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Autore: Utrem    29/01/2015    1 recensioni
Cosa accadrebbe se ad un tratto le bugie di Walt fossero decifrate da un'altra bugiarda? Quali conseguenze avrebbe questo?
AU ambientato durante e dopo l'episodio Fifty-One della quinta stagione.
Genere: Angst, Drammatico, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: AU | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza
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UN GIORNO PRIMA...
Neppure la familiarità ed il sollievo di sentir girare la chiave di casa nella serratura fu sufficiente ai coniugi Schrader quella sera per alleggerire il macigno di tristezza che gravava su di loro.
Faticavano persino a ricordarsi che quella a cui avevano partecipato era una festa di compleanno.
In auto, nessuno dei due aveva scambiato parola: ciascuno s'era sepolto nel proprio sedile, a contemplare ipotesi e problemi, e quindi eventuali teorie e soluzioni.
Ma se Hank s'era concentrato maggiormente sulle dirette conseguenze degli eventi cui aveva assistito e partecipato, le elucubrazioni di Marie si erano spinte molto oltre, così tanto da raggiungere un punto di non ritorno. Ne aveva preso piena consapevolezza solo nel momento in cui era scesa dall'auto, ed era finalmente pronta a comunicare tutto al marito.
“Hank...” iniziò pallidamente, la mano sulle labbra serrate che le solleticava le narici del naso.
“Cosa?” indagò subito lui, per deformazione professionale ma anche per via di tutta l'ansia trattenuta quella sera.
“Io penso... io credo che Walt abbia mentito” Marie affermò infine.
“...cosa?” Hank ripeté, con tono molto meno autoritario e molto più curioso.
“Perché... se consideri tutto quello che è successo nell'arco di un anno, scoprirai che Walt non è stato esattamente onesto con nessuno di noi. Voglio dire... la faccenda del cancro si poteva anche perdonare, si può anche mettere da parte, ma la marijuana? La marijuana che gli aveva venduto Pinkman? Voglio dire, Pinkman! Lo conosciamo bene, adesso, né? E la storia del gioco d'azzardo? Oddio, quella! Intendo dire, so benissimo che è vera, altrimenti non sarebbe stati in grado di pagare il tuo trattamento, eppure... quella di stasera, quella, Hank, a me sembrava una bugia. Un pacchettino finito, ben confezionato. Non si è soffermato troppo sui dettagli e ha calcato la mano sulle prove effettive di ciò che aveva detto: tipico atteggiamento del bugiardo! E hai visto Skyler? Hai visto la sua faccia quando è uscita di lì? Ci sono cose che non sappiamo, Hank. Gliel'ho letto negli occhi. Aveva paura, era stanca, era così stanca che voleva...” e qui Marie si fermò per un momentaneo scoppio di pianto, a cui Hank cercò di sopperire con la sua vicinanza “Negli ultimi tempi, per quanto uno può tenere a lui, bisogna dire che Walt è stato tutt'altro che un santo. Perciò mi pare possibile, mi pare possibile pensare che lui abbia nascosto la verità di nuovo, costretto da lei a rompere il silenzio. Voglio dire, nemmeno un anno fa aveva fatto richiesta di divorzio: magari adesso è scoppiato di nuovo qualcosa. In conclusione, il punto è che sembra conveniente, molto conveniente, che lui scarichi la colpa su mia sorella dopo una cosa del genere!”
Durante il suo discorso, Marie non aveva mai staccato gli occhi dalla faccia del marito, che si era prodigata in molte e diverse espressioni: quella conclusiva esprimeva impazienza, incredulità e un po' d'indignazione, il che la punse parecchio, al punto che sgusciò via dalla sua stretta.
“Dimmi che non è così!”
“Dico che tu non vedi le cose chiaramente, Marie. Vuoi bene a tua sorella e per questo sei disposta a pensare qualsiasi cosa!”
“Qualsiasi cosa?! Sei incredibile! Cos'ho mai detto-”
“Sono d'accordo sul fatto che Walt ultimamente sia stato uno stronzo e non il migliore marito del mondo, ma di qui a dire che per un anno ci ha raccontato delle balle-”
“Non balle, Hank! Questa, balla! Questa! Io ritengo, io credo fermamente, che sia stato lui ad avere tradito Skyler, ad avere combinato casini su casini nel loro matrimonio e che adesso, messo all'angolo, abbia fatto la bella pensata di raccontare una balla colossale!”
