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Autore: Team Disturbo Bipolare    21/05/2015    3 recensioni
Corypheus ha trovato la sua fine per mano dell'Inquisitore. I suoi oscuri poteri sono stati sconfitti da colei che ora comanda una delle forze più potenti del Thedas.
Ma che ne è stato del resto del mondo dopo quelle battaglie?
La vita apparentemente ha ripreso a scorrere come nulla fosse accaduto, ma con una cicatrice nel cielo a ricordare a tutti gli errori e gli atroci massacri compiuti in nome della superbia. Eppure, per quanto possa essere accurato il lavoro dell'Inquisizione, non tutto è sotto al loro controllo.
Il lascito dell'oscuro Magister aleggia minaccioso sui regni del Thedas, strisciando in silenzio fra le ombre per poter risorgere ancora...
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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Affermare che il continuo bisticciare di Dahlia ed Arnell fosse insopportabile era un eufemismo.
Continuavano ad avere screzi su ogni cosa, anche sulla più stupida, come quale fosse il luogo migliore dove potersi accampare. Sembrava che, a parte il loro nemico comune, non avessero nulla che li rendesse in grado di parlare cinque minuti senza bisticciare come bambini capricciosi.
Saarebas inspirò profondamente, seduta sulla riva del lago a gambe incrociate ed occhi chiusi. La superficie cristallina dell'acqua era placida, vi si riflettevano le stelle argentee e la luna crescente, simile ad uno sbieco sorriso di qualcuno che si prendeva gioco delle loro sfortune.
Non vi era una singola nuvola in cielo, la tiepida aria estiva scuoteva le fronde degli alberi e dei canneti, le libellule volavano sul pelo dell'acqua, a volte cadendo vittime dell'agguato di un pesce.
La maga si era disfatta di quello che l'assassina chiamava “collare”, la parte pesante della sua armatura, rimanendo solo con le fasce per il seno e la parte inferiore dell'armatura in pelle leggera. I lunghi capelli stretti nei nastri cremisi erano adagiati davanti al suo petto, lasciando la schiena straziata e l'appena riconoscibile tatuaggio in vista. La parte delle corna ricostruita in metallo scuro intarsiata di rune sembrava brillare alla luce delle stelle, così come le placche argentee che sigillavano le ciocche dei capelli tenendo ben chiusi i nastri.  Alle sue spalle vi era l'accampamento, una tenda per lei e l'assassina ed una per l'orlesiano, il focolare al centro con le fiamme che scoppiettavano allegre, ed i tre cavalli legati ad un albero li accanto. 
Sentì Arnell fare l'ennesimo commento acido nei confronti dell'assassina, la quale gli rispose in termini così scurrili che un educatrice sarebbe svenuta nel sentirla. L'uomo si allontanò dal falò, andando verso Saarebas, calciando un sasso brontolando a mezza voce su quanto gli assassini fossero tutti ugualmente vili.
«Ma come fai a sopportarla!?» esclamò lanciando l'ennesimo calcio al sasso, che volò all'interno del lago. Cadde in acqua, creando tante piccole increspature circolari che deformarono il riflesso del cielo. La maga interruppe i suoi respiri lenti e regolari, emettendo qualcosa di simile ad un rantolo infastidito. Socchiuse gli occhi, voltando il capo per guardarlo senza la parvenza di una singola emozione in volto. «Voglio dire, è insopportabile!» continuò a dire con quel suo accento dalla spiccata “r” moscia. La maga lo trovava in parte buffo ed in parte snervante. Scosse il capo sconsolato, per poi guardare a sua volta la qunari, la quale non aveva mosso un muscolo. «Ad ogni modo...cosa fai qui?» 
«Cerco un po' di pace» rispose Saarebas seria, prendendo l'ennesimo respiro profondo «Pace da cosa?» domandò Arnell guardandosi attorno, nella radura c'era una placida quiete. «Da voi due!» esclamò infine lei alzando appena la voce ed assottigliando lo sguardo quel tanto che bastava per far venire la pelle d'oca al balestriere. L'uomo si bloccò un istante, facendo poi scivolare lo sguardo sul suo corpo, sui segni lasciati dalla schiavitù e dal morso della frusta. Inarcò le sopracciglia, inorridito.
Arnell prese un respiro profondo, costretto in parte a darle ragione. Dal canto suo, non era certo colpa sua se la Corvo era così antipatica da costringerlo a ribattere costantemente, ma la povera maga si trovava sempre nel mezzo. Capì il suo punto di vista.
Le si sedette accanto, stendendo le gambe e reclinando appena all'indietro la schiena posando le mani a terra in modo da tenersi in equilibrio. Sotto i palmi delle mani sentiva il terreno morbido e florido, l'erba soffice ed umida. «Per quanto sei rimasta con lui?» le domandò con voce quasi timorosa, mentre i suoi occhi si soffermavano ancora sulle sue cicatrici. «Tre anni secondo i calcoli di Dahlia.» gli rispose senza la parvenza d'un emozione nella voce, mentre il suo animo invece veniva scosso dal rancore. «Non fosse per lei, sarei ancora lì.» vi era un appena percepibile vena di gratitudine nei confronti dell'assassina nella voce, che lasciò l'orlesiano basito per qualche secondo. Saarebas era per lo più distaccata nei confronti di tutti, ma ogni tanto sembrava che lei e Dahlia si lanciassero uno sguardo complice, i qunari conoscevano il significato della parola “amico” ?
«Pensaci, prima di darle ancora della vile.» tornò a guardare avanti a sé, per poi chiudere gli occhi.

