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Autore: AlexEinfall    26/03/2015    3 recensioni
[Casey/Severide] Prima mia long-fic su questa coppia, che credo abbia un grosso potenziale.
Severide affronta Casey circa il suo comportamento sconsiderato, ma le cose non vanno mai come ci si aspetta. Questo è l'inizio di qualcosa oppure le resistenze e l'antico astio ostacoleranno la loro strada?
Un giorno qualunque alla Caserma 51 è destinato a cambiare ogni cosa.
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Avvertenze: Menzione di atti sessuali, senza entrare nei dettagli; uso di un linguaggio non lindo e pulito.




Parte II


Where did all the people go?
They got scared when the lights went low
I'll get you through it nice and slow.
When the world's spinning out of control.

Afraid of what they might lose
Might get scraped or they might get bruised.
You could beg them, what's the use?
That's why it's called a moment of truth

Soldier- David DeGraw


15
Questione di adattamento
 




  Matt spalancò gli occhi e si portò seduto ancor prima di svegliarsi completamente. Grugnì contro la luce debole dell'alba, troppo improvvisa per non bruciargli gli occhi. Si passò una mano sul volto, cercando di allontanare il sottile strato di sudore che nella notte si era depositato e raffreddato. Mentre le immagini oniriche vorticavano nella sua mente, posizionandosi in punti lontani e bui, si guardò attorno alla ricerca di un appiglio alla realtà. Incontrò la testa arruffata di Kelly, steso di pancia con il cuscino stretto tra le braccia. Riuscì a sorridere, pensando che un giorno avrebbe dovuto scattargli una foto mentre era così, addormentato e indifeso. Provò la tentazione di carezzargli le spalle nude, ma desistette. L'orologio lo informava che era troppo presto per svegliarlo, e troppo tardi per tornare a dormirgli accanto.
  Spingendo l'ansia notturna in un angolo e pervaso da un senso di inquietudine, scivolò fuori dalle lenzuola e raggiunse il bagno in punta di piedi.
  La doccia avrebbe svegliato Kelly, che malgrado ronfasse quietamente aveva un sonno piuttosto leggero, quindi optò per abbondanti getti d'acqua sul volto. Più fresco e pulito, tornò in camera e indossò velocemente pantaloni, t-shirt e felpa.
  Aveva bisogno di correre fino a sentire i muscoli bruciare e le memorie degli incubi allontanarsi. Solo allora, si disse, sarebbe stato pronto per il suo primo turno dopo la lunga degenza.




