nulla, quella volta nella grotta, Kisshu aveva
sperato con tutto il cuore che le cose, invece, cambiassero molto in fretta.
Più passava il tempo più gli era
difficile trattenere i suoi sentimenti per Aisei, ma lei invece non cedeva,
respingendolo ogniqualvolta lui tentava di sorpassare la linea di amico.
L’ostinazione di Aisei era
qualcosa fuori dal normale: eppure anche Kisshu sapeva benissimo di piacerle!
Anche un cieco se ne sarebbe accorto!
Non sapendo più che pesci
prendere, Kisshu era passato all’offensiva.
Compiuti i dodici anni ed
entrando nella pubertà, aveva scoperto di avere un certo ascendente sulle ragazze,
e aveva deciso che la cosa poteva tornagli utile.
L’essere amici implicava anche
che a nessuno dei due doveva importare se l’altro frequentava qualcuno, non era
forse così?
Definire quelle che aveva avuto
nel precedente anno e mezzo come “frequentazioni” sarebbe stato eccessivo, ma
tanto bastava per mandare in bestia Aisei che cercava di volta in volta di
prolungare l’intervallo tra una ragazza e l’altra – anche se non lo avrebbe mai
ammesso – stando sempre appiccicata a Kisshu
per scoraggiare le spasimanti.
Quel gioco, però, stava
diventando logorante, tanto per lei quanto per lui. Kisshu non sapeva per
quanto ancora avrebbe resistito.
Eliel aveva ragione, lui voleva
Aisei tutta per sé; ringraziava che fino a quel momento i modi da maschiaccio
della bruna avessero reso ciechi gli altri ragazzi. All’idea che qualcuno che
non fosse lui la toccasse, la abbracciasse, pensasse anche soltanto a
baciarla...
Kisshu formulò i pensieri più
truculenti concepibili da una mente razionale, in cui un numero indefinito di
spasimanti erano polverizzati alla velocità della luce.
Rivedere Aisei dopo sei mesi lo
faceva sentire irrequieto, felice ed emozionato, e gli ormoni che presto gli
sarebbero divenuti tanto famigliari davano il loro contributo. La ragazza stava
cominciando a perdere i tratti fisici da bambina: la vita si stava stringendo,
i fianchi andavano a inarcarsi così come la linea del fondoschiena, accarezzata
dai capelli sempre più lunghi, e sul petto s’intravedeva sempre più evidente la
curva del seno.
Kami-sama,
quanto potrò andare avanti così?!?
« Aisei, dai, ascolta. »
La fermò afferrandole con
gentilezza il polso e cercando di concentrare i suoi pensieri su qualcos’altro
che non fosse il desiderio di abbracciarla:
« Scusami ok? Non volevo farti
arrabbiare. »
Lei lo fissò torva e lui ricambiò
con un’occhiata supplichevole. Aisei sbuffò rassegnata, sciogliendosi in un
mezzo sorriso:
« Ok… In fondo ho esagerato
anch’io… »
« Che strano! »
« Ehi! »
Scoppiarono a ridere entrambi.
Aisei lo guardò sorridendo ancor di più:
« Sono... Felice che tu sia
tornato. »
« ... Ah sì? »
Lei annuì con espressione dolce e
Kisshu sentì lo stomaco attorcigliarsi deliziosamente e un piacevole calore
riempirgli il petto.
Così, quando una voce famigliare
lo costrinse a voltarsi, gli sembrò lo avessero centrato con un secchio di
acqua gelata; si girò con una smorfia assassina stampata in faccia.
« Kisshu! Ma guarda un po’,
quanto tempo! »
« Eliel… »
« Ehi, che faccia! Due ore e ti
sei già dimenticato di me?! »
Il tono scherzoso dell’altro non
sembrò sfiorare neppure vagamente Kisshu, che rispose con un sibilo.
« Aspetta un momento…! Ehi, tu
devi essere Aisei, giusto?! – esclamò Eliel, afferrando al volo la mano della
ragazza – Molto piacere! Io sono Eliel. »
« Ehm… Piacere… »
Mormorò lei. Kisshu augurò a
Eliel di mollarle la mano entro i successivi cinque secondi, o gliel’avrebbe
staccata a morsi.
« Visto che alla fine sono
riuscito a farmela presentare lo stesso? »
Scherzò ancora Eliel; Kisshu non
rispose, troppo impegnato a contrarre la mascella per non insultarlo.
