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Autore: Theredcrest    05/12/2014    3 recensioni
Il Varco è aperto. L'Inquisizione, formata dalle menti più brillanti del Thedas, combatte per liberare il mondo da un nemico che potrebbe rivelarsi impossibile da sconfiggere. Eppure, la speranza è ancora viva, riposta nelle mani dell'Inquisitore, dei suoi compagni e consiglieri. Ognuno di loro con le proprie esperienze. Ognuno con le proprie ferite.
Il Comandante Cullen è uno di loro. Segnato dal passato e dagli errori che lo tormentano, si concentra sull'Inquisizione per porvi rimedio e ritrovare una pace che non conosce da molti anni. Ma potrà mai farlo?
Attenzione: il testo contiene spoiler sulla trama del videogioco.
Genere: Fantasy, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri
Note: Lime | Avvertimenti: Spoiler!
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Si muoveva nervosamente, girando qua e là per il suo ufficio, la prima torre appena ristrutturata sulle mura di Skyhold. L'imponente fortezza proteggeva tutti i membri dell'Inquisizione, e si dipanava prepotentemente sulla cima di una delle più alte montagne, l'avamposto perfetto dopo il disastro di Haven. Un disastro che li aveva lasciati tutti feriti, confusi, ma sopratutti tesi. L'unica speranza era riposta in lei, L'Inquisitore. Il destino aveva voluto che fosse una maga.
Scosse la testa, guardando la scrivania ricolma di carte con un sospiro. Qualcuna sventolò, mentre la sua tunica sollevava nell'aria il sottile pulviscolo di anni e anni di abbandono. Le torce sulle pareti e due librerie ricolme di tomi sulle tattiche e le strategie usate dai più disparati regnanti di tutto il Thedas non servivano a rendere la stanza più accogliente, con quel soffitto alto e i buchi nel tetto, ma almeno illuminavano quello che sarebbe altrimenti stato un vano buio, una penombra oscura piena delle minacce che vivevano nella sua mente.
Cullen grugnì, le mani intrecciate dietro la schiena, mentre l'armatura mandava deboli riflessi infuocati che risplendevano del calore della brace. Il suo animo dibatteva, mentre continuava imperterrito a scavare il pavimento a forza di passi, su come la tragedia fosse potuta succedere sotto il suo, il loro naso. I Templari, l'ordine che un tempo l'aveva ospitato e in cui aveva riposto le proprie speranze, aveva tradito ogni singolo precetto che era stato loro insegnato e non solo. D'altro canto, i Maghi rifugiatisi a Skyhold avevano dimostrato un'inusuale autocontrollo, e una forte determinazione contro la minaccia rappresentata da Corypheus. "Al contrario dei miei vecchi compagni", pensò, incredulo, non riuscendo a distogliere la mente dalle immagini che gli avevano riempito gli occhi al loro ormai vecchio, e seppellito, avamposto.
Si fermò per un attimo solo, al centro della stanza. Il bagliore dei cristalli di Lyrium rosso aggrappati alla pelle dei suoi ex-compagni lo accecava ancora, perfino nei ricordi. Sotto le loro unghie. Mentre emergevano dalle loro costole, trasformandoli in mostri, e dai loro stomaci, fondendoli all'armatura che una volta portava con orgoglio. Una visione terrificante di corpi contorti e mutati. "Come hanno potuto?" si chiese. "Forse è stato involontario. Qualcuno può aver avvelenato le loro scorte di Lyrium." Eppure, le parole di molti di quei... mostri morenti erano state diverse. Ad Haven come in altri luoghi, parole che l'Inquisitore stessa aveva riportato a lui più d'una volta, fugando ogni dubbio. Promesse di potere, di capacità oltre l'immaginabile. E la collaborazione di Samson al progetto, per la sua pericolosa dipendenza dal Lyrium. Quello che lui stesso non assumeva da mesi.
Un rantolio gli salì in gola. Tossì, guardando in alto senza vedere, i frammenti della battaglia che ancora annebbiavano la sua ragione. Poi, la porta dietro le sue spalle si aprì con un lungo cigolio, distogliendolo dai ricordi. Imprecò mentalmente, augurandosi di non doverle dare un'oliata lui stesso.
«Comandante?»
«Si?» ringhiò nervosamente, incamminandosi verso la scrivania. Una volta al suo posto, poggiò entrambe le mani sul piano, ingobbendosi, assumendo quell'aria di minaccia che generalmente teneva in riga i suoi sottoposti, o qualsiasi altro membro dell'Inquisizione. Lo chiamavano Comandante con una punta di sdegno, erroneamente. Lo pensavano molle, uscito dal Circolo di Redcliffe per venire assegnato a Kirkwall coi piedi sul tavolo a compilare scartoffie. A causa della situazione attuale, ben pochi a parte Varric e Cassandra ricordavano cos'era scoppiato proprio là, dove il Campione era divenuto tale: le abominevoli azioni di Meredith avevano richiesto molto più del coraggio. Avevano drenato la sua fede nell'Ordine. Riaperto ferite che sperava di non dover sentire mai più sanguinare.
