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Autore: Mikirise    01/01/2015    5 recensioni
Quando il ragazzo si era reso conto che Calypso stava entrando nel panico, non riuscendo a trovare dei buoni ricordi che la collegassero a suo padre, le prese velocemente le mani nelle sue e con un sorriso dolce le disse: "Facciamo un gioco. Lo facevo sempre con mia mamma, quando ero piccolo" strinse le mani leggermente callose della ragazza, cercando di trasmetterle un po' di calore -stava diventando quasi bravo con la storia dell'empatia- "Allora, io sceglierò un luogo, un tempo, una situazione e immaginerò come saremmo potuti essere in quel mondo. Lo potrai fare anche tu, ovviamente, scegliendo un posto, un luogo ed una situazione. Sarà un po' come dare una sbirciatina a le nostre vite nei mondi paralleli. Sarà divertente"
{Storia scritta per la challange Dei, miti ed eroi, indetta dalla community campmezzosangue}
Genere: Commedia, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Calipso, Leo Valdez, Leo/Calipso
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Note pre-testo e credit: Non sono una tipa molto pratica delle challange. Nel senso: non riesco ad immaginarmele perché di solito con i prompt e tutte quelle robe vedo tutto distaccato e l'unico modo per scrivere mi sembra scrivere tante storie che sono staccate tra loro in una raccolta che non so se abbia senso per me. Quindi quando ho trovato qesta challange - Dei, miti ed eroi , indetto dalla community di campmezzosangue su livejournal, alla quale sono iscritta ma ancora non so usare, un bel problema, e sul forum di EFP-, ho pensato “Sì, vabbe, un'occhiata veloce così mi leggo le raccolte e basta” eeee invece… mi sono trovata davanti dei set carinissimi, con dei prompt che… insomma, sono qui a scrivere sul set Leo/Calipso, ho nove prompt incredibili, mi sono piaciuti anche altri set e boh, eccomi qua…

Nonostante questo, ho cercato di dare un filo conduttore alla fanfiction. Anche se si parla di numerose AU.

E, che altro?, spero il tutto vi piaccia :)







 

Saremmo potuti essere

Di quando Leo superò Aladino, portando a volare Calypso in un modo tutto nuovo (senza usare Festus o far esplodere qualcosa, grazie agli dèi)

Mondo Numero Uno: Io sarei stato un Grifondoro, perché fino a prova contraria, sono io l'eroe





L'argomento era uscito fuori senza che Leo nemmeno se ne accorgesse.

Un minuto prima stava lì, seduto per terra, tra l'erba dell'isola, senza preoccuparsi minimamente del mondo circostante a lui, l'attimo dopo Calypso aveva iniziato a raccontargli della sua infanzia con Atlante -grande
papi Atlante, per quel che aveva sentito dire Leo. Raccontava anche la favola della buonanotte, quand'era di buon umore. Peccato fosse un titano. Cioè, come fai ad entrare nella stanza di tua figlia, aprire un libro ed iniziare a leggerle un libro, quando le pareti nemmeno ti riescono a contenere? E non per niente, come fai a raccontare la favola della buonanotte, se devi pensaredi tenere sulle tue spalle l'intero cielo? "Papi, mi racconti la storia di Tremotino?" "Amore di papà, adesso no, devo ingannare un eroe, così prende il cielo al posto mio e posso portarti al Luna Park". Dev'essere stato irritante-.

La ragazza aveva un sorriso nostalgico parlandogliene e ogni tanto si accarezzava la parte di pelle dietro l'orecchio sinistro, con fare un po' imbarazzato.
La mia infanzia col Titano, comunque, ebbe una vita piuttosto breve, non perché Leo avesse interrotto la narrazione di lei -lui sarebbe stato tutto il giorno tutti i giorni a sentirla parlare, non gli importava minimamente l'argomento, quanto la sua voce e quel sorriso, che la faceva splendere di luce propria-, ma perché Calypso si rese conto di non avere molto da ricordare, un po' perché la sua infanzia risaliva a millenni prima -Leo aveva sorvolato sul fatto-, un po' perchè, sì beh, Atlante non era stato poi un così buon padre, in fondo -certamente non migliore di Efesto, che, a proposito, vedeva più spesso Calypso che il suo proprio figlio. Leo non seppe se sentirsi offeso ad apprendere la notizia-.

