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Autore: ChiaraBJ    14/12/2014    7 recensioni
Ben è un bambino di otto anni che ha appena perso la mamma. E’ disperato, ma l’amicizia con una bambina di sei anni lo aiuterà ad uscire da quel tunnel di disperazione. Ventisette anni dopo Ben la incontra di nuovo, solo che ora quella bambina è diventata una spietata donna dedita al crimine e Ben si troverà a decidere tra lei, gli amici e i ricordi del passato.
Genere: Azione, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ben Jager, Nuovo personaggio, Semir Gerkan
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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IL PICCOLO BEN

Era una stupenda giornata di sole e Semir era stato letteralmente trascinato da Ben a una festa di beneficenza organizzata da Konrad Jager che si teneva nella lussuosa villa di famiglia alle porte di Düsseldorf.
Ben odiava le feste soprattutto quelle organizzate dal padre, ma Julia trovava sempre il modo di farlo partecipare, anche perché la sorella minore aveva un ascendente su di lui che il padre non aveva.
Purtroppo in quelle occasioni quando Ben si trovava di fronte suo padre, e cominciavano a chiacchierare, immancabilmente il loro discorso cadeva sul suo lavoro di poliziotto.
Il padre non aveva mai approvato che il figlio avesse scelto un mestiere così pericoloso e poco remunerativo, invece di accettare di portare avanti la già avviata e florida azienda di famiglia. Ma Ben amava quel lavoro, aveva sempre desiderato essere un poliziotto fin da piccolo e il fatto che il padre continuasse a sottolineare sempre l’argomento lo faceva arrabbiare e parecchio.

Nel frattempo Semir stava amabilmente conversando con alcuni ospiti quando con la coda dell’occhio vide Ben che, con aria piuttosto contrariata e a grandi falcate , si allontanava dal padre dirigendosi verso il parco della villa.
“Già mi immagino cosa possiate avervi detto tu e tuo padre per farti letteralmente fuggire da lui…Ah, signor Jager” pensò tra sé e sé Semir “Quando capirà che poliziotti si nasce, non si diventa. Ben è nato già con la pistola e il distintivo in  mano”
Il piccolo ispettore quindi si congedò dalle persone con cui stava parlando e andò a cercare l’amico.

Lo trovò alcuni minuti dopo seduto sopra un muretto con le gambe a penzoloni, sotto i suoi piedi scorreva impetuoso il fiume Reno.
“Non mi sembra prudente star seduto lì sopra, socio” gli disse Semir salendo anche lui sopra al parapetto e sedendosi accanto all’amico.
Ben abbozzò un mezzo sorriso.
“Sai , quando avevo otto anni salii su questo muretto in questo identico punto, mi stavo per buttare di sotto …” disse triste Ben guardando il fiume.
“Cosa???” Semir era interdetto. Lui e Ben erano colleghi e soprattutto amici da più di cinque anni e ormai pensava di conoscerlo abbastanza bene. Era al corrente di diversi episodi del suo passato, ma il fatto che lui avesse tentato di farla finita … a soli otto anni poi…
“Se vuoi parlarne io sono qui…se hai bisogno di sfogarti…” disse comprensivo l’amico.
“Ho sempre odiato le feste e soprattutto le feste di compleanno” cominciò a raccontare Ben sempre guardando il Reno che scorreva sotto i suoi piedi.
“Il giorno del mio ottavo compleanno seppi da mio padre che mia madre era morta. Me lo ricordo ancora oggi come fosse successo ieri: mio padre entrò nella mia stanza poco prima di cena dove io e Julia stavamo scartando i miei regali. Chiese a Helga, la nostra governante, di portare fuori dalla stanza mia sorella, poi senza tanti preamboli e delicatezza mio padre mi informò che mia madre era morta in un incidente stradale. Ho usato il termine ‘informò’ perché sembrava…un comunicato stampa, non c’era emozione , non c’era …niente… solo gelide parole”
Una lacrima cominciò a scendere dal volto di Ben e Semir mise una mano sulla spalla dell’amico; ecco perché odiava tanto il giorno del suo compleanno, era lo stesso giorno in cui era morta sua madre.
“Mi ricordo che appena me lo disse” continuò Ben asciugando la lacrima con il dorso della mano “ Pensai che stavo sognando. Stavo vivendo l’incubo peggiore che possa avere un bambino, quelle parole dette da mio padre mi colpirono come una pugnalata al cuore. Poi , forse per lo shock o forse perché mio padre dopo avermelo detto uscì  dalla stanza come se niente fosse … beh non versai nemmeno una lacrima. Mi resi conto che non avrei più rivisto mia madre e una parte di me morì con lei”