Dopo le semplici parole della maga, i loro bisticci si erano acquietati. Per loro era impossibile smettere di litigare, ma Arnell aveva iniziato a limitarsi, riflettendo prima di parlare su alcune cose. Dahlia da parte sua non era aggressiva nei confronti dell'assassino e pareva non aver fatto molto caso al suo piccolo cambiamento.
Secondo le informazioni del balestriere, il nano scrittore si trovava ancora con l'Inquisizione, nella fortezza di Skyhold, perciò avevano avuto bisogno di lasciare Nevarra. S'imbarcarono nuovamente a Cumberland, dove presero una nave per attraversare il Mare del Risveglio, ma furono costretti a vendere i cavalli poiché non fu loro permesso d'imbarcarli. Ci volle più di qualche giorno per il viaggio, durante il quale l'assassina era costantemente pensierosa e persa nei suoi pensieri. Più di una volta Saarebas l'aveva sentita svegliarsi di soprassalto nella notte, mormorando a fil di labbra qualcosa riguardo sua madre e Julian, ma non capiva. Si ostinava a non volerle raccontarle quali erano i suoi incubi e la qunari la rispettava abbastanza da non andare a frugare nei suoi sogni accedendo all'Oblio.
Arnell era teso come una corda di violino, come se temesse di vedere un demone sbucar fuori dalle pareti da un momento all'altro. Nonostante potesse inizialmente dare l'impressione del solito orlesiano con la puzza sotto il naso, non mostrava così tanta baldanza in battaglia, ed aveva un'ottima mira con la balestra, perciò si dimostrava utile. La cosa più buffa però, era che soffriva il mal di mare. Saarebas non poteva far nulla per lui, non sapeva nulla si magia guaritrice, ma Dahlia che era pratica di erboristeria gli preparò un decotto che affievolisse i sintomi. Per tutto il viaggio per mantenne un colorito pallido che tendeva spaventosamente verso il verdino.
Quando i marinai  abbassarono la passerella per il porto, Arnell quasi si precipitò a terra, con la balestra ed il quadrello che sbatacchiavano rumorosamente sulla sua schiena. Dahlia rise apertamente alla scena, mentre Saarebas si limitò a scuotere il capo con qualcosa di molto simile ad un mezzo sorriso sulle labbra.
Il porto di Highever era ghermito di gente di ogni nazionalità con tanti accenti diversi, per lo più mercanti. Nell'aria l'odore di spezie sembrava renderla quasi colorata, non fosse stato che quello pungente di pesce e del sudore dei marinai ingrigiva un po' il fascino del primo. Più di qualcuno si voltava a guardare l'imponente figura della qunari, non celando espressioni e bisbigli di stupore od anche di disgusto, la sua razza non era comunque ben vista, sopratutto dopo l'attacco nei Liberi Confini. 
Alla maga sguardi e giudizi sembravano scivolarle addosso come acqua, Dahlia non sembrava contenta ma non prestava oro molta attenzione, mentre Arnell talvolta si voltava per ricambiare gli sguardi pungenti. «Che ammasso di ignoranti!» esclamò mentre si inoltravano nella zona del mercato, incrociando le braccia davanti al petto.
«Visto che ci siamo, facciamo un po' di rifornimento.» disse l'assassina, muovendosi con agilità per schivare le persone senza toccarle nemmeno. Si muoveva con la sinuosità serpente ma con la grazia di un felino. Saarebas fu certa di aver visto Arnell arrossire sotto quella folta barba scura  all'ancheggiare dell'assassina. Non fu certo l'unico a voltare il capo verso quella donna dai lunghi capelli castano rossicci e gli occhi acquamarina e più di qualche marito ricevette una sonora pacca dalla moglie.
Mentre si dirigevano verso i banchi contenenti le varie cibarie, Saarebas bloccò di colpo i propri passi. L'assassina ed il balestriere se ne accorsero dopo alcuni istanti, votandosi per controllare dove fosse finita.
Si era soffermata ad uno dei banchi che vendeva ad ogni tipo di arma, dalle più tradizionali alle più esotiche e stravaganti. Dahlia riconobbe degli scudi di fattura qunari, così come quelle strane spade la cui lama sembrava terminare a forma di mano. Ma Saarebas non si era soffermata su quei simboli così evidenti della sua cultura, osservava invece qualcosa di più piccolo, qualcosa che l'assassina non riuscì ad identificare finché non si avvicinò al banco con il balestriere.
La maga stava guardando una serie di cinque barattolini di medie dimensioni, davanti ai quali era posto un piccolo cartello con scritto “Vitaar”. La Corvo si accigliò così come il balestriere, non capendo cosa vi fosse di così affascinante.
«Buon giorno!» esclamò il mercante responsabile del banco, vedendoli ad osservare la sua merce. Si soffermò un paio di secondi in più sulla figura della maga, ma senza cambiare espressione o modi. Era un uomo corpulento dalla pelle scura e lunghi capelli neri raccolti in un alta coda di cavallo. Si sfregò le mani, guardando a sua volta gli oggetti che avevano affascinato la qunari. «Vedo che avete buon gusto! Ad un esponente della vostra razza possono sempre servire eh?»
«Cos'è?» chiese Arnell inarcando le sopracciglia con fare piuttosto dubbioso. Saarebas prese in mano uno dei barattoli, posando la mano sul tappo. Lanciò uno sguardo al mercante, il quale le fece un cenno d'assenso col capo, segno che poteva aprirlo. La maga lo fece, e mostrò ai due un liquido color blu cobalto particolarmente denso. «Questa è una delle nostre sostanze.» spiegò ai due richiudendo il barattolo «Se usato e combinato nel modo giusto può rendere la nostra pelle dura come l'acciaio ed avere effetti diversi asseconda del disegno e dei colori usati.» Arnell si grattò la folta barba, mentre l'assassina guardava gli altri quattro barattoli chiedendosi che colori contenessero. «Non ne avevo mai sentito parlare.» disse prendendo uno degli altri barattoli rigirandoselo fra le mani, ma senza aprirlo. «Perchè non si usa anche da noi se ha questi effetti?»