Quando il ragazzo si era reso conto che Calypso stava entrando nel panico, non riuscendo a trovare dei buoni ricordi che la collegassero a suo padre, le prese velocemente le mani nelle sue e con un sorriso dolce le disse: "Facciamo un gioco. Lo facevo sempre con mia mamma, quando ero piccolo" strinse le mani leggermente callose della ragazza, cercando di trasmetterle un po' di calore -stava diventando quasi bravo con la storia dell'empatia- "Allora, io sceglierò un luogo, un tempo, una situazione e immaginerò come saremmo potuti essere in quel mondo. Lo potrai fare anche tu, ovviamente, scegliendo un posto, un luogo ed una situazione. Sarà un po' come dare una sbirciatina a le nostre vite nei mondi paralleli. Sarà divertente"

"Lo facevi con Esperanza?"

"Lei era fantastica nell'inventare storie" si grattò il naso Leo, strizzando l'occhio destro "Allora inizio io?"

Calypso annuì, sorridendo.

"Allora inizierei con...
Harry Potter. Ma sì, dai, noi due ad Hogwarts"

"Harry chi?"

Leo sbattè le palpebre, per poi scuotere la testa e sospirare "Mi doveva piacere la ragazza fuori dal mondo" allungò le gambe, nello stesso modo in cui lo avrebbe fatto un gatto "Adesso tu capirai per quale motivo J. K. Rowling ha vinto il premio Andersen ed è la seconda donna più influente del Regno Unito"

"Premio cosa? Regno come?"

Leo aggrottò le sopracciglia, senza distogliere lo sguardo dalla ragazza, che inclinò la testa con fare interrogativo.

Sarebbe stata una luuuunga spiegazione.


☆★☆★



Forse Leo avrebbe preferito essere un babbano.

Sicuramente non si sarebbe lamentato ad essere solo un babbano, che andava a scuole babbane e parlava con babbani di roba babbana.

Nel senso che si sentiva un pesce fuor d'acqua in quel mondo di magia, stregoneria ed illogicità.

Come poteva il suo adorato Festus diventare un calice di cristallo? Come poteva una bacchetta scegliere una persona? Come poteva una persona volare su una scopa?

Come poteva una pozione creare l'amore?

Ogni giorno, qualcosa senza ragione succedeva e Leo diventava matto, ricercando un motivo, un meccanismo, un qualcosa che facesse funzionare tutto. Perché anche se suo padre era un mago, cavolo, aveva deciso di lavorare nella parte più babbana del Ministero, circondando i suoi figli di oggetti meccanici, oggetti che avevano senso, un proprio meccanismo ed un proprio perché.

Affascinanti i babbani. Creavano oggetti che s'incastravano tra loro, creando un movimento armonico e con un origine. Una vera origine, non il fatto che qualcuno scuotesse la bacchetta e puff!, succedeva qualcosa di straordinario.

I babbani, per dire, non facevano sì che esistesse il Big Bang -Bum! Esplosione senza ragione, tieniti l'Universo, non me ne frega niente della tua vita-, ma tutto quello che ne conseguiva. Loro erano il moto delle stelle e la rotazione della Terra. Erano la forza gravitazionale ed il susseguirsi del giorno e della notte.

