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Autore: aturiel    03/04/2015    3 recensioni
E adesso Nico, in preda a un attacco di rabbia verso il mondo intero, era sotto un portico a congelare per il vento, tentando inutilmente di accendere la sigaretta che teneva tra le labbra. Ormai erano quasi cinque volte che quel dannato vento gliela spegneva e, se non avesse avuto come padre Ade, sicuramente si sarebbe messo a bestemmiare. Alla sesta volta, finalmente, riuscì a tenerla accesa abbastanza per fare un tiro, ma, poco prima che ne facesse un secondo, due dita ne schiacciarono la punta, spegnendola nuovamente.
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Genere: Angst, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Nico di Angelo, Percy Jackson
Note: Lemon | Avvertimenti: nessuno
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Only because someone doesn't loves you as you want,
it does not mean that he doesn't loves you with his whole being.
-Gabriel García Marquez-

 


Quella giornata stava sempre più peggiorando: prima un gigante tutto muscoli e niente cervello era piombato nel suo negozio accusandolo di avergli venduto un computer “talmente di merda che nemmeno un cavallo con una crisi intestinale avrebbe saputo fare di meglio” - sue testuali parole -, e aveva minacciato di pestarlo a sangue, se non gli avesse restituito tutti i soldi. Nico allora aveva controllato il portatile e – sorpresa! - si era semplicemente preso un virus e, come se non bastasse, per evitare una rissa aveva dovuto pulirglielo gratis. Poi era entrata una ragazza dal lunghi capelli rossi e una scollatura che lasciava ben poco all'immaginazione e, mentre lui cercava in uno scatolone il cavo che gli aveva chiesto, le era comparsa da dietro e, da brava maniaca sessuale, aveva deciso di stampargli un bel bacio umidiccio sulla bocca. Lui, ovviamente, l'aveva spinta subito via, e quella era scappata piangendo e urlando... dimenticandosi il suo cavo.
E adesso Nico, in preda a un attacco di rabbia verso il mondo intero, era sotto un portico a congelare per il vento, tentando inutilmente di accendere la sigaretta che teneva tra le labbra. Ormai erano quasi cinque volte che quel dannato vento gliela spegneva e, se non avesse avuto come padre Ade, sicuramente si sarebbe messo a bestemmiare. Alla sesta volta, finalmente, riuscì a tenerla accesa abbastanza per fare un tiro, ma, poco prima che ne facesse un secondo, due dita ne schiacciarono la punta, spegnendola nuovamente.
Nico allora iniziò la sua sequela di insulti: «Ero appena riuscito ad accenderla, stronzo! Ma che cazzo di problemi hai per...-» e si interruppe, dopo aver alzato la testa.
Davanti a lui infatti c'era un ragazzo alto, vestito con una giacca gessata e con al collo annodata una cravatta. Era abbronzato, quasi come se fosse appena tornato da una vacanza ai Caraibi, e portava un paio di occhiali dalla montatura elegante. Ma a troncare le parole di Nico, oltre alla sua palese bellezza, furono i suoi occhi color del mare che, a metà fra il divertito e l'arrabbiato, lo guardavano da dietro le lenti.
«Ehi, Nico» disse quello, sorridendogli.
«P... Percy?» borbottò lui, con la bocca spalancata.
Il figlio di Poseidone allora lo avvolse in un abbraccio, facendolo quasi soffocare, e gli scompigliò i capelli neri, come faceva ogni tanto quando erano ragazzini. Lui era ancora troppo sorpreso per ricambiare la stretta, e lo era ancora troppo anche per ricordarsi della sua sigaretta, ancora fra le dita.
«Allora, Nico, come va la vita?»
«La mia vita?» ripeté lui, ancora imbambolato: «Ah, beh, sì. La mia vita va bene. Cioè, ho un negozio di elettronica, adesso, e non va nemmeno troppo male».
«Elettronica? E chi avrebbe mai pensato che un ragazzino degli anni '40 sarebbe diventato un esperto di computer... e che si sarebbe tagliato i capelli in questo modo?» disse poi, indicando la sua capigliatura scura, per metà rasata e sicuramente diversa da quella che aveva a quattordici anni.
«I computer sono divertenti, alla fine. E tu, invece? Che fai?» chiese a Percy.
«Bene, lavoro in un'azienda turistica: è divertente e si guadagna abbastanza bene, sai».
«Beh, sì, immagino. Ma senti, che ci fai qui, dopo tanto tempo?»
«Ero passato per un saluto... mi manchi...» disse.
«Percy, senti, io...» stava per dire Nico, ma poi l'altro lo interruppe con il continuo della sua frase. «... mi mancate tutti».
Ecco, lo stava facendo di nuovo: gli faceva crescere la speranza nel petto e poi, in tre parole, la stroncava. Era sempre stato così, con lui. Quindi, arrabbiato con se stesso per aver ceduto di nuovo spazio a un timido desiderio che poi mai si avverava, si portò di nuovo la sigaretta alla bocca e ricominciò a tentare di accenderla.
«Smettila di fumare, ti fa male, Nico!» disse Percy, rimproverandolo.
«Non sei mio padre, e nemmeno mia madre o mia sorella» rispose lui, zittendolo, godendo un poco del lampo di disapprovazione e tristezza che gli attraversò il viso.
Sì, la giornata di Nico di Angelo stava sempre più peggiorando: rivedere dopo quasi dieci anni il ragazzo di cui era stato innamorato, e rivedere ancora una volta che lui continuava a non provare niente per lui, gli faceva salire una rabbia ferita che non pensava nemmeno più di possedere. Se aveva impiegato dieci anni per lasciarsi alle spalle quel ragazzo iperattivo e troppo espansivo dagli occhi smeraldo, adesso gli sarebbero voluti mesi per scordarsi del suo incontro.
Intanto, fra loro, era caduto un silenzio imbarazzante: Nico vedeva chiaramente che Percy stava scorrendo mentalmente tutte le frasi utili per colmare il vuoto che si stava sempre più creando, ma lui non aveva nessuna intenzione di aiutarlo. E si pentì di non averlo fatto, quando l'amico tirò fuori l'argomento peggiore che avrebbe potuto scegliere:
«Non sei venuto al matrimonio mio e di Annabeth, l'anno scorso...»
Sarebbe scoppiato a ridere, probabilmente, se solo l'avvenimento non fosse stato così recente.
Ma si può essere più stupidi?
«No, ero impegnato con il negozio».
Percy annuì e, di nuovo, iniziò a cercare affannosamente qualcosa da dire. Nico questa volta, però, decise di aiutarlo, un po' impietosito dalla sua espressione al limite del disperato: era davvero troppo ingenuo per prendersela con lui e, d'altronde, ormai il danno era fatto; avrebbe impiegato anche così troppo tempo a dimenticarlo, che cosa gli costava far durare l'incontro un po' di più?
«Senti, ti va di venire a prendere un caffè a casa mia?»
«Mi farebbe piacere,» disse sollevato «ma non dovresti lavorare?»
Nico scosse le spalle e rispose, con una smorfia: «Oggi ho già dato abbastanza al mio negozio, fidati» e sorrise un poco all'espressione interrogativa dell'amico.

   
 
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