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Autore: Dragneel_Natsu    22/02/2015    1 recensioni
Una storia ambientata in un mondo completamente fantastico in cui nevica in continuazione. I due protagonisti, Frebi e Ful, si troveranno stranamente assieme a vivere una breve ma significativa avventura che cambierà le loro vite.
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ciao a tutti miei cari (Inesistenti XD) lettori °° Scusate per il ritardo con il quale sto pubblicando ^^ Ho avuto da fare in questi giorni XD.
Con questo capitolo si conclude la parte della storia che ho già scritto, il resto lo scriverò nei prossimi giorni, quindi probabilmente pubblicherò un capitolo a settimana ^^
Grazie mille a tutti quelli che hanno avuto la voglia (Ed il coraggio °°) Di soffermarsi a leggere, ve ne sono grato, e sappiato che le critiche sono sempre ben accette ^^ Se servono per migliorare. Vi lascio al capitolo.


COME LA NEVE CHE CADE DAL CIELO
cap 9 questi ricordi ricoprono le nostre vite
Camminammo ore ed ore nell'intricato labirinto che costituiva questa dannata foresta. Ogni dannato albero sembrava sempre lo stesso. Ci mettemmo quasi due giorni ad uscire da lì! Due giorni!!! Non ore, GIORNI! E come se non bastasse Frebi si era davvero divertito con me per passare il tempo. Mi aveva inseguito, provocato, baciato, abbracciato, e chi più ne ha più ne metta, tra le mie proteste e grida d'imbarazzo più svariate.
Non volevo proprio ammettere che alla fine mi aveva davvero conquistato. Beh... ma aveva quei suoi denti bianchissimi, quel suo sorriso accattivante, quei suoi meravigliosi occhi viola, quei suoi folti capelli bianchi che gli davano quel tocco selvaggio, quel suo fisico scolpito fatto per essere... AH! Cosa vado a pensare? Devo restare concentrato... e su cosa??? Siamo nel bel mezzo di una tormenta di neve!
"Spiegami ancora come siamo arrivati qui!" dovevo gridare per farmi sentire, come se già non bastasse il freddo pungente che mi arrivava persino alle ossa. 
Questa era la prima volta che vedevo un fenomeno naturale del genere, ma da dove diavolo è sbucato? Non dovrebbe cadere la neve in tutti i posti allo stesso modo?
"Ancora? Non lo so! Non so cosa diavolo stia succedendo, non so perché ci sia una tormenta di neve, e non so che cosa tu abbia da lamentarti, non ho mai visto niente di più bello!"
Si stava davvero crogiolando di quella sottospecie di bufera? 
Beh la faceva facile il mister "anche con 40 gradi sotto zero non porto una maglietta", io stavo a dir poco gelando.
Passammo qualche ora a girare per non so dove, fino a quando Frebi non si rese finalmente conto che forse sarebbe stato il caso di cercare riparo se non voleva trovarmi trasformato in un blocchetto di ghiaccio. 
Vide, non ho la mia idea di come, dato che io là in mezzo non riuscivo a guardare oltre ai miei piedi, una grotta in lontananza.
Corsi verso quel posto speranzoso e desideroso di trovare riparo.
Ma quando arrivai sul posto...
Sentii solo le grida del mio salvatore, prima che quest'ultimo mi spingesse per terra contro il freddo ghiaccio che dimorava quel pavimento.
Il soffitto dell'entrata crollò subito dopo, schiacciando quasi entrambi.
"Sta attento! Se devi finire infilzato da qualcosa ci sono sempre io, no?"
"I-infilzato...?" Quella parola... risvegliò strani ricordi in me, e mentre il mio perverso amico stava per rispondermi in modo giocoso, mi fissò preoccupato quando vide una lacrima rigare il mio viso.
Si alzò subito da me, iniziando a fissarmi preoccupato
"Ehi... che succede?"
non volevo farlo preoccupare... ma nemmeno mentirgli
"Niente tranquillo, stavo solo ricordando" ed alla fine optai per questa soluzione.
Lui mi guardò non molto convinto, e mentre iniziammo ad esplorare questa enorme ghiacciaia, non perse nemmeno una occasione per chiedermi spiegazioni per il gesto di prima.
Dal canto mio, cercavo di liquidarlo tutte le volte con risposte sempre meno convincenti, destando sempre più la sua curiosità.
Infine, deciso a non voler più aspettare, mi scaraventò al muro guardandomi con sguardo non molto rassicurante.
"Ora tu parli" mi disse con tono calmo, ma autoritario nello stesso tempo.
Prima però che potessi rispondere... sentimmo rumori alquanto strani e molesti. Mi mise giù, iniziando a guardarsi intorno. Il ghiaccio attorno a noi stava iniziando a scricchiolare ed a... creparsi...
Cercammo inutilmente di scappare, ma la voragine all'interno della grotta che si creò, ci risucchiò al suo interno.