Semir non sapeva che dire, accanto a sé aveva la pallida copia del giovane collega che conosceva, in lui in quel momento non c’era nulla dello spavaldo, allegro e scanzonato ragazzo che conosceva.

Ben sempre guardando il fiume con voce triste continuò il racconto.
“Mio padre quella sera dopo cena uscì, doveva organizzare il funerale e chiese a Helga di metterci subito a letto e così fece. Io e mia sorella dormivamo in due stanze diverse. Dissi a Helga che avrei fatto tutto da solo, che era meglio se lei avesse fatto compagnia a mia sorella. Helga mi rispose che sarebbe venuta a rimboccarmi le coperte dopo che Julia si fosse addormentata , ma io le dissi di no. Le ripetei che volevo restare solo. Aspettai che Helga uscisse dalla mia stanza, entrasse in quella di Julia e poi io uscii di casa”
“Ma Ben” disse allibito Semir “Il tuo compleanno è il 26 febbraio, oltre a essere buio pesto quella sera sarà stata freddissima” obiettò Semir.
“Già e l’acqua del Reno sarà stata a dir poco gelida” disse con un mezzo sorriso il giovane.
“Ben…mi stai dicendo che sapevi quello che facevi? Tu stavi uscendo di casa per …” Semir non riusciva a capacitarsi, non riuscì a formulare la domanda, la cosa gli sembrava assurda e terrificante allo stesso tempo.
Ma Ben era accanto a lui, quindi cosa gli fece, per fortuna, cambiare idea? O si era buttato e qualcuno lo aveva salvato?
“Ben” disse poi il piccolo ispettore con più tatto possibile “Sei accanto a me”
“Già” disse finalmente il giovane voltandosi e guardando negl’occhi il suo partner. “E penso che allora avrei fatto uno sbaglio enorme se mi fossi buttato di sotto. Fui … salvato da una bambina di sei anni” disse accennando un sorriso.
“Come salvato? … ti buttasti? ” Semir era basito.
“No,  me ne stavo qui seduto a guardare il fiume, tremavo come una foglia: per il freddo che faceva, per la paura, per l’aver perso mia madre quando…”