   Kelly aprì gli occhi al suono insistente della sveglia. Abbatté una mano sul macchinario infernale, riducendolo velocemente al silenzio, prima di stirarsi pigramente e rotolare su un fianco. Con occhi ancora chiusi, tastò l'altra metà del letto, trovandola vuota e fredda. Aprì un occhio e sbuffò, decidendo di alzarsi e lavarsi. Nel tragitto per il bagno, prese nota dell'assenza dei pantaloni e della vecchia t-shirt del CFD che Matt indossava per correre. Non si sorprese che fosse già uscito e che non l'avesse svegliato. Se c'era una cosa che Matthew sapeva far bene era defilarsi come un dannato gatto.
   Sotto il getto fresco della doccia, pensò a tutte le cose che il suo corpo aveva imparato su Matt. Le sue dita avevano esplorato ogni angolo, ogni osso e ogni muscolo sotto la pelle; conosceva come fosse propria quella piccola cicatrice sotto l'ascella, e lui, ridendo, gli aveva raccontato di essere caduto dalla slitta l'unica volta che l'aveva usata. Conosceva i punti che lo rilassavano, quanta pressione esercitare con le mani prima di lasciare lividi sulla pelle chiarissima, o dove bastava sfiorarlo per farlo sciogliere. Poteva sentire il suo corpo sotto le dita anche quando non c'era.
  Matt, dal canto suo, sembrava sapere già nella prima settimana come muoversi per ridurlo a una massa gorgogliante di piacere e conforto. Aveva sempre dato credito all'arguzia e alla capacità di osservazione del biondo, ma non avrebbe mai potuto sognare un amante migliore.
  Lavando i denti, un'asciugamano avviluppata intorno alla vita, ripensò a tutto il contorto, ai vizi e le piccole bizzarrie, a cosa Matt amasse mangiare e cosa cucinare, alla posizione in cui dormiva -steso sulla schiena, il cuscino tenuto saldo con un braccio e l'altra mano sempre in cerca del corpo di Kelly- e tutti quei dettagli che nel complesso gli davano sicurezza di appartenenza.
  Guardandosi allo specchio mentre si radeva la barba di due giorni, si ritrovò a sorridere, riportando alla mente le mille sfumature di sorriso di Matt. Le conosceva già quasi tutte, tranne alcune e una in particolare. C'era un sorriso che lui aveva cominciato a mostrargli all'inizo della seconda settimana, al mattino. Era ampio, l'angolo sinistro della bocca leggermente più sollevato, e rughette tutte intorno agli occhi, la fronte rilassata e...accidenti, quel luccichio nelle iridi e giù in fondo alle pupille...Kelly sentiva il petto infiammarsi ogni volta. Non era certo di come classificare quel sorriso, ma la cosa più vicina che gli veniva in mente era amore. Non come l'amore che lui aveva avuto per Renee e Matt per Hallie. Non come l'amore per Shay, o per sua madre. No, era un misto di tutti questi e, se avesse ricordato bene le lezioni ai tempi delle scuole, avrebbe detto che quel sentimento era più della somma delle sue parti.
  Accorgendosi di star fissando in modo assente lo specchio con un sorriso che, lo sapeva, Shay avrrebbe tirato in ballo almeno per una settimana, indossò jeans e camicia e scese le scale, massaggiando i capelli ancora umidi.
  «Buongiorno.»
  Shay si voltò e gli sorrise, mormorando un saluto veloce prima di afferrare un recipiente di plastica e poggiarlo sul marmo. Kelly studiò con sorpresa e sospetto l'oggetto, prima di aprirlo e trovare all'interno una pila di pancakes. Inarcò un sopracciglio e Shay portò le mani davanti, muovendole in segno d'innocenza.
  «Casey?»
  «Esatto.»
  Kelly rise e prese una forchetta dalla mano della ragazza, sedendosi e gustando il pasto.
  «Allora, oggi torna in campo?»
  «Già» mugugnò Kelly, ingoiando un boccone. Strinse le palpebre di fronte allo sguardo perplesso di Shay, quindi si affrettò a precisare: «Non ci provare. Lui dice che sta bene ed è pronto e io gli credo.»
  «Ha corso per tutta Chicago, credo sia più allenato ora che prima di tutto questo schifo» commentò Shay, aprendo il frigorifero e afferrando il suo yogurt. Cercò un cucchiaino e lo infilò nel bicchiere, riempiendo poi due tazze di caffé. «Dì un po'...com'è?» chiese, massaggiandosi l'addome e alzando un sopracciglio.
  «Che vuol dire com'è? Normale, come deve essere» rispose lui un po' troppo sulla difensiva. «Non è un problema e non è così brutta.»
  Shay annuì, infilandosi in bocca una cucchiaita di yogurt. Finirono la colazione in realtivo silenzio. Kelly vuotò la sua tazza di caffé e lasciò metà pancakes per Matt, prima di controllare l'orologio.