« Mi aveva parlato di te, ma non
mi aveva detto che eri così carina! »
Aisei fece un mezzo sorriso,
ringraziando; non amava troppo i cascamorti, ma quel ragazzo era simpatico.
Kisshu serrò i pugni.
Stai
calmo. Stai calmo. Lo sapevi che sarebbe successo, prima o poi. Devi solo
comportarti da essere civile e andartene, portando via Aisei con una scusa...
« Senti Kisshu, visto che vi
siete già salutati, posso rubartela per qualche minuto? »
Il braccio di Eliel si mosse per
agguantare Aisei alla vita. Kisshu respirò a fondo per non urlargli contro.
« No. »
Con fare brusco afferrò la mano
di Aisei e sorpassò Eliel a passo di marcia, guardandolo torvo:
« Scusa, ma dobbiamo andare. –
fece sbrigativo con un cenno della mano – Ci vediamo, eh? »
Eliel non ebbe nemmeno il tempo
di rispondere.
Furente, Kisshu trascinò Aisei il
più distante possibile, fermandosi solo quando il suo camerata fu fuori dalla
loro vista, in un angolo angusto fra tre case. La ragazza, che aveva protestato
tutto il tempo, si liberò dalla sua stretta guardandolo male:
« E ora che ti è preso?! »
« Niente! »
« A me non sembrava! – gli si
piazzò di fronte con le mani sui fianchi – Che ti passa per la testa?! »
« Che mi passa per la testa?!
Vuoi proprio saperlo?!? »
« Sinceramente?! No! Ma non
capisco perché sei dovuto essere così sgarbato! »
« Preferivi che il polipo
afferrasse qualcos’altro oltre alla tua mano e ai tuoi fianchi?! »
« Che scemenze! – sbottò lei
arrossendo – Non ha fatto niente di male! »
Invece anche lei aveva capito
benissimo dove voleva andare a parare Eliel, ma non poteva accettare comunque
il comportamento di Kisshu.
Né voleva ammettere che, in un
angolino recondito della sua testa, le facesse piacere vedere Kisshu geloso.
« E poi anche se fosse? A te che
importa! »
Si morse la lingua a quella
frase; Kisshu la guardò furioso e Aisei si vece piccola piccola,
indietreggiando verso il muro alle sue spalle.
« Cosa me ne importa?! »
Le poggiò una mano accanto alla testa.
Aisei era ormai addossata alla parete e fu costretta a fissare Kisshu negli
occhi. Deglutì a vuoto; Kisshu aveva la maledetta mania di venirle troppo
vicino, gli sarebbe bastato un altro passo per toccarla.
E
da quando è così alto…?
Aisei dovette alzare la testa per
guardarlo in faccia. Prese un bel respiro, convincendosi che il brivido che le
scendeva per la schiena era causato dal muro gelido, e riprese cercando di non
far tremare la voce:
« S-sì. E se invece a me stesse
bene se lui ci prova? Cos’è, puoi avere la ragazza solo tu?! »
« Non è questo il punto! »
Sbottò, arrossendo
impercettibilmente sulla punta delle orecchie – per la seconda e ultima volta
nella sua esistenza – e poi riprese con più foga:
« E comunque no, tu non puoi! »
« Come sarebbe a dire?! – fece
lei inviperita – Non puoi decidere tu! »
« Non puoi, perché se qualcuno
provasse a sfiorarti gli spaccherei la testa! »
« Ma sei impazzito?! P-perchè
dovresti farlo?! »
« Lo sai benissimo perché! Come
sai benissimo che di quelle altre non me ne frega un cazzo, ma di te sì…! »
Aisei tacque un istante, era
talmente arrabbiata e confusa da non trovare la risposta adatta. Quel discorso
stava sforando nel non senso, e sapeva che presto il suo caratteraccio
l’avrebbe portata a dire cose sconclusionate solo per ferire Kisshu e farlo
tacere.
« A me sembra che tu sia solo
possessivo per non si sa quale ragione! »
Dannazione alla sua boccaccia.
Kisshu si corrucciò ancora di
più:
« Piantala di dire stronzate! »
Prese un bel respiro, appoggiando
al muro anche l’altra mano.
Ecco, la sua resistenza era
terminata.
« Lo sai cosa davvero mi da ai
nervi? Non il fatto che tu sia arrabbiata, ma che ti comporti come se non
capissi. »
« Che stai…? »
« Te l’ho già detto, mi sembra.