Düsseldorf, 26 febbraio di 27 anni prima.
Ben aveva appena saputo della morte della madre e appena il silenzio calò nella villa, il ragazzino prese la giacca pesante, il cappello, la sciarpa, infilò le scarpe e furtivamente uscì dalla villa diretto verso il muretto del parco che costeggiava il fiume Reno. La sera era freddissima e il vento soffiava forte, e quando Ben passava vicino agli alberi aveva l’impressione che questi emettessero urla di disperazione.
Il bambino arrivò vicino al muretto che costeggiava il fiume, vi salì, si sedette e guardò giù. Sotto ai suoi piedi scorreva il Reno, lui sapeva che c’era, anche se i suoi occhi data l’oscurità della notte e la mancanza della luna non potevano vedere granché.
Il bambino tremava come una foglia, per il freddo, per la paura, per l’aver appena saputo che non avrebbe più rivisto la sua adorata mamma.
Passarono diversi minuti quando dietro di lui una vocina di bambina richiamò la sua attenzione.
“Che ci fai lì sopra al muretto? La mamma non ti ha insegnato che è pericoloso? Poi a quest’ora, con questo buio? Io almeno vado in giro con una torcia elettrica!”
“Vattene via e lasciami in pace!” sibilò il bambino senza nemmeno girarsi.
“Sì come no e se cadi? Chi va a raccontarlo a tua madre che sei caduto e sei annegato?” disse imperterrita la bambina.
“E chi ti dice che non voglia farlo?” rispose il bambino voltandosi e guardandola in cagnesco.
“Dai non fare il cretino e scendi, altrimenti vengo lì a prenderti” disse ancora più decisa la bambina.
“Senti mocciosa, perché non te ne torni a casa tua da tua madre e da tuo padre? E poi che ci fai qui? Lo sai che è proprietà privata?” disse con fare saccente Ben.
“Tornerei volentieri a casa mia e dai miei genitori, razza di arrogante bambino viziato, ma si dà il caso che io non abbia né una casa, né abbia mai conosciuto i miei genitori!” ribatté decisa.
“Ma allora da dove vieni? L’orfanotrofio è lontano da qui” domandò con tono duro il bambino.
La bambina non si lasciò intimorire, salì sul muretto e si sedette vicino a Ben.
“Ecco se ti butti sarò costretta a venirti a salvare, così mi avrai sulla coscienza e tua madre poi dovrà dire a Suor Maria che per colpa tua io sono morta” gli disse sempre più decisa e puntandogli la torcia in faccia.
“Si può sapere che vuoi da me? Perché non mi lasci stare? E poi mia madre non verrà a dire un bel niente a Suor Maria, perché è morta oggi!” e con un gesto secco tolse dalle mani della bambina la torcia, la spense e la poggiò sul muretto.
La bambina rimase di stucco e tra i due calò il silenzio.
I bambini stettero muti per diversi minuti guardando, o meglio ascoltando, il Reno che scorreva sotto i loro piedi, poi la bambina disse:
“Mi dispiace Ben” prendendo la torcia riaccendendola e puntandola verso il fiume.
Il bambino si girò e guardò la bambina; attraverso la luce fioca vide che era veramente carina: aveva il visetto tondo, la pelle chiara, i capelli ramati e due stupendi occhi blu.
“Come sai il mio nome?” chiese poi Ben.
“Lo so perché la tua mamma veniva spesso all’orfanotrofio” disse triste la bambina “Ci portava qualche regalo, ci faceva le torte di compleanno, lei e Suor Maria erano molto amiche.
Un giorno le chiesi se veniva perché non aveva bambini e lei mi parlò di te e di tua sorella Julia. Magari neanche sai che frequentiamo la stessa scuola. Io faccio la prima elementare ho sei anni. All’orfanotrofio non siamo in molti e così la tua mamma ci ha iscritti nella stessa scuola che frequenti tu” poi tirandosi un po’ più su il bavero del cappottino che portava disse “Senti fa freddo…che ne dici se andiamo a casa e ci vediamo domani a scuola? Io mi chiamo Alexandra, ma puoi chiamarmi Alex se vuoi “ e le porse la mano.

Ben esitò un po’, ma poi gliela strinse e disse “Piacere Ben, ma vedo che lo sai già”
“Bene, però facciamo come i ragazzi grandi, ci si saluta scambiandoci il cinque” e nel silenzio della notte riecheggiò un schiocco.
“Amici, amici per sempre” disse poi la bambina.
“Sì” rispose Ben “Amici per sempre”
 