«Perchè è tossico.» Dahlia mise giù il barattolo, mentre di riflesso Arnell fece un passo indietro «Tossico?!»
«Beh, potenzialmente tossico. Alcuni non-qunari non hanno avuto effetti collaterali mortali, pochi ma ci sono!» intervenne il mercante, sentendosi lasciato in disparte per troppo tempo. «Resta sicuro solo per i qunari» lo riprese la maga, mettendo mano al proprio borsellino. «Quanto vuole?» gli domandò passando al lato pratico.
Al mercante sembrò illuminarsi lo sguardo, mentre passava alla parte che preferiva nel suo mestiere. La vendita.
«Beh, sono prodotti davvero rari da trovare così, tutti intatti e nei baratoli originali! E poi...»
«Quanto vuole?» ripetè seccamente la maga, poco avvezza a farsi spiegare da un mercante cose che capiva a malapena. Questi si schiarì la voce, offeso per l'interruzione. «Una sovrana a barattolo, cinque sovrane.»  la maga aprì il proprio borsellino per controllare, ma non aveva abbastanza soldi per poterseli permettere. Le sfuggì un sospiro, mentre scuoteva il capo «Non importa.» disse votandosi per allontanarsi.
«Eh no, un momento!» esclamò Dahlia, ponendole una mano sul braccio per fermarla. «Cinque sovrane sono un furto!» il mercante rise, allargando le braccia «Per niente mia cara. Come dicevo prima, questi sono prodotti davvero molto rari e...»
«Ed inutili.» concluse l'assassina con un alzata di spalle. Il mercante divenne paonazzo per l'offesa arrecata alla sua merce «Inutili!? Signorina, i miei prodotti sono tutti in ottime condizioni e di grande utilità!» Dahlia incrociò le braccia sotto al seno, sollevò gli occhi verso il cielo facendo un verso di scherno. «Sono inutili! Anche lei lo ha detto, sono tossici. Quale idiota comprerebbe un prodotto mortale?»
«Potenzialmente mortale!» ripetè lui assottigliando i piccoli occhi scuri. «E poi, potrebbero sempre venir comprati da alcuni collezionisti! Gente affascinata da queste strambe teste di bue!» si pentì delle sue parole come uscirono dalle sue labbra. Il volto da paonazzo divenne esangue, mentre guardava la qunari, temendo che gli si potesse rivoltare contro. Ma la maga non si mosse, al contrario di Arnell che si fece avanti guardandolo palesemente male «Sottises! Zotico!» esclamò con tono a dir poco seccato, ma prima che il mercante potesse ribattere verso di lui, Dahlia continuò ad incalzare. «Fatto sta che questa non è certo zona per collezionisti. Non le sembra? Ora come ora i suoi prodotti sono inutili, ed ad un prezzo a dir poco esorbitante le occuperanno solo spazio.» il mercante riprese colore, scuotendo vigorosamente il capo come per riprendersi «Solo la mia amica qui è in grado di utilizzarli come si deve, sapendo quello che fa. Perciò ecco la mia proposta.» infilò la mano nel proprio borsello, estraendone delle monete che poi mostrò al mercante «Una sovrana e cinquanta pezzi d'argento.»
«Ma è oltraggioso!» Dahlia gli sorrise, quel suo sorriso affascinante, che accostato allo sbattere delle sue lunghe ciglia scure dava l'impressione che fosse un amorevole colomba, non certo un Corvo. «Scegli, od una sovrana, o torni a casa con le tasche e la pancia vuota.» il mercante rimase inebetito dal tono vellutato della sua voce e dai brillanti occhi acquamarina «M-ma avevate detto una sovrana e cinquanta...»
«Più continui a farci perdere tempo, più il prezzo cala. Devo farlo scendere ancora?» domandò rigirandogli davanti al naso la sovrana luccicante. Il mercante tentennò qualche istante, boccheggiando come un pesce fuor d'acqua «Oh per le palle del Creatore! E va bene! Prendetevi questi maledetti intrugli e levatevi dalla mia vista!»
Mentre si allontanavano dal banco d'armi, Saarebas stringeva il borsello con dentro il Vitaar come fosse un piccolo tesoro, continuando a guardarlo senza appenderselo in vita. «Non dovevi...» disse verso l'assassina guardandola di sottecchi «Non ti posso ripagare.» l'assassina scosse il capo «Non preoccuparti. E poi, ti sarà utile nei combattimenti non è così?» la qunari la guardò qualche istante, per poi metter via il regalo. Dahlia le aveva salvato la vita, impedendole di finire i suoi giorni in una lurida cella a soffrire per il divertimento di terzi. Era sempre stata gentile con lei, anche quando non le aveva dato motivo di farlo, ed era stata paziente con i suoi colpi di testa. «Grazie...kadan.» le disse, per poi fare qualche passo avanti, superando i due che la guardarono basiti.

«Dì un po', perchè l'hai difesa con tanto fervore?» chiese l'assassina al balestriere, mentre camminavano lungo la strada che li avrebbe portati al villaggio più vicino, dove avrebbero preso una carrozza. «Beh, siamo compagni di viaggio no?» rispose lui arricciando il naso «Vuoi dire che se insultassero anche me mi difenderesti?» gli domandò sbattendo le lunghe ciglia, stuzzicandolo. Arnell scosse vigorosamente il capo, sbuffando «Tu puoi benissimo difenderti da sola, assassina!»
