La prima volta c'è per tutti
E per la vostra gioia (o sfortuna, questo è relativo!) il quarto capitolo tutto per voi!!
Erano ormai due ore che si
sentivano urli dal piano inferiore; e se non fosse che ci era abituato, forse
Demyx sarebbe corso a chiamare la polizia. Spingeva il cuscino nelle orecchie,
sperando di ovattare quelle urla il più possibile: era già così difficile
pensare che quelli erano i suoi genitori adottivi, e sentirli litigare a quel
modo non gli rendeva la vita facile. Erano ormai mesi che andavano avanti così,
litigi su litigi, anche ora che erano in fase di separazione; Demyx rientrava a
casa e sentiva le loro urla, i loro insulti, e ogni volta non sapeva mai da che
parte stare… Sua madre? Suo padre? Infondo nessuno dei due era realmente un suo
genitore. Anzi… suo padre sembrava ignorarlo: rientrava e non lo guardava,
scendeva in salotto e lui restava incollato alla televisione; non ricordava di
aver mai passato del tempo con lui, non ricordava che lui gli avesse mai
insegnato ad andare in bicicletta o a tirare un pallone in porta.
Ma infondo lo sapeva.
Sapeva che suo padre non aveva mai
avuto intenzione di adottarlo; lo aveva fatto per sua moglie, che non poteva
avere bambini e sembrava essere caduta in una qualche depressione. Quando quella
donna lo aveva visto, così dolce, dai capelli d’oro, lo aveva voluto
assolutamente, come fosse stato un peluche; e così si era sentito per tutti
quegli anni: un peluche. Coccolato da sua madre finchè era piccolo e grazioso e
poi lasciato ad impolverare in angolo remoto della sua memoria.
Demyx morse il lenzuolo, cercando
di trattenere le lacrime che volevano scendergli, desideroso di urlare per
sfogare tutto quello che reprimeva durante il giorno, mentre sorrideva a tutti.
Ad un trattò sentì un vaso
infrangersi. Si stavano tirando di nuovo la mobilia. L’ultima volta che Demyx
aveva tentato di fermarli aveva ricevuto un ceffone talmente forte da suo padre
che il labbro gli aveva sanguinato per ore; quella volta dovette inventarsi di
essere scivolato nella doccia, buttandola come una barzelletta. Si alzò stanco
dal letto, si infilò una giacca, la prima che trovò, ed uscì dalla finestra,
come faceva sempre ormai.
Sembrava voler nevicare; le
previsioni avevano detto così. Forse avrebbero passato un natale con la
neve.
Non che a Riku dispiacesse, certo
era, però, che quel freddo non era piacevole. Non ostante tutto, se ne stava
fuori, nel giardino di casa sua, seduto fuori della porta, a giocare con un
bastoncino.
Ricordava che da bambino amava la
neve; ma non poteva mai giocarci con nessuno. Sora si ammalava facilmente da
piccolo, e sua madre non voleva che andasse a bagnarsi tutto con la neve, e
Roxas odiava sentirsi tutto umidiccio per giocare con dell’acqua congelata;
Zexion ogni tanto capitava a giocare con lui, ma spesso era fuori con i suoi
genitori per le feste natalizie.
Poi un giorno arrivò lui: Demyx!
Riku stava come al solito nel giardino di casa sua, a rotolare una palla di neve
per costruire un pupazzo, sbuffando per la solitudine; quando la vocina fresca
di Demyx lo raggiunse: il bambino, forse sugli otto anni come lui, era fermo
davanti al cancello, una busta della spesa in mano, che lo osservava stupito e
gli faceva i complimenti per il pupazzo di neve. Riku non ci pensò due volte ad
invitarlo ad entrare, ed insieme giocarono tutto il giorno! Solo dopo Riku
scoprì che Demyx si era trasferito lì da poco e ancora non conosceva nessuno,
così lo fece entrare nel suo gruppo; Demyx andava ogni giorno a giocare con lui,
ogni momento libero, e i due in breve divennero inseparabili.
Era ancora assorto in quei ricordi,
quando un sassolino gli arrivò in testa
“Demyx finiscitela!” esclamò Riku,
rendendosi conto poi che non si trattava di Demyx: era
Zexion.
“non mi sembra di somigliarli
molto…” fece il ragazzo, alzando le spalle
“oh scusa
Zeku…”
“lo vedi che ci pensi
sempre?”
“a cosa?”
“a Demyx! Ma perché
non ci fai pace? Infondo avete discusso per una cavolata”
“lui deve sempre fare così! È da
quando abbiamo cominciato il liceo che ce l’ha con Axel, ma prima sembrava
essere solo divertito dal suo comportamento… Poi è diventato come ossessionato!