“Ma che... cazzo Marie, stiamo parlando di Walter White qui! Un padre di famiglia che da un momento all'altro si è ritrovato con un cazzo di cancro ai polmoni! Ti rendi conto dell'effetto che una cosa del genere ha su una famiglia?! Delle conseguenze?! Come... fammi il favore di pensarci, e poi ripetimi che tua sorella è così pura da non aver avuto anche lei un momento di caduta dopo un anno simile!”
“Il suicidio, Hank! Mia sorella ha tentato il suicidio, e tu lo chiami un momento di caduta! Vergognati!” Marie urlò, puntandogli il dito contro.
“Marie-”
“Vergognati, Hank! VERGOGNATI!”
Dopo quest'improperio, Marie marciò in cucina, si gettò sulla sedia più lontana dal marito e si curvò in un pianto silenzioso mentre Hank era rimasto lì, a ballare da un piede all'altro senza mai decidersi a raggiungerla.
Una volta trascorso il tempo utile a elaborare un modo convincente di argomentare la sua opinione, si sedette di fronte a lei con rigore e prendendole le mani in segno di penitenza, disse:
“Senti... lo so, ho sbagliato espressione, ma tu sai, spero che tu sappia che quello che ho visto stasera ha scioccato me tanto quanto te. Però io capisco..." s'interruppe per chinare piano la testa e incrociare così il suo sguardo "Devi cercare di capire che... a volte si fanno degli errori, degli errori difficili, ma che questi errori vanno sempre visti in relazione alla persona che li ha commessi. Noi conosciamo Walter e conosciamo Skyler, e proprio per questo sappiamo che loro non farebbero mai certe cose senza che ci sia una forte causa dietro. Prova a metterti nei panni di lei per un attimo... tutto quello che ha attraversato quest'anno... capirai che le cose tornano, che è comprensibile e che è nostro compito aiutarli al massimo delle nostre possibilità. Così, da adesso, per qualche tempo, mentre saranno occupati a risistemare le loro vite e tentare di riparare alle sfighe in cui sono inciampati, noi ci prenderemo cura dei bambini e cercheremo di offrire loro quell'ambiente che adesso i genitori non sono grado di procurare.”
Marie scosse debolmente la testa, le sopracciglia profondamente aggrottate. Poi sussurrò, tirando rumorosamente su col naso:
“Ha tentato di suicidarsi-”
“Lo so, lo so...” Hank la interruppe subito, per evitare che piangesse di nuovo.
“Per Ted Beneke...?! Voglio dire..., come-”
“Andiamo a letto, Marie." il suo tono non ammetteva più obiezioni: fece scivolare le mani fino a lambirle gli avambracci, come per invitarla ad alzarsi.
Marie obbedì, barcollando: allora lui le prese un gomito e l'accompagnò, in silenzio, sino al letto. Una volta che si furono coricati, le cinse la vita e cominciò a baciarla, carezzarla e vezzeggiarla, nel modo meno invasivo possibile per non essere irrispettoso, con la speranza che cessasse di tremare. Marie accettava, sperando che il suo calore l'avrebbe stordita a sufficienza da farle dimenticare quello che era successo, senza però rispondere.
Tuttavia Hank era stanco e, gradualmente, smise di confortarla. Dopo diverse ore s'addormentò, ancora girato verso la moglie, che invece sospirò tutta la notte.
Così la mattina, nell'attimo in cui si svegliò da un flebile assopimento, decise che quel giorno non sarebbe andata al lavoro: avrebbe seguito Walter.
Tale risoluzione la fece volteggiare più e più volte sotto le lenzuola, pensierosa. Si fermò solo dopo che ebbe percepito un cambio nel ritmo del russare del marito: aveva bisogno che dormisse perché potesse concentrarsi e non perdersi neppure la più piccola conseguenza.
Così, in mezz'ora strutturò il piano in un modo che la sua mente potesse plaudire: avrebbe detto a Hank che, visti i trascorsi del giorno prima, avrebbe preferito prendersi un giorno di riposo. Se lui si fosse mostrato contrario, dichiarando che il lavoro l'avrebbe distratta e quindi insistendo perché ci andasse, lei si sarebbe giustificata affermando di voler chiamare Dave per un incontro straordinario. Hank era sempre felice quando contattava Dave: non avrebbe mai detto di no.