«Perchè secondo te lei è un fiorellino delicato? Dovresti averla vista in azione alla Necropoli, è tutto fuorchè indifesa.» l'orlesiano sospirò «Io...non sopporto il razzismo.» Dahlia si accigliò «E così sei un nobile difensore dei popoli...» usò un tono di scherno, giocherellando con i lacci del proprio corpetto blu ricamato a fiori. «Fatti gli affari tuoi assassina.» sibilò in sua direzione, prima di accelerare il passo in modo da porsi al fianco destro della qunari, territorio neutrale per i loro litigi.
Dahlia sollevò ambedue le braccia al cielo reclinando il capo all'indietro con fare esasperato. Voleva solo fare una civile conversazione, ma ogni cosa che diceva al balestriere sembrava pungerlo sul vivo e solo perchè  era uscito dalle sue labbra.
«Credi veramente che il nano chiacchierone ci potrà aiutare?» domandò la qunari quando lo vide sopraggiungere al suo fianco, raggiunto poco dopo dall'assassina che si mise però alla sua sinistra, lasciandola nel mezzo. «Lui era presente nella maggior parte degli eventi peggiori. So che ha notizie praticamente di ogni cosa, senza contare che sta ancora con l'Inquisizione. Quindi può avere piste più fresche.» Saarebas non sembrava particolarmente convinta, ma che scelta avevano?
La carrozza li portò sino al Passo di Gherlen, superando le imponenti porte di Orzammar, verso il gelo sempre più rigido. Tutti loro erano stati costretti ad indossare pesanti pellicce, anche se quello che soffriva di più il freddo era apparentemente il balestriere. Non faceva che tremare e lamentarsi del clima, della neve che ricopriva ogni cosa e che spesso ricadeva sulle loro teste. Dahlia sembrava sempre a suo agio, mentre Saarebas si limitava a starsene zitta, riscaldandosi evocando piccole fiammelle fra le mani. «Andrà meglio quando giungerete alla fortezza.» disse loro svariate volte il cocchiere, un uomo di una certa età con folti baffi grigi che nascondevano il labbro superiore e nemmeno l'ombra di un capello in testa. Diede loro una borraccia contenente del forte whisky, per aiutarli a riscaldarsi. «Allora...» iniziò Arnell con voce già allegra dopo pochi sorsi, apparentemente non reggeva bene gli alcolici. «Che cosa intendete fare una volta che avremo preso la testa di Pretus?»
«Quando io avrò preso la testa di Pretus vorrai dire.» lo rimbeccò l'assassina «Devo portare la prova della sua morte al mio ritorno. Me lo sono fatto già scappare troppe volte.» gli prese la borraccia di mano, portandosela a sua volta alle labbra «Basta che muoia.» commentò la qunari con un indifferente alzata di spalle. «Quando sarà morto allora.» si corresse l'orlesiano sbuffando, per poi sorridere «Io berrò sino a consumare tutte le cantine di Orlais! Festeggerò per mesi la morte di quel bastardo!» Dahlia ingurgitò l'alcolico, sentendolo bruciare mentre scendeva lungo la sua gola. «Troverò un modo per aiutare Julian, e mi farò dare il mio compenso. Non so ancora cosa ci farò...spero non mi rispediscano subito in missione!» puntò gli occhi su Saarebas infine «E tu? Che farai?» le passò la borraccia, che la qunari si rigirò fra le mani con sguardo dubbioso «Tornerò a casa.» era un desiderio semplice, lo espresse con tono di voce così lieve che parve averlo sussurrato, quasi temesse che dirlo ad alta voce lo rendesse irrealizzabile. Arnell si sedette più composto, sporgendosi appena in avanti «Che farai una volta tornata? Manchi da molto.» la qunari gli rese la borraccia,dalla quale l'uomo bevve avidamente. 
«Morirò»
Arnell sputò il liquido che aveva in bocca, facendolo volare oltre il bordo della carrozza «Ehi! Quella è roba buona!» si lamentò il cocchiere notando il gesto, mentre il balestriere tossiva convulsamente pulendosi il volto con il dorso della mano la barba fradicia. Dahlia sbarrò gli occhi a sua vota, guardandola incredula. Lei ed Arnell si lanciarono uno sguardo, dovevano aver sentito male. «Stai scherzando?» disse infatti la Corvo, tornando a guardarla «Asit tal-eb. Così deve essere.» le rispose sempre con voce placida e tranquilla. «Non ha senso!» esclamò Arnell allargando le braccia di colpo «Riesci a dartela a gambe dalla schiavitù per poi andare a morire! Perchè!?» Saarebas si passò una mano sul volto, scuotendo il capo sospirando con fare esasperato. «Sono stata separata dal mio Kartaam, da Arvaarad. Potrei essere corrotta e non saperlo. Il Qun esige che io faccia ritorno e muoia per la sicurezza degli altri. Non voglio mettere in pericolo nessuno.» Arnell fece per aprir nuovamente bocca, ma venne interrotto dall'assassina «Pensi che un demone stia cercando di possederti?» le domandò mentre sfiorava istintivamente l'elsa del pugnale in silverite. Non aveva mai affrontato un abominio, ma i racconti che aveva sentito al riguardo erano agghiaccianti. Saarebas si limitò a fare un cenno di diniego col capo «Non capireste mai.» disse loro, per poi calarsi l'ampio cappuccio sul volto e raggomitolarsi in un angolo della carrozza.
Arnell aveva un espressione sconvolta, cercò di parlare ancora ma l'assassina lo zittì posandogli una mano sulla spalla. Si guardarono e la donna si limitò a scuotere il capo per dissuaderlo. Lo sguardo astioso che le lanciò il balestriere sembrò bruciarle la pelle. Si scostò con un gesto secco dalla sua presa, voltando il capo dall'altra parte osservando le montagne che sfilavano attorno a loro.