E quando per la prima volta Leo si era dovuto svegliare a mezzanotte per seguire la lezione di Astronomia -e già questo era un affronto- e scoprire che neanche le stelle avevano un loro perché, aveva avuto l'istinto di iniziare a gridare e prendere a testate il castello, per soccombere sotto la potenza di così antichi mattoni gotici. La sua rabbia e frustrazione fu sfogata, comunque, su Jason, che, innocentemente, gli porse il cannocchiale per osservare quelle traditrici delle stelle e Leo, ringhiando, aveva sbattuto il piede a terra, chiedendo per quale motivo il mondo lo odiasse.

"Non lo so" aveva risposto il biondo, con un sorriso, nascondendo il naso nella sua sciarpa rossa e dorata, a causa del freddo "Ma, se ti fa sentire meglio, io non ti odio"

E, anni dopo, i due riconobbero quello come l'inizio della loro lunga amicizia, destinata a superare per durata le storie di Jason ed i malumori di Leo. Pur avendo i suoi alti e bassi, è da ammettere.

Comunque, col tempo, Leo aveva iniziato a tollerare, in minima parte, la non-logica della magia, accettando la spiegazione di Annabeth alla domanda "Perché le scale si muovono? ", che sarebbe "A loro piace cambiare" -lo faceva diventare matto, si era quasi strappato i capelli, cercando di mantenere la calma alla risposta della ragazza più intelligente in quella scuola. A loro piace cambiare. A loro piace cambiare? Alle scale? Sono scale! Per le mutande di Merlino! Scale!-, ed i piani di Percy, che puntavano a scassinare porte a forza di Alohomora e cambiare aspetto grazie alla pozione Polisucco, solo per far fare brutte figure a Jason o, quando si sentiva molto sicuro di sè - doveva bere molta Fortuna Liquida, quell'idiota... oh, Leo sembrava essere matto per parlare in quel modo-, nei panni del Preside D., l'ubriacone che pensava fosse bene studiare Alchimia solo per trovare il modo di trasfigurare qualsiasi cosa in vino.

Hogwarts era una gabbia di matti. E Leo lo stava accettando. Stava accettando l'idea si essere un mago, di aver fatto andare a fuoco una casa solo perché era arrabbiato con Charles -perché era quello che era successo. Non c'erano maghi cattivi, su, Efesto- e di essere finito in una scuola per maghi. Accettava il fatto di essere figlio di un mago. Stava accettando il fatto che, con un Gratta e Netta, Jason riusciva a riordinare la loro stanza in un batter d'occhio.

Anzi.

Dov'era Jason quando aveva bisogno di lui? A giocare a quidditch, probabilmente, insieme a quell'idiota di Percy e quell'armadio di Frank. Sicuro, sicurissimo. E lui dov'è che si trovava?

"Alla guferia" Calypso nascose le sue mani nelle tasche del mantello, dopo essersi coperta per bene le orecchie col cappello verde ed argento "A lavare la cacca di gufo"

"Sei venuta a gongolare?" chiese Leo, con in mano paletta e scopa, cercando, per lo meno, di togliere un po' di polvere, prima d'iniziare a lavare la cacca bianca degli uccelli, che, comunque, quasi avessero capito l'intento di pulire di lui, avevano iniziato a fare più cacca, quasi per infastidirlo. Il Grifondoro si era spogliato di mantello, cappello, sciarpa e qualsiasi cosa fosse collegata alla scuola o alla sua Casa, per non sporcarla e non doverle lavare entro il giorno dopo, ed era rimasto con una semplice maglietta bianca ed i suoi pantaloni macchiati di marmellata, che usava sempre a casa, quando veniva messo in punizione. Beh, visto che adesso doveva considerare Hogwarts casa sua, stava indossando gli abiti giusti.

"Ho chiesto in giro dove fossi e..." la ragazza si guardò intorno schifata, per poi incrociare le braccia e guardare il ragazzo, che, con un pezzo di stoffa si stava coprendo la testa, nella speranza che i gufi non decidessero di usarlo come water "Perché lo stai facendo?"

