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Autore: AngelOfSnow    02/04/2015    0 recensioni
Disclaimer:i riferimenti a luoghi e/o persone sono puramente casuali. I personaggi fanno parte della mia opera.
La luna era alta nel cielo, chiara, bella e malinconica.
Si stagliava fiera e maestosa sullo Stretto di Messina e il suo riflesso rischiarava gli ambienti, anche se le luci arancioni dei lampioni ne dimezzavano la bellezza.

[...]
Jacopo si guardò intorno: a quell’ora tarda, chi voleva incontrare?
Chiuse gli occhi e sospirò, auto insultandosi per aver ritardato anche quella volta.
Aveva tirato troppo la corda con Daniel e adesso era stato piantato per l’ennesima volta, anche se era una conseguenza diretta del suo ennesimo ritardo.

[...]
Daniel aveva vissuto i tre mesi immerso nei libri per non pensare al rimorso di quel pomeriggio che l’aveva lentamente divorato e reso ancora più apatico del normale. Lui che solitamente rimaneva impassibile anche al fatto più eclatante, era rimasto turbato dalla reazione di Jacopo, condizionandolo in modo più o meno permanente.
Genere: Fluff, Malinconico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago, Universitario
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Nono Capitolo



Jacopo guardò Milano con gli occhi lucidi.  Era emozionato e al tempo stesso spaventato dalla certezza di non essere a casa.  S’accoccolò meglio sul sedile anteriore della macchina di Matteo e attese in silenzio che l’amico parcheggiasse davanti al locale nel quale avrebbero presto preso a lavorare.
Era stato un ottimo colpo di fortuna, pensò intimamente, perché desiderava cambiare aria.
Si sarebbe aspettato di tutto meno che essere lodato per le competenze lavorative da lui acquisite e mandato a sostituire con Matteo una coppia prossima al matrimonio a Milano.
<< Non ci credo, siamo nella città della moda! >> trillò entusiasta Naomi, fresca di laurea, e Matteo scosse la testa.
<< Quella è Venezia o Parigi... >> borbottò senza entusiasmo e Jacopo sorrise leggermente.
<< Io so che questa sia la città della doppia vita. >>
I due coniugi inarcarono le sopracciglia, incapaci di capire a cosa si stesse riferendo.
Jacopo si accorse delle loro espressioni stupite e ridacchiò. << Un mio amico è barista in uno dei locali notturni di Milano e... >> Jacopo guardò fuori dal finestrino perdendosi un attimo. << quello è per transessuali di alta classe. >>
I due ragazzi sbiancarono di colpo. Jacopo alla vista delle loro occhiate basite scoppiò a ridere di cuore.
 


Quando arrivarono a destinazione tirarono tutti un sospiro di sollievo.
La casa davanti ai loro occhi era stata messa loro a disposizione da Pio, il proprietario del locale, dicendo loro che avrebbero semplicemente dovuto contribuire a delle piccole spese, come se fossero dei ragazzi universitari riuniti sotto lo stesso tetto.
Era una casa molto grande, con un corridoio lungo e tre stanze da letto, gestibili a seconda delle preferenze, che avevano due letti in ognuna e un bagno. Sparsi per la casa vi erano due corridoi e la cucina era il luogo dove tutte le camere confluivano in modo ordinato.
Una piccola sala da pranzo con un divano e un televisore a plasma da cinquanta pollici costituiva il centro della casa. Tutto ordinato in stile classico.
<< Wow... >> furono le parole di Naomi e Jacopo annuì, fischiando di piacere.
Quella casa trasmetteva calore e sentimenti di appartenenza che li mise subito a loro agio.
Dovevano lavorare a Milano per due mesi e mezzo, quindi per tutto il restante periodo estivo.
<< Benvenuti! >> esclamò Pio e Jacopo fu sul punto di ridere in barba all’educazione, trascinandosi Matteo.
Come luccica quella sfera! Commentò nella propria testa guardando intensamente il capo calvo dell’uomo e Naomi gli diede una gomitata abbastanza potente da farlo tossire.
<< Grazie signor Speranza. Siamo contenti di essere arrivati appena possibile. >> continuò Naomi e l’uomo senza capelli, dal portamento fiero, gli occhi neri, una pancetta niente male e sguardo addolcito, chiese come avessero passato il viaggio, se fossero stanchi e se volessero riposarsi prima di fare un salto al negozio e poi in città, per un giro turistico.
<< Io passo, mi sento distrutto. >>  si affrettò a dire Matteo e guardò con occhi pieni di sottointesi Naomi.
<< Anche io. >> a quel punto si limitò a dire la biondina e Pio annuì, rivolgendo lo sguardo su Jacopo.
<< Che mi dici ragazzo? Ti andrebbe? >>
Jacopo annuì e guardò negli occhi i suoi amici. “Divertiti” gli dicevano, ma lui non sentiva minimamente quel sentimento in corpo.
Provava...
 