Dahlia guardò la qunari preoccupata. La sua era una razza forte ed orgogliosa, ma sopratutto testarda. Erano stati indottrinati al Qun in modo disumano, tanto da non temere di morire per quest'ultimo. Ma non era tanto la sua volontà di vivere secondo il Qun ad averla colpita, quanto la sua ultima frase.
“Non voglio mettere in pericolo nessuno.”

Una volta scesi dalla carrozza, dovettero proseguire a piedi. La neve ed il freddo in quella zona erano più clementi, la neve più compatta impediva di affondarvi all'interno, se si sapeva come muoversi. Dahlia, col suo passo leggero, lasciava appena le impronte muovendosi con la sicurezza di una volpe delle nevi. Arnell era ridicolmente goffo, spesso e volentieri affondava nella neve sino al ginocchio, più di una volta era inciampato finendo steso faccia a terra. Saarebas anche affondava più facilmente, non per goffaggine, ma per via del suo peso e la sua mole senza però mai cadere. Dopo un giorno e mezzo di cammino, finalmente dinanzi a loro si stagliò l'imponente figura della fortezza dell'Inquisizione. Skyhold.
«Impressionante...» mormorò Arnell con occhi pieni di meraviglia, soffermandosi sui vessilli col simbolo dell'Inquisizione che garrivano fieri al vento. Fece un altro passo avanti, rischiando di cadere nuovamente, ma la qunari lo trattenne per il braccio, salvandolo all'ultimo.
Giunsero sino alla torre che custodiva il passaggio per il lungo ponte in pietra che pareva scavato nella roccia stessa delle montagne. Le guardie si fecero avanti, bloccando il loro passaggio «Fermi! Chi siete?» domandarono loro con tono austero. L'assassina si fece avanti, decisamente la più indicata come portavoce. «Siamo qui per parlare con Varric Tethras.»
«Avete comunicato il vostro arrivo?» Dahlia alzò le spalle, scuotendo il capo con fare costernato «Non ne abbiamo avuto il tempo. Non sa che siamo qui per lui.» le venne poi in mente l'elfo dalla pelle scura, Fenris, che fosse arrivato prima di loro? «Abbiamo incontrato un certo elfo, Fenris. Dovrebbe avervi consegnato un prigioniero.» le due guardie si scambiarono uno sguardo «Il cacciatore di schiavisti...» mormorò uno dei due, per poi tornare a guardarli. Li studiarono qualche secondo, mentre Dahlia sfoderava il suo sorriso più affascinante. «Dovrete consegnare le vostre armi.» sentenziarono infine, tornando sull'attenti «So che l'elfo aveva menzionato una donna dai capelli rossi ed una qunari, ma non possiamo essere certi delle vostre intenzioni.» Saarebas incrociò le braccia sotto al seno, guardando gli altri due. Lei stessa era un arma, perciò non aveva nulla da consegnare. Arnell invece sfiorò la propria balestra con non poca preoccupazione, mentre l'assassina posò la mano sul pugnale di lazurite con affetto.
Sospirò, per poi sfilarsi le lame gemelle e consegnarle alle guardie. Se era l'unica pista percorribile, non potevano permettersi di perderla. Oltretutto, sfidare l'Inquisizione era davvero un idea stupida. Certo, non consegnò proprio tutte le armi, anche perchè le guardie li perquisirono solo sommariamente. Il balestriere si separò dalle sue armi di malavoglia, seguendo poi le guardie assieme alle compagne di avventura. Le guardò preoccupato, bisbigliando verso di loro «Sicure sia la scelta giusta? Disarmati?»
«Io non sono mai disarmata.» gli bisbigliò Saarebas in risposta.
Nel cortile della fortezza vi era un gran via vai. Soldati che si allenavano, agenti che facevano avanti ed indietro dall'armeria o semplicemente chiacchieravano fra di loro in pausa fra una missione e l'altra.
Dahlia sapeva che col compimento di questa missione avrebbero potuto trovare degli amici nell'Inquisizione, ma non si aspettava di dover andare proprio nel suo cuore pulsante per reperire informazioni.
Invece di portarli all'interno della fortezza, le guardie li portarono in un edificio in legno situata a parte, la taverna, già gremita di gente nonostante fosse solo pomeriggio.
«Mastro Tethras? Questi tre cercano di voi.» chiese ad alta voce una delle due guardie ad un tavolo gremito di gente. La maggior parte si fecero da parte, rivelando una figura china sopra a delle carte da gioco e dei soldi messi ordinatamente in colonna.
Questi alzò le spalle, schiudendo le labbra in un sorriso sornione «Vi unite alla partita signori?» 
Quella che parve più colpita dalla presenza del nano, fu Saarebas. Lo aveva intravisto a Kirkwall solo di sfuggita e malamente attraverso i piccoli fori della maschera, perciò l'immagine che aveva di lui era confusa e sfocata.
L'unico altro nano che ricordava chiaramente era Javaris, quell'idiota che aveva cercato di comprare dall'Arishock la Gaatlock. Oltre a lui ne aveva visti davvero pochi e Varric era l'unico senza la barba. Una caratteristica che spesso distingueva quelli della sua razza per il modo elaborato in cui la portavano. Rimase a fissarlo in silenzio, mentre Arnell si faceva avanti per parlare.
«Che onore incontrarla mastro Tethras!» esclamò sorridendo «Leggo quasi tutto ciò che scrive, il suo stile è davvero fantastico!» il nano rise, facendo loro cenno di sedersi. «Ridategli le armi, so chi sono» disse verso le guardie, che eseguirono per poi congedarsi.
