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Autore: AlexEinfall    13/04/2015    1 recensioni
[Casey/Severide] Prima mia long-fic su questa coppia, che credo abbia un grosso potenziale.
Severide affronta Casey circa il suo comportamento sconsiderato, ma le cose non vanno mai come ci si aspetta. Questo è l'inizio di qualcosa oppure le resistenze e l'antico astio ostacoleranno la loro strada?
Un giorno qualunque alla Caserma 51 è destinato a cambiare ogni cosa.
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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18
Oltre lo specchio




  L'acqua gli colpiva le spalle con tale forza da indolenzirle. Con i palmi delle mani sulle piastrelle umide e la testa bassa, Matt respirava a fondo, cercando di focalizzare il turbine di emozioni che vorticava nervoso intorno alla sua mente.

Ti amo, cazzo.
Ti amo, e in questo momento ti odio così tanto che potrei prenderti a pugni,
perché questo non sei tu e non sopporto vederti così.

 
  Poteva sentire la voce di Kelly pronunciare quelle parole, roca e potente come un boato. Una voce che portava una verità scomoda, ma innegabile – questo non sei tu. Una voce che parlava da un angolo nascosto di Kelly, quello dove si rifugiavano le sue colpe e le sue paure, tutte quelle cose che nascondeva al mondo e teneva preziosamente custodite. Le aveva cedute a lui, aprendo le proprie porte e fidandosi in modo irrazionale di Matt -ti amo.
  Ed era lì il nodo della questione, Matt lo sapeva. Non aveva un luogo in cui lasciarsi cullare dalla proprie illusioni. Kelly  lo poteva guardare, dentro e fuori, costringendolo a vedere nei suoi occhi il proprio riflesso. Un riflesso che non gli piaceva, perché non corrispondeva all'uomo che era prima dei Messer.
  Quelle parole continuavano a riverberargli dentro, con il loro carico di bellezza e dolore, con l'amore che portavano e la distruzione che ricordavano.
  Matt non era stupido e, per quanto non volesse vedere la realtà, lui sapeva esattamente cosa gli stava succedendo. L'aveva previsto e aveva scelto di ignorarlo. Non succederà a me, si era detto, non può. Aveva visto vigili crollare sotto il peso di traumi impossibili da cancellare. Bastava una debolezza ed erano marchiati per sempre. Arrivavano al punto di vedere qualcosa di troppo, immagini che li perseguitavano per tutta la vita, e da uomini forti e integri, si trasformavano in fantasmi di se stessi.
  Non io, si era detto in quelle settimane, anche quando si svegliava nel terrore istillato da un incubo troppo vivido o quando, bruciando un pancacke, sentiva la propria pelle andare a fuoco, o quando, ancora, guardando la propria cicatrice gli mancava il respiro.
  Improvvisamente, si sentì sopraffatto dalla vergogna e dal disgusto di sé. Aveva mentito all'unica persona che non lo avrebbe mai giudicato e mai fatto sentire meno di quanto realmente fosse. L'unica persona che gli aveva aperto il cuore, superando sfudicie e paure. Aveva respinto Kelly e, anche se il moro non l'avrebbe mai ammesso, l'aveva ferito. Emotivamente e fisicamente -non sopporto vederti così.
  Si era convinto di aver superato tutto, di esserne uscito più forte di prima, e aveva ignorato deliberatamente tutti i segnali di pericolo. Aveva cercato di tenere lontano Kelly da tutto ciò, perché sapeva che ammetterlo a lui avrebbe significato rendere più reale e tangibile ciò che lui voleva ignorare. Ma Kelly non si era lasciato ingannare, perché in fondo lo conosceva meglio di chiunque altro. Kelly lo aveva rincorso anche quando Matt aveva cercato di fuggire da lui e dalla realtà, non si era arreso neanche quando era stato investito dalla sua rabbia -ti amo, e in questo momento ti odio così tanto che potrei prenderti a pugni.
  Kelly lo amava. Più ci pensava, più si rendeva conto che quell'affermazione non poteva essere colta da alcuna ragione. Gli sembrava assurdo, eppure così giusto e reale. Come una folgorazione, una potente epifania lo scosse, facendolo rabbrividire malgrado il calore della doccia: Kelly lo aveva salvato e continuava a farlo. Kelly, che era l'unica costante della sua esistenza, l'unica fonte di emozioni che non poteva essere ignorata. Poteva nascondere i propri sentimenti dietro una maschera di rabbia, indifferenza e persino odio, ma non poteva ignorare il fuoco che ardeva ogni volta che Kelly lo sfiorava.
  Quando emerse dalle tende della doccia, ogni superficie del bagno era avviluppata in nuvole di vapore. Ripulì lo specchio con un asciugamano e studiò il proprio riflesso, la pelle arrossata dal calore e gli occhi iniettati di sangue. Si asciugò in fretta e scese le scale, rilassando i muscoli sotto una felpa che non era sua e profumava di lui.
  Trovò Kelly quasi steso sul divano, con indosso gli stessi vestiti di prima. La mascella arrossata cominciava a prendere un colore livido e Matt sentì il proprio pugno pulsare di dolore.
  Lo sguardo del moro si spostò dal soffitto al compagno, fermo a pochi passi. Matt guardò a terra, sedendosi con lentezza all'altro capo del divano. Cercando un punto fermo nel palmo della propria mano, attese che una parola venisse detta, qualcosa che sancisse l'inizio di una conversazione dalla quale non voleva più fuggire, ma che non sapeva come cominciare.