Axel di qua, Axel di là! Se si vuole far ammazzare faccia pure, ma non può
pretendere che stia qui a guardarlo morire!”
Zexion si sedette accanto a lui,
guardando il cielo ricolmo di stelle “sei geloso?” fece poi, senza mutare di
poco la sua espressione vaga
“eh?!” Riku sobbalzò “ma che dici?
Come geloso!? Ma no, che diavolo hai pensato??”
“io non ho pensato proprio nulla…”
Zexion spostò lo sguardo su di lui, mentre Riku arrossiva leggermente “avrei
dovuto?”
Riku non rispose, scuotendo
leggermente la testa “non credo…” disse poi
“non credi?” Zexion incorniciò il
viso con le mani, poggiando i gomiti sulle ginocchia “perché credi? Non ne sei
sicuro?”
“smettila Zexion! Io sono solo
preoccupato!” Riku abbassò lo sguardo, fissando il bastoncino che aveva in mano
“non vorrei vederlo ridotto male da Axel…”
Calò il silenzio per qualche
minuto; Zexion lo fissava, poi rise “e allora diglielo!”
“ma se non mi sta a
sentire…”
“certo, lo hai aggredito oggi!
Provaci con calma, come lo stai dicendo a me! Sono sicuro che anche Demyx ha
bisogno di sentirsi dire queste cose”
“hai ragione! Vado a dirglielo
subito!”
“fallo
domani”
“e perché?”
“lascialo calmare un po’… domattina
sarete tutti e due più riposati e parlerete meglio!”
Riku annuì, alzandosi in piedi;
fece cenno a Zexion di entrare “ti offro una cioccolata calda, ti
va?”
Zexion sorrise all’idea, e si tirò
su entrando in casa.
Le luci illuminavano le strade a
giorno, con i loro danzanti intervalli colorati. A Demyx erano sempre piaciute
le luci natalizie, ma in quel momento non riusciva a sorridere
guardandole…
Camminava triste, sentendosi un
vuoto dentro; ricordava che quando era in orfanotrofio, se si sentiva triste
andava a rintanarsi nell’angoletto tra il letto e il muro, e rimaneva con la
testa sprofondata nelle ginocchia. Una volta, poi, un ragazzino dai capelli
rossicci era sgusciato sotto il letto e gli aveva fatto prendere un colpo; da
allora quel ragazzino andava sempre a stanarlo, quando si rifugiava triste nel
suo angoletto, e da quello che ricordava, furono sempre meno le volte che sentì
il bisogno di andarsi a nascondere lì.
Si scosse, accorgendosi di aver
portato le mani alle labbra fredde, ripensando a quello che aveva fatto la
mattina nel laboratorio… Ancora si chiedeva per quale strano motivo avesse
baciato Axel…
Poi si ricordò.
Quel giorno con la pioggia,
squallido, grigio, quando quel tizio era venuto a portarsi via il suo migliore
ed unico amico, quando si era rintanato nel suo cantuccio sperando di vederlo
sgusciare sotto il letto come faceva sempre, e vi era rimasto tutto il giorno
invece, solo, a piangere. Ricordò il buffetto che gli aveva dato lui sulla
guancia, dicendogli di non piangere perché si sarebbero rivisti; e poi… ricordò
quel bacio. Infantile, casto, un semplice “grazie” che aveva voluto stampargli
per sempre sulle labbra prima che se ne fosse andato.
Era Axel? Di questo non poteva
esserne sicuro. Quello di cui era sicuro era che lo aveva baciato
istintivamente, sperando che anche in lui scattasse il ricordo di quel giorno
lontano.
Ma quello che lo scosse di più fu
altro: la strana sensazione che aveva provato nel sentire il suo fiato caldo
sulle labbra. E lì gli tornarono in mente le parole di Riku “ma perché per te è
tanto importante Demyx??”
Era sicuro che all’inizio provasse
solo il gran desiderio di farlo scendere dal suo piedistallo, poi si era
insinuata in lui l’idea che Axel potesse essere il ragazzino che aveva
conosciuto all’orfanotrofio, ma ora? Ora sentiva il chiaro desiderio di vederlo.
Pensava forse che lui lo avrebbe potuto aiutare come in passato, pensava che gli
avrebbe fatto tornare il sorriso, un vero sorriso, non quella sua solita
maschera che indossava prima di uscire di casa. Pensava tutto e niente. Pensava
solo che voleva andare da lui.