Mi svegliai con un forte dolore alla testa... E leggermente disorientato, ci misi un po' a fare mente locale, e provai ad alzarmi guardandomi in giro spaesato.
Fui rassicurato solo dalla voce di Frebi, che mi richiamò a se, per poi sussurrarmi un sereno: "Buon Natale"
Cosa sarebbe dovuto significare quello ora?
Notai poi che stringeva qualcosa tra le mani... ed ovviamente chiesi spiegazioni
"Che sta succedendo? E cos'è quell'oggetto?"
Sembrò ignorarmi, avvicinandosi poi a me, dandomi un altro bacio.
"Ascolta Ful, il posto che vedi non ha vie d'uscita, quindi, in alcun modo, si può sperare di mettere piede fuori da questo posto..."
lo guardai con tutto l'orrore che riuscii ad esprimere, anche se lontanamente quantificabile a quello che stava attanagliando la mia mente
"Ma che stai dicendo??? Come sarebbe a dire senza via d'uscita??? Non fare l'idiota e spiegami..."
mi interruppe poggiando un dito sulle mie labbra.
"Ti prego, ora ascoltami. Ho sognato la mia morte, ho sognato che sarei morto tra due giorni..." Mi bloccai di colpo, fissando Frebi abbastanza sorpreso
"M-ma... C-che stai dicendo? Se è uno scherzo non fa ridere" Iniziai a tremare spaventato... Quel luogo iniziava a farmi davvero paura, Frebi iniziava a farmi davvero paura...
Le lacrime iniziarono a rigare i miei occhi quando riflettei meglio su quello che stava dicendo... 
NO! Non poteva essere vero! Io non potevo perdere anche lui... non volevo...
"Ti prego calmati" Mi sussurrò ad un orecchio dolce, stringendomi a lui, per poi baciarmi.
"Non devi preoccuparti, tra poco tutto questo avrà fine"
"Di cosa parli??? Che sta succedendo???"
Mi appoggiò di nuovo un dito sulle labbra
"Ssssh. Prima che succeda quello che deve succedere, voglio che tu sappia una cosa" Cercai di tranquillizzarmi... almeno fino a quando non avessi sentito cose aveva da dirmi, poi avrei potuto di nuovo iniziare a spaventarmi.
"Bravo, così, calmati" iniziò poi ad accarezzarmi ed a farmi grattini su vari punti del mio corpo, facendomi rilassare e facendomi anche sedere sopra le sue gambe incrociate.
"Voglio che tu sappia cosa è successo nel mio passato, sperando che quello che ho fatto non ti turbi molto... voglio che tu sappia cosa sono veramente capace di fare... e voglio che tu sappia chi sono veramente io..."
E detto questo iniziò a raccontarmi...
Quasi subito fui preso dalla storia, lo fissavo catturato, come ipnotizzato, ascoltando meravigliato ed estasiato la sua storia.



