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Autore: Francy25horan    15/12/2014    1 recensioni
"Quel giorno mi fu fatale come nessun'altro giorno speciale a me."
"Dal 1^ capitolo"
"Ciao ragazzi mi mancherete molto,ci vediamo in spiaggia! Ahahahahah!".Tutti sul pulmino,tranne me, gridarono:"Ciao Ale!!!".Ad un tratto qualcuno mi strappò letteralmente gli auricolari dalle orecchie e io mi girai verso costui pronta ad urlargli in faccia,ma le parole mi morirono in gola quando il sottoscritto,cioè Alexander,mi abbracciò e con un sorriso mi salutò,mentre su tutto il pulmino si alzava un boato di approvazione.'Perchè mi ha abbracciata?Io sono la solita asociale non valgo per nessuno'.Questo era il pensiero che mi perseguì per tutta l'estate.
Leggete :)
Genere: Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: What if? | Avvertimenti: Spoiler! | Contesto: Scolastico
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Capitolo 5 La luce che penetrava dalla finestra mi svegliò. Ricordai i momenti della sera prima e pensai che era tutto stato un sogno ma poi guardandomi intorno capii che non lo era. Mi trovavo nella stanza di Alexander, aveva le pareti di un azzurro scuro e il soffitto bianco con un lampadario del tutto contorto, moderno. A sinistra c’era la porta e a destra la finestra che dava su un balcone. Di fronte a me avevo una scrivania bianca con sopra il suo portatile, una lampada e aggeggini vari. Sopra la parete della scrivania si estendevano vari scaffali pieni di trofei di basket e di libri, tra cui riconoscevo molti fumetti, trilogie e saghe lette anche da me. Affianco al letto, su una poltroncina, c’erano i miei vestiti e le mie scarpe. Mi guardai un secondo e vidi che indossavo solo una maglietta dei Lakers che arrivava si e no sotto al mio sedere. Presi il mio telefono dal comodino a sinistra e controllai l’ora: erano le 10 del mattino. Quando stavo per scendere dal letto, la porta si aprì rivelando un Alexander ancora in pigiama,con gli occhi ancora leggermente assonati e i capelli arruffati. -Buongiorno,dormito bene?- disse lui facendomi un sorriso.- Buongiorno, si ho dormito benissimo- risposi io. La sera prima mi aveva ceduto il suo letto e lui era andato a dormire in soggiorno, sul divano. Era stato così dolce che neanche l’avevo ringraziato perche mi ero letteralmente addormentata fra le sue braccia.- Scendiamo? Ho preparato la colazione.- mi disse ancora sorridendo.-Ok- risposi solo, ancora leggermente assonnata. Mi diressi verso di lui che mi diede un bacio sulla guancia e io arrossii.-Lo sai che sei bellissima quando arrossisci?-mi disse lui fissandomi dalla testa ai piedi. Riuscii solo a dire un “grazie” a voce bassissima. Superai la porta della sua stanza seguita da lui. Eravamo sul pianerottolo delle scale e da li si poteva vedere l’ingresso con un portone enorme e il soggiorno arredato alla perfezione. Alexander mi superò dicendomi di seguirlo e così feci. Scendemmo le scale che erano tutte in vetro e portavano in soggiorno. Arrivati lì, svoltammo a sinistra, superandolo completamente. Nel soggiorno c’era un divano con penisola enorme bianco, in pelle. Sopra il cammino, ora spento, era appesa una TV al plasma anch’essa enorme e con delle casse attorno. Tra il cammino e la TV c’era uno scaffale in vetro dove c’erano la PSP 4, la Wii e l’X Box 360, con i loro giochi messi in fila. Il pavimento era interamente di parquet dove si estendeva un tappeto bianco tutto peloso che mi faceva venir voglia di buttar mici dentro. Di fronte al divano c’era un tavolinetto basso tutto in vetro con sopra una ciotola in legno levigato con all’interno cioccolatini e caramelle di ogni tipo. A destra del cammino c’era una parte del muro aperta dove erano infilati pezzi di legno per il cammino, più in la si apriva una finestra che portava in giardino. A sinistra, invece, era incastonata una libreria piena di libri che occupava tutta la parte fino ad una porta. Salimmo su un pianetto dove c’erano due poltroncine del periodo vittoriano, che facevano da