Confuso e stordito dall’intricata
matassa di emozioni dentro di lui, continuò a camminare con una meta precisa:
sapeva dove abitava Axel, una volta con Sora lo avevano seguito per addobbargli
la moto; poi quando avevano scoperto che Axel rimetteva la moto nel garage se ne
erano andati sconfitti, terrorizzati all’idea di entrare in quel giardino.
Ed ora era lì, davanti al cancello,
che aspettava che tornasse, dato che ogni luce era spenta.
Si appoggiò al muretto,
stringendosi nel cappotto, e attese; tanto nessuno a casa si sarebbe accorto che
mancava, di questo ne era sicuro.
“stai fumando come una ciminiera,
sta sera” e tanto per non dare ragione a Larxene, Axel si accese una nuova
sigaretta, aspirando pesantemente il fumo; lo sputò con un rumoroso soffio,
assorto in mille pensieri.
Erano seduti in un vicoletto,
avevano appena finito di parlare con quel tizio, che erano sicuri essere proprio
quello coinvolto nel giro: Axel lo aveva capito subito, era uno che non aveva
mai praticato giri di droga e probabilmente era un altro straricco entrato in
quei giri per salvare la sua economia e quella della sua famiglia, uno di quelli
che pronunciava la parola droga sotto voce, quasi per timore che qualcuno
potesse sentirlo. L’accordo era fatto: avrebbero portato loro la droga ai
committenti nel luogo stabilito e tutto si sarebbe risolto; loro avrebbero
riscosso i loro bei 100.000 munny e il bel signorotto avrebbe salvato la
faccia.
Sembrava tutto perfetto. Eppure
Axel non era calmo come al solito; e non se ne era accorta solo Larxene, ma
anche Marluxia e Luxord
“si può sapere che hai?” Marluxia
gli girava attorno come una mosca curiosa “ non hai spiccicato una
parola!”
“Marly ha ragione!” Larxene gli
mise una mano sulla fronte “non è che hai la febbre, eh?”
“no, sto bene…” fece Axel
svogliatamente, poggiando la testa al muro. Aveva solo voglia di tornarsene a
casa e dormire… e dimenticare… Pensava che dopo una bella dormita anche i
ricordi di quel giorno sarebbero andati a fare compagnia a tutti gli altri nella
sua memoria, in quell’angolo recondito che non rispolverava mai. Da quando era
arrivato nella sua nuova casa faceva così: dimenticava. Alla fine, per lui,
mettere da parte tutto era diventato così naturale che lo faceva
automaticamente.
Sputò quello che gli era rimasto
del fumo, e gettò a terra il mozzicone, mettendo in moto.
“te ne vai?” fece Larxene,
fissandolo
“si”
“e chi mi riporta a
casa?”
Axel sbuffò “allora ti lascio la
moto… me la faccio a piedi. Domattina vedi di passarmi a prendere, ok?” e le
sfiorò le labbra con le proprie, lasciandola perplessa. Axel non si era mai
comportato a quel modo, ed era evidente che c’era qualcosa che non andasse; ma
per quella sera decise di lasciar correre, tanto lui non le avrebbe mai detto
cosa lo affliggesse.
Mentre camminava verso casa, il
rosso ripensava alla mattina, e a quello strano incontro con quel ragazzino, che
lui aveva giudicato tanto stupido e che ora si ritrovava a pensare ogni minuto;
avrebbe voluto forse provare ad andare ad esplorare quella parte della memoria
in cui erano chiusi i loro ricordi, ma era così tanto il tempo che non
rispolverava ricordi, che aveva quasi dimenticato come si facesse…
Si strinse le spalle, cacciandosi
in bocca una nuova sigaretta, l’ultima del pacchetto, quando, alzando lo
sguardo, vide quello che non si sarebbe mai aspettato di vedere: Demyx era
seduto davanti al cancello di casa sua! Tremava dal freddo, la testa sprofondata
nelle ginocchia, ed involontariamente la sua mente si tuffò in un ricordo da
sola: aveva già vissuto quella scena, aveva già visto quel ragazzino in quel
modo.
Si avvicinò a lui con fare
disinteressato, e quando aprì il cancello cigolante Demyx si scosse, alzando gli
occhi verso di lui
“be… vuoi fissarmi tutta la notte o
entri?” fece Axel, mostrandosi spazientito. Demyx non rispose, ma si alzò e lo
seguì in casa, senza dire una parola.
“si può sapere…” disse Axel una
volta entrati in casa “che diavolo ci fai qui?”