"Cosa?" nonostante la pelle abbronzata, la ragazza riuscì a vedere il naso arrossato di Leo, che tirò leggermente su col naso, per poi ricominciare a spazzare per terra "Lavare questo schifo? Sono in punizione"

"Sappiamo bene che non parlavo di questo"

Calypso, Serpeverde, purosangue convinta della sua superiorità, non lo aveva degnato di uno sguardo durante i suoi primi quattro anni ad Hogwarts, fino a che, per uno strano allineamento degli astri -stelle traditrici!- non aveva posato il suo sguardo sul rachitico Grifondoro, mentre osservava con devozione i Thestral, accarezzando con una delicatezza troppo eccessiva la testa di uno di questi.

Non gli si era presentata, non gli aveva detto nemmeno il suo nome, la sua Casa, nemmeno il cognome, eppure chiese al ragazzo, con una certa bruschezza "Chi ti è morto?" lasciando di stucco Leo, che si pietrificò con la mano a mezz'aria e la bocca semi-aperta.

"Chi è morto a te?" la risposta, sotto forma di domanda.

E Calypso sorrise, sistemandosi meglio il mantello e camminando verso la Foresta Proibita, dando le spalle al Grifondoro, che la osservava con le sopracciglia aggrottate "Non sei così stupido, per essere un Grifondoro"

Il rapporto trai due divenne più stretto -se stretto si può definire la relazione tra colleghi-, quando divennero compagni di studio proprio per il corso di Astronomia -stelle traditrici!- . E comunque, un rapporto come il loro, basato sul sapere che qualcuno era morto all'altro -senza neanche sapere chi- e sul dover condividere un telescopio, li portava a litigare come dei bambini -"No, cavolo, è il mio turno per usare il telescopio!" "Che ti costa scrivere te al posto mio?" "Mi hai... ehi, sta lontano da me, maniaco!" "Ma chi ti vuole! Senti Ragazzina Viziata, ne potrei avere milioni migliori di te" "E chi te lo dice? La tua mammina?", silenzio. Quella volta Leo prese in mano il telescopio per poi gettarlo a terra con una rabbia che mai nessuno gli aveva visto negli occhi. Jason era corso verso di loro, mentendo, per coprire l'amico e dicendo che era stato lui a rompere il telescopio, giocando con la bacchetta, visto che si annoiava: "Dev'essermi uscito uno schiantesimo...". Calypso aveva sbattuto un paio di volte le palpebre, rivedendo davanti ai suoi occhi la rabbia che era capace di provare Leo. E Leo, lui se n'era andato in Infermeria, dicendo di non sentirsi molto bene e che avrebbe preferito riposare. Non chiese di cambiare compagno per il corso, però, anche se aveva ridotto le parole scambiate con la Serpeverde a pochi monosillabi: "Mi passi la penna?" "Sì" "Scrivi tu?" "Va bene" "I Grifondoro fanno schifo" "No", ma il mutismo durò poco. Lo sanno tutti quanto logorroico sia Leo e quanto gli sia sempre stato impossibile frenare la sua lingua dal fare battute, anche se, l'Incidente non fu qualcosa che nè lui, nè Calypso dimenticarono- ragione per cui, la professoressa Artemide, aveva preso la mano nel togliere punti a Serpeverde e Grifondoro per ogni minima stupidaggine -quella donna si divertiva a punire Leo ed i ragazzi in generale, chissà per quale motivo-

Niente sembrava volerli portare ad un vero rapporto d'amicizia.

"Mi stai coprendo" lo accusò la ragazza, poggiando la sua spalla sul muro esterno della guferia.

"Non per essere scortese, Raggio di Sole" Leo si passò tra le mani arrossate a causa del freddo il barattolo di ingenizzante, che avrebbe dovuto gettare per tutto il pavimento, nella speranza che non si gelasse a terra "ma non farei mai niente per aiutare te, nello specifico, quindi..."