  Avvertì i cuscini sussultare sotto il peso dei movimenti di Kelly. All'angolo del suo campo visivo, lo vide poggiare i gomiti sulle ginocchia e stringere le mani. Gli venne da ridere: malgrado tutto ciò che era cambiato, c'erano cose che tra loro sarebbero rimaste sempre uguali. Come l'imbarazzente e infantile turbine di parole non dette tra loro, quella strana inadeguatezza nell'esprimere a voce qualcosa di profondo. Entrambi si erano sempre accontentati di sguardi e gesti capaci di veicolare tutto ciò che c'era da comunicare, ma ora si ritrovavano avvolti da un silenzio che non poteva rimanere tale.
  «Hai ragione» disse alla fine Matt, attirandosi uno sguardo interessato da Kelly -forse anche sollevato. Il biondo deglutì, incapace di alzare davvero gli occhi dalle proprie mani. «Avrei dovuto dirti che non era tutto okay...pensavo che- accidenti, non so cosa pensavo! Forse non pensavo affatto. Volevo solo tornare alla mia vita, alla normalità, e non dare ragione a quelli mi guardavano come se stessi per esplodere.»
 «Ma hanno ragione» mormorò Kelly. Quando Matt alzò gli occhi di scatto, quasi irritato, seppe di aver detto qualcosa che poteva essere sbagliato, ma era fin troppo giusto. Sostenne il suo sguardo e aggiunse: «Se vuoi che ci prendiamo in giro e ci diciamo che andrà tutto bene, possiamo anche tacere da subito.»
  Matt spostò lo sguardo lungo il muro, poi sospirò. Si grattò la nuca nervosamente e annuì. «Immagino che hai ragione. Che avete tutti ragione» disse a denti stretti. Si alzò e cominciò a misurare gli stessi cinque passi avanti e indietro, prima di fermarsi di colpo e aprire le braccia. «Che dovrei fare, allora? Io sono un vigile del fuoco, Kel. Non è quello che faccio, non è un lavoro, e tu lo sai meglio di chiunque altro. Questo sono io.»
  «Hey, non ho detto che devi appendere la giacca al chiodo» esalò Kelly, alzandosi e guardandolo negli occhi. Rimase oltre il tavolino, l'unica cosa che li separava. «Cristo, non ti direi mai una cosa del genere.»
  «Okay» mormorò Matt, massaggiandosi ancora il collo, visibilmente più calmo. «Sì, lo so. Ma che devo fare, allora?»
  «Aiutami a capire, perché davvero sono confuso. Non ti ho mai visto così...»
  Matt sbuffò una risata amara, stringendo istintivamente le braccia al petto. «Neanche io» bisbigliò appena percettibilmente. «Non so cosa dirti.»
  «Che è successo in quella casa? Nell'incendio...»
  Il biondo si morse il labbro, cercando di formulare la risposta. Si arrese quando capì che in qualunque modo l'avesse detto, nulla sarebbe cambiato. «Ho perso la testa» disse fissandolo negli occhi per studiarne la reazione. Kelly strinse le palpebre, invitandolo con il suo silenzio a spiegarsi. «Ho visto Tony Messer e...era come se non riuscissi a muovermi. Ma non è-»
  «Fermo» lo interruppe Kelly, alzando la mano. «Giuro che se stai per dirmi che non è così grave ti spacco la faccia, intesi?»
  Matt tirò le labbra in un debole sorriso e annuì.
  «Bene» disse Kelly ad alta voce, più per rassicurare se stesso che intendendolo davvero. Si grattò la barba, sentendo la pressione degli occhi di Matt su di sé. In essi c'era la difensiva attesa di un rigetto, mista a qualcosa che d'altra parte somigliava alla preghiera di assoluzione, o soluzione. Kelly non era particolarmente a suo agio con nessuna delle due.
  Scelse di fare ciò di cui sapeva Matt aveva bisogno. Nei mesi passati in una rottambolesca fuga dalla verità, tra il dolore alla spalla e i farmaci, aveva rifiutato ogni mano tesa. Anche quando Matt aveva superato tutto l'astio e il rancore per aprirgli le porte, lui le aveva chiuse e gli aveva voltato le spalle, perché se le avesse oltrepassate si sarebbe ritrovato nudo di fronte alla realtà. Una realtà che lo aveva terrorizzato fino a ridurlo a una corazza che teneva a distanza ogni cosa, ogni persona, una macchina che entrava in azione bliandando fuori ogni emozione. Allora aveva avuto bisogno di uno schiaffo morale per capire, di avere la verità messa a nudo di fronte a sé.
  «Sai che potrebbe accadere ancora, vero?» chiese con voce dura, imponendosi di non distogliere lo sguardo dagli occhi del compagno. Vide le spalle abbassarsi e la maschera di difesa cedere. Matt distolse lo sguardo, solo un attimo, ma abbastanza per essere una risposta più che chiara per Kelly.
  Non aveva mai avuto la possibilità di spiegare a Matt tutto ciò che era successo dopo la morte di Darden, né il coraggio. Ora sentiva che era la cosa più importante, l'unica cosa che potesse realmente fargli capire la verità.
  «Quando mi sono ferito al collo, avevo paura di perdere il mio lavoro e ho rischiato di farvi ammazzare tutti. La metà delle volte mi faceva così male che avrei voluto prendere a pugni qualcuno, l'altra metà ero tanto fatto da non capire neanche cosa facessi. Dowson mi ha aiutato ad uscirne, costringendomi a contattare questo gruppo di recupero, ma niente può cancellare quello che ho fatto e le vite che ho messo in pericolo. È una dannata fortuna che non ho ucciso nessuno, o me stesso.»