“non lo so… in realtà non lo so”
Demyx guardava a terra, gli occhi spenti, misti di sonno e
malinconia
“dov’è finito quel tuo sorrisino
eh?” rise Axel, ma vedendo che la sua espressione non mutava tornò serio, quasi
rivedendo se stesso in quell’espressione “casini in
famiglia?”
“e tu come lo sai?” Demyx alzò gli
occhi stupiti verso di lui; Axel abbozzò un sorrisetto
“perché anche io avevo sempre
quell’espressione prima… e credimi, la mia famiglia è un vero
casino”
“mai come la mia…” Demyx abbassò di
nuovo gli occhi, fermandosi a fissare il tappeto
“ah davvero eh? Mpf” Axel si gettò
a sedere sul divano “ mi chiedo se anche tuo padre sia in galera per spaccio,
pedofilia e chi più ne ha più ne metta e tua madre vada ogni notte con uno
diverso”
Demyx si scosse. Tornò a fissare un
Axel che aveva detto tutte quelle cose come fossero le più naturali del mondo,
senza lasciar trapelare la minima emozione, pensando di essersi messo al centro
di ogni problema senza pensare che c’era chi ne avesse più di
lui
“mi dispiace…” disse
rammaricato
“e di che? Non mi pare che sia tu a
costringere mia madre a darla via no? Di che ti deve
dispiacere?”
Calò il silenzio. Demyx non sapeva
più cosa dire, non sapeva perché si trovasse lì, non sapeva più nulla. Ebbe il
desiderio di fuggire, di tornare alla sua vita che sembrava normale in confronto
a quella di Axel, quando il rosso parlò di nuovo, fissando il
soffitto
“lo sai che ti ho pensato tutto il
giorno?” Demyx lo guardò ed incontrò lo sguardo che Axel aveva spostato su di
lui “ e la cosa è parecchio irritante”
Demyx deglutì a vuoto, temendo di
incassare un pugno ancora più forte di quello ricevuto la mattina, ma allo
stesso tempo sentì crescere dentro di lui un certo piacere nel sapere che Axel
lo avesse pensato tutto il giorno. Il rosso si alzò dal divano, gli si impose
davanti e lo fece indietreggiare finchè non trovò la parete dietro di lui; i
loro visi erano così vicini, il respiro di Axel accarezzava leggero le labbra di
Demyx, la mano posta vicino al suo orecchio poggiata al muro facevano sentire il
biondino in trappola, in bilico tra la paura e l’eccitazione. Era confuso, non
capiva se quella situazione gli piacesse o meno, e sentì appena le parole di
Axel “perché diavolo mi stai perseguitando? Cosa vuoi da
me?”
Cosa voleva da lui? Ora come ora
non lo sapeva più nemmeno lui. Sentiva solo il desiderio, sempre più grande, di
porre le sue labbra sulle sue; era spaventato a quell’idea che gli ronzava in
testa, ma la bramosia di quelle labbra era sempre più forte, lo tirava sempre
più verso di lui.
Demyx chiuse gli occhi, cercando di
reprimere tutte quelle emozioni che stava provando, non poteva abbassarsi a
tanto, lui, il latin lover della scuola! E tanto meno non poteva farsi vedere
così da Axel! Prese fiato e assumendo un’espressione strafottente gli fece “te
l’ho detto! Voglio che ricordi! Di me!”
Axel sogghignò, fissando gli occhi
di quel ragazzino, che tentavano di essere strafottenti e seri, ma che
conservavano sempre la loro dolcezza; in breve il ricordo della mattina si
insinuò in lui, cogliendolo impreparato. Il rosso passò una mano sul mento di
Demyx, alzandosi poco dopo da lui “sei sempre un ragazzino… i tuoi occhi non
mentono… tornatene a casa” e detto ciò fece per salire le
scale
“come? Ei aspetta un attimo! Adesso
non puoi lasciarmi andare così, Axel!”
“ah no? E che dovrei fare tesoro?”
ridendo Axel salì le scale, lasciandolo lì a fissarlo. Demyx non aveva alcuna
intenzione di andarsene, anche se non sapeva esattamente perché, sapeva solo che
non avrebbe lasciato andare Axel! Gli corse dietro sulle scale, ritrovandosi in
un piccolo corridoio, senza sapere quale fosse la sua camera; ad un tratto si
sentì afferrare per la maglietta, fu trascinato di peso in una camera e sbattuto
di nuovo ad una parete… Axel si chinò su di lui e lo baciò, lasciandolo senza
fiato! Demyx rimase sorpreso, ma piacevolmente appagato dalla situazione: il
bacio di Axel era diverso da quello che gli aveva dato la mattina, era umido,
avido, violento; Demyx si abbandonò in quella danza senza fine, che invece finì
prima di quanto non sperasse. Quando Axel si staccò da lui, Demyx lo fissò
ansimante, mentre il rosso si passava un dito sulle labbra per asciugarle
“adesso sei contento? Bada che non avrai altro da me, quindi sparisci!”