"Lo stai facendo" sbattè il piede a terra lei "E non so perché. Per cavalleria? Perché devi far vedere che sei un bravo Grifondoro? Per far vedere che sei buono? Io non ti capisco. Noi non siamo amici"

"Ovviamente no" convenne Leo, prendendo lo straccio ed immergendolo nell'acqua che avrebbe riscaldato con la magia. Si portò la mano sulla cintura, cercando la sua bacchetta, per poi lanciare un incantesimo.

L'acqua prese a rilasciare vapore acqueo in meno di un secondo.

"Da quando sei bravo negli incantesimi non verbali?"

"Quante domande" Leo prese lo straccio con le mani, per poi gettarlo a terra e vedere con disgusto la cacca di gufo sciogliersi "Qual è la più urgente?"

"Perché mi stai coprendo?"

Leo incastrò la sua bacchetta nella cintura, che portava sempre con sè, prese in mano il palo per muovere lo straccio ed iniziò a scrostare, con perseveranza una piccola parte del pavimento.

Calypso gli aveva chiesto, dopo l'incidente di Astronomia, chi fosse la persona che aveva visto morire. Era stata perseverante e testarda, nel suo chiedere e chiedere e chiedere, ma Leo era stato bravo a non rispondere, non rispondere, non rispondere -"Perché ci tieni tanto a saperlo?" "Perché sei l'unico, oltre a me, a riuscire a vederli" "Se sono collegati con la morte, è una buona cosa, no?" "Sì, ma a volte ci si sente soli, nel dolore"-

Almeno finché Leo Valdez non si ruppe il braccio e non arrivò in Infermeria con un occhio nero ed il labbro spaccato.

Aveva provato, nella sua ingenua ingenuità di quindici anni, a costruire un oggetto meccanico entro i confini di Hogwarts, cosa completamente inutile, visto che, i meccanismi babbani, lo sanno tutti, non funzionavano dentro le mura della scuola. Prendendo un suo vecchio cellulare, inutilizzabile, alcuni meccanismi di un suo orologio ed una pinzetta, per lavorare delicatamente e minuziosamente, in una sola notte, saltando il corso di Astronomia, era riuscito a costruire un oggetto meccanico simile al boccino d'oro, che, però, era guidato dalla logica meccanica e non dall'incomprensibile magia.

Non c'è bisogno di dire che lo pseudo-boccino d'oro andò in tilt non appena Leo cercò di accenderlo, colpendolo ripetutamente e facendolo cadere dalle scale del dormitorio dei Grifoni.

Però ci voleva poco così, anzi forse meno di così, per arrivare ad avere un boccino logico, una spiegazione logica per un gioco illogico.

Calypso, che aiutava spesso Monsieur Apollo, più per imparare qualcosa in più di erbologia, che per altro, al vederlo sul letto, malconcio, aveva riso, chiedendogli quale santo lo aveva pestato per bene. Leo aveva mostrato lo pseudo-boccino e poi aveva sospirato, gettando la sua testa sull'enorme cuscino dell'Infermeria.

"Perché vuoi trovare una logica nella magia?" aveva chiesto la ragazza, sedendosi accanto alle gambe, coperte dal lenzuolo bianco, di lui "La magia non ha una logica. Dovresti saperlo. Ci sei cresciuto"

"Tutto ha un'origine ed un perché. Anche la magia" aveva intrecciato le dita delle mani, senza giardare niente in particolare, visto che i suoi occhi erano appannati dal sonno "Se trovo la sua origine, forse, saprò perché è morta mamma"

"Perdere un genitore è difficile, ma non per questo devi rinunciare a quello che sei" Calypso lo aveva colpito con un foglio di giornale in testa, per poi guardare verso l'entrata dell'Infermeria "Oggi probabilmente salterai le lezioni, ma sappi che, per tutta la prossima settimana, sarai tu a fare i nostri compiti di Astronomia"

"Perché?"