 

Ansia. La prima parola che Daniel riusciva a trovare per esprimere il proprio comportamento era ansia. I pazienti quella mattina l’avevano guardato tutti leggermente storto, regalandogli dei sorrisi di conforto.
Che se ne faceva dei sorrisi di conforto, per qualcosa che non doveva minimamente provare?!
Tirò un sospiro profondo e fece entrare il paziente successivo, mentre teneva sotto controllo l’orologio sulla propria scrivania di mogano: quasi le due.
Il petto gli si strinse leggermente nella gabbia toracica e si azzardò a camminare, avvicinandosi alla finestra.
Il locale era chiuso. Confortante, si disse, almeno mi posso concentrare sui pazienti.
<< ... dottore? >>
Guardò la ragazza del mercoledì con tanto d’occhi, vedendola già seduta e pronta per la seduta.
<< Salve dottore, c’è qualcosa che non va? >> Daniel guardò la ragazza diritta negli occhi e trovò soltanto preoccupazione.
A quel punto scosse la testa e ringhiò nella propria testa.
<< No, cominciamo pure. >>
Guardò un ultima volta il locale e sorrise leggermente tirando le tendine, per ascoltare la corvina.
 
 

Jacopo guardò l’insegna del locale che per quasi due mesi sarebbe stata la sua nuova casa.
Il biondino rimpiangeva l’odore della salsedine di Messina, rimpiangeva piccolezze della Sicilia che fino in quel momento non aveva ancora notato a Milano.
Pio al suo fianco inserì la chiave nella toppa di una serratura al fianco della saracinesca e la stessa si alzò lentamente da sola, senza nessun tipo di rumore superfluo o agghiaccianti gorgoglii. Ecco, a Messina i proprietari si sarebbero abbassati a tirare con la forza facendo un rumore immenso, tra gli imprechi del passante e la risata mesta del proprietario.
<< Ragazzo? Ehi, ragazzo! >> la gomitata di Pio al fianco lo riportò al presente.
<< Si, mi scusi. >> mormorò con tono dimesso e entrò nel locale, sgranando gli occhi.
Era un locale bellissimo dove il bancone, di un raffinato marmo bianco, risaltava sulle pareti nere e con delle dolci forme abbracciava la maggior parte del locale. Dei sgabelli perfettamente puliti e in ordine erano appoggiati al marmo e dei tavolini erano sparsi verso la parte interna del locale, mentre alcuni erano vicini all’uscita principale.



Le pareti attrezzate alle spalle erano fornitissime di bottiglie da un lato e da snack di qualsiasi genere e dall’altro lato, la cassa, era su una piccola oasi vicino all’uscita, con coupon di gratta e vinci e altri giochi del genere.
Vedeva anche altro, ma prestò poca importanza nell’esatto momento in cui guardò un tavolino, nell’angolo più oscuro e nascosto del locale, rabbrividendo.
Era una sensazione che gli attanagliava le viscere in una morsa malinconica. << Pio... questo tavolo è utilizzato? >>
Si girò a guardare l’uomo e quello lo guardò storto, quasi a volerlo rimproverare per quella domanda.
<< Si, è sempre prenotato da uno di quei strizza cervelli gay che lavorano in quel palazzo di fronte. Come mai me lo chiedi, ragazzo? >>
Jacopo negò con il capo e s’inventò una scusa sul momento, facendo abboccare Pio senza problemi; l’unico problema di Jacopo rimaneva solamente quella sensazione di bruciore in fondo al petto. 
   
 
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