Fin da piccolo era stato costretto ad unirsi all'abazia, senza però troppe proteste da parte sua, data l'imminente morte dei suoi genitori...
Gli anni passavano allegri e sereni, almeno per lui. Frebi non era di certo un bambino calmo e tranquillo, tutt'altro! E più passava il tempo più sembrava diventare ingestibile.
Ma l'eccesso... L'apice di questa sua "irrequietudine" lo ebbe all'età di 16 anni... 4 anni fa...
Per caso, non si ricorda nemmeno come, venne a scoprire dell'esistenza di un suo fratello minore... Un piccolo ragazzo più piccolo di due anni rispetto a lui, che a soli due mesi, e non dicendo nulla a Frebi, vendettero come schiavo per un misero pugno di soldi.
Dopo quel giorno... il mio sventurato amico non poté più darsi pace. Cercò notizie di suo fratello in lungo ed in largo... senza trovare indizi, senza trovare traccia. Scappato dal luogo in cui stava, in compagnia dei suoi due amici Miro e Alas, che cercavano di tenergli compagnia in questo difficile momento, ed in questo più che duro viaggio.
Passarono mesi prima che riuscì finalmente ad avere uno straccio di indizio sull'accaduto.
Scoprì chi fossero i bastardi al quale il suo piccolo fratellino era stato venduto... Ma quando decise di andare a fargli una visitina... Scoprì una cosa orribile.
Il suo consanguineo, dopo essere stato venduto, e fatto crescere qualche anno nel più spregevole dei modi, era stato trattato come il peggiore degli animali.
Veniva picchiato, torturato, usato, ed affittato come schiavo... Dio solo sa per fare cosa.
Al sapere questo... Qualcosa scattò dentro Frebi... Cambiò radicalmente il suo essere... tutto quello che fino a quel momento aveva..
tutto quello che fino a quel momento aveva rappresentato la sua stessa essenza... era sparito nel nulla.
Il ragazzo ormai furioso, senza nemmeno aver potuto sapere che fine avesse fatto suo fratello, prese le sue (già allora) armi, un paio di fruste dalle estremità formate da lame acuminate, e decise di compiere una strage... Sotto gli occhi dei suoi due amici.
Ma la cosa non finì solamente così... Frebi iniziò a bere... diventando una specie di alcolizzato...
Iniziò ad andare in giro per le città... seminando il panico attraverso le sue "premonizioni".
Tutti lo conoscevano e sapevano delle sue capacità... quindi tutti gli credevano quando diceva loro quando sarebbero morti.
Dovunque andava si scatenava il caos, la gente era disperata, perdeva ogni speranza, lasciava perdere ogni progetto... 
Per non parlare di tutta quella gente che in preda alla più nefasta malinconia si dava ad una vita non per niente dignitosa.
C'era chi ormai senza speranza iniziava a rubare, uccidere, massacrare... e molte altre cose orribili.
Ma nonostante tutto il male che facesse... nulla riusciva a calmare il suo animo... Almeno quasi.
Riuscì a tornare in se solo qualche mese dopo... quando, giunto in una nuova cittadina, con ancora i suoi amici che cercavano di dissuaderlo, si divertì di nuovo a seminare il panico.
Questa volta però... successe un fattore non previsto.
I cittadini, indignati e disperati, se la presero con il povero Frebi.
Alas, nel tentativo di difenderlo, venne ucciso... E questo scatenò una seconda volta la follia omicida di Frebi, che sterminò l'intero villaggio... sotto gli occhi sconcertati di Miro.
Infine, quando il massacro ebbe fine... Il gelido assassino si riavvicinò alla sua coppia di amici, scoppiando in lacrime.

E dopo aver detto, piangendo e con tono piuttosto flebile "Non volevo andasse a finire così" Scappò via. Corse a perdifiato per giorni e giorni... Fino a quando non decise di tornare all'abazia... provando a dimenticare l'accaduto. Gli fu inizialmente proibito di mettere piede fuori, dati gli orribili peccati di cui si era macchiato, ma passati gli anni, gli fu di nuovo permesso di uscire.
Venne anche a sapere che il suo unico amico rimasto era diventato il capo del laboratorio di ricerca non molto lontano da dove viveva lui... ma non ebbe mai il coraggio di andare a trovarlo. 
Aveva paura... paura di quello che era successo, paura di quello che era stato, e paura di ricordare.
Così cercò semplicemente di seppellire nella sua memoria l'accaduto... Fino a quando io non irruppi bruscamente nella sua vita, fino al giorno del disastro all'abazia, in cui fu costretto a tornare a fare i conti col suo passato.

