Fanfic su attori > Cast Hunger Games
Segui la storia  |       
Autore: MerasaviaAnderson    12/05/2015    4 recensioni
•{Long ~ Joshifer ~ Incentrato sul rapporto Josh/Robert}
"Quanto amore potevano contenere gli occhi di una madre?
Josh li guardò intenerito, fiero dell’immagine che aveva davanti, fiero che quella fosse la sua famiglia, che quell’amore riempisse ogni giorno quella piccola casa di Union.
La stessa casa in cui lui era cresciuto.
Porse una mano a Robert, mentre con l’altra apriva la porta di casa, ricordandosi per un momento quando l’aveva aperta dopo la morte dei suoi genitori, cinque anni prima.
Ogni tanto quel ricordo riaffiorava, ma lo cacciò via. Doveva essere un giorno speciale, uno di quei tanti giorni passati con suo figlio."

•{Sequel di Indelible Signs e Indelible Smiles ~ Fa parte della serie "Indelible"}
Genere: Angst, Drammatico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Jennifer Lawrence, Josh Hutcherson, Nuovo personaggio
Note: OOC | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie '~ Indelible.'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A


Indelible Scars

 
Capitolo 8:
The Visit
 
 
 
Quella mattina Josh si svegliò presto, tremando a causa dell’ultimo incubo, che preferì non ricordare.
Accarezzò per ore i capelli di Jennifer, senza trovare un senso logico ai suoi pensieri, accatastati l’uno sull’altro, senza un ordine preciso.
Gli veniva da piangere, poi da ridere, ma non riusciva a fare nulla, se non pensare a quel terribile incidente e a Robert, steso inerme in quel letto d’ospedale.
Pensava a quanto gli mancavano i sui abbracci, la sua vocina e i suoi “Ti voglio bene” sussurrati.
Fu a quel punto che decise di andarlo a trovare, da solo, senza nessuno, voleva che fossero solo lui e Robert, come quella volta in cui vi era stato l’incidente.
Si alzò velocemente, si vestì con i primi vestiti che trovò nel piccolo armadio della camera e baciando cautamente la fronte di Jennifer, lasciò la stanza.
Silenziosamente uscì di casa, attento a non farsi notare da nessuno, si infilò il giubbotto, prese le chiavi della moto e si diresse verso l’ospedale.
Indossava cappello ed occhiali da sole per non farsi riconoscere, ma sapeva che tutti gli sguardi erano puntati su di lui.
Lo guardavano con pietà, mentre entrava nel piccolo ospedale di Louisville, mostrava il permesso alla reception e si dirigeva verso la stanza di Robert.
Entrò silenziosamente nella camera, quasi tremando alla vista di Robert, privo della vita che gli era stata donata da lui stesso.
Era così ogni singola volta …
Si sedette e piangendo iniziò ad accarezzare i capelli di Robert, gli teneva stretta una mano, mentre ascoltava il battito del suo cuore, regolare e stabile.
Dio, salvalo.
Salva Robert, ti prego.
Salvalo.
Iniziò a pregare, piangendo sul viso del suo bambino, implorando Dio di non portarlo con sé, come aveva fatto con i suoi genitori e suo fratello.
«Robert» sussurrò «Ti prego, svegliati.»
Non lasciarti andare.
Non lasciarmi andare.
«Robert, so che puoi sentirmi» tirò su col naso «Dovunque tu sia, so che puoi sapere che sono qui.» si asciugò con le maniche della camicia gli occhi e riprese a parlare «Ti ricordi di quando ti portavo al parco a giocare, Rob? Ti ricordi di quando la sera, prima di addormentarti, ti raccontavo sempre la favola di Peter Pan, la tua preferita?» altre lacrime gli rigavano il viso, mentre lasciava un bacio sulla fronte di Robert, le sue mani tremanti stringevano le sue piccole manine fredde e il suo sguardo vagava alla ricerca di quello di suo figlio.