«Oh.» Rimase sorpreso alla vista dell'ospite appena entrato. Subito tornò dritto, ergendosi in tutta la propria altezza con un lieve raspare di gola. «Inquisitore. Io non... non vi aspettavo.»
«Neanch'io mi aspettavo.» La ragazza gli rivolse un lieve sorriso, guardandosi attorno con occhi verdi pieni di interesse. Sembrava osservare avidamente tutti gli oggetti e gli angoli più remoti di quella stanza, pronta a carpire qualsivoglia segreto contenessero sul loro proprietario, mentre si dirigeva a passi lenti verso la scrivania illuminata da una debole luce di candela. «Ci sono novità sulle nostre truppe?»
Cullen annuì, raccogliendo alcune delle carte con la precisione di chi trovava nel disordine il proprio ordine. Osservò la fitta scrittura a inchiostro, prima di metterle da parte.
«Si, Inquisitore. I soldati sono ben addestrati e pronti ad agire sul campo. Abbiamo buone difese, e ferro a sufficienza per fornire spade a tutti, anche a chi rimpingua le fila ogni giorno. Ma manchiamo di attrezzature efficienti, di legno per scudi e archi. I mercanti che si sono stabiliti a Skyhold stanno procurando ciò che possono» fece una breve pausa, tornando a girare dietro la scrivania, le mani di nuovo intrecciate dietro la schiena «ma lo paghiamo a caro prezzo» concluse severamente.
L'Inquisitore rimase in silenzio, sembrando soppesare la cosa. Portò una mano al mento, osservando con attenzione le scartoffie accantonate, e annuì.
« È il caso di procedere cautamente dopo Haven. Dobbiamo saper garantire la protezione di chi entra a Skyhold, ora più di prima: organizzerò una squadra e partiremo al più presto per Crestwood. Avrete il legno che vi serve.» Cullen la guardò, concentrandosi sulla cicatrice che le attraversava il sopracciglio e la guancia, ad eccezione dell'occhio. Era una ferita che aveva riportato durante l'assalto ad Haven, ricordò, quando da sola si era fatta avanti per lasciarli scappare tutti verso le montagne. Una giovane maga da sola, contro l'oscuro potere di un Magister. Contro l'Arcidemone ai suoi comandi, o così si era detto del drago che Corypheus controllava. Viva per miracolo, quasi morta assiderata affrontando i gelidi venti e la neve fino all'accampamento in mezzo al nulla nel quale si erano stabiliti, prima della fortezza. Ancora si chiedeva perché nessuno si fosse opposto alla sua insistenza nel voler rimanere. Rischiare l'Araldo di Andraste in persona? Eppure, in quel momento, si rese conto con vergogna, non gli era nemmeno passata per la testa l'idea di sacrificarsi, offrendosi alla causa al suo posto. L'Inquisitore aveva insistito sul loro scopo, portare i profughi in salvo. E loro avevano rischiato di perdere l'unica persona in grado di mettere un fine alle mire del Magister.
«C'è altro che dovrei sapere, Comandante?» Il sorriso era rispuntato sul suo viso, illuminato debolmente dalla candela. Cullen la guardò con apprensione, prima di schiarirsi la voce.
«Ci sono molte carenze strutturali nella fortezza, Skyhold ha bisogno di ristrutturazioni. Una larga parte delle prigioni è completamente distrutta, assieme ad una sezione delle mura e delle torri. Per ora la struttura è stabile, operai e soldati sono già all'opera per rinforzarla, ma necessitiamo di interventi tempestivi o rischiamo che in futuro buona parte del castello crolli giù per la montagna.» Le sue parole sembrarono generare una breve scintilla di ironia negli occhi di lei, che sorrise lievemente al pensiero.
«Inquisitore?» le chiese, dubbioso.
L'Inquisitore inclinò la testa, coi capelli neri che le scendevano morbidamente su una spalla. Sembrò concentrarsi su di lui, e mentre gli occhi di lei scendevano lungo le linee dell'armatura che indossava, graffiata e lucidata a lungo, Cullen provò un brivido.
«Inquisitore...» ripetè, aggrottando le sopracciglia. Finalmente, la ragazza smise di osservarlo e tornò a guardarlo.
«Io e Leliana ne abbiamo discusso a lungo.»
Leliana, la capospia. Un elemento indubbiamente utile, anzi, fondamentale nella formazione dell'Inquisizione: erano state lei e Cassandra a fondarla, dopo la caduta della Chiesa di Andraste e della Divina reggente Justinia. Quante volte aveva parlato, discusso con lei al tavolo da guerra? Le immagini della notte dopo la distruzione di Haven tornarono ancora, prepotenti. La neve e il freddo, il clangore dell'armatura che l'aveva accompagnato ad ogni passo, ogni momento passato nelle retrovie a spingere i rifugiati ed i loro carri su per la montagna con la spada in mano. Le cinque frecce infuocate che aveva lanciato nel cielo per indicare all'Inquisitore che erano, finalmente, al sicuro.
Rilasciò un sospiro irritato, mentre la maga proseguiva con attenzione, come se ogni parola fosse in grado di ferirlo.
«Comandante Cullen, da quando siete arrivato...» Lui la fermò, alzando una mano.