"Perchè salterai quello di oggi, solo per una stupidaggine babbana” mentre la ragazza parlava, Leo le sventolò davanti lo pseudo-boccino e glielo legò al polso -non per niente, la sua incredibile invenzione derivava da un orologio.- Calypso sventolò la mano, come a scacciare una mosca od un ragno dalla sua mano “Ah, tienimela lontana! Toglimi di dosso le tue diavolerie babbane! Le fai sempre esplodere e guarda come sei ridotto tu!” Leo trattenne a stento una risata, guardando la faccia indignata di lei “E inizia a pensare ai compiti di Astronomia!" terminò Calypso, sbuffando ed alzandosi dal letto.

Leo sentì le palpebre diventare più pesanti, sentendo il sonno, rimandato per trentasei ore, chiedere con prepotenza il suo attimo di gloria. Ma, prima di addormentarsi, pensò che, di Astronomia, non ne sapeva niente -stelle traditrici!-

"Non vuoi rispondermi?" chiese, mordendosi le labbra la ragazza, sempre sulla soglia della guferia "Bene"

Ed a questo punto, Leo pensò che la ragazza se ne sarebbe andata, magari a sparlare di lui con qualche sua amica, ribadendo quanto idiota potesse essere, e, invece, la ragazza coi capelli cannella, aveva iniziato a spogliarsi di giacca, sciarpa e cappello, posandoli sopra quelli del Grifondoro.

"Che fai?"

"Sono in punizione" rispose lei, cercando uno straccio negli angoli della guferia, non trovandone un altro, prese il palo dalle mani di Leo e, con la mano, gli fece cenno di andarsene.

"Io sono in punizione!" gridò Leo, riprendendo il palo dalle mani di Calypso, che assottigliò lo sguardo, per tirare di nuovo il manico verso il suo petto, in un chiaro atto di sfida.

"Io sono in punizione" scandì bene le parole, parlando lentamente, nemmeno stesse parlando con un idiota.

"Senti" lasciò il manico, facendo in modo che la ragazza, per riprendere l'equilibrio, dovette fare qualche passo indietro "sono stato io ad entrare nel bagno delle ragazze, sono stato io a farlo esplodere, va bene? E comunque, hanno beccato me, quindi, in punizione ci sto io"

"Hai fatto esplodere il bagno perché non beccassero me"

"No!" gridò Leo "Ho fatto esplodere il bagno perché non riesco a controllare la mia magia. Io faccio esplodere sempre le mie pozioni, le mie penne di oca, faccio prendere fuoco alle tende del mio letto, ai miei vestiti, ai miei libri...alla mia casa e..." Leo respirava affannosamente e prova ne era il vapore acqueo che usciva dalla sua bocca, in maniera irregolare e frustrata "Non so perché. Il fuoco esce dalla mia bacchetta senza che io faccia niente, a volte. A volte, non esce dalla mia bacchetta. Esce da me. E deve esserci un motivo ma, in realtà, non c'è"

Calypso abbassò il suo sguardo sulle mani del ragazzo. Le punte delle sue dita erano ricoperte da piccole fiammelle che scoppiettavano allegramente, contro la temperatura invernale "Incredibile" mormorò, senza aprire troppo la bocca "Che bacchetta hai?"

"N-nucleo di piuma di f-fenice e..."

"Incredibile" ripetè la ragazza, formando una o con le sue labbra rosa e leggermente carnose.

Leo, con il naso che stava inziando a prendere fuoco e le orecchie che tiravano scintille, prese dalle mani della ragazza il manico e riprese a scrostare con forza a terra, mentre lei sbatteva le palpebre, osservando i suoi movimenti ed il suo leggero broncio, mentre puliva a terra, le scure pietre, di probabile origine vulcanica.

I gufi e le civette, intorno a loro, seguivano con i loro enormi occhi dorati i movimenti del ragazzo, esattamente come faceva Calypso, con un sorriso divertito.