Sentita questa storia... mi ci volle un po' per riprendermi e per riuscire di nuovo a ragionare lucidamente... il modo in cui me l'aveva raccontata... i particolari... la follia omicida ancora presente nei suoi occhi... inizialmente ne fui spaventato... 
Ma poi riflettei su cosa avrebbe potuto provare lui in quei momenti... su quanto avesse sofferto... e su quanto coraggio avesse avuto nel raccontarmi tutto quanto... quindi infine decisi anch'io di raccontargli qualcosa del mio passato, qualcosa che non avevo raccontato a nessuno.

Quando arrivai in questo mondo ero solo, completamente solo. Non avevo ricordi, non avevo certezze. Ero solo un bambino spaventato. Ero disperato e disorientato. Non sapevo dove mi trovassi o cosa ci facessi lì.
Vagai per giorni senza meta nelle stradine di quella città, tra gli stenti ed il gelo, con la fame che mi assaliva, bevendo solamente la sporca neve che c'era per terra.
Fortunatamente però, la gente di quel posto ebbe cuore di me.
Iniziò a darmi da mangiare, inizio a darmi qualcosa con cui coprirmi. 
Poco a poco iniziai ad avere quel che mi serviva per vivere. Nessuno si chiedeva chi fossi, nessuno mi dava spiegazioni. Ma almeno mi aiutavano.
Mi diedero anche un piccolo riparo. Un piccolo tetto sulla testa sotto cui vivere.
A discapito della paura iniziale, iniziai ad adorare l'ospitalità di quelli del posto, iniziai ad adorare questo mondo. Pensavo che tutti fossero delle persone meravigliose. 
Iniziai ad adorare la neve, passavo ore ed ore a giocarci, a fare pupazzi neve. Nonostante gli altri bambini non volessero mai unirsi a me a giocare... E non perché fossi diverso da loro, ma perché... sembravano odiare la neve.
Passati i giorni però... la solitudine iniziava a farsi sentire. 
Non passava giorno senza che mi ritrovassi da solo nella mia casetta a piangere come un disperato.
Abbracciavo in preda alle lacrime il mio cuscino, sperando, immaginandomi, che quello sporco e logoro pezzo di stoffa e piume potesse essere qualcuno per cui provare affetto, qualcuno che mi volesse bene.
Ma il tempo continuava a scorrere, ed io continuavo a piangere.
La mia esistenza però cambio radicalmente quando feci un incontro... 
Un ragazzo dai capelli bianchi, dagli occhi viola, e dal corpo straziato e martoriato da ferite varie, fece il suo ingresso in casa mia, cadendo poi a terra.
Io incuriosito, nonostante la paura, mi avvicinai piano piano a lui.
Alla fine, superato lo spavento iniziale, decisi di prendermene cura.
Infine lo conobbi. Era un ragazzo... anzi, una povera anima straziata dal dolore, che aveva paura di tutto e tutti.
La vita era stata crudele con lui, aveva trovato solo gente che l'aveva maltrattato ed usato.

Passai due anni a vivere con lui. 
Nonostante la diffidenza iniziale, dopo poco diventammo amici, ed iniziammo a volerci bene a vicenda.
Era un ragazzo dolcissimo... nonostante non conoscesse altro che violenza, e spesso finisse per farmi male, senza nemmeno rendersene conto. Io non gli davo più di tanto peso... In fin dei conti gli volevo troppo bene e potevo comprendere cosa aveva passato.
Passato il tempo assieme, il ricordo del triste trascorso di entrambi si fece ormai lontano.
Eravamo felici, felici di essere assieme.
Un giorno però, spinto dal desiderio di scoprire chi ero, spinto dal desiderio di poter tornare alla mia vera casa, decisi di partire per un viaggio.
Inizialmente il mio unico amico fu decisamente contrario, ma poi, capendo quanto fosse importante per me, decise di seguirmi dovunque volessi andare...
La decisione peggiore della sua vita.