Credi che da quando eravamo piccoli me lo sia dimenticato? »
Aisei ebbe un fremito.
Digli
di lasciar stare il discorso! Non farglielo dire, non farglielo dire!
« Quella che si ostina a negarlo
sei tu. »
« I-io… Io… »
Doveva dirgli di finirla, che non
riusciva a seguire il suo ragionamento assurdo e che era solo un cretino, ma le
parole non le uscivano dalle labbra.
« Sono innamorato di te e lo sai,
quindi non posso sopportare che idioti come quello ti girino attorno. »
Aisei divampò e cercò di
scappare, ma il suo corpo non si muoveva.
« Kisshu… Senti io… »
Le parole le morirono in gola
quando si accorse che si era fatto più vicino. Non si sentiva nemmeno più
arrabbiata, perché di colpo era troppo concentrata a mantenere salde le gambe.
« Hai idea di come sono stato sei
mesi senza vederti? »
« B-beh… Anche tu mi sei mancato
– bofonchiò lei – però… »
Cercava in tutti i modi di
distogliere gli occhi da lui, ma sembrava che il suo sguardo le occupasse tutto
il campo visivo. Kisshu le sfiorò la guancia con le dita, accarezzando
distrattamente qualche ciuffo che le scendeva sulla fronte. Aisei era sicura di
stare per morire d’infarto.
Quando Kisshu la baciò smise di
respirare, abbandonando poi la testa contro il muro e lasciandosi andare ad un
piacevolissimo stordimento, mentre lui le sfiorava la nuca con la mano e si
piegava sopra di lei, quasi ad impedire che perfino l’aria si mettesse in
mezzo.
Kisshu si separò da lei
malvolentieri, facendo il più piano possibile. Per qualche istante Aisei lo
guardò sognante, le iridi smeraldo tremanti, poi assunse un’espressione di
panico:
« I-io… Io… »
Lo scostò con malagrazia e scappò
via senza voltarsi.
Né Pai né i suoi si domandarono
perché Kisshu non fosse ancora spuntato; la puntualità non era la sua miglior
dote. Il ragazzo moro, comunque, non potè evitare di sbuffare sonoramente,
fissando accigliato la porta.
Suo padre, dall’altro lato del
tavolo, ridacchiò:
« Pai, se continui a fare quella
faccia ti verranno le rughe. »
Taruto, seduto accanto alla
madre, si sganasciò dalle risate; Pai gli lanciò un’occhiata di traverso:
« Quello si è cacciato in qualche
guaio. »
« Non hai nemmeno un po’ di
fiducia in lui? – domandò la madre con un sorriso tirato – E’ la prima licenza
da sei mesi, sarà a fare due passi! »
Pai sbuffò di nuovo e lasciò
cadere il discorso, prendendo a mangiare.
Nello stesso momento la porta di
casa si aprì con un cigolio cupo e Kisshu entrò, richiudendosela alle spalle
fin troppo piano. Pai stava per sgridarlo – come di consueto – ma il
fratellastro aveva una faccia talmente da funerale che l’invettiva gli morì
sulle labbra.
« Kisshu, tesoro, tutto a posto?
»
Il ragazzo sollevò le iridi
dorate verso la matrigna e annuì con un mezzo sorriso:
« Sì – mentì – sono solo stanco.
»
Lei annuì e gli fece segno di
sedersi.
La famiglia prese a mangiare in
un silenzio tranquillo, interrotto solo dal ciarlare del piccolo Taruto. Kisshu
mandò giù piano la zuppa, mandando occhiate in tralice alla madre: lei sapeva
benissimo che il suo sto bene era una
bugia e anche Kisshu aveva capito di non avergliela data a bere; lei, però, non
avrebbe insistito, sapeva anche questo.
Il ragazzo osservò la matrigna
sovrappensiero. Era difficile dire che non si trattasse davvero di sua madre,
entrambi avevano gli stessi occhi color dell’oro, gli stessi che aveva
trasmesso a Taruto. Il patrigno, invece, aveva gli stessi occhi blu violacei di
Pai, mentre i capelli di un bel color castagna passati in toto al figlio
minore.
Una volta ne avevano parlato, ma
non ricordava granchè di quella conversazione: se non errava, dovevano essere
degli zii, biologicamente parlando, o comunque dei parenti alla lontana. C’era
stato un periodo, da bambino, che la coscienza di essere un’aggiunta alla famiglia l’aveva isolato
dai genitori adottivi, ma ormai non poteva figurarsi altro padre e madre se non
quelli con cui stava cenando.