«Dovrei  esserci io al tuo posto, amore mio. Lo so.» appoggiò la fronte su quella di Robert, piangendo lacrime amare e bagnando anche le guance del suo bambino «Perdonami, Rob. Perdonami.»
Alzò il viso e asciugò le guance di Robert, senza mollare un attimo la sua mano. Ne era sicuro, Josh. Era sicuro che Robert lo potesse sentire, era sicuro che si sarebbe svegliato e lo avrebbe abbracciato.
Ma non lo fece, Robert. Non quella mattina.
«Robert» la sua voce tremava, scossa dal pianto e dalla disperazione che aveva dentro «Ti ricordi quando la notte venivi in camera mia e di mamma e ci chiedevi se potevi dormire con noi? Ti ricordi come mi abbracciavi durante la notte Rob? Quando dicevi che ero il tuo eroe?»
Si asciugò nuovamente le lacrime e poi riprese a parlare, come se non avesse mai smesso.
«C’è stata una volta, quando eri molto piccolo, che volevi mangiare da solo, ma la mamma insisteva per imboccarti lei. Allora tu prendesti tutto il piattino e glielo rovesciasti addosso» l’ombra di un sorriso apparve sul suo viso, mentre si lasciava andare a quel ricordo felice «Eravate così buffi, tutti e due sporchi di pappetta per bambini. E tu ridevi, piccolo mio. Ridevi tanto.
«Io so che sei forte, campione.» riprese a carezzargli il viso e sentì sotto il tocco della sua mano il segno di una cicatrice sulla fronte di Robert. Sarebbe rimasta per sempre, quella, sarebbe diventata indelebile, come i segni, come i sorrisi.
Gli lasciò un ultimo bacio sulla fronte, per poi uscire dalla stanza cercando di asciugare alla meno peggio le lacrime.
Ma lui lo sapeva, lui continuava a saperlo: la gente lo stava guardando.
Lui, il grande attore di Hollywood.
Lui, il bambino di Innamorarsi a Manhattan.
Lui, il ragazzino del Kentucky.
E c’era pena nello sguardo della gente e lui voleva voltarsi e urlare, urlar loro di smetterla, urlar loro di lasciarlo solo, che non aveva bisogno di quegli sguardi.
Ma non ce la faceva, non ce la faceva neanche a parlare.
Si rimise gli occhiali da sole e sussurrò un flebile “Arrivederci” alla signora della reception.
“Addio” avrebbe voluto dirle “Addio per sempre.”
Avrebbe voluto dire addio ai medici, alle infermiere, ai pazienti.
Una bambina una volta, ignara del motivo per cui fosse lì, avanzando timorosa gli aveva chiesto una foto perché “lo aveva visto in TV” e perché “piaceva molto anche alla mamma”. E lui l’abbracciò quella bambina, perché forse neanche lei era a conoscenza del motivo per cui si trovasse in quel posto.
E la madre scattò loro quella foto, con un flebile sorriso sul viso.
Era una donna giovane, più giovane di lui, dall’aspetto forte e spezzato al tempo stesso. Non si conoscevano, ma si erano abbracciati forte, forse per cercar conforto l’uno nell’altra «Porta i miei saluti a Jennifer.» gli aveva detto quella ragazza. E lui aveva annuito silenziosamente, tirando un ultimo sguardo alla bambina che sorrideva fiera accanto alla mamma.
E abbandonò anche quell’ultimo ricordo dentro le mura bianche di quell’ospedale, Josh. Lì dentro ci abbandonò la vita, la speranza.
Si mise il casco, salì sulla moto e partì.
 