"Ehi Ful, sei sicuro che la strada sia questa?" Mi fissava col suo dolce viso impaurito, mentre guardava spaventato l'enorme montagna di fianco a noi.
"Si, ti ho detto di star tranquillo. Questa è sicuramente la strada giusta" 
Un rumore fece spaventare il mio pauroso avventuriero, che si strinse a me tutto tremante. Aveva due anni in più, ed era decisamente più alto di me.
"Eddai non fare così, va tutto bene" Mi guardo con le lacrime agli occhi, iniziando poi a supplicarmi con voce tremante
"Ti prego torniamo a casa, ho paura. Ed ho anche un orribile presentimento... Questa montagna non è sicura... sta notte ho fatto un sogno... Questo ghiacciaio sarebbe crollato"
Cercai di rassicurarlo
"Ehi ehi ehi! Non devi aver paura, ci sono qui io! Ti proteggerò e non pormetterò che ti accada nulla"
Poi però pronunciata questa frase, fui catturato da un immagine in lontananza, che si muoveva sotto a quella tormenta di neve.
Mi liberai dalla presa del mio pauroso fratellone, ed iniziai a correre e gridare contro quella figura.
Non so perché, ma sentivo che avrei dovuto parlarci, sentivo che avrebbe potuto sapere qualcosa.
Ma quando mi stavo per avvicinare, scomparve nel nulla.
Un boato assurdo mi distrusse quasi i timpani, tanto da costringermi a protare le mani alle orecchie.
Mi guardai attorno un po' spaesato, cercando di capire l'origine di quel rumore, poi infine me ne accorsi...
Girandomi... Notai che un enorme pezzo della montagna era sparito.
Un'enorme angoscia mi assalse... E se il mio compagno di stanza avesse avuto ragione? Se il suo sogno si fosse davvero avverato...?

Iniziai a correre indietro disperato... cercando il prima possibile di raggiungere la persona che avevo lasciato da sola in mezzo alla bufera. Ma quando sopraggiunsi, quello che mi si parò davanti... mi fece piangere per l'ennesima volta. Mi disperai ancora una volta... Disperazione che iniziò con una lacrima. 
La lacrima scorreva fredda sul mio viso, lasciando al suo passaggio una scia di ghiaccio rovente. Io ero completamente immobile, mentre senza poter reagire in alcun modo continuavo ad avvelenare gli occhi con quella vista.
Sentivo, percepivo, il mio respiro sussultare, come sei i polmoni fossero sul punto di cedere da un momento all'altro. Il mio cuore muto non ne voleva sapere di far sentire la sua voce.
Tutto accadde in quell'attimo, che sarebbe dovuto essere fugace, ed invece sembrava più duraturo della mia stessa vita.
La lacrima continuava inesorabilente per la sua difficoltosa strada, danzando sulle mie labbra (come il mare fa sulle rive della spiaggia), inondandomi col suo sapor salato, prima di ritirarsi da quelle rosse sponde.
Ed infine cadde a terra, infrangendosi al suolo.
L'esatto ritratto delle mie speranze. Infrante contro l'enorme scoglio che mi si stagliava davanti.
La mia voce non voleva uscire, ma solo un orribile e sordo lamento poteva arrivare a rivesrire quel luogo.
Quel momento di stasi, uello stallo delle mie emozioni che durò solo un momento, si ruppe, ed uno straziante dolore mi avvolse il petto.
I miei occhi bruciarono, iniziando a lanciare migliardi di frecce  d'acqua acuminate che si stragliarono sul mio viso, percuotendolo e doformandolo.
Si intrisero di rosso quando una goccia di sangue le colpì avvolgendole, come se volesse cullarle per far sparire in loro la paura di cadere al suolo.
E così tutte quante, senza più indugiare, cominciarono a tuffarsi una dietro l'altra d'innanzi al loro destino.
Ed io invece? Chi avrebbe giudato d'ora in poi i miei passi? Chi avrebbe consolato d'ora in poi i miei falsi sorrisi?
La mia mente si storpiò, come pronta ad esplodere, piuttosto che accettare la realtà che le si stagliava d'innanzi.
Il sangue mi scorreva forte nelle vene, come formiche che si agitano e creano dolorosi ingorghi sotto la mia pelle.