Finito il pasto Kisshu salì nella
sua stanza senza dare troppe spiegazioni. Come immaginava, dopo nemmeno dieci
minuti che si era sdraiato sul letto sentì qualcuno bussare alla porta e sua
madre fece capolino, guardandolo con un sorriso dolce:
« E’ successo qualcosa? »
Lui non rispose e si limitò a
grugnire. La madre lo interpretò come un sì.
« Eri con Aisei-chan? »
Kisshu non rispose di nuovo, ma
s’irrigidì di colpo. La madre mandò un sospiro divertito:
« Sei sempre precipitoso…! »
Lui la guardò appena da oltre la
spalla:
« Ma cosa sei, un’indovina? »
« So solo quando combini qualche
guaio. – gli disse divertita – E soprattutto se in quel guaio c’entra
Aisei-chan. »
Gli sorrise allusiva e il figlio
fece una smorfia imbarazzata:
« Non so più cosa devo fare… »
« Purtroppo non posso aiutarti,
in questo, lo sai. – disse con dolcezza, dandogli un buffetto sulla testa – So
che tu e tuo fratello odiate questa frase, ma penso solo dobbiate parlare con
calma. »
Kisshu emise un gemito di
disperazione. I termini parlare e con calma non rientravano nel suo
vocabolario, quando mai poi nella medesima frase?
« E’ un consiglio da mamma? »
« E’ un consiglio da esperta. »
E gli fece un occhiolino
malizioso per poi uscire; Kisshu si sedette sul letto e guardò la porta
inarcando un sopracciglio:
« E questo che cavolo voleva
dire? »
Aisei rimase sdraiata di fianco
sul letto a fissare il muro, finchè la poca luce artificiale dell’esterno non
scemò e venne sera; ogni tanto sospirava e affondava il viso nel cuscino,
stritolandolo tra le mani, cercando in tutti i modi di allontanare il pensiero
di Kisshu, inutilmente. Nella sua testa il ricordo del loro bacio si ripeteva,
ancora e ancora, e lei cercava d’istinto di riprovare anche la magnifica
vertigine che le sue labbra le avevano dato, senza riuscirci.
Diventò così rossa che le sembrò
di avere la febbre e soffocò un gemito nel guanciale.
L'immagine di se stessa che se la
dava a gambe le faceva venire voglia di prendere a testate il muro.
« Aisei? Posso entrare? »
La ragazza sobbalzò e si mise
seduta di scatto, il cuscino stritolato tra le braccia. Nair la fissava
dalla porta socchiusa e aveva l’aria dubbiosa.
« Nee-chan... »
Aisei chinò la testa e si
mordicchiò le labbra, gli occhi lucidi. La mora le si sedette a fianco e le
poggiò con gentilezza una mano sul ginocchio:
« Ai, cosa succede? Sono due
giorni che non esci da qui. »
La bruna non rispose. Nair si
chinò fino a piantare i suoi occhi smeraldo in quelli appena più chiari della
sorella:
« Kisshu-chan è passato almeno
dieci volte a cercarti. »
Sentendo il nome del ragazzo
Aisei mandò un singhiozzo soffocato:
« Nee-chan... Sono... Una
stupida! »
« Cos’è successo? – la indusse a
sollevare il viso e a sedersi più comoda – Da quando lo conosciamo è la prima
volta che non vi vedo parlare per così tanto tempo… »
« I-io… »
Assecondò la sorella e si
rannicchiò vicino a lei, la testa appoggiata alla sua spalla, tirò forte su col
naso e riprese piano:
« Kisshu… Mi ha… Baciat… »
Soffocò il termine della frase
nel cuscino, sentendo la punta delle orecchie che andava a fuoco. Nair la
fissò con tanto d’occhi e poi sorrise:
« Era l’ora! »
« Che?! »
« Pensavo avrei dovuto aspettare
ancora chissà quanto…! Invece Kisshu è proprio precoce…! »
« Ma cosa stai dicendo?! »
Aisei guardò la sorella
scandalizzata, scarlatta in volto; Nair la guardò confusa:
« Scusa, ma che ho detto di male?