  «Pensi che sarà un problema? Voglio dire, tu e lui a lavoro...» disse Shay fingendosi disinteressata, il cucchiaino che batteva traditore sul labbro. «Cioè, non fraintendermi, non c'è nessuno al mondo, neanche Boden, che sarebbe più felice di me del fatto che finalmente voi due ragazzi avete smesso di beccarvi a vicenda e avete deciso di sfogare il vostro testosterone in modo più produttivo, ma...»
  «Ma non sarà un problema» intercettò Kelly, fissandola.
  «Oh sì, sono certa riuscirete a dividere vita privata e lavoro» disse passandogli accanto, prima di chinarsi e sussurrargli all'orecchio: «E sono sicura che riuscirai a tenerlo nella divisa quando i vostri corpi sudati strusceranno tra loro su una scala.» Puntò con il cucchiaino al cavallo dei suoi pantaloni e Kelly rise, scuotendo la testa.
  Non era certo che stesse realmente scherzando.
  La porta dell'appartamento si aprì e Shay gli lanciò un'ultimo sguardo malizioso, prima di avviarsi alle scale e salutare Matt nel tragitto.
  Il biondo quasi corse fino alla cucina e aprì il frigorifero, afferrando una bottiglietta e svuotandola in pochi sorsi. Si passò l'orlo della t-shirt sul volto, scoprendo per un attimo l'addome e attirandovi lo sguardo di Kelly. Non badò alla grossa cicatrice, ma ai muscoli tonici e al ciuffo di peli che sporgeva dalla tuta. Incosciamente, si leccò le labbra, e a Matt non sfuggì.
  Si chinò sul bancone per baciarlo, lasciandogli sulle labbra il sapore salato del sudore, prima di aprire il contenitore e cominciare a spiluccare i pancakes.
  «Se continui ad allenarti così finirò per sembrare quello pigro che sta tutto il giorno seduto sul suo sedere» sbuffò Kelly, poggiando il mento sul palmo della mano e osservandolo divertito.
  «Potresti venire con me ogni tanto» ritorse Matt, ingoiando un boccone.
  «Potresti svegliarmi, tanto per cominciare.»
  «Non esiste. Se io ti svegliassi, non mi lasceresti uscire dal letto» disse il biondo, puntandogli contro la forchetta.
  «Come se ti dispiacesse.»
  Matt gli lanciò un'occhiata torva, ma le sue labbra si curvarono in un leggero ghigno.
  «Qual è il tuo tempo? Sono sicuro che posso batterlo.»
  «E' tutto una competizione, per te. Ecco perché non ti sveglio per correre.»
  «Paura di essere battuto miseramente, Casey?» lo sfidò Kelly, alzandosi e facendo il giro del bancone per raggiungerlo. Poggiò il peso al piano, incrociando le braccia al petto.
  «Il giorno che mi batterai...» disse Matt, lasciando la frase in sospeso.
  Kelly gli poggiò le mani ai fianchi, sfiorandogli l'orecchio con le labbra. «Io posso batterti sempre, in qualunque campo.»
  Matt poggiò il contenitore sul piano, prima di afferrare i polsi del compagno e liberarsi dalla presa. Si voltò, bloccato dalla sua figura, e lo guardò con un misto di incredulità e sfida. «Sei un bastardo» disse, baciandolo per frenare ogni protesta. Kelly sussultò quando i denti di Matt si piantarono nel suo labbro inferiore. In cerca di dominanza, gli afferrò la nuca, prolungando il bacio finché non ebbe bisogno d'aria. Con le fronti incollate e gli occhi negli occhi, gli carezzò il collo, chiedendo a bruciapelo: «Ti senti pronto?»
 «Mai stato più pronto!» esultò Matt, scivolando via da lui e afferrando una tazza di caffé.
  Kelly non era realmente preoccupato di come la loro relazione potesse influire sul lavoro, ma al contrario sentiva un'improvvisa gioia al pensiero di rivederlo con la divisa, a fare ciò che sapeva fare meglio. Non gli era sfuggito il modo in cui i suoi occhi si illuminavano, bramosi, ogni volta che costringeva Kelly a raccontargli qualcosa della giornata e del turno appena concluso. L'agitazione che lo costringeva a lunghe sessioni di allenamento era un altro importante indizio. Matt aveva bisogno di tornare al lavoro. Non poteva far altro che capirlo ed era questa una delle cose che lo esaltavano di più: loro potevano comprendersi ad un livello inaccessibile ad altri. Erano entrambi vigili del fuoco ed entrambi erano passati e passavano attraverso le stesse difficoltà. Spesso non c'era bisogno di parole o spiegazioni, bastava uno sguardo ed era come guardarsi in uno specchio.
  «Ascolta» disse in tono serio, attirandosi un paio di occhi curiosi. «Qualunque cosa non vada, me lo dici, okay?»
  «Assolutamente.»
  Si fissarono a lungo, mentre Kelly cercava di codificare il suo sguardo e capire se fosse sincero. Altra nota di merito per Matthew Casey: poker face invidiabile. Malgrado ciò, sorrise e lo baciò ancora, assaporandolo quanto più possibile, conscio che nelle prossime ventiquattro ore avrebbe dovuto girargli alla larga.
  «Andiamo a salvare la città» disse Matt, correndo a fare una doccia.