L'orlesiano strinse le sue armi con affetto, sentendosi più sicuro, per poi tornare con lo sguardo sul nano. Dahlia invece si accigliò mentre le risistemava «Ci conosce?» Varric ridacchiò, iniziando a distribuire loro le carte di Grazia Malevola senza aver chiesto nulla. «Fenris mi ha parlato di voi, prima di ripartire.» iniziò a dire con tranquillità, ma facendo saettare gli occhi su ognuno di loro con sguardo sveglio ed attento «Cercate quel farabutto di Pretus...ne ha combinate di tutti i colori.»
«Ci chiedevamo se lei potesse aiutarci.» Varric rise sonoramente «Cosa vi fa pensare che possa aiutarvi? Ho forse la faccia di un Venatore?» Arnell scosse il capo convulsamente, temendo di averlo offeso, mentre il nano iniziava tranquillamente a giocare seguito subito dopo dall'assassina. Saarebas guardava le carte senza capirne il vero utilizzo, rigirandosele in mano e scoprendole pure. Il nano infatti si allungò sul tavolo per rigirarle verso di lei, sfiorando con la piccola e robusta mano quella molto più grande e rovinata della sua «Mai scoprire le proprie carte.» le consigliò facendole un occhiolino complice.
Dahlia si accigliò guardando la maga abbassare lo sguardo su quel breve contatto, per poi tornare sul volto del nano. Per un istante, l'assassina avrebbe giurato sul cuore di Andraste che le gote della maga si erano fatte più colorite. «Mastro Tethras...»
«Varric andrà benissimo.» rispose al balestriere «Va bene, Varric. Io ho pensato a te perchè sei stato presente nella maggior parte degli ultimi eventi catastrofici. Hai aiutato sia Hawke che l'Inquisitore, ed ora fai parte dell'Inquisizione. Dovrai pur avere qualche indizio per noi. Per favore.» Arnell strinse tanto i pugni da far sbiancare le nocche, digrignando i denti. «Quel figlio di puttana ha massacrato la mia famiglia. Ha usato mia madre per uno dei suoi sporchi rituali...Sono anni che cerco di vendicarmi, ed ora che sono così vicino...non posso permettermi di lasciarmelo sfuggire ancora!» la rabbia che emanavano le sue parole lo facevano sembrare diverso dall'orlesiano timoroso ed insicuro che si dimostrava esser la maggior parte del tempo. 
Lo scrittore lo ascoltò in silenzio, grattandosi distrattamente il mento sul quale cresceva un po' di barba incolta «Molti hanno trovato la loro fine in guerra. E voi due? Che mi dite?» Dahlia prese un respiro profondo. Che Fenris che avesse detto che lei faceva parte dei Corvi? Non era certa che un membro dell'Inquisizione avrebbe aiutato apertamente un membro della più famosa gilda d'assassini del Thedas. «Ha torturato ed ucciso un mio caro amico.» disse quindi con un fil di voce, ripensando all'elfo taciturno «Poi ha preso qualcuno a cui...tenevo molto. E gli ha contorto la mente sino a fargli dimenticare di me, a rivoltarmelo contro. Pretus dovrà prima guarirlo, poi dovrà pagare.» d'altronde, non era una bugia totale, aveva solo omesso parte della verità. Saarebas si limitò a posare le carte, per poi sollevare ambedue i polsi mostrando le cicatrici da abrasione dovute ai ceppi di detenzione, per poi indicare quelle sottili sul suo volto. Non c'era bisogno di parole per quelle. Varric emise un basso e prolungato fischio, posando le carte a sua volta. «Non si è fatto nemici barando a carte...» commentò con voce ferma e sarcastica al contempo. Si alzò dal suo posto, facendo stridere le gambe della sedia contro le assi del pavimento. «Seguitemi.»
Li portò fuori dalla locanda, per poi farli scendere lungo le scale che li portarono sotto terra, nelle segrete della fortezza. Là sotto vi era un forte odore di muffa ed umido che per un istante fece girare la testa alla qunari. Ma non vi era il metallico odore di sangue, nè quello nauseabondo di infezioni e cancrena. Si sentiva solo l'eco dei loro passi, nessun tipo di urli strazianti ed agonizzanti.
Le celle erano per la maggior parte vuote, ma solo dinanzi ad una vi erano appostate due guardie armate. E dentro ad essa, il Magister
Livius Erimond. 
L'uomo era tenuto in buone condizioni, alle mani pesanti manette che gli impedivano di lanciare anche l'incantesimo più semplice. Varric fece cenno alle guardie di allontanarsi, per poi porsi con i tre davanti la cella. Il Magister alzò il capo, facendo loro un espressione disgustata non appena li vide. «I guastafeste della Grande Necropoli e lo sgherro dell'Inquisitore...» voltò il capo, sputando a terra con disprezzo «La volontà dell'Antico vi travolgerà con la sua potenza!» il nano ridacchiò sommessamente, alzando appena le spalle «Vedi? Per questo finisci sempre nei guai. L'inquisitore non sarà affatto felice di rivederti qui al suo ritorno, non dopo l'opportunità che ti aveva concesso. Sarà anche la prescelta di Andraste, ma non ha la sua pazienza.» Livius si alzò di scatto, andando quasi a sbattere contro le sbarre della cella, facendo sobbalzare Arnell «Quella puttana non è mai stata la prescelta della tua falsa dea! Lo sai bene, pulce!» Saarebas si fece avanti a sua volta, guardandolo torva «L'ultima volta siamo stati interrotti.» infilò la mano destra fra le sbarre. Prese il Magister per il collo, stringendo la presa sino a togliergli il fiato. «Dov'è Pretus?!» Fenris le aveva ben spiegato che lui oramai non era che un pezzo insignificante del puzzle, ma doveva avere anche il più piccolo indizio, qualcosa dal quale partire. «Mettilo giù!» esclamò Varric facendosi avanti «Solo l'Inquisitore potrà decidere che farne di lui!» Saarebas sembrò non ascoltarlo, strinse invece più forte. Livius si agitava come un verme trafitto dall'amo, il suo volto che diventava sempre più paonazzo. Per un attimo non sentì le proteste di Varric, ne la mano di Dahlia sul suo braccio o le lamentele in lingua orlesiana del balestriere. Quando i movimenti dell'uomo iniziarono ad indebolirsi, la maga lo attrasse verso le barre con un gesto brusco, facendogli sbattere il naso contro l'acciaio, per poi lasciando andare. Il Magister si accasciò a terra, tossendo convulsamente nel tentativo di riprendere fiato. Si toccò il volto, e si accorse del sangue che scendeva dal naso, rotto per via dell'impatto. Alzò i piccoli occhi scuri pieni di astio, puntandoli in quelli della qunari «Tu kaffas!1 Tenete quella vacca lontana da me!» urlò con voce tanto acuta che rasentava l'isteria, mentre tornava a rimettersi seduto strisciando via dalle sbarre. Saarebas diede loro le spalle, allontanandosi verso le scale. Gli altri la guardarono basiti, mentre veniva inghiottita dalle ombre.
