Fanfic su attori > Jamie Dornan
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Autore: _ether    23/02/2015    2 recensioni
[Jamie Dornan/altro personaggio]«Ora ragazzi – ci ammutolì tutti il professore – verrete uno per uno qui vicino a me e metterete una mano dentro questa ampolla. Sul foglietto che pescherete ci sarà scritto il nome di uno degli artisti che avete appena visto proiettato. Queste grandi personalità dello spettacolo inglese hanno deciso di collaborare con la nostra importante università per poter darvi l'occasione di migliorare voi stessi, imparare dal mondo della recitazione e della regia e diventare un giorno degli ottimi registi, produttori o critici in questo ambiente. Il voto sarà dato su un piccolo cortometraggio che dovrà durare massimo un'ora dove riprenderete una giornata tipo di questi personaggi, con tanto di dietro le quinte e interviste allegate. Non so se avete presente i documentari di MTV, bhé, vorrei che somigliassero a quelli. E mi raccomando; massima professionalità. Bene, spero sia tutto chiaro, ora potete scendere.. educatamente», aggiunse, sghignazzando appena le prime ragazze si furono alzate, correndo e accalcandosi l'una sull'altra. (con il proseguire della storia potrei cambiare il rating in rosso, ma ancora è tutto nella mia mente)
Genere: Erotico, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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1. A new life

 

Londra, finalmente ero atterrata a Londra.
Non so se avete mai provato quella sensazione, come una specie di voce interiore, che vi fa pensare: "la città dove vivo in realtà non mi appartiene". Bh, io quella vocina l'ho sentita fin da bambina. Ho abitato in un paesino sperduto delle campagne fiorentine, un paesino dove tutti conoscevano tutti e che se accadeva qualcosa di sconvolgente, come un nuovo amore o una serata in cui avevi alzato un po' troppo il gomito, potevi stare certa che il giorno dopo tutti ne sarebbero venuti a conoscenza. Odiavo quella cittadina, l'unico lato positivo era l'aver incontrato in primo superiore quella che poi divenne la mia migliore amica. Noi due eravamo come legate da un filo invisibile, ci capivamo a vicenda anche senza aprire bocca, bastava guardarci un nano secondo negli occhi, e avevamo deciso, finite le dannate superiori, di trasferirci rispettivamente a Milano e Trieste per l'università.
La lontananza era straziante per due amiche legate come noi, ma eravamo riuscite a tenerci ancora molto in contatto e a vederci comunque molto spesso. Io avevo scelto il corso in beni culturali, specializzandomi soprattutto in cinema, teatro e ritualità, mentre la mia migliore amica Madeleine, di origini francesi, interpretariato.
Eravamo al terzo anno, quando io ero stata accettata per partecipare all'erasmus nella metropoli di Londra e lei aveva vinto una borsa di studio nella medesima città.

Ed ora eccoci lì, appena atterrate.

«Respira l'aria londinese, amica», fu la prima frase di Mad in terra inglese.
Aveva chiuso i suoi grandi occhi azzurri e ispirato a pieni polmoni l'aria che ci circondava.
«Io in realtà sto respirando solamente lo smog», le dissi, prendendola in giro.
Eravamo appena scese dall'aereo, il panorama che ci si propinava davanti era quello di un classico aeroporto con pulmini che caricavano le persone e le portavano ognuna ai propri reparti per recuperare le valigie, e l'aria non era proprio delle migliori.
«Ah ah, molto divertente, Gin», e mi mollò una gomitata scherzosa tra le costole.
«Aoh, finsi che mi avesse fatto male, facendole subito dopo una linguaccia.
Ero così eccitata di intraprendere quello che mi aspettavo essere l'anno più importante della mia vita, quello di svolta.
L'anno successivo avrei dovuto decidere la specializzazione e ancora non sapevo sinceramente cosa mi interessasse di più tra critica d'arte o cinematografica. Sì, quello sarebbe stato l'anno decisivo; mi trovavo a Londra e sarebbe stata proprio quella città a decidere per me cosa fare della mia vita.
O la va o la spacca, mi dissi tra me e me, prima di entrare direttamente dentro al grande "Heathrow Aeroport" di Londra.

 