"Che hai da guardare?" chiese il ragazzo, di malumore, tenendo lo sguardo basso "Non sono un fenomeno da baraccone"

"Tu mi hai voluto coprire" sorrise lei, unendo le mani davanti alla sua bocca, a triangolo "Perché una magia del genere viene solo dai sentimenti. E tu hai voluto con tutto il tuo cuore che il bagno scoppiasse. È solo da capire perché"

"Che cosa illogica" borbottò lui, senza alzare gli occhi dal pavimento, poi si fermò, colpito da una domanda che voleva porre alla ragazza da giorni, ma che aveva dimenticato nella foga della punizione, e poggiò il suo gomito sul manico "Perché stavate facendo un Amortentia? Volevi darla da bere a Percy?"

Le fiamme nelle sue mani stavano estinguendosi lentamente, e così anche quella del naso, nonostante alcune scintille scoppiettassero ancora vicino alle sue orecchie. Il ragazzo sorrise, cercando di incalzare Calypso, che, però, sembrava essere molto calma, con le braccia incrociate ed un sorriso astuto sulle labbra.

"Volevo darla a te, per vedere come ti saresti comportato da ragazzo innamorato"

E di nuovo, le fiamme sulle punta delle dita del ragazzo si espansero tanto da comprendere le mani intere, e Leo, preso alla sprovvista, lanciò il manico di legno a terra, lontano da lui, prima che potesse prendere fuoco "Tu ci scherzi, ma avrei potuto ucciderti"

"Certo che no" rise lei "Sei un Grifone, non avresti ucciso nessuno, perché non volevi uccidere nessuno. Solo distrarre. Ed infatti, hai distrutto solo un paio di lavandini. Certo, il tuo fuoco è sotto il tuo controllo irrazionale, sotto le emozioni. Come hai fatto a tenere nascosto questo potere? Incredibile"

"Non è sotto il mio controllo"

"Cosa hai pensato prima di far esplodere il bagno? Quando è arrivata la professoressa Atena, a cosa stavi pensando?"

Leo arricciò le labbra, sbattendo le palpebre, nel guardare la ragazza sorridere ed attendere una risposta da lui, come se fosse obbligato a dirle tutto quelo che gli succedeva.

Calypso anche troppe cose sapeva su di lui, senza essere veramente amica di Leo. E Leo sapeva tanto di lei, forse più di quanto chiunque altro sapesse, pur non essendo veramente suo amico.

Ma parlarle della sua anomalia col fuoco? Ma dirle quello che gli era successo davanti agli occhi alla tenera età di otto anni? Parlarle di sua madre? Dell'incendio che, era sicuro, aveva appiccato lui? Parlarle della morte di Esperanza Valdez e di quell'ombra che gli era apparsa tra le fiamme?

La sua parte irrazionale diceva di credere a suo padre: era Gea, era la strega più potente di sempre, più forte di Voldemort e Harry Potter, più pericolosa del più pericoloso mago di tutti i tempi, e voleva testare gli eroi con cui si sarebbe dovuta misurare un giorno, metter loro paura, e toglier loro la forza d'animo. Come faceva a sapere chi impaurire? Divinazione. Perché tra loro c'era anche Leo? Mistero.

Ma era stata lei ad uccidere sua madre.

La sua parte razionale, che ormai stava scomparendo e diventando un ramo della parte irrazionale, gli ripeteva una cosa: tu sai creare il fuoco e tua madre è morta in un incendio. Anche nel mondo della magia, due più due fa quattro.

Ma se lui fosse riuscito a trovare un'altra logica... se avesse trovato un perché, forse...

Se era vero che la magia era fortemente legata alla sfera emotiva della persona, a cosa stava pensando Leo, quando Atena era entrata nel bagno delle ragazze?

Non stava pensando.

Si era avvicinato al calderone in peltro in mezzo alla stanza, più per curiosità, che per altro. Il fumo a spirale usciva da quello in maniera dolce e delicata e Leo aveva iniziato ad odorare, con tanta naturalezza da sembrargli strano un simile comportamento da parte sua.