cornice alla porta della cucina. Varcammo la porta della cucina da dove si sentiva un’odore di pancake buonissimo. La cucina, anch’essa enorme, era con le pareti e il soffitto interamente bianchi e il pavimento di parquet. A sinistra c’era il frigo, grigio enorme. Continuando, c’era il piano cottura con sotto un forno tutto accessoriato, a fianco un fornetto a microonde e il tosta pane, infine un lavandino con sotto la lavastoviglie. A fianco c’era una porta con un cartello dolcioso attaccato sopra con la scritta tutta a ghirigori “Dispensa”. Al centro c’era il piano di lavoro, con a sinistra cassetti e scomparti, e a destra due sgabelli. Alla mia destra c’era il tavolo, tutto in vetro. Circondato da siede in pelle nera. Sopra di esso era disposta la nostra colazione. Un piatto con una pila di pancake e in cima una cascata di sciroppo d’acero. Una brocca di aranciata e una con del latte caldo. E per completare in bellezza, biscotti e caffè. Con due posti per noi con piatto, coltello, forchetta, bicchiere e tazza. Sembrava che fossi nella casa dei sogni con una colazione da sogno. La sua casa l’avevo vista da fuori sempre, ma non dava l’impressione di essere un castello. Alexander mi fece accomodare nel posto a capo tavola e lui di seguito a me. Mi mise due pancake nel piatto e mi versò del caffè nella tazza e del succo nel bicchiere. –Grazie. -dissi io. –Di niente. –rispose lui. Iniziai a mangiare silenziosamente e pensando alla sera prima: la vodka, il bacio, ho conosciuto Jace. Appunto, il bacio… Dovevo parlarne con Alexander, gli volevo chiedere cosa aveva provato e soprattutto perché lo ha fatto. -Senti, Alexander io…- iniziai, ma mi interruppe subito dopo. –Aspetta, prima che dici qualcosa, ti volevo dire che per ieri sera, beh… l’ho fatto perché…perché mi piaci molto. Ecco, mi piaci molto. Da quell’abbraccio in seconda media, sono impazzito per te. Ma poi sono andato al liceo e non ti ho più rivisto per un’anno. Speravo che non vedendoti mi sarebbe passata, ma quando ti ho rivista sul pullman non ho resistito e ti ho iniziato a parlare. Lo so mi dirai “Perché non mi hai scritto? Perché non siamo usciti una volta?” e non l’ho fatto perché avevo paura, paura che non ricambiassi, paura della gente e di Faye. Perché lei è spregevole e mi ha sempre usato e ora che si è trasferita in un altro quartiere non mi assilla più. E ora se vorrai mi puoi dire le peggio parole e anche andartene se vuoi perché te l’ho detto solo ora.- Rimasi spiazzata. Forse stavo anche con la bocca aperta e gli occhi spalancati, ma poco importava. “Stavo ancora sognando” ripetevo nella mia mente, ma sapevo benissimo che non era così. Perché io ero lì, con lui, in quel momento. –Oh, Alexander, io…io non me la sarei mai aspettata. Anche io provo qualcosa per te da tanto tempo però pensavo che non ricambiarsi e che pensassi solo a Faye. Ma dopo di questo,ce…oddio.- riuscii a dire solo quello e più niente. Lui mi guardava con occhi speranzosi e io con occhi pieni di gioia. –Quindi è un si?- mi chiese lui con un sorriso da angelo. –Si. – dissi io sorridendo. Ci alzammo in piedi entrambi, quasi rischiando di far versare tutto il succo a terra. Ci abbracciammo in un abbraccio caloroso e le nostre labbra si unirono in un bacio senza fine. Dopo aver finito la colazione e averci fatto le coccole, andai di sopra per sciacquarmi il viso. Andai in camera per prendere il mio cellulare che precedentemente avevo lasciato sul comodino. Tornai in cucina e vidi Alexander che stava lavando i piatti. Andai piano verso di lui, senza farmi sentire, e lo abbracciai da dietro. Anche se era un po’ buffo dato che io ero una nana in confronto a lui. Sentii l’acqua chiudersi e una risata divertita da parte sua. Lo sentii voltarsi dalla mia parte e sprofondai nel suo addome palestrato, anche se molto morbido. Sapevo che aveva le mani bagnate e quindi lo fermai prima che mi potesse toccare. –Se mi tocchi con quelle mani zuppe, ti picchio a sangue.- lo avvertii, scherzando sempre. –E se io non volessi?