   Quando Casey varcò le soglie dell'hangar con la sacca in spalla, tutti gli uomini della caserma 51 sembravano essere lì ad attenderlo, ingannando il tempo in faccende di routine. Dovette far scivolare a terra la borsa, aggredito dalla gioia dei colleghi. Ci fu un gran abbracciare e congratularsi, battute e scherzi, un'entusiasmo che riuscì a imporporargli il viso. In questi momenti, Matt si sentiva parte di qualcosa che non era famiglia, non come lui l'aveva conosciuta, ma andava ben oltre. Nessuno di loro era costretto da vincoli di sangue o affetto, piuttosto genuinamente contenti di vederlo ancora in piedi.
  «E chi lo spezza» disse Hermann, ridendo e stringendogli una spalla.
  Quando Gabby si avvicinò, il sorriso di Matt si strinse di poco, ma abbastanza perché lei lo notasse e lui lo vedesse riflesso nei suoi occhi scuri. Si guardarono per un attimo, mentre Matt cercava di elaborare cosa fare. Non era un mistero che si fosse trasferito -momentaneamente- da Kelly e Shay; tutti alla Caserma erano passati di lì a salutarlo, tutti tranne Gabby. L'aveva vista un paio di volte ad un bar ed erano riusciti a bere sopra l'imbarazzo. Sapeva che era andata avanti e aveva ripreso a vedere Mills e ne era contento, credendo che ormai ogni disagio fosse passato. Ma per qualche motivo questo incontro era diverso.
  «Bentornato, Casey» disse alla fine Gabby.
  Lui la abbracciò, sentendosi sollevato. Il loro rapporto non sarebbe mai più stato come prima, ma potevano lavorarci. Quando sciolsero l'abbraccio, Matt lanciò un'occhiata a Severide che, in disparte, gli sorrise e annuì.
  «Matt!» tuonò la voce profonda di Boden.
  Si strinsero la mano e il sorriso dell'uomo era più grande di quanto lo avesse mai visto.
  Quando l'entusiasmo scemò e gli uomini tornarono alle loro faccende, Boden fece cenno ai due tenenti di seguirlo nel suo ufficio.
  Giunti dentro, chiusero la porta e attesero che il Comandante, poggiato alla scrivania con le braccia incrociate sul petto, parlasse.
  «Allora, come procede?»
  «Perfettamente, Capo» rispose Matt con un sorriso tranquillo sulle labbra e quel suo sguardo da il mondo è bellissimo.
  Boden lo squadrò, quindi guardò Severide, che scrollò le spalle. «Bene, quindi sei pronto a tornare in pieno servizio?»
  «Assolutamente. Due giorni fa ho fatto il test fisico e sono in piena forma. Callighan ha dato il via libera.»
  «In questo caso» disse Boden, visibilmente sollevato. «Bentornato alla 51.»
  Si strinsero ancora la mano con decisione.
  «Grazie, Capo.»
  L'uomo annuì, poi fece il giro della scrivania e si sedette, sventolando una mano per invitare i due tenenti ad imitarlo. La sua espressione era velocemente mutata in concerno e una sorta di tristezza sommersa.
  «Qualcosa non va?» chiese Kelly, risistemandosi sulla sedia.
  «Ieri mattina il Detective Dowson è passato dal mio ufficio e mi ha lasciato questo» disse Boden, passando a Casey un file.
  Kelly lo vide irrigidire la schiena e aprire la cartella con un cipiglio di concentrazione. Sul suo voltò passò sorpresa, subito sostituita da una muta rabbia. Ogni tratto si tese. Kelly si sporse a osservare, alzando un sopracciglio in direzione di Boden.
  «Quello è tutto ciò che hanno sui due incidenti» disse il Capo, incrociando le dita sulla scrivania.
  Matt chiuse il fascicolo e lo alzò in aria, mostrando la scritta stampata in rosso.
  «Caso chiuso?» recitò con sarcasmo.
  Boden annuì in modo greve. «Antonio dice che hanno fatto il possibile, ma senza ulteriori sviluppi devono chiudere il caso.»
  «Quindi? Che facciamo?» sbottò Kelly.
  «Noi nulla, Tenente Severide. Non siamo la polizia.»
  Kelly aveva voglia di urlare che al diavolo la polizia, loro dovevano pagare, ma lo sguardo duro di Boden lo inchiodò al suo posto. Invece che dar di matto, scrutò Casey. Era immobile, gli occhi fissi sul fascicolo e le dita serrate intorno alle carte.
  «Mi dispiace, Matt-»
  «Non hanno altre prove che l'identikit, giusto? Anche se li prendono, non basterà un identikit per inchiodarli» argomentò Casey. Kelly cominciava seriamente a preoccuparsi, perché dal volto del compagno non traspariva alcuna emozione.
  Boden sospirò e accennò un sì con la testa. «Quello, e la tua testimonianza.»
  «Va bene» disse il biondo alzandosi. «Posso uscire?»
  Il Capo si alzò di riflesso ed estese un braccio in segno di consenso. «Vai pure, Matt.»
  Matt non attese altro, uscendo dall'ufficio.
  Quando Severide lo raggiunse agli armadietti, lo trovò senza maglietta e intento a cambiarsi. La stanza era vuota e, malgrado sapesse che era inopportuno e che Matt avrebbe potuto dargli un pugno solo per averlo pensato, non resistette a passargli una mano sulla schiena. Lo sentì tendersi, senza fermarsi dal suo armeggiare in cerca, Kelly lo sapeva, di null'altro che una distrazione.
  Avrebbe potuto dire mille cose per tentare di sollevarlo, ma sapeva che nulla avrebbe realmente funzionato. Invece, gli massaggiò le spalle con entrambe le mani, delicatamente. Si chinò e gli baciò il collo al di sotto della linea della mascella, lì dove Matt preferiva.
  «E' tutto okay» mormorò il biondo, chiudendo l'armadietto.
  Kelly fece scivolare le mani sui suoi fianchi, saggiando con i polpastrelli la pelle grinzosa della cicatrice. Matt sussultò appena, ma si rilassò dopo un altro bacio sulla nuca.
  «Lo so» disse il moro sul suo orecchio, sentendolo rilassare la schiena contro il proprio petto.
  Il suono acuto della sirena li preparò all'azione ancor prima che la voce gracchiasse ordini.
  Ambulanza 61, Camion 81, Persona in difficoltà-
  Kelly si bloccò, guardando interrogativo Matt.
  «Turno mio di salvare il mondo» disse mentre infilava la t-shirt.
  Il sorriso che gli rivolse era calmo ma non forzato. Uno di quelli che gli dicevano grazie e anche ho vinto.
  Severide gli lasciò una pacca sul sedere, accettando di buon grado l'occhiataccia che Matt gli rifilò.
 