Seduto sul dondolo di casa Lawrence, si teneva la testa tra le mani, cercando di scansare ogni possibilità di piangere ancora.
Improvvisamente sentì qualcuno sedersi accanto a lui, una mano posarsi sulla sua spalla.
Era il tocco di una donna, che nelle mani aveva la sensibilità di una madre, ma anche la forza di una guerriera.
La madre che era venuta a mancargli troppo presto.
Il guerriero che la morte aveva sfiorato ed ucciso.
Alzò la testa e trovò il viso di Karen guardarlo con fare preoccupato.
«Karen … » farfugliò.
«Ragazzo.» con una mano asciugò una lacrima che era scesa sul viso di Josh.
Lui stette in silenzio, non riuscendo a trovare parole adatte alla situazione.
«Sei andato da Robert, vero?»
Annuì silenziosamente, concentrando lo sguardo sulle sue mani, sulle sue unghie morsicate fino al sangue per il nervosismo, sulle piccole cicatrici che si era procurato cercando di salvare Lui.
«È solo colpa mia … » disse. Ma Karen lo bloccò subito, prendendogli una mano.
«No, Josh, non devi dirlo neanche per scherzo!» alzò lo sguardo distrutto verso gli occhi color nocciola di Josh, cercando la tua attenzione «Io non so cosa possa significare stare in questa situazione, ma … Robert è mio nipote» si asciugò le lacrime che erano scese lungo il viso un po’ segnato dal tempo, ma – seppur con voce tremante e spezzata – continuò a parlare «Ed io mi ricordo quando cinque anni fa mi chiamasti in preda al panico dicendomi che era arrivato il momento. E quando io e Gary eravamo arrivati in ospedale tu eri nervosissimo e c’era tuo fratello che cercava di calmarti, ma che infondo era ancora più nervoso di te. Ricordo il tuo sguardo quando l’hai visto per la prima volta e quando siamo entrati nella stanza di Jenn lo tenevi tu … e me lo hai messo tra le braccia. Ricordo come piangevi di felicità e c’erano i tuoi genitori … e tuo fratello che ti guardavano, fieri di te.»
«Connor aveva sempre voluto un nipotino … Qualcuno a cui far vedere le sue invenzioni. E mamma e papà …» una fitta gli scosse il petto, spingendo le sue lacrime fuori dagli occhi. Era troppo, non poteva reggere più.
Aveva troppi pesi sulle spalle, troppi macigni da portare.
Karen lo abbracciò, lasciando che qualche lacrima rigasse anche il suo viso.
«Oh, ragazzo!»
Dopo che si calmò un po’, Karen gli accarezzò una guancia, riuscendo a sentire tutto il vuoto che aveva dentro il fondo del cuore.
Riuscì a sentire la sua anima che stava lentamente scivolando via.
«Jennifer dorme ancora?» le chiese.
«Sì. Mi sa che ti conviene andare a svegliarla. Ho preparato la colazione, e lei deve mangiare per due.»
Karen gli regalò un sorriso, che lui ricambiò, anche se flebilmente.
«Grazie, Karen.»
E Josh sparì dietro la porta-finestra che conduceva all’interno della villetta.
E a Karen sembrò di sentire i suoi passi salire fino alla camera da letto. E sembrò di sentire anche l’urlo silenzioso di Jennifer, costretta ogni giorno a vedere gli occhi del figlio in quelli del marito.
Tirò un sospiro e si alzò dal dondolo, sparendo anche lei dietro la porta-finestra.
Nella casa regnava solo il silenzio.
 
 
FINE CAPITOLO 8


 

Angolo Autrice:
Ogni volta che rileggo questo capitolo mi ricredo sempre: è il più bello, decisamente.
Stranamente sono fierissima di ciò che ho scritto, del legame particolare che ho cercato di dare a Josh e Robert in questo capitolo e anche del rapporto di Josh con Karen, nella quale rivede la madre che cinque anni prima ha perduto.
Ammetto che sono un po’ delusa per via del fatto che lo scorso capitolo non sia stato recensito, ma non fa niente.
Posso immaginare come anche voi studenti come me siate praticamente con i capelli all’aria per via di queste ultime interrogazioni e so che portano via molto – troppo – tempo.
Questo è stato il secondo capitolo di Indelible Scars ad essere stato scritto (Dopo il Capitolo 4, The Hospital) e ammetto che l’idea per questa storia è venuta proprio dalle scene che avete appena letto, quelle di Josh e Robert in ospedale.
Ne approfitto anche per scusarmi del ritardo con cui è arrivato il capitolo, ma non sono stata troppo bene (Sì, di nuovo) e ho avuto qualche difficoltà nel trovare tempo e voglia di pubblicare.
E nulla, spero che il capitolo vi sia piaciuto … e aspetto i vostri commenti e i vostri pareri, mi farebbero davvero piacere.
Vi abbraccio tutti, grazie per tutto!♥
_merasavia

 
   
 
Leggi le 4 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su attori > Cast Hunger Games / Vai alla pagina dell'autore: MerasaviaAnderson