Calypso lo guardava incuriosita, con un foglietto in mano, non gli aveva neanche gridato contro.

Lui aveva chiuso gli occhi, percependo quell'odore non essere più solo un odore, ma un gusto, una percezione sulla pelle, un suono.

Ecco cos'era successo quando Atena era entrata nel bagno. C'era stato panico per due cose completamente diverse, che avevano portato il ragazzo a strizzare gli occhi e distruggere un calderone -rendendolo polvere- e dei poveri lavandini -di ottima manifattura, a proposito-.

"Top secret" rispose il ragazzo, strizzando l'occhio, riprendendo il manico da per terra e ricominciando a strofinare a terra, con forza "Se te lo dicessi, dovrei ucciderti"

Calypso si grattò la guancia, per poi sospirare "Certo che tu sei un bel rompicapo" mormorò, prendendo la sua bacchetta da accanto il fianco.

"Che fai?"

"Restituisco il favore"

Ed ecco a voi, un favoloso Gratta e Netta, che fece quasi splendere la guferia, se solo i gufi non avessero iniziato a muovere la testa a scatti e ricominciato a fare cacca, quasi immediatamente.

Leo non osò alzare lo sguardo. Prese le sue cose e quelle di Calypso, la prese per i fianchi, spingendola fuori, dove i gufi non si sarebbero azzardati a fare i loro bisogni, coprendola col suo mantello e, usciti, vedendo che aveva iniziato a nevicare -forse era per il suo sangue caldo e latino, ma Leo odiava la neve-, le diede il mantello pulito, perché si coprisse dal freddo.

"Allora?" fece la ragazza, infilandosi il cappello sulla testa "Siamo pari?"

Leo storse il naso, guardando verso l'interno, dove qualcosa di simile ad una nevicata stava avendo luogo "No, non direi" borbottò, accarezzandosi il collo "Senti, io..."

"Prima o poi mi dovrai dire a cosa pensavi, Valdez. E lo saprò. Quindi" Calypso si sistemò la sciarpa intorno al collo, con un sorriso "sta sicuro che me lo dirai"

Il ragazzo si grattò il naso tiepido, a causa del fuoco che lo riscaldava poco prima "Pensavo a..." echiladas di mamma, alla sabbia di un'isola, all'odore di cannella. Sono queste le cose a cui pensavo. E, oh, due dei tre profumi che ho sentito a causa dell'Amortentia mi riportavano a te. Chissà perché, eh? "...quanto sei disperata per voler dare un filtro d'amore a Percy"

La ragazza sbuffò, sbattendo il piede sulla soffice neve "Che non era per Percy! "

"E io ci credo..." Leo la salutò con un sorriso strafottente, mentre lei si girava per andarsene via, nel suo dormitorio, sotto il Lago Nero "Però una cosa: ti sei affezionata a me, per tutte queste attenzioni che mi dai, eh!"

Calypso fece spuntare le sue labbra dalla sciarpa "Dopo un anno, ci si affeziona anche ad un topo"






SET LEO/CALISPO DI MICHIGR
Hogwarts!verse, «Toglimi di dosso le tue diavolerie Babbane»
Pirate!AU, «Quest'isola ha cessato di essere un posto rispettabile»
War!AU, «Non mi interessa il tuo schieramento»
College!AU, «Questo caratterino lo riservi a chiunque ti rivolga la parola o è un trattamento speciale?»
Steampunk!AU, «È più grande all'interno!»
Regency!AU, «Il vostro è il giardino più bello che io abbia mai visto»
HungerGames!AU, «Ho scommesso su di te»
Modern!AU, «Pronto? Garage Valdez? Mi si è rotta la macchina in mezzo al nulla»
Zombie!AU, «Come fai non sapere che è in corso un'Apocalisse Zombie?!»
COMPLETATE: 1/10
  
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