  Sentendo l'annuncio Persona in difficoltà Matt aveva immaginato tutt'altro scenario. Gli sembrava rude e cinico ammetterlo, ma avrebbe preferito una chiamata più adrenalinica come bentornato. Sentì qualcuno battergli un palmo sulla spalla e si voltò all'istante, troppo iperattivo per frenare il movimento. Cruz ne parve leggermente sorpreso, ma ebbe abbastanza buon senso da non commentare.
  «Bentornato, tenente» disse con non velato sarcasmo.
  «Già» borbottò Casey, scuotendo la testa. «Una chiamata è una chiamata. Forza, torniamo in Caserma.»
  I suoi uomini si misero all'opera per recuperare i propri attrezzi, mentre l'ambulanza caricava i duecentocinquanta chili di donna che avevano estratto dalla casa, rompendo uno dei muri del salotto. Matt si soffermò a pensare a quanto dura potesse essere per una persona vivere rinchiusa nel proprio corpo e, per qualche motivo, gli tornò alla mente l'ospedale, le garze, l'immobilità forzata. Sentì i muscoli appesantirsi e la gola stringersi, quindi scrollò le spalle e salì sul camion.
   Non aveva intenzione di permettere ai ricordi di offuscare la propria luciudità.

   
  Il resto del turno fu da manuale. Un paio di piccoli incidenti e un salvataggio. Matt si ritrovò ad operare in automatismo: il suo corpo sapeva istintivamente cosa fare. I suoi uomini sembravano compiaciuti di vederlo tornare in perfetta forma, quasi non fosse mai accaduto nulla. Le domande pressanti sul suo stato di salute scemarono alla terza chiamata e Matt ne fu davvero felice. Comprendeva le preoccupazioni di tutti, ma l'ultima cosa di cui aveva bisogno era sentirsi un oggetto fragile o imperfetto. Era tornato il leader, il tenente che sapeva sempre come gestire anche le situazioni più critiche.
  Il problema era la sua testa. Nessuna emozione si sprigionava nel suo petto appena sfondavano una porta ed entravano in un inferno di fiamme. Persino la gioia e la soddisfazione di aver salvato una vita, ponendola nelle mani esperte dei due paramedici, non lo toccava. Sentiva di essere in una bolla invisibile e ogni sensazione riusciva appena a scuoterne la superficie.
  Continuò a trascinare il suo corpo verso la fine della giornata, segretamente temendo il momento in cui quella bolla confortevole sarebbe esplosa.