Non appena lo avesse visto allontanarsi, avrebbe preparato opportunamente il camuffamento: si sarebbe legata i capelli, e quindi indossato un cappellino porpora per coprirli; avrebbe spostato la visiera sugli occhi in modo da fare ombra sui lineamenti; avrebbe indossato un cappotto imbottito che celasse la sua corporatura. Così sistemata, avrebbe raggiunto casa White in un'auto che né Walt né Skyler sapevano le appartenesse. In verità non era sua, ma di Hank: si trattava di un'attempatissima DeSoto che aveva ereditato da suo padre. Il motore non era esattamente in condizioni ottime, ma neppure deprecabili: chiaramente non gli aveva mai concesso di usarla per via dell'orribile aspetto, che avrebbe compromesso il giudizio degli altri sul loro gusto estetico.
Raggiunta la destinazione, si sarebbe nascosta dietro la siepe e aspettato pazientemente che Walt varcasse la soglia di casa. In verità l'attesa era l'unico punto debole del piano: non aveva la minima idea di come avrebbe tollerato di starsene lì ferma per una, due ore o più. Le due uniche idee che le erano sovvenute per passare il tempo non erano né sensate, né efficaci, quindi tanto valeva aspettare e basta: tanto prima o poi di lì sarebbe uscito – ormai ne era convintissima – e quando l'avrebbe fatto, lei si sarebbe messa il volante e l'avrebbe inseguito, anche se a una certa velocità e a una certa distanza per non farsi scoprire.
Non le piaceva mentire a Hank, ma, vista la testardaggine che aveva manifestato ieri sera riguardo alla faccenda, informarlo delle sue intenzioni avrebbe ucciso il piano: quindi, conveniva che agisse da sola.


UN'ORA PRIMA...
Il piano di Marie sarebbe partito immediatamente, se la ricerca delle chiavi di quella maledettissima auto non le avessero fatto sprecare quindici preziosissimi minuti. Hank aveva sempre la strana ed inspiegabile mania di nascondere le cose nei posti più impensabili.
Tuttavia, era riuscita comunque a partire e ad arrivare in un tempo accettabile, nonostante un po' di traffico presente nella zona del centro.
Scesa dall'auto, Marie congiunse la visiera del cappellino con la punta del naso e si diresse di corsa verso la siepe. Sospirò. Era stata fortunata: l'auto di Walt era ancora parcheggiata lì davanti. 
Adesso iniziava l'attesa. Non erano neppure passati cinque minuti, che le era scappato uno sbuffo. Doveva fare qualcosa al più presto o si sarebbe accasciata a terra. Così decise di approfittare di quel tempo per studiare la fattura del suo cappellino. Era comodo e di un bel colore vivace che non sbiadiva, ma si sfilacciava troppo facilmente. Tirò un filo con l'unghia, contemplandolo con puro disprezzo: non gliel'avevano assolutamente venduto a un prezzo da persone oneste. La commessa perlopiù era stata terribile nei suoi confronti, non rispondendo nemmeno a una delle sue domande.
“Cioè, è il suo lavoro! Mi chiedo davvero che senso abbia che i boss diano sfoggio d'avere tante pretese quando poi è lampante che prendono la prima che si sbottona un po' la camicetta! Io chiedo solo due, DUE informazioni su un prodotto esposto-”.
La vista di Walt uscire di casa col telefono in mano fece subito cessare ogni suo pensiero.
Ora toccava davvero a lei.
Intrecciò le gambe e alzò il capo, cercando di sporgere il più possibile l'orecchio.
“... no, no, no! Lascia che ti raggiunga! No... ho detto che... non... Jesse, non la ucciderà, lo sai... è indispensabile per la nostra operazione e Mike non è uomo da dimenticarlo, sono sicuro che non c'è da preoccuparsi... adesso smettila... basta... sono in macchina, sto arrivando!”
Gli occhi di Marie triplicarono il diametro.
Era partito.
Aveva svoltato a sinistra.
Partito.
Un formicolio spaventoso s'impossessò di lei.
Aveva ragione e se ne pentiva amaramente.
Non riusciva a credere alla sua miracolosa intuizione.
