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Autore: HollyMaster    10/05/2015    2 recensioni
Perchè Mags è sottovalutata.
1. Il gioco continua: "Volevano allenare i loro figli perché vincessero e tornassero a casa, impazziti ma vivi. E io avrei fatto lo stesso."
2. La rosa del caduto: "Il corpo deforme di un Tributo in un campo di rose bianche."
3. E' un gioco di strategia: "[...] era necessario. Era strategia."
4. Presa all'amo dai ricordi: "Era così che mi calmavo."
5. L'Elenco Bianco: "Tutti ancora ragazzini, per questo il colore bianco, perché sono puri e innocenti."
6. L'Ibrido che in me: "-Vuoi diventare tu il mostro dal quale scappa?-"
7. Un’intervista con la coscienza: "-Non dire nulla. Io credo in te.-"
8. Il silenzio del cannone: "La nube si avvicina. Ne vengo immersa."
Storie scritte per il contest a turni indetto da ManuFury "1 su 24 ce la fa!" sul forum di EFP
Genere: Angst, Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Mags
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Nick: HollyMaster

Tributo: Mags

Turno: Ottavo

Titolo Storia: Il silenzio del cannone

Genere: Introspettivo

Raiting: Giallo/Arancione

Note: Ho utilizzato la morte del libro e non quella del film dove Finnick urla disperato ilnome di Mags. Non è una storia lunga, (quando mai le mie?!) ma spero possa comunque andare bene. Diciamo che il non farla troppo lunga è stata una scelta voluta. La sua morte è gia stata affrontata nei libri ed è una morte veloce, improvvisa che non ci da il tempo di immagazzinarla come si deve. E quindi ho cercato di mantenerla così, aggiungendo i pensieri di Mags, ovviamente. Il tema principale è quello del sacrificio, che ha segnato la vita della Mags di cui ho raccontato più o meno dall’inizio fino alla fine, appunto.

Ti lascio alla storia.

 

 

 

Ci svegliamo di soprassalto tra le nostre stesse urla di terrore.

La pelle brucia e si gonfia in bolle innaturali e pulsanti. Ne ho la gamba interamente ricoperta il dolore è talmente acuto e persistente che la mia vista si annebbia. Per un attimo dimentico dove sono, ma la visione di Finnick che, trasportando Peeta, comincia a scappare mi ricorda dell’Arena, dei 75esmi Giochi.

La Ghiandaia Imitatrice mi solleva da terra allontanandosi dal luogo in cui avevamo deciso di fermarci per riposare. Per sorreggermi mi tocca la gamba dolorante e tutto quello che vorrei fare è urlare, liberare i miei polmoni, come se potesse darmi un qualche tipo di sollievo. Ma non lo faccio, so che non aiuterebbe me e di certo non lei.

Una nube densa e grigiastra ha inghiottito i nostri giacigli e si sta scagliando contro di noi come una valanga di morte mentre cerchiamo di scappare il più lontano possibile.

La Ghiandaia fatica, sento il suo cuore pompare all’impazzata chiedendo sempre più sangue; rallenta.

E’ solo una ragazza.

Mi guardo alle spalle.

La nube ci segue senza dare alcun segnale che si fermerà mai, ed è in quel preciso momento che comprendo che presto dovrò fare quello per cui sono entrata in quest’Arena.

La sento parlare con Finnick, non vuole lasciarmi indietro ma sa che non riuscirà a trarmi in salvo. E’ combattuta e la comprendo. Per me è stato lo stesso con l’Elenco Bianco, ma per lei non ci saranno scelte così ardue da prendere.

Quando sono entrata nell’Arena sapevo che non ne sarei uscita.

Era la Ghiandaia che doveva sopravvivere, vincere per poter portare avanti la rivolta che rappresentava.

Quella rivolta che egoisticamente mi sentivo di aver iniziato e portato avanti, per quel che potevo. Nonostante gli errori, con Caleb, con l’Elenco Bianco e tutti quelli che avevo mandato a morire.

Ero felice di essere riuscita a conoscere ed aiutare colei che avrebbe riportato la giustizia a Panem. Forse era quella la punizione per essere caduta nella rete di Snow, per aver ceduto alle sue minacce. Ma mi sarei sacrificata volentieri, per lei, per Finnick, per tutto quello che rappresentavano.

Mi ero sacrificata per Annie, offrendomi volontaria al suo posto, perché avevo visto nel suo sguardo perso negli occhi di Finnick, lo stesso mio quando i miei occhi incontravano quelli di Bellamy.

Mi sarei sacrificata per Katniss, perché nel suo sguardo vedevo lo stesso mio quando avevo deciso di lottare per i Tributi.

Mi avvicino a Finnick e senza dire una parola gli stampo un dolce bacio sulle labbra ancora zuccherate.

Sa che è un addio. Non mi ferma.

Sa che credo in lui e in Katniss, sa qual è la sua missione.

Riprende a correre, senza versare una lacrima.

Sono davvero fiera di lui.

Di nostro figlio.

Mi incammino contro la nube mentre la Ghiandaia, sconvolta dalla mia decisione, decide di rimettersi alla rincorsa di Finnick, che sosteneva ancora il corpo di Peeta.

Mentre mi muovo verso quella nebbia grigiastra un macabro sorriso si dipinge sul mio volto pensando che il mio cuore non sobbalzerà più all’orribile suono del cannone, perché quando suonerà le mie orecchie saranno sorde.

La nube si avvicina.

Ne vengo immersa.

La mia pelle si gonfia, si riempie di pustole pulsanti e dolorose.

Le mie gambe non riescono più a sorreggere il mio peso e decido che va bene così.

Mi accascio a terra e finalmente capisco perché noi Tributi rimarremo tali per sempre. Il mio ultimo pensiero non si rivolge né a Finnick, né ai miei genitori, né a Bellamy, ma a Cornelius Snow: l’uomo che aveva rovinato la mia vita, a cui davo tutte le colpe della mia infelicità.

L’uomo che ora, ero sicura, rideva della mia morte.

Ed era così che me lo immaginai, sorridente, con gli occhi spalancati in un’inquietante espressione ghiacciata nel tempo mentre la freccia di Katniss Everdeen, quella che rappresentava tutti noi Tributi, gli trafiggeva il cuore.

Lì, stesa a terra, tra la nebbia più fitta, senza riuscire a vedere nulla tranne il grigio cupo di quella nube chiusi gli occhi abbandonandomi al semplice dolore, consapevole che non avrei sentito il sordo suono del cannone che annunciava la mia morte rimbombare nell’Arena.

   
 
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