  Kelly marciò per i corridoi della Caserma con una strana leggerezza nella mente, il telefono stretto nel palmo. Adocchiò velocemente la sala comune, proseguendo senza indugio. Giunto nell'hangar, notò che nessuno dei vigili sembrava in vista. Si fermò davanti alla stanza che ospitava le divise, guardandosi attorno con più cautela.
  Via libera.
  Esitò con la mano sulla maniglia, perché qualcosa gli diceva che era una pessima idea. D'altra parte, non poteva negare che il messaggio ancora aperto sul telefono gli aveva infuocato il ventre quasi all'istante. Con un grosso sospiro, aprì la porta e la richiuse subito dietro di sé, quasi temesse che qualcuno si infilasse all'interno.
  Fece per accendere la luce, quando un frusciare di vestiti lo bloccò. La mano che si posò intorno al suo polso e altre dita che gli afferrarono la nuca lo congelarono d'istinto.
  Labbra calde si posarono sulle sue in un bacio rude, nel quale la lingua spinse con forza per invadere la sua bocca. Rimase immobile, preso alla sprovvista, ricambiano passivamente il bacio.  «Matt?» esalò in una misto di domanda e affermazione.
  «Aspettavi qualcun'altro?» chiese Matt nel suo tono canzonatorio e con finto disappunto.
  Kelly alzò il cellulare, sbloccando lo schermo e rivelando il messaggio. La luce colpì il volto di Matt e per un attimo il moro rimase senza fiato di fronte a quegli occhi allargati e lucidi, che sembravano urlare desiderio. «Che diavolo vuol dire? Non puoi darmi appuntamento qui per-»
  In tutta risposta, Matt frenò ogni protesta afferrandogli con tale forza il cavallo dei pantaloni da fargli esalare un grugnito. Kelly sentì le ginocchia del biondo spingere contro le sue e incespicò, ritrovandosi con le spalle premute contro il muro. La bocca di Matt era già sul suo collo e le sue mani sotto la sua maglietta massaggiavano i suoi fianchi con frenesia.
  Kelly era senza parole, la mente una tavola bianca. Al buio -il cellulare doveva essere caduto in quello che, più che un incontro, sembrava uno scontro- credette per un attimo di star delirando. Se non avesse riconosciuto così bene l'odore di Matt e il suono del suo respiro accellerato, avrebbe quasi pensato non fosse lui. Matthew Casey non era tipo da-
  Tutti i suoi pensieri si bloccarono quando sentì il contatto venir meno e si sorprese a mugugnare in disappunto. Ogni sua protesta fu bloccata quando sentì suole strusciare a terra e le mani di Matt lavorare la zip dei suoi pantaloni. Cercò con le dita il suo corpo, incontrando i capelli soffici. L'immagine si formò automatica nella sua mente: Matt era in ginocchio davanti a lui, la fronte premuta contro il suo addome mentre i propri pantaloni scivolavano intorno alle caviglie. Quell'immagine mentale e la sensazione del respiro caldo di Matt su parti così sensibili, furono abbastanza perché non gli importasse più di nulla. In quel momento potevano essere ovunque, anche sulla vetta del K2, e lui non si sarebbe tirato indietro per alcun motivo. Reclinò la testa contro il muro, abbandonansodi alle qualità innegabili della bocca del compagno.