  La sicurezza con cui aveva cominciato a parlare si sciolse nella vergogna. Il suo orgoglio vacillava ancora al ricordo e all'ammissione di colpa. Poté sentire il respiro di Matt spezzarsi anche nella distanza che li separava. «Oggi era solo il primo turno, e ti convincerai che è normale sentirsi un po' male, un po' fuori gioco. Poi arriva il secondo e il terzo e il quarto turno, e tu sei sempre meno attento, sempre più avventato. Un giorno ti svegli e indossi la tua divisa, e non ti accorgi più che qualcosa non va con te. Forse ammazzerai qualcuno, forse te la caverai, ma ti dirai che va tutto bene, in ogni caso.» Si fermò per prendere respiro. Attraversò lo spazio che li separava, sperando che Matt non indietreggiasse. Non lo fece. «Dannazione, Matt, io non voglio che tu aspetti, che tu rischi di fare qualcosa per cui pentirti per sempre.»
  Matt strinse il labbro inferiore tra i denti, succhiando aria e il vago sentore di sangue e alchol. Non sapeva come processare tutto ciò che ora circondava la persona di Kelly -i fantasmi delle loro debolezze finalmente liberi dalle catene dell'orgoglio e della paura. Oltre le sue parole, c'era la sua voce rotta e i suoi occhi nudi e sinceri; c'era la determinazione e la rabbia, ma non contro di lui, piuttosto per lui. Kelly Severide era un combattente, e ora lottava per l'anima della persona che amava. Matt si sentì travolto da tutto ciò, scosso fin nel profondo del suo bisogno di amore e protezione, quello stesso che nella vita aveva imparato a centellinare per paura di rimanere solo, ferito ed esangue.
  Alzò gli occhi su di lui, sentendoli liquidi come il proprio stomaco.
  «Cosa dovrei fare?» mormorò.
  «Fatti aiutare, ora e subito» rispose Kelly senza pensarci un secondo di più. Gli afferrò il braccio, imprimendo più forza del necessario, quasi sentisse il bisogno di ancorarlo a quel momento.
  «Quindi stai dicendo che dovrei...» Le parole gli morirono in gola: non poteva realmente credere di essere arrivato a quel punto. Da Edward a Darden, non aveva mai chiesto quel tipo di aiuto, segretamente troppo fiero per credere di averne bisogno.
  «Credi che sia da deboli?» chiese Kelly, con l'intento di un umorismo che non pervase la voce. Fece scivolare la mano lungo il suo braccio, fino a sfiorare la sua. Un vago sollievo si insinuò in lui quando Matt aprì il pugno e accolse la sua mano. «Puoi dirlo a Boden, se preferisci, e se la vedrà lui. E sappiamo entrambi cosa vuol dire.»
  Matt strinse le dita intorno alla sua mano, annuendo piano.
 «Le cazzate che stai pensando ora le ho pensate anche io. Matt, nessuno ti giudicherà se deciderai di rivolgerti a qualcuno...esperto. Anzi, nessuno lo saprà, solo io e te. E io non ti giudico, mai.»
 Matt guardava ovunque tranne a lui, cercando di processare le proprie alternative. Un pensiero focalizzava la sua attenzione: Kelly era lì a parlargli con il cuore in mano, e lui non poteva davvero non assorbire ogni parola come sacra. Poteva continuare a fingere a sé stesso o al suo compagno, ma questa era un'alternativa che quel ti amo aveva decisamente annientato. C'era poi la possibilità di aggrapparsi a lui e rifugiarsi nella vana speranza che l'amore possa davvero guarire ogni male; l'amore e il tempo. Eppure se Matt guardava dentro di sé, riusciva a vedere tutte le volte che in passato si era abbandonato a quella comoda illusione, e tutte le ferite che aveva causato. Ferite ancora aperte, che ora sanguinavano. No, doveva ammetterlo, i Messer non l'avevano dilaniato: la colpa era, in fine, sua, e di tutte le cicatrici che aveva lasciato asciugare in un angolo della mente. La violenza, la perdita e il dolore erano sempre stati fantasmi che aveva cercato di combattere stringendo nella notte Hellie, Louise e altre tre o quattro persone che aveva considerato le sue anime gemelle.
  Guardò Kelly negli occhi e sentì le sue dita bruciare oltre la stoffa della felpa, lì dove la mano sinistra afferrava la sua spalla. Kelly era diverso, Kelly era l'amore reale, ora e subito; Kelly non poteva essere il salvagente in un mare in tempesta, che prima o poi avrebbe finito per inghiottirlo. Kelly era l'ancora che fermasse il moto degli eventi e lo costringesse a guardare dentro di sé. Kelly lo spingeva a essere migliore.
  Matt fu travolto da una sensazione di forza e sicurezza che non sentiva da così tanto, che all'inizio non la riconobbe. Non c'era nulla di illusorio e avventato in quel fuoco che gli stabilizzava mente e cuore, ma la corposa consapevolezza di essere ancora se stesso. Lui c'era, ritto di fronte al mondo, e Kelly era alle sue spalle, sempre.
  «Okay» esalò alla fine. «Lo farò.»
  Kelly sorrise e gli afferrò il volto con le mani, attirandolo in un lungo bacio. Staccandosi in cerca d'aria, le fronti incollate, mormorò: «Io sarò sempre al tuo fianco.»
  Matt non aveva mai creduto così profondamente alle parole di nessuno.
  «Ma basta stronzate, intesi? Niente più bugie.»
  «Basta stronzate» confermò Matt, prima di abbozzare un sorriso. «Come va la mascella?»
  «Per favore, picchi ancora come una ragazzina.»
  Matt rise, sentendo la propria voce vibrare nel petto del compagno sotto il palmo della mano, allacciandosi al battito di quel cuore che, lo sapeva, non avrebbe mai smesso di lottare per lui, per loro.

