E poi, se è così perché sei triste? Dovresti essere contenta! »
La pelle della bruna divenne se
possibile di un tono più accesa:
« Per quale mot…?! »
« Beh, perché a te Kisshu piace,
no? »
Aisei fermò l’urlo a metà,
ammutolendo e fissando Nair ad occhi sgranati. Abbassò lo sguardo,
scoraggiata, e annuì con la faccia nel cuscino.
« Ma allora cos’è successo? »
« … Sono scappata… »
« Cosa?! »
« Lui mi ha baciata e io sono
scappata via! – pianse lei – Io… »
Nair le accarezzò la testa,
lasciandola sfogare, poi le prese la mano e la guardò interrogativa:
« Ai… Perché? »
Aisei scosse la testa con forza:
« Ho avuto… Ho avuto paura! –
singhiozzò – Quando… Quando Kisshu mi dice che gli piaccio… Non so più cosa
fare! Ho l’impressione di non controllare più il mio corpo, non riesco nemmeno
più a pensare! Penso solo… »
S’interruppe, ormai il viso che
era un tutt’uno con la federa. Nair la guardava con dolcezza e comprensione
e la incitò a proseguire, scostandole i ciuffi castani dietro l’orecchio:
« Solo? »
« … Solo… Che vorrei stare con
lui, e nient’altro. »
Nair mandò un sospiro
divertito. Aisei fissò la sorella appena da oltre il cuscino, nascondendocisi
dietro:
« Non… Non sento più niente, non voglio più sentire niente. Vorrei solo
che mi abbracciasse… »
« Sei davvero innamorata, Ai… »
La bruna non rispose.
« Perché non glielo hai mai
detto? »
« Non lo so… – pianse piano –
Forse… Forse ho paura di non sapere più cosa fare. Di non sapere più come
parlargli, o… »
« Tu pensi troppo, Ai. – l’ammonì
gentile la sorella; le poggiò un dito sul cuore – Non hai bisogno di saperlo.
Lo sai già e basta. »
Aisei la guardò in silenzio e
accennò un mezzo sorriso, incupendosi ancora subito dopo:
« Ora come faccio, però? Kisshu
ormai non vorrà più neanche parlarmi! »
« Uno che non ti vuole parlare
non viene a cercarti per dieci volte. »
La guardò allusiva e Aisei arrossì
di nuovo. Nair si alzò, abbracciandola:
« Non avere paura, Ai. Non hai
nessun motivo di averne. Fai solo quel che ti viene dal cuore. E, per l’amor
del cielo! non pensarci sopra. »
La casa di Aisei e Nair era
proprio accanto a quella della famiglia di Kisshu. Per di più, la stanza di
Aisei dava proprio su quella del ragazzo; a separare gli angusti rettangoli che
facevano da finestra alle due camere c’era sì e no un metro e mezzo scarso,
distanza facilmente superabile da un buon allungo di gamba o da un
impercettibile voletto.
Aisei aveva faticato parecchio a
restarsene nascosta, anche se sapeva che Kisshu non avrebbe provato a
raggiungerla senza il suo permesso.
Almeno credeva.
Diciamo che ne era quasi certa.
Ora, invece, la ragazza lanciava
di continuo occhiate alla finestra di fronte, che rimaneva scura e
all’apparenza vuota. Aspettò finchè non fu sera inoltrata e le luci della casa
a fianco furono spente, e restò ad ascoltare finchè non sentì Nair andare a
riposare.
Sicura che tutti dormissero Aisei
fece un bel respiro e si affacciò più che potè: l’aria ghiacciata delle viscere
del pianeta le ferì la faccia, arrossata e calda per più di un motivo, mentre
sentiva qualcosa piombarle nello stomaco e il cuore che accelerava.
« Kisshu…? »
Non sentì nulla e nessuno si
mosse dall’altra parte.
« Kisshu? Sei sveglio? »
Ancora silenzio. Aisei deglutì a
vuoto e tentò di non far tremare la voce:
« Kisshu… »
Ci fu ancora silenzio per qualche
secondo, poi un frusciare di stoffa e Aisei perse un battito. Continuò a
sporgersi ormai in bilico verso la stanza del ragazzo, e dopo un paio di minuti
buoni Kisshu si portò di fronte alla finestra, l’espressione neutra. Aisei
deglutì a vuoto.