- disse lui con voce maliziosa e io alzai lo sguardo su di lui ritrovandolo con un sorrisino stampato in bocca. Le sue mani si avvicinavano sempre più alla mia faccia. Sentii un brivido quando le sue mani fredde e bagnate entrarono a contatto con le mie guance calde e asciutte. Stavo cercando in tutti i modi di togliere le sue mani dal mio viso, ma era molto forte. Gli diedi un pizzicotto sulla pancia e mi mollò. Quando mi allontanai lo guardavo con occhi suicidi e lui mi guardava come un ebete. –Soffri il solletico?- mi chiese lui di punto in bianco. –Si perché?- risposi io ovviamente. –Vedrai…- disse lui con voce maliziosa. Iniziai ad indietreggiare, ma quando iniziò a correre verso di me lo feci anch’io ed andai verso il soggiorno. Scesi il gradino del pianerottolo e mi ritrovai faccia a terra sul tappeto tutto peloso. “Che figura di merda!” pensai. Mi girai a pancia in su per rialzarmi, ma Alexander ebbe più riflessi di me. Mi caricò su una spalla mentre mi faceva il solletico. Gli stavo tirando pugni dietro la schiena mentre ridevo. Entrammo nella sua camera e mi posò delicatamente sul letto. Si mise a cavalcioni su di me guardandomi negli occhi. Si sfilò la maglietta e la gettò a terra. Iniziò ad infilare le mani sotto la mia maglietta. Per essere un ragazzo aveva le dita abbastanza affusolate. Mi accarezzava la pancia e io sentivo solo brividi. Mi tirò via completamente la maglia, facendomi rimanere solo in reggiseno e io mi portai istintivamente le braccia su di esso, diventando rossa. Lui mi prese delicatamente le braccia e mi disse –Ehi, guardami- mi prese il mento con due dita e mi girò il viso verso di lui-Non ti vergognare che sei bellissima.- disse con un sorriso rassicurante. Io con lo sguardo basso tolsi le braccia. Lui si chinò sul mio viso e mi lasciò un bacio a stampo, poi iniziò a lasciarmi baci a partire dalla mia pancia e mi passarono brividi su tutto il corpo. Lui li notò e sorrise per questo. Continuò a salire fino ad arrivare alla base del mio collo, dove iniziò a leccare e mordere la mia pelle. Appoggiai le mie mani sulle sue spalle possenti e ogni volta che la mia pelle entrava in contatto con i suoi denti, conficcavo le mie unghia nelle sue spalle. Quando trovò il punto più sensibile del mio collo ci si concentrò. Passò la lingua sul segno che lasciò e ci soffiò sopra, io mi morsi il labbro e chiusi gli occhi. Era un po’ imbarazzante sentire il suo “coso” pulsare contro la mia coscia. Iniziò a scendere lasciandomi baci qua e la sul torace. Passava le mani dietro la mia schiena in cerca del gancetto del reggiseno. Lo stavo per aiutare quando si sentì una voce di sotto, una voce che già conoscevo –Alex sei a casa?Alex ci sei?- Era Luke. Alexander imprecò sottovoce e scattò come un gatto in piedi, rimettendosi la maglietta subito dopo. Io mi rialzai, mettendomi la maglietta. Alexander tirò fuori dal suo armadio dei pantaloni di una tuta e me li passò –Tieni metti questi.- mi disse. Molto velocemente mi infilai i pantaloni e le scarpe, misi il vestito nella mia borsa e recuperai il cellulare e gli auricolari, infilandomeli in tasca. Scesi le scale insieme ad Alexander, arrivando all’ingresso. Luke era fermo davanti alla porta con un caricatore del cellulare in mano. –Luke cosa ci fai qui?- gli chiese Alexander con tono fermo. Luke mi stava fissando con la bocca socchiusa, come per dire qualcosa, ma la richiuse subito dopo. –Allora…?- disse Alexander sempre meno paziente. –Sono…sono venuto per riportarti il caricatore del cellulare che due giorni fa avevi scordato a casa mia.- Disse Luke tendendo la mano con il caricatore verso Alexander. Lui lo afferrò quasi scocciato. –Ehm…scusa ma mia mamma si starà chiedendo dove sono finita, quindi io vado.- gli rivolsi un sorriso e mi voltai verso la porta, ma lui mi afferrò per il braccio e mi stampò un bacio a fior di labbra, dicendo –A dopo piccola.- passai con le guance infuocate sotto lo sguardo malizioso di Alexander e quello sempre più confuso di Luke.
   
 
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