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Autore: Reika_Stephan    29/11/2014    0 recensioni
*Storia scritta a due mani*
Reika Walter.
Ritardataria cronica.
Stephan Lordale.
Ricco studente modello, nuovo arrivato.
Amicizie indissolubili, amori travagliati, difficoltà da superare.
Ma insieme. Restando insieme.
Genere: Commedia, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago, Scolastico
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Note autore:
Wow! Puntuale, di nuovo!
Spero apprezziate l'impegno! E spero che qualche personcina che legge la storia in silenzio, si decida ad espormi il suo parere!
Ringrazio tutti quelli che hanno aggiunto la storia fra preferiti/seguiti/da ricordare.
Buona lettura!

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7. Stratagemma

 
Sentii il cellulare vibrare e scavai con la mano nello zainetto che mi ero portata dietro.
Tirai la mano fuori quando afferrai qualcosa di solido, ma si trattava del portafoglio. Sbuffai e sbirciai all'interno individuando subito l'oggetto interessato: tre chiamate perse di mia madre.
Lo infilai nuovamente nello zainetto con stizza e ripresi a camminare.
Erano le tre - e non del pomeriggio - e stavo già camminando verso casa, - con estrema lentezza - anche se non avevo nessuna voglia di rientrare.
Stare a casa con i mei genitori mi rendeva nervosa, mi sembrava di soffocare.
Odiavo dovermi subire i loro sguardi di sospetto o peggio, di preoccupazione. Così, preferivo stare fuori casa - anche se significava far fronte poi a ramanzine sull'ora improponibile e sull'indecente atteggiamento di strafottenza che tiravo fuori in quelle situazioni -. 
Ultimamente non sopportavo neanche la compagnia di Luca e Diana che, purtroppo, conoscevano, molto più dei miei genitori, il ruolo di un certo Newyorkese nella mia vita e non facevano altro che cercare di confortarmi e di farmi forza. Cosa di cui, non avevo assoluto bisogno. 
Stavo bene.
Si, erano passati tre mesi da quando lui se n'era andato e non aveva ancora trovato il tempo di tornare per vedermi, per via della scuola - doveva impegnarsi molto, dati i continui cambiamenti - e i suoi non ammettevano distrazioni.
Ma ricevevo da lui un sacco di e-mail e di sms ed anche sporadiche chiamate.
Il fatto che quei due si ostinassero a ricordarmi, ogni cinque minuti, che negli ultimi tempi ero leggermente di cattivo umore, mi dava oltremodo sui nervi.
Mi mancava e tanto. E allora?
Non mi andava di pensarci più di quanto non facessi già ma loro si mettevano in testa di compatirmi e di elargire consigli e massime di vita, sbattendomi praticamente in faccia quanto ci stavo uno schifo ogni santissimo minuto! Che pretendevano?
Li evitavo per lo più. Non ero mai in casa e cercavo di non farmi beccare in giro.
Di solito andavo nei locali affollati, ballavo e mi trattenevo a chiacchierare con conoscenti che almeno non mi guardavano come una povera disgraziata.
Una volta mi ero imbattuta in Gabriele e avevo passato la serata con lui e altri amici.
Almeno finché non aveva tirato fuori l'argomento Stephan-non-c'è con un mezzo sorriso compiaciuto, che non avevo potuto fare a meno di notare e che mi aveva rivoltato lo stomaco quanto lo facevano gli sguardi di compassione di Diana.
Pescai le chiavi di casa dallo zainetto e le infilai nella toppa. Cercai di fare piano e quando fui dentro e non mi sentii sbraitare addosso, seppi che mi ero evitata l'ennesima ramanzina. Sbirciai in salotto e vidi mia madre addormentata sulla spalla di papà, altrettanto assopito e la tv accesa.
Lasciai lo zainetto sul pavimento, - così se si fossero svegliati, si sarebbero almeno accorti del mio ritorno - corsi di sopra e mi affrettai a infilarmi nel letto.
Una decina di minuti più tardi, sentii i passi decisi di mia madre sul pianerottolo e la porta della mia camera spalancarsi. Feci finta di dormire, respirando piano e pochi secondi dopo la porta si richiuse: avevo rimandato le sue escandescenze di qualche ora.
 