« Kisshu… »
« Stai bene? »
« C-come? »
« Sono due giorni che sei sparita
– disse lui con tono basso – ero preoccupato. »
Aisei si prese alcuni ciuffi
nella mano e prese a passarci in mezzo le dita con fare nervoso, fissando il
bordo di legno consunto:
« N-no… Sto bene… »
« Ok. »
Kisshu le accennò un sorriso
stanco e fece per rientrare.
« No! Kisshu, aspetta…! »
Aisei si slanciò verso di lui
tentando di bloccarlo, riuscendo solo a dimenare qualche secondo le braccia nel
vuoto su e giù.
« Ehi, attenta! »
Kisshu le afferrò il polso e l’aiutò
a rimettersi dritta; sospirarono di sollievo in contemporanea.
« Ma sei scema?! – sbottò lui –
Volevi ucciderti?! »
Lei scosse la testa tenendo il
capo chino e Kisshu le sentì trattenere un singhiozzo.
« Ehi, che succede? »
« Scusa… Volevo parlarti, invece
faccio solo casino…! »
« Cosa? »
« Mi dispiace per l’altro giorno
– mormorò – è solo che… Ecco, vedi… Io… Cioè, io e te… »
Sto
balbettando… Sto balbettando! Ti prego fai che il cielo mi fulmini!
Stritolò una ciocca nel pugno
chiuso e piantò gli occhi su un’inutile, brutta e di colpo fondamentale
macchiolina di sporco sul muro. Sentì Kisshu trattenere una risata e desiderò
che non solo il fulmine la centrasse, ma che inghiottisse la sua camera, la
terra sotto e perfino l’aria sopra la sua testa in modo da eclissare il suo
ricordo dall’universo.
« Che scema! »
Aisei s’impettì e stava per
rispondergli per le rime, quando lo vide guardarsi attorno furtivo e quindi
compiere un balzo librato fino al suo poggiolo, accovacciandovisi sopra:
« Posso entrare? »
Aisei annuì piano, senza
rispondere.
Kisshu entrò con leggerezza nella
stanza della ragazza, senza però allontanarsi dalla finestra. Erano proprio uno
di fronte all’altro, lei con l’aria impacciata e le mani strette al petto, lui
le braccia lungo i fianchi e la faccia tesa; era da tempo che Aisei non gli
permetteva di entrare lì, di solito era lei che si intrufolava nella sua camera
a progettare chissà quale piano astruso per ammazzare la noia. Prese due lunghi
respiri, non si era mai reso conto del profumo di Aisei che sembrava insinuarsi
dappertutto tra quelle quattro mura.
« Kisshu. »
Il ragazzo si riscosse e la
guardò più fisso e serio che potè, in modo da farle capire che aveva la sua più
completa attenzione e che avrebbe ascoltato tutto senza battere ciglio.
« M-mi… Mi dispiace di essere
scappata. – sussurrò lei a capo chino – Ero… Ero confusa. Non sapevo cosa fare,
io… E’ solo che io, per te… E quando sto per dirlo, io… Cioè, non è che abbia
qualcosa da dire (o da nascondere, no!), ma ci sarebbe… Sì, il fatto che…
Insomma, se tu e io… Però, penso sarebbe tutto come sempre, no? Sono io che
sono una vigliacca, perché… Perché dovrei dirti, sì, che… »
Aisei si morse la lingua,
disperata.
Perché
è così complicato da spiegare?!
« Ai… »
Lei sollevò lo sguardo e si rese
conto che Kisshu la stava guardando dritta negli occhi con una strana dolcezza:
« Ai, io ti amo. »
Anche il resto del mondo doveva
essersi bloccato, perché Aisei non riusciva a sentire assolutamente più nulla,
tranne un battito del cuore che le sembrò più quello di un tamburo. Kisshu
continuava a fissarla a quel modo e lei sentì ancora cederle le gambe:
« Tu mi ami? »
Aisei si convinse di stare per
prendersi un colpo.
Kisshu le afferrò la mano e
continuò a guardarla in silenzio. Lei era certa che le stesse dicendo di
calmarsi, che lui era pronto ad aspettare anche tutta la notte, anche tutto il
giorno dopo e quello dopo ancora, che era disposto anche ad ascoltare
un’accozzaglia insensata di parole come il farfugliamento di poco prima, gli sarebbe
solo bastato sentirle dire una risposta, alla fine. Solo quella, in qualunque
forma.
Aisei si premette la mano di
Kisshu contro la guancia, le sembrò gelida contro la sua pelle rovente.