«Mi scuso per Saarebas.» disse dopo qualche istante la Corvo allo scrittore «Lei è...impulsiva.» Varric si passò una mano sulla nuca, scuotendo il capo «Qunari...» brontolò a mezza voce «Forse per oggi può bastare.» ipotizzò l'assassina, ponendosi le mani sui fianchi. «Varric, avete la possibilità di ospitarci a Skyhold per questa notte?» il nano annuì, allontanandosi dalla cella «Abbiamo sempre un po' di posto qui, fermatevi quanto volete.»

La luce della luna non arrivava fino alle celle, così come quella del sole. Non vi erano finestre, nemmeno la più piccola. Solo la luce delle torce che mandavano riflessi rossastri ovunque. Ma il Magister sapeva che era notte, gli avevano già portato il secondo pasto, ed ora le guardie erano momentaneamente assenti per fare la ronda generale dei sotterranei. Si guardò le mani, ancora rossicce per il sangue che aveva dovuto asciugarsi dal volto. Quella stupida qunari gli aveva rotto il naso, ancora doleva, ma nessuno sarebbe sceso fin lì per guarirlo. Guardò le celle vuote avanti a sé, di nuovo. Non era certamente nei suoi piani farsi riportare a Skyhold. Che vergogna. Una volta era quasi il braccio destro dell'Antico, alla stregua di Calpernia, ed ora non era nessuno. Alla Grande Necropoli nessuno si era nemmeno sforzato di proteggerlo, mentre un tempo si sarebbero lanciati su di lui per far da scudo con i loro corpi. La sua vita era precipitata nel caos, e tutto solo perchè una sporca piccola elfa non era stata capace di farsi gli affari suoi.
«Buona sera.» Livius sobbalzò, alzando di scatto il capo. Davanti la porta della sua cella c'era una delle quattro figure che erano venute a trovarlo di pomeriggio. L'assassina sorrideva benevola, come fosse venuta a far visita ad un vecchio amico. «Che cosa vuoi?» sibilò il Magister assottigliando lo sguardo nell'osservarla. «Lo stesso che voleva la mia amica. Solo in modo meno plateale. Vedi...» si scostò la mantellina nera, indicando una delle due cinture incrociate che portava in vita. In una teneva i pugnali, mentre nell'altra vi era una fila ordinata di tante boccette con la stessa forma ma di contenuto diverso. «Ho sempre apprezzato l'alchimia.» iniziò a dire, sfiorando le boccette con delicatezza «Gli effetti che una determinata combinazione può avere rispetto ad un altra. Molti si limitano solo a curare o ad uccidere. Ma ci sono cose ben peggiori di una morte rapida...» infilò le dita in un piccolo scomparto posto dietro alla cintura delle pozioni, dal quale estrasse una sottile arma poco più lunga del palmo della sua mano. Era un lungo ed appuntito ago, la cui impugnatura appiattita presentava raffinati bassorilievi rappresentanti dei rovi. 
Il Magister la guardò con disprezzo «Non puoi uccidermi, ti faresti nemica l'Inquisizione.» Dahlia sorrise, scuotendo il capo «Sai quanti insetti e ragni velenosi ci sono in giro? Solo una piccola puntura...ed il mondo si libererebbe della spazzatura senza scomodare nessuno.» tolse il tappo da una delle boccette, essa conteneva un liquido ambrato con riflessi scuri che non promettevano nulla di buono. Vi intinse la punta dell'ago, girandola delicatamente nel liquido per potervelo impregnare. «Vedi Livius, io so benissimo che non sei nessuno. Perciò certamente non saprai nulla di Pretus. Ma facevi pur sempre parte dei Venatori...» estrasse l'ago dalla boccetta, richiudendola, ammirando poi la punta cosparsa dalle minacciose goccioline. «...in quali altri posti vi incontrate?» domandò semplicemente, tornando a sorridergli. Il Magister indietreggiò, sino ad arrivare al fondo della cella «Minacciami quanto vuoi! Non puoi fare nulla finché sono qui dentro!» l'assassina infilò la sinistra sotto al mantello e, senza smettere di sorridere, estrasse un pesante mazzo di chiavi. «Ah, ma è qui che ti sbagli!» l'uomo sbiancò iniziando ad agitarsi, preso in trappola «Non puoi cavartela così! Guardie! GUARDIE!» il suo urlo rimbalzò sulle pareti rimandandogli l'eco della sua stessa voce.