In un attimo non sentii più il freddo, non sentii più la fatica.
Un'enorme pezzo di ghiaccio era caduto dalla montagna, ed aveva perforato il corpo dell'unica cosa che aveva un valore nella mia vita.
La neve si macchiò di rosso, un colore che d'ora in poi avrebbe rappresentato angoscia e solitudine.
Infin tutto questo ebbe termine, con un labile urlo d'orrore, l'unica cosa che riuscì ad uscire dal mio corpo oltre alle lacrime.

Dopo quel giorno... iniziai a considerare quel mondo un posto maledetto. Mi sentivo un mostro, e pensavo che ogni persona esistente fosse un mostro. 
Abbandonai la mia casa, oramai non aveva più senso restarci, e di nuovo vagai senza una meta.
Passarono mesi prima che sopraggiunsi mezzo morto all'interno di un ospedale. Quel posto in cui conobbi Heyma.


Finito di raccontare il tutto a Frebi... Mi resi conto di quanto anche lui, nonostante fosse solo per l'aspetto, mi ricordasse il mio amico di infanzia. Forse era anche per questo che fin da subito mi ero fidato ed affezionato a lui...
Il gelido ragazzo mi strinse a se, vedendomi di nuovo in lacrime.
"Ssssh, non piangere. Ora tutto questo finirà. Tu non ricorderai più nulla, e potrai finalmente vivere felice. Tornerai a casa" 
Lo guardai stranito... Riuscivo a capire sempre meno di quella situazione
"Ma che stai dicendo? Io..." 
Fui interrotto da un altro bacio.
"Sono stato felice di incontrarti, anche se per poco, hai ridato un senso alla mia vita. Qualcosa per cui lottare. L'oggetto che mi vedi stringere tra le mani... è lo stesso che porti te nelle tue tasche. Il tuo ti permette di far scomparire ed apparire la terra... Questo invece a proprietà diverse. Ti permette di far passare una persona che è venuta in questo mondo nell'altro, e di far passare una persona dell'altro mondo a questo. Quindi ora, stai per tornare a casa. Questo è il mio regalo di natale, quello che mi avevi chiesto.
Per tutta la mia vita non ho fatto altro che avere paura. Ho prima avuto paura della morte, e l'ho mascherata con credenze stupide ed insensate. Poi questo senso di terrore si è spostato sui miei ricordi. Ed ho iniziato a voler a tutti i costi dimenticare.
Ed infine... ho scoperto che sarei dovuto sparire... Ed ho avuto di nuovo paura... Se non fossi arrivato tu... non so cosa ne sarebbe stato di me" E con un sorriso sul volto, sorriso al quale facevano contorno le lacrime, mi toccò con quella strana sfera che stringeva tra le mani.
Iniziai a sollevarmi in aria, come risucchiato da un vortice, mentre tutto attorno a me si faceva disfatto e confuso.
Mi aggrappai alle braccia di Frebi, iniziando a gridare come un disperato.
"Non voglio andare via, voglio stare qui con te, al tuo fianco"
Mi sorrise di nuovo
"E' meglio così, io sto per morire, e non c'è modo di salvarmi. Tu così potrai vivere la tua vita al meglio"
Infine si liberò dalla mia presa, guardandomi felice scomparire via
"Almeno qualcosa di buono nella mia vita sono riuscito a farlo"
Fu l'ultima cosa che sentii. Prima che tutto si fece buio.
















Ormai sono passati anni da quel giorno, ma io non ho dimenticato. 
Tornato in questo mondo ho capito il vero significato della parola casa. Per tutta la mia esistenza non avevo fatto altro che cercare disperatamente di tornare qui, senza rendermi conto che più di una volta avevo trovato QUALCUNO che fosse la mia casa.
Ora cerco di vivere la mia vita al meglio, almeno in memoria di chi è morto per permettere a me di vivere una vita più serena. Ed in questa notte di natale, festa che non mi suscita altro che malinconia, ricordo per l'ennesima volta il viso di chi mi ha lasciato.




















Questo è il penultimo capitolo, il prossimo concluderà la prima parte della storia. Come vedete, è un pochetto più lungo dei precedenti, ed anche i prossimi saranno più lunghi. Spero il capitolo sia piaciuto ^^ Buona serata a tutti.

 
  
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