   
  «Allora...» bisbigliò Gabriela, poggiando la schiena al bancone davanti al quale Shay stava versandosi del caffé. Afferrò una mela e la rigirò tra le mani, impostandosi in quel tono di finto disinteresse che la bionda conosceva bene. «Come vanno le cose a Brokeback Mountain?»
  Leslie si bloccò con la tazza a mezzaria, guardando l'amica con le sopracciglia sollevate in un misto di sorpresa e incertezza.
  «Tranquilla, possiamo parlarne» le assicurò Gabriela, dando un morso alla mela. Masticò con entusiasmo e ingoiò il boccone. «Voglio dire, non ne parliamo mai. E ora che tra me e Casey sta tornando tutto normale... Non posso far finta che non sia vero.»
  La bionda si guardò attorno e, quando fu certa che nessuno le ascoltasse, poggiò i gomiti al bancone, invitando silenziosamente l'amica ad assumere la stessa posizione cospiratoria.
  «Sicura di volerlo sapere?» chiese, palesamente non convinta dalla sua recita.
  Gabby forzò un sorriso, ma decise di andare per la verità. «E' ancora un po' tutto strano e assurdo per me, ma l'ho superata. Sul serio. Non è che ci sia mai stato qualcosa tra noi. E poi Peter è così...» Alzò gli occhi al cielo e finse un mugugno di piacere, al quale Shay risposte con un gesto deciso della mano. «Taglia qui. Non voglio troppi dettagli.»
  La mora rise, prima di prendere un altro morso di mela. «Quindi? Sei pronta al gossip, ora che sai che puoi dar sfogo alla tua vena chiacchiericcia?»
  Leslie roteò gli occhi, nascondendo un sorriso nella tazza.
  «Va alla grande» disse, guardando nella tazza. «Voglio dire, anche troppo. Non ho mai visto Kelly così rose e fiori.»
   «E Casey? Sta bene?»
  Leslie scrollò una spalla, punta nel vivo. Poteva essere egoista come pensiero, ma sentiva uno strano fastidio sull'argomento: malgrado Casey vivesse con loro da ormai più di un mese, lei non era pronta a mettere la mano sul fuoco su cosa provasse o pensasse in quella testa bionda. Si era sempre considerata una buona osservatrice e non sapere leggere oltre i sorrisi del tenente la disturbava.
  «Credo sia tornato quasi come prima.»
  «Quasi?» chiese Gabriela con preoccupazione.
  «Quasi» sottolineò Shay guardandola. «C'è stata tutta quella storia con la madre e la sorella...»
  «Che storia?»
  Capì di aver detto troppo, ma ormai era tardi per tornare indietro. Gabriela non l'avrebbe lasciata scappare con quelle poche briciole. «Qualche settimana fa ha litigato con la madre, o qualcosa del genere. Non ne ha parlato molto. Da quello che mi ha detto Kelly le cose si sono sistemate da sole. Casey sembrava piuttosto turbato, ma sai come sono quei due: proteggono i propri segreti a vicenda.»
  «Uhm» mugugnò Gabriela attraverso un boccone di frutta.
  «Hai qualcosa in mente» constatò Leslie, chinandosi ad osservarla fino a spingerla a distogliere lo sguardo. «Avanti, sputa.»
  La mora guardò la mela, poi i fornelli, assorta nella contemplazione di ciò che stava per ammettere. Rigirava la questione da vari punti, ma riusciva a focalizzarsi solo sugli aspetti positivi per sé. «Credi che...» tentò, prima di schiarirsi la voce e guardare l'amica in tono speranzoso. «Insomma, il Molly's ha bisogno di alcuni lavori e...sai com'è, non navighiamo nell'oro, e un aiuto da un amico non sarebbe affatto male.»
  Leslie stirò la schiena con un sorriso, prima di poggiare una mano sulla spalla di Gabriela. «Puoi chiederlo a Casey, non credo che Kelly darà di matto.»
  Gabriela trovò difficoltà a ingoiare completamente il boccone di succosa mela.
  Quel non credo aleggiava nell'aria come una nuvola scura.