A un tratto però s'accorse d'una cosa: Skyler non era in casa: la sua auto non c'era.
Skyler. La piscina. Skyler era in pericolo.
Walt aveva parlato al femminile e in casa non c'era.
A Marie mancava il fiato. Si rialzò brancolando, la testa un peso immane. Una mano, mossa da una forza irrefrenabile, le fece impugnare il cellulare e premere alla cieca il tasto di chiamata, gli occhi sfuocati che fissavano il posto dove poco prima era parcheggiata l'auto di Walt.
Ma era scarico. Non poteva chiamarlo.
Un'altra forza irrefrenabile le fece afferrare il cappellino e sbatterlo violentemente a terra.
Quella notizia le avevo infuso una terrificante responsabilità e lei lo sapeva.
S'era parlato d'omicidio: doveva sapere dov'era, chi era, chi erano.
Cercare una cabina telefonica sarebbe stato inutile, visto che non ce n'erano nel raggio di un chilometro e perlopiù le avrebbe fatto perdere del tempo.
Doveva seguirlo.
Frastornata e, paradossalmente, incurante d'ogni cosa – dell'atteggiamento, della segretezza, del cappellino rimasto a terra, vicino alla siepe ritornò in macchina e svoltò a sinistra.
'Ucciderà', 'ucciderà', 'ucciderà'...
Le rimbalzava sul petto, quella parola; la scuoteva, le divaricava le labbra, le palpebre, i polsi frementi. Ogni tanto le saltava sulla lingua, e allora con disgusto la sputava, come si fa con una cosa troppo amara, ma più spesso le si incastrava nel timpano, e al contatto con esso quest'ultimo si opponeva, ostruiva il passaggio, ma, inevitabilmente, sempre, la inchiodava sul sedile, ingombrante ed irrigidita.
Walter – ...Walter? –   stava accelerando sempre di più, così, suo malgrado, le toccò fare lo stesso, nella speranza che i polpastrelli sudati non le facessero scivolare le dita e fare stupidaggini.
Si stava dirigendo verso una zona residenziale. Marie ispezionava furiosa la strada alla ricerca di un'auto della polizia, un'ambulanza, una cabina telefonica, un'anima che passasse da quelle parti, ma non c'era nessuno.
Nessuno.
A un tratto Walt posteggiò, nel bel mezzo di un lungo viale ed entrò in una villetta ricoperta da un telone verde e giallo.
Marie abbassò le mani dal volante e precipitò nel vero sconforto. Si sarebbe aspettata un posto nascosto, sconosciuto e ombroso, mentre invece era un altro quartiere, certo un po' fuori mano rispetto a dove abitava lui, ma perfettamente noto e perlopiù alla luce del sole.
Guardando meglio, notò che la casa in cui era entrato era una di quelle sottoposte a lavori di disinfestazione e che quel telone ospitava appunto il marchio dell'azienda. 
Aveva mal di testa. Non stava affatto bene. Avrebbe voluto che Skyler comparisse nel sedile accanto al suo, cosicché la potesse abbracciare e rassicurare mentre Hank si mobilitava per arrestare suo marito, ma sfortunatamente le cose non erano andate così.
Respirò più e più volte, reggendosi la fronte imperlata delle lacrime sbagliate.
Non pensava più, ormai, non rifletteva più. L'unica azione che le pareva opportuna, l'unica sensata, era correre alla sede della DEA, in centro. S'afferrò la gola rovente, nel tentativo di calmarsi e rimettersi alla guida. Non c'era tempo, ma lei non riusciva. L'ansia le soffocava i polmoni e le schiacciava gli occhi. Si sarebbe schiantata da qualche parte. Non c'era tempo. Non c'era tempo.
Dopo meno di un minuto – o così le pareva – , riaccese lo sguardo e l'attenzione, per cautela. 
A primo acchito tutto sembrò deserto, ma poi...
… una figura distante.
Si stava rapidamente avvicinando, nella sua direzione.
Marie si gettò a capofitto fuori dalla macchina, per poco non inciampò, corse a perdifiato verso il primo rifugio che le si era palesato davanti e si bloccò lì. Non aveva né il fiato né la forza di proseguire. Cadde in ginocchio sul posto, fissando il terreno e sognando di scavare la buca della salvezza, dove seppellire sé e quel traboccante dolore.

   
 
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