 “Allora è così che è nato il saluto, da una bambina di sei anni” disse curioso Semir.
“Già” ribadì Ben abbozzando nuovamente un mezzo sorriso.
“E poi come è continuata la serata, se posso chiedere”
“Lei mi ha obbligato a scendere per primo, poi è scesa anche lei e mi ha riaccompagnato a casa. Poi tutte le sere quando vedeva che la villa era silenziosa si arrampicava su un albero, percorreva un pezzo di cornicione, arrivava fino alla mia stanza e passavamo le serate a chiacchierare, a giocare o a guardare la televisione. Mio padre non lo sapeva, ma Helga sì. Infatti quando mi portava il latte alla sera ne portava sempre per due. Una volta le chiesi perché portava due tazze e lei strizzandomi un occhio mi rispose che lo faceva perché sapeva quanto mi piacesse, invece una tazza era per Alex ovviamente. Una volta “ e il ragazzo si mise a ridere “A scuola c’erano dei bulletti che mi avevano preso di mira. Un giorno si misero in quattro a malmenarmi, arrivò Alex e disse loro che tutti erano capaci di prendersela con un bambino e tra l’altro quattro contro uno. I ragazzi erano più grandi di me, ricordo che le dissero che se non se ne fosse andata avrebbero picchiato anche lei, ma Alex non ebbe paura anzi lì sfidò e a loro non restò che andarsene”
“Caspiterina audace la bimba” disse divertito Semir.
Ben ormai era un fiume in piena, i ricordi riaffioravano nella sua mente come fossero accaduti il giorno prima .
“Una sera stavamo guardando la televisione , davano un film poliziesco e mi confidò che voleva da grande diventare una poliziotta. Per me fu una piacevole sorpresa, avevo qualcuno con cui condividere lo stesso sogno, ma un giorno venne adottata e così ci separammo. Ci eravamo promessi di scriverci se lei fosse stata adottata, magari di rivederci ogni tanto, ma …” Ben volutamente non finì la frase. Semir era sicuro che quella bambina in Ben aveva lasciato un segno indelebile.
“L’hai più rivista?” chiese l’ispettore più anziano.
“No e chissà se avrà realizzato il sogno di diventare poliziotta, che aspetto avrà ora, magari avrà una famiglia, dei figli... Comunque conoscevo solo il suo nome e Suor Maria non seppe mai dirmi da chi fu adottata, anche perché in quel periodo lei fu ricoverata all’ospedale e al suo posto venne una specie di ‘signorina Rottermaier’ sai come quella di Heidi” disse Ben con voce un po’ strozzata dall’emozione.
“Comunque socio, è meglio scendere che dici?” propose Semir.
“Sì, si staranno preoccupando, una birra?” domandò Ben.
“Sì andiamo” e i due ispettori ritornarono alla festa, ignari di quello che sarebbe successo il giorno dopo.

Note dell’autrice: Rieccomi qua , cari lettori in versione ‘solitaria’, ma non temete la ‘coppia cobrissima’ non è scoppiata, qui la mia ‘socia’ è in versione ‘Angelo Custode/Fantasmino’. Bene come vedete il primo capitolo è un po’…drammatico, ma non preoccupatevi il proseguo sarà …peggio!!! Ho una nomea da difendere. Ringrazio fin da orachi leggerà e recensirà questa storia…Un abbraccio. ChiaraBJ (o la perfida strega di Biancaneve se vi piace di più…).
 
Angolino musicale: ormai è diventato un …marchio di fabbrica, se vorrete sarà un sottofondo per la lettura del capitolo…Nickelback   ‘Lullaby’ (ninna nanna)
Per ascoltarla: https://www.youtube.com/watch?v=4OjiOn5s8s8
Conosco la sensazione di trovarsi bloccato là fuori sul davanzale e non c’è una guarigione Allora dai soltanto un’altra possibilità ad una ninna nanna e mettila alla radio, se riesci a sentirmi adesso sto allungando le mani verso di te per farti sapere che non sei solo e non puoi dire che sei spaventato da morire perché non riesco a raggiungerti…Ti prego lascia che ti porti fuori dall’oscurità alla luce perché ho fede in te che riuscirai a passare la notte, smettila di pensare alla via d’uscita più semplice Non c’è bisogno di spegnere la candela perché non è finita per te sei decisamente troppo giovane e il meglio deve ancora arrivare…Tutti hanno toccato il fondo e tutti sono stati dimenticati, tutti sono stanchi di stare soli, tutti sono stati abbandonati e sono rimasti a mani vuote quindi se sei là fuori  e a malapena te la cavi dai soltanto un’altra possibilità ad una ninna nanna …
  
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