Note: Hello! Devo prendermi un attimo per ringraziarvi per esserci, davvero è importante per me avere i vostri feedback. Non sciorino altre parole perché non renderebbero comunque giustizia a quanto vi sono grata, quindi vado avanti. Dunque, questo capitolo è più corto degli altri, ma ho ritenuto fosse meglio chiudere questo momento in un quadro a sé. Ci sono due o tre punti che mi hanno tormentata e il risultato finale per me è ancora un dubbio. Qualche riflessione: l'amore e il tempo guariscono tutto, molti dicono. Ho letto molte storie (non mi riferisco a questo sito, ma in generale) in cui trionfa l'amore come eterno guaritore. Ora, personalmente ritengo che questa linea di pensiero tolga forza all'amore, piuttosto che dargliene. L'amore, almeno io credo, ti può rendere migliore, a volte peggiore (tutto relativo, ovviamente), ma non è una divinità nella quale riporre tutte le speranze e dire "l'amore ci salverà" -che poi, concretamente, che vuol dire? Con questo non voglio assolutamente sminuirlo come sentimento, ma anzi credo che la sua forza sia proprio nell'aprirti anche la mente, sostenerti, spingerti a trovare un motivo per prendere determinate strade. Ecco, è questo che ho voluto mettere nella mia storia, in questo preciso punto. Credo che uno dei doni più grandi che una persona possa farti è darti uno schiaffo morale e dirti "guarda che diamine stai facendo", per poi spronarti a trovare il coraggio di prendere una decisione che può andare anche contro il tuo orgoglio, ma alla fine è la migliore.
Scusate il dilungamento, ma ci tenevo a esprimere i motivi dietro questo capitolo.

  Piccola noticina: vi chiederete "chi è Louise?" Volete una risposta? Non è importante ;) Ho aggiunto quel nome solo per un tocco di realtà, null'altro.

Detto ciò...passo e chiudo.
Alla prossima.
Ax.
  
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