Era domenica mattina e, come previsto, fui svegliata con un grande scossone e quando finalmente misi a fuoco la mia stanza, mi sentii chiaramente trafitta dallo sguardo infuriato di mia madre.
'Allora?' esclamò sprezzante, 'hai intenzione di darmi una valida spiegazione, almeno?'
'Per cosa?' borbottai, abbandonandomi sul cuscino.
'Per cosa?!' urlò allora lei, tirandomi via le coperte. 'L'ultima volta che ti ho chiamata saranno state le tre e un quarto!'
Mi alzai e pescai a caso nell'armadio, mentre mia madre riprendeva fiato, per poi ricominciare:
'Va benissimo che tu vada a divertirti con Diana e Luca e non so chi altro, nessuno te lo vieta. E va bene che ogni tanto tu faccia tardi. Ma, santo cielo, ogni tanto, non tutti i giorni! Hai la scuola e non puoi presentarti come uno zombie ambulante!'
Infilai la maglietta sopra i jeans e mi affrettai ad uscire dalla mia stanza. Mia madre mi seguì: 'E soprattutto, gradirei che rispondessi almeno alle mie chiamate, quando decidi di passare la nottata fuori!'
Continuò così fino in cucina e quando mio padre ci raggiunse, ci si mise anche lui.
Alla fine sbottai in malo modo e prendemmo a litigare, finché non mi alzai e uscii di casa sbattendo la porta.
Nella fretta ero riuscita a recuperare lo zainetto, ancora sul pavimento, prima di uscire: almeno non sarei dovuta tornare a casa per pranzo, avrei mangiato fuori.
Continuai a camminare svelta senza una meta precisa, poi un'idea mi bloccò lì sul posto.
Mi guardai intorno per orientarmi e feci dietrofront affrettando il passo.
 
Dieci minuti dopo ero davanti a casa di Diana e suonavo il campanello.
'Chi è?' mi chiese una voce che poi, riconobbi come quella della madre di Diana.
'Sono Reika, può chiedere a Diana di uscire per favore?'
'Certo, te la chiamo subito!'
 
'Reika?', Diana mi corse incontro , fuori dal cancello. 'Stai bene?'
'Ciao,' dissi in fretta 'sto bene'.
'Luca sta venendo qui, se ti va possia-'
'No, non c'è tempo!' la interruppi, poi sentii quest'ultimo che ci chiamava.
'Ah, è già qui!' continuò lei.
Lui ci raggiunse subito e ci salutò, sorridendo.
'Bella giornata, eh? Come la sfruttiamo?' chiese senza tanti preamboli.
'Non so,' disse Diana 'credo che Reika abbia qualcosa da dirci a riguardo.'   
Luca mi guardò perplesso.
'In effetti, ho intenzione di sfruttare questa giornata con un bel viaggio.'
Diana sbattè le palpebre, Luca spalancò gli occhi: 'Vuoi andare da lui?'
'Esatto. Ho l'ultima paghetta quasi intatta, mi basterà per un biglietto spero. Ma mi serve qualche vestito da portare. Non voglio tornare a casa: ho litigato con i miei e se rientro adesso, non mi lasceranno più uscire.
Per questo volevo qualcosa di tuo, Diana. Starò via qualche giorno, non molto.'
Luca mi studiò: 'Sei convinta?'
'Si' annuii ferma.
'Allora vengo con te,' disse sospirando.
Lo guardai sorpresa. Luca era mio amico dal primo anno di liceo e aveva sempre avuto un atteggiamento quasi protettivo nei miei confronti. Poi aveva conosciuto Diana e forse era un pò cambiato ma mi fece sorridere il fatto che in fondo, era sempre lo stesso. E poi, il suo rapporto con Stephan, era diventato molto forte.
'Manca anche a te, eh?' lo stuzzicai, ridendo.
Lui si strinse nelle spalle.
'Ehi, vengo anch'io! E' pur sempre New York! E poi manca anche a me. Devo solo prendere due cosette' cominciò Diana, facendo avanti e indietro: 'Dico a mia madre che ti portiamo da qualche parte, perchè hai bisogno di staccare la spina. La farò sembrare una situazione drammatica e farò tutto molto in fretta, così non avrà neanche il tempo di replicare. E se i tuoi genitori ti cercheranno, sapranno che stai bene.'
Si fermò e ci guardò: 'Si,' annuì 'entro ed esco in un attimo!'
Corse in casa e si chiuse la porta alle spalle.
Scoppiai a ridere e pensai che davvero, non meritavano il modo in cui li avevo trattati.
Guardai Luca : 'Mi dispiace pe-'
'Lascia stare,' mi interruppe lui 'essere amici vuol dire anche sopportare la tua testa dura.'
 
Circa cinque minuti dopo Diana uscì e mi lanciò una borsa enorme, stracolma. Poi rientrò e mise su una faccia ultra-apprensiva. Non sentii cosa disse a sua madre ma, in men che non si dica, tornò da noi correndo e ci incitò a muoverci.
Passammo per casa di Luca per recuperare altre due cose e poi chiamammo un taxi per farci portare all'aeroporto.
Comprammo tre biglietti del primo volo per New York e aspettammo.
 
Sull'aereo, Diana e Luca si sedettero vicini mentre io finii accanto ad un vecchietto strambo e logorroico. Poco male comunque, dato che mi feci, dopo tanto tempo, una bella dormita che mi risparmiò la tortura.
 
Diana mi svegliò prima dell'atterraggio.
Lasciammo l'aeroporto con un taxi e fu solo a quel punto che mi posi la domanda di dove raggiungere Stephan.
'Allora, dove vi porto?' chiese il tassista, che aveva una folta barba e l'aria annoiata.
Guardai Luca e Diana speranzosa, ma entrambi mi fissavano confusi.
'E-ecco... conosce per caso la famiglia Lordale?' chiesi scettica.
'Certo, avete un appuntamento di lavoro? La sede dell'azienda è-'
'No, la loro abitazione..' dissi sorpresa e confusa. Erano così importanti?
'Oh, certo.. l’abitazione di Alexander Lordale? Del proprietario dell’intera azienda? ' disse tassista, guardandoci sorpreso.
Che c'era di strano?
‘Beh, si’ annuii.
Il tassista mise in moto e non disse più nulla.
Dopo una ventina di minuti eravamo fermi davanti ad un’abitazione indescrivibile.
Diana non potè fare a meno di commentare: ‘Favoloso è dire poco! Ma che diavolo di famiglia è questa?! Non c’è che dire, ti sei proprio trovata un buon partito!’
Alzai gli occhi al cielo e proprio in quel momento un uomo vestito di tutto punto uscì dal cancello e si fermò quando ci vide impalati lì davanti.
‘Cosa fate qui?’ chiese il tizio, con fare inquisitorio.
‘Ecco, cercavo St- il signor Stephan Lordale’ risposi imbarazzata.
‘Non è in casa al momento. Siete attesi?’ chiese meccanicamente.
‘Attesi? No... ma io conosco questa famiglia e sono sicura che mi lascerebbero entrare se-’
L’uomo quasi scoppiò a ridere: ‘Non credo. Se avete un appuntamento o-’
Lo interruppi anch’io, trattenendo il nervosismo che quel tizio mi ispirava con i suoi risolini: ‘Se magari potesse annunciare che Reika Walter ha bisogno di parlare con Stephan Lordale, le sarei molto grata.’
Mi guardò scettico e, mantenendo il sorriso di superiorità, annuì tornando dentro.
Preferivo Gustavo, di gran lunga.

Quando ormai mi ero stancata di starmene in piedi, il tizio tornò, il sorrisetto era sparito.
‘I signori Lordale mi pregano di porgerle le loro più sentite scuse, in quanto sono davvero troppo impegnati per riceverla. Vogliono inoltre informarla che il signor Stephan è altrettanto impegnato in questo periodo e che quindi sarebbe meglio rinviare la sua visita al momento. Le mandano i più cordiali saluti.’
Quell’idiota l’aveva avuta vinta, eppure aveva cambiato atteggiamento. Probabilmente di solito, persone come noi, venivano semplicemente mandate via. Così, nascosi la delusione e sorrisi al tizio, con fare compiaciuto: ‘ La rigrazio delle informazioni, è stato molto gentile.’
L’uomo arricciò le labbra e mi fece un cenno col capo, prima di fermare un taxi e andarsene.

A quel punto, presi a camminare tranquilla e Luca mi studiò, venendomi dietro insieme a Diana:
‘Non ti arrenderai così facilmente?’ chiese perplesso.
‘Per chi mi hai presa?’ dissi sorridendo con fare saputo: ‘Quel tipo prima, ha detto che Stephan non c’era. Se è vero, dovrà tornarci prima o poi, no?’
Diana scoppiò a ridere: ‘Quindi aspettiamo!’
‘Esatto, aspettiamo.’

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N.B.: Mi prenderò una pausa "natalizia"! Il prossimo capitolo, dunque, sarà postato dopo le vacanze di Natale!

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