“tu credi che io sia venuto qui
per… fare quello? Guarda che ti sbagli!”
“e allora perché mi fissavi
voglioso prima? E cmq non mi pare che ti sia dispiaciuto
tanto”
“hai frainteso, io non sono qui per
quello! Mica sono come una di quelle scolarette che ti corrono
dietro!”
“davvero..?” Axel tornò ad imporsi
su di lui, avvicinandosi pericolosamente alle sue labbra; Demyx fu percorso da
una fila di brividi fortissimi, e pregò di avere di nuovo un bacio da Axel. Ma
quando il rosso gli fu abbastanza vicino, tanto che le loro labbra potevano
quasi toccarsi, quel contatto fu spezzato dalle sue parole “lo vedi… stai
ansimando come una puttanella!”
Demyx avrebbe voluto replicare, ma
cosa poteva dire? Era vero! Stava ansimando! Senza rendersene conto, poi! La sua
testa era un covo di aggrovigliati pensieri, la confusione nella sua mente
aumentava ad ogni battito di ciglia! Ma cosa stava facendo? Lui non aveva mai
avuto di quelle tendenze! Le ragazze gli morivano dietro, e lui cosa faceva
adesso? Si eccitava per un ragazzo!
Axel gli passò una mano sul petto
“o forse mi sbaglio?” e si sporse verso di lui, lasciandolo senza scampo. Demyx
pensò di essere senza via d’uscita, perfetto l’indomani tutti avrebbero saputo
che si era eccitato per Axel e la sua vita sarebbe stata rovinata per sempre.
Poi si scosse: sentì distintamente che Axel era eccitato tanto quanto lui! Non
poteva sbagliarsi, gli stava spingendo contro! Sorrise maliziosamente e passando
un dito sul cavallo dei suoi pantaloni disse in tono provocante “ mi sa che non
sono l’unico, eh?”
Axel sobbalzò, sentendo le dita
delicate di Demyx sui suoi pantaloni; non era possibile! Eppure si stava
eccitando anche lui! Aveva avuto in testa quel ragazzino tutto il giorno, ed ora
sembrava desideroso di averlo! Non aveva mai desiderato qualcuno, gli altri
avevano sempre fatto la parte di entrambi, ed ora si trovava spiazzato. Che
fare? Si staccò da lui, passandosi una mano tra i capelli
ingellati.
“non capisco di cosa stai
parlando”
“certo, adesso fai l’indifferente!
Di la verità, tu mi vuoi!”
“ma lo sai con chi parli, vero? Non
farmi ridere!”
Demyx audacemente si avvicinò a
lui, cingendogli il collo con le braccia e avvicinandosi alle sue labbra gli
fece provocante “allora perché non mi mandi via?”
Forse non era poi tanto un
ragazzino, pensò Axel, quando bramosamente lo prese per i fianchi e se lo stese
sotto gettandolo sul letto; Demyx gli stringeva i capelli, immerso nel suo nuovo
bacio, mentre la mano di Axel si insinuava sicura nella sua maglietta.
Dopo una mezzora circa che si
baciavano su quel letto, Axel pose saldamente una mano sull’erezione di Demyx,
che si sentì, finalmente, a disagio! Infondo quella era la sua prima volta con
un uomo, e non gli sembrava il caso di farlo proprio nella prima sera in cui
aveva scoperto di essere attratto da Axel! Si alzò di scatto a sedere e quasi
urlò un “ devo andare a casa!”
“mpf… hai paura ragazzino?” Axel si
mise a ridere al broncio che Demyx gli mise per la battuta
“tu forse ci sarai anche abituato a
farti tutti e tutte, ma io no! Sai com’è, non ho mai pensato all’eventualità di
farlo con un uomo!”
“fa come ti pare” Axel non disse
altro, gli aprì la porta della camera e lo invitò ad uscire. Demyx scese le
scale silenzioso, sentendo la sua presenza dietro di lui, e quando fu davanti
alla porta si voltò
“però è stato divertente” fece
Demyx, alzandosi per baciarlo di nuovo; Axel lo prese per le spalle, sbattendolo
contro lo stipite della porta, tornando a baciarlo avidamente. Poi lo lasciò
andare, chiudendosi la porta dietro.
Demyx si riavviò verso casa. Si
rallegrò nel constatare che gli era tornato il sorriso.