«Allora cosa vogliamo fare?»
Io mi trovavo distesa sul letto della nostra nuova camera in una casettina piccola, ma molto graziosa, nei pressi di Piccadilly Circus, stanca morta per il volo di poche ore prima.
La mia valigia era ancora completamente chiusa, al centro della minuscola sala, abbandonata a stessa.
Mad, la quale aveva appena parlato, stava invece sistemando precisamente i suoi vestiti nella sua parte di armadio, prendendo i vari indumenti da dentro la valigia e ripiegandoli nuovamente. La pignoleria della mia amica non aveva mai fine.
«Che ne dici di andare a vedere il campus? Tra due giorni ci incominceranno le lezioni e non vorrei rischiare di perdermi», proposi io, tirandomi a sedere sul letto.
«La tua valigia quando la disferai?» mi chiese sogghignando.
Sbuffai, «prima o poi lo farò, giuro.»
«Sai che odio il disordine Ginevra» e mi puntò il suo indice contro, a mo' di intimidazione.
Mi alzai in piedi, dirigendomi verso la mia adorata valigia, per poi portarla in camera e lasciarla ai piedi del mio letto.
«Se i vestiti rimangono qui dentro stai pur certa che questa casa non vedrˆ neanche volare la parola disordine.»
Mad mi tirò immediatamente una delle sue maglie che aveva in mano, colpendomi in viso.
Spalancai la bocca sconvolta, «Oh, mio dio! E ora Madeleine? Ti si è sgualcita tutta la maglietta, sia mai!» la presi in giro, ironicamente io.
«Smettila o te la farò ingoiare», e mi fulminò con lo sguardo prima di scoppiare a ridere.
Un'ora dopo eravamo al campus, come avevo proposto, mentre la mia valigia si trovava ancora perfettamente chiusa ai piedi del letto del nostro nuovo appartamento.
Ero impegnatissima a studiare la nuova cartina, quando mi accorsi di essere completamente sola. Mi ero persa Madeleine!
Mi guardai per un po' intorno, stralunata, ma il campus era completamente vuoto, c'ero solo io, sotto ad un arco che dava su di un giardino enorme. Ero ancora all'interno dell'università, ne ero certa, ma non avevo la più pallida idea di dove mi potessi trovare.
In più dovevo ammettere che io e le cartine non avevamo mai avuto un buon rapporto.
«Dovresti girare la mappa per poterla leggere, sai?» spezzò il silenzio una voce giovane, ma sconosciuta, in un perfetto accento londinese.
«Oh, grazie..», e girai la cartina, non capendo in ogni caso un accidenti.
«Sei una matricola per caso?» mi chiese, sghignazzando.
Alzai lo sguardo da quella maledetta mappa, giusto in tempo per accorgermi che il ragazzo ormai mi stava di fronte.
«In realtà sono al terzo anno, ma sono una studentessa straniera, come si potrà capire dal pessimo accento», ridacchiai nervosa.
Avevo perfino vissuto un anno a Phoenix all'età di diciassette anni come ragazza alla pari, facendo un anno all'estero, eppure parlare di fronte a qualcuno madre lingua mi metteva ancora in imbarazzo.
«Nah, è solo un po' italianizzante», e mi sorrise gentile.
Era carino; aveva i capelli corti e biondi, che brillavano sotto il pallido sole di Londra, e due occhi verdi con qualche sfumatura di un azzurro cristallino. Aveva i classici lineamenti inglesi e quasi mi venne da ridere a quel pensiero.
«Allora? Fammi vedere. Dove dovresti andare?» e mi affiancò per guardare meglio la mappa.
«Non saprei, ero qui con una mia amica solo in visita. Le lezioni mi inizieranno tra due giorni», gli spiegai.
«E ti sei persa la tua amica, classico», le labbra gli si aprirono in un sorriso ampio e affabile.
Arrossii, impacciata, così lui spezzò il mio imbarazzo presentandosi.
«Piacere John», e mi porse una mano.
«Ginevra», e gli sorrisi di rimando.
«Che corsi seguirai?»
Abbassai lo sguardo verso la mia borsa e iniziai a cercare un volantino all'interno. Per fortuna con Mad eravamo passate in segreteria, dove c'eravamo già registrate e preso tutti i materiali.
Trovai il volantino degli orari e lessi, «allora.. lunedì incomincerò con regia», dissi assorta. Stavo cercando di capirci qualcosa, ma sicuramente mi sarei ritrovata a chiedere aiuto alla mia amica, che d'inglese ci capiva molto meglio di me.
«Fantastico, io sono l'assistente del professore che terrà il corso, Arnold Richarson, e quest'anno per gli studenti ha avuto un'idea grandiosa», mi spiegò.
Spalancai gli occhi, «davvero? Fantastico!», esclamai eccitata.
Lui ridacchiò, «già, sarà un'occasione veramente di crescita.»
Provai a fare gli occhi dolci, per cercare di estrapolargli qualche informazione in più, tanta era la curiosità.
«No, terrò la bocca chiusa, mi dispiace! Ma vedrai, sarà impegnativo e allo stesso tempo veramente formativo», si fermò per un attimo e vedendo che la mia espressione "occhi dolci" non cambiava, decise di cambiare lui argomento, «dai, ti aiuto a trovare la tua amica, non potrà essere tanto lontana.»
Misi il broncio, ma lo seguii sotto il loggiato, lungo i corridoi esterni di quell'enorme plesso, sperando di trovare il prima possibile Mad e potergli presentare John. Avevamo assolutamente bisogno di amicizie!
Un'opportunità di crescita, pensai, mentre lo seguivo. Era proprio quello che cercavo.
Credo che fu l'unico pensiero che mi balenò per la testa fino al lunedì dell'inizio delle lezioni, oltre al puntino fisso della "movida inglese", ovviamente.

 

**

Eccomi qui con il primo capitolo! Più che altro svolge il compito d'introduzione alla storia, ma già dal prossimo inizierò ad addentrarmi un po' di più (e comparirà finalmente Jamie). Non sono la tipa che va subito al sodo, mi piace soffermarmi sui dettagli e spero che questo non vi porterà ad annoiarvi :-)

Aspetto ansiosa i vostri pareri o critiche, anche negative, che servono comunque a crescere!

Ringrazio chi mi ha recensito, chi ha solo letto silenziosamente il mio prologo e chi ha messo la storia tra le preferite, grazie veramente.

xx

 

  
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