  Matt accese la luce e gli occhi di Kelly bruciarono un attimo di troppo, per poi focalizzarsi piano sul pavimento. L'orgasmo gli scivolava piano nei muscoli. L'onda di piacere e sollievo si bloccò dolorosamente quando notò la macchia sul pavimento. Strinse tra i denti un'imprecazione, chiedendosi se Matt non avesse archittetato tutto solo per costringerlo a ripulire i danni del proprio piacere. Lo scatto della serratura lo strappò a quei pensieri – si chiese quando Matt avesse chiuso la porta, ma suppose che tutto ciò che era successo da quel primo bacio a quel momento doveva essergli sfuggito.
  Con sorpresa si accorse che il compagno afferrava la maniglia, in procinto di uscire senza aggiungere nulla.
  «Matt?» mormorò, prima di ricomporsi e afferrargli un lembo della maglia, costringendolo a voltarsi. «Questo che vuol dire?»
  «Scusa?» chiese Matt con uno strano ghigno sul viso.
  «Perché lo hai fatto?»
  «Perché me lo hai fatto fare?»
  «Cosa?» Stordito da quello sguardo ora così lucido, Kelly faticò ad afferrare il corso dei propri pensieri, desistendo a figurarsi quelli dell'altro.   
  La realtà della propria sconsideratezza lo colpì a fondo, istillandogli un'improvvisa vergogna; ciò che più di tutto non riusciva a capire era come potesse proprio Matt correre certi rischi. «Cosa c'è sotto? Non è possibile che tu...voglio dire, poteva esserci una chiamata! Sei stato avventato.»
  Matt parve offeso e in un attimo i suoi occhi tornarono a una dura maschera di lontananza. Con un gesto stizzito si liberò dalla presa di Kelly e si avviò alla porta. «Hai avuto un pompino gratis, vuoi davvero lamentarti?»
   Le sue parole vennero attutite dallo schioccare della porta che si richiudeva, ma né il tono irritato né le parole mordaci sfuggirono al moro. Rimase un attimo inebetito a fissare la porta, prima di ricordarsi del disastro che doveva ripulire. Non trovando null'altro, prese una maglietta della Caserma e si inginocchiò a terra.


   Le sue mani tremavano e afferrare il bordo del lavabo non sembrò sortire alcun effetto. Guardare gli occhi socchiusi e le labbra schiuse di Kelly mentre l'orgasmo lo invadeva era stato impagabile, ma il bisogno di rilasciare la tensione nel suo ventre era svanito l'attimo in cui aveva realizzato quello che aveva fatto.
   Fissò i propri occhi guardarlo dallo specchio, spalancati e increduli di sé stesso. Matt aveva sentito la necessità di annegare in qualcosa, qualunque sensazione che non fosse l'ansia tormentosa alla base della nuca. Non poteva concederle spazio, perché lui era più forte di lei, doveva esserlo. Era un tenente, un dannato leader e non poteva mostrare alcuna debolezza, neanche a se stesso. Non aveva realmente premeditato di ritrovarsi in ginocchio di fronte alla zip dei pantaloni di Kelly, ma non aveva saputo frenarsi.
  Fuggendo dalla tentazione di nascondersi nelle proprie paure, aveva ceduto a quella di fuggire da esse il più lontano possibile.
  In definitiva, aveva perso il controllo.
  Aprì il rubinetto con più forza del necessario e raccolse tra le mani acqua fredda, che gettò sul viso arrossato.
  Boden avrebbe potuto scoprirli.
  Uno dei ragazzi avrebbe potuto avvicinarsi alla porta per prendere una divisa e sentire i gemiti di Kelly.
  La sirena avrebbe potuto richiamarli all'azione e loro non essere pronti. Qualche secondo di troppo e la vita di qualcuno sarebbe potuta cessare, per colpa loro. Colpa sua.
  Si sentì nauseato e sull'orlo della rottura.
  Ambulanza 61, Camion 81, Squadra 3, Incendio-
  Un'ondata d'adrenalina spazzò via ogni altra cosa, spingendolo fuori dal bagno e di corsa verso il camion.















Note: Scusate il lieve ritardo, ma come annunciato ero via (no pc, no connessione e blablabla)
Ho già qualche altro capitolo pronto, devo solo revisionarli con calma. 

*Per chi non lo sapesse (?), più su si fa riferimento al film "I segreti di Brokeback Mountain" (2005).
*
"No, era un misto di tutti questi e, se avesse ricordato bene le lezioni ai tempi delle scuole, avrebbe detto che quel sentimento era più della somma delle sue parti." Qui ci si riferisce ad Aristotele, secondo cui "Il tutto è maggiore della somma delle sue parti", e per estensione ai sistemi complessi (yep, un po' fissata).

Nient'altro da dichiarare, se non: alla prossima!
Ax.


  
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