« Sì… »
Stavolta sentì che era lui a
trattenere un po’ il fiato.
« Ti amo tanto… »
Kisshu le abbracciò le spalle e
la baciò, sorridendo con ogni centimetro della faccia; la baciò ancora, la
afferrò per la vita e le fece fare un giro in tondo, ridendo a squarciagola.
Per i primi secondi Aisei lo lasciò fare, lasciandosi trasportare troppo felice
per ragionare, ma poi le venne in mente della sorella, addormentata sullo
stesso piano, e tappò la bocca al ragazzo:
« Abbassa la voce! – sussurrò
trattenendo a stento anche lei una risata felice – Vuoi svegliare tutti
quanti?! »
« Sì, sì… »
Bofonchiò lui depresso,
riposandola a terra; si riprese quasi subito e la baciò ancora, Aisei che
sorrideva beata.
Non
credevo che il cervello potesse andare così facilmente a spasso.
« Ti amo Ai! – ripeteva Kisshu
con un sorriso da un orecchio all’altro – Ti amo! »
« Anch’io. »
Risero entrambi, sobbalzando a
sentire dei movimenti vicini e un mugolare sommesso. Kisshu la guardò inarcando
un sopracciglio:
« Se tua sorella e mio padre ci
beccano svegli a quest’ora e a far casino ci uccidono. »
Aisei annuì e lo riaccompagnò
alla finestra, tenendogli la mano; Kisshu la seguì obbediente ma senza smettere
di baciarle la guancia e accarezzarle la nuca, cose che rendevano Aisei sempre
meno determinata a farlo rientrare.
« Uh? E questo? »
La brunetta lo sentì stuzzicare
con un dito qualcosa che portava al collo. Sorrise impacciata e tirò fuori da
sotto i vestiti la collana che si era fatta anni prima con un cordoncino e una
iridescente pietra bianco argentea.
« Questa… – Kisshu fissò la gemma
che Aisei teneva in mano – Allora l’avevi ancora? »
« Non me ne separo mai. In fondo…
È importante per tutti e due. »
Gli sorrise radiosa e Kisshu la
baciò ancora:
« Sempre. Sei fantastica! »
« Ok, ora però torna normale
(cioè cretino) come tuo solito o ci ripenso. »
« Lo sai che sei diventata
pesante? Dovresti perdere qualche chilo… »
Lei lo trucidò sul posto:
« Ripeti-le-ultime-dieci-parole!!!! »
Aisei si tappò la bocca con le
mani e guardò spaventata verso la porta, ma sembrò tutto tranquillo; Kisshu si
trattenne dal ridere.
« Sei insopportabile! »
Ma stava ridendo anche lei. Con
un sospiro lo costrinse a saltare di nuovo dall’altra parte, sorda alle sue
proteste da bambino:
« Dai! Non vuoi stare ancora un
po’ con me? »
« Voglio evitare che ci
rinchiudano in casa fino alla maggiore età. – ribatté piatta – Avanti, ci
vediamo domani. »
« Uffa! Ok, ok… »
« Ehi, Kisshu. »
« Uh? »
Il ragazzo, accucciato sul bordo
della finestra, vide due mani nivee afferrarlo per il colletto e tirarlo indietro,
dove Aisei lo baciò fluttuando a mezz’aria.
« Non mi avevi dato il bacio
della buonanotte. »
« Kami-sama quanto ti adoro! »
Aisei sospirò divertita, si
baciarono ancora e dopo entrambi si costrinsero, in un titanico sforzo fisico e
mentale, a rientrare nelle loro stanze e stendersi a letto.
« Buonanotte Kisshu. »
« ‘Notte Aisei. »
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Prego Pai mi
allungheresti quella siringa @_@""?
Pai: … Che è?
Insulina
@_@""… Sto per avere un attacco di diabete @________@"""….
Pai: … Passa un po' anche a me va -.-"
Kisshu: quanta simpatia -_-*!
Ok lo so sono smielata
da essere disgustosa, e visto ciò che c'è scritto so che le domande saranno del
tipo "ma come siamo arrivati a loro due che si odiano ?_?"
?!?!"… Lo scoprirete ^w^!
Tutti: CENSURA
Ci vedremo tra due
settimane :D! Ringrazio tantissimo mobo, Dancelove,
Danya, Amuchan e Perla-Bartolini
per i commenti :3, tutti i lettori e mando bacini a tutti!
Mata ne~♥
Ria