L'assassina inserì la chiave nella toppa «Urla quanto ti pare. Nel loro vino c'era un sonnifero che li terrà belli addormentati fino all'alba. Quando sarà tardi per te.» girò la chiave nella serratura, entrando nella cella mentre l'uomo le lanciava contro maledizioni e definizioni non esattamente lusinghiere.
Con un gesto fulmineo e preciso, la donna lanciò l'ago che si conficcò nella spalla destra dell'uomo. Il Magister urlò, più per paura che per dolore. Si levò l'ago, lanciandolo via da se come se potesse lanciar via anche la sostanza ora in circolo nel suo corpo. «Bastarda! Che cosa mi hai fato!?»
«Se ti agiti il veleno agirà prima, ed hai comunque solo pochi minuti a disposizione prima di morire.» raccolse l'ago, pulendolo distrattamente sul bordo della propria mantella nera «Ho l'antidoto, ma dovrai guadagnartelo.» Livius sembrava combattuto. Non voleva morire così, ma non poteva nemmeno tradire ancora una volta i Venatori e sperare di passarla liscia nuovamente. In qualunque caso, rischiava la vita anche con il giudizio dell'Inquisitore. 
Dahlia batteva l'ago sulle sbarre della cella a ritmo regolare «Tic, tac, tic, tac...» accompagnava ogni colpo scandendo i secondi, facendo salir ancor più l'ansia nell'uomo. «Sai, in realtà non ho ancora usato questo veleno. Ma dicono sia raccapricciante a vedersi.» disse con noncuranza, tornando a guardarlo negli occhi. I suoi splendidi occhi acquamarina erano gelidi, lo sguardo fermo e le labbra incurvate in un sorriso agghiacciante. «Prima inizierai a contorcerti per i dolori, gli spasmi saranno così forti che non controllerai più il tuo corpo. Sentirai il tuo stesso sangue iniziare a bollire nelle tue vene, prima di vederlo fuoriuscire dai tuoi orifizi.» si accucciò davanti l'uomo, sventolandogli l'ago sotto al naso «Vale la pena di morire così per qualcuno che ti ha abbandonato?»
Livius iniziò a respirare affannosamente, il cuore che batteva a mille mentre tante piccole gocce di sudore imperlavano la sua fronte. «Dammi l'antidoto!» disse in un rantolo «Le informazioni prima, l'antidoto dopo! Sbrigati Magister, non ti rimane molto tempo, ed a quel punto non potrò più aiutarti.»
«Le Paludi di Nahashin!» esclamò portandosi le mani al petto, sentiva il cuore scoppiare. «Le paludi! C'è un antico tempio nascosto fra le paludi eretto a Urthemiel!» l'assassina si accigliò «Le Paludi di Nahashin sono ad Orlais. Non può esserci un tempio di un antico dio.»
«Dimentichi quanto vasto fosse un tempo l'Impero! Ed ora dammi la cura! Sbrigati!» l'assassina si alzò, riponendo l'ago al suo posto. «Grazie.» si voltò uscendo dalla cella, facendolo scattare malamente in piedi, barcollava precariamente. Si accasciò sulle sbarre mentre l'assassina richiudeva la cella «L'antidoto! Dammi l'antidoto non voglio morire!» le urlò contro scuotendo le sbarre, gli occhi dilatati dal terrore. La donna sorrise «Antidoto? Per un emetico?» gli fece la linguaccia, allontanandosi. L'uomo la guardò prima con confusione, poi con ira pura nello sguardo «Brutta putt...» non fece in tempo a terminare la frase. Sentì un insopportabile fitta al ventre, e fu costretto a piegarsi in due mentre riversava a terra il contenuto del suo stomaco.
Dahlia risalì le scale fischiettando allegramente, per poi aprire la porta che la riportò nel cortile. L'aria serale scosse i suoi capelli, permettendole di respirare un odore migliore rispetto a quello di muffa delle celle.
«Com'è andata?» abbassò lo sguardo, e vide la figura del nano appoggiata al muro mentre l'aspettava. La donna gli restituì le chiavi delle celle «Molto bene. Solo che qualcuno dovrà andare a pulire, ha vomitato. Ti ringrazio Varric, sei stato molto gentile.»
Il nano alzò le spalle, discostandosi dal muro con un colpo di reni «Quell'idiota non piace neanche a me. Ora torniamo dai tuoi amici.»
La taverna era calda ed accogliente, l'odore di alcolici permeava l'aria mentre i vari soldati si concedevano il meritato riposo, parlando fra di loro e confrontando le loro esperienze. Arnell aveva subito fatto amicizia con un manipolo di arcieri e balestrieri, mettendosi a confrontarsi con loro sulle tecniche migliori da usare e dei trucchi per prendere meglio la mira.
Saarebas invece se ne stava in disparte, da una delle finestrelle continuava a fissare il punto dal quale era sparita l'assassina, attendendo il suo ritorno. Dopo quella che sembrava un eternità, la vide tornare con il nano chiacchierone. Le fece un cenno dalla finestra e l'assassina le indicò con una mano i bastioni. La maga si allontanò, afferrando Arnell per la collottola «Ehi, lasciami sto parlando!» si lamentò l'uomo facendo cadere il boccale di birra «Abbiamo cose più urgenti ora.» gli rispose trascinandolo fuori.
Sui bastioni l'aria era più fredda e fu decisamente utile per far schiarire le idee al balestriere orlesiano. «Allora?» domandò all'assassina, un po' seccato per esser stato trascinato via così malamente. 
«Abbiamo un nuovo obbiettivo. Dobbiamo andare ad Orlais, alle Paludi di Nahashin.» il balestriere non riuscì a reprimere un sorriso