«Per favore. Solo Cullen.»
L'Inquisitore annuì, incerta.
«Cullen, non hai fatto altro che lavorare. Compilare carte, fornire strategie, elaborare piani d'azione, addestrare soldati, contribuire alle riparazioni...» Aggrottò le sopracciglia ancora più di prima. Doveva aspettarselo, da Leliana e da lei. «Stai facendo troppo, devi prendere una pausa.»
«Inquisitore, sono certo di non essere l'unico qui a Skyhold» ribattè prontamente, giocando nervosamente con un ninnolo, un anello che aveva appena raccolto dalla scrivania e si era passato nei palmi dietro la schiena. Continuò a infilarlo da un dito all'altro per scacciare la tensione. «Tutti si stanno dando da fare per il meglio. Josephine, Leliana, Cassandra e anche Voi stessa, proseguite nei vostri compiti instancabilmente.» Con fermezza, lo sguardo dritto e il mento in fuori, si fermò dal suo camminare avanti e indietro, volgendosi a lei. «Non intendo essere da meno.»
Per un momento, sembrò che le torce si rafforzassero, e le fiamme ardessero con più violenza. Perfino i bagliori sulla lucida armatura si moltiplicarono, dando mostra di un uomo orgoglioso che conservava ancora la speranza. Ma Cullen, di sé stesso, non vedeva altro che un uomo vuoto. Forse un folle, forse un mostro dopo gli eventi del Circolo di Redcliffe e di Kirkwall. Con l'unica differenza, rispetto ai suoi ex-compari più mostri nell'apparenza, che aveva scelto di servire una causa giusta.
Prima una causa, e poi lei.
L'Inquisitore lo guardò poco convinta, a braccia conserte. "Quello è lo sguardo", pensò Cullen, "di quando non gliene importa un fico secco."
«Se non intendi essere da meno, accantona il lavoro. Un Comandante senza forze non servirà all'Inquisizione.» Il tono era così freddo da fargli ghiacciare le ossa: quella ragazza alle volte era ragionevole come poteva essere ragionevole un blocco di marmo liscio. Impossibile trovare appigli. La vide avanzare, fermarsi davanti a lui e provare a guadagnare ogni singolo centimetro della sua (poca) altezza. Il suo braccio fasciato nella giacca scamosciata, di un rosso scuro che tendeva all'amaranto, indicò la porta. «Ti voglio fuori di qui entro mezz'ora, Comandante» gli disse in tono provocatorio. «Altrimenti non lesinerò di trascinartici io stessa.» Il confidenziale mezzo sorriso che gli diresse fù abbastanza da fargli imporporare le guance. Era tutto calcolato, si rese conto.
«A-agli ordini, Inquisitore» balbettò, con un guizzo di vergogna.
«Non era un ordine, Comandante.» Strinse l'anello nel palmo, vedendo che il sorriso di lei si allargava in uno ben più caloroso. «Era un consiglio da amica.»
Non si rese conto del proprio imbarazzo, guardandola spaesato per qualche momento. Poi chinò la testa e fece riverenza, vedendola allontanarsi.
«Inquisitore.»
«Il mio nome è Kassandre.»
L'Inquisitore chiuse la porta alle sue spalle, lanciandogli un'ultima furtiva occhiata. Quando fù chiusa, Cullen si lasciò andare mollemente sulla sedia con un sospiro, portandosi una mano alla fronte.
"Che Andraste mi fulmini se non è quella la donna che deve guidarci."
Osservò l'anello che aveva tenuto in mano, il simbolo dei Templari orma ridotto ad un rilievo consumato dal tempo. Un ruolo che non aveva più senso di esistere.
"Dovrei dirglielo."


Eccomi, dopo quasi un anno di assoluta assenza di pubblicazioni e mancanze varie! A chiunque mi ha seguito prima, non me ne vogliate, ma è stato un anno assolutamente duro e pieno di disgrazie che ora, per fortuna o sfortuna, si possono dire concluse. Ovviamente ne iniziano sempre altre, ma fortunatamente si trova un modo per affrontarle.
Detto questo, era appunto da un anno o più che non scrivevo niente, e dopo aver giocato all'ultimo Dragon Age Inquisition, nei rari ritagli di tempo, mi è scattata la scintilla. Questo primo capitolo, come sempre, è solo un preludio ai prossimi che saranno più lunghi e articolati e, vi avverto, non è stato revisionato: se trovate errori siate caritatevoli, o fatemeli notare che fa sempre bene :3 Stavolta, spero con tutto il cuore di non perdere la voglia e non fermarmi, dato il lavoro mi dà la possibilità di scrivere a diversi orari e impiegare anche qui il mio tempo quando non occupato in altro - senza permesso e di nascosto, ma pazienza xD
Concludo infine sperando in un qualche commento di un buon samaritano che mi illumini su eventuali falle e mi dia un parere onesto! Non vi preoccupate, se mi dite che fa schifo *nessuno* vi aspetterà alla porta di casa con un'accetta in mano... proprio nessuno <3 scherzi a parte, spero piaccia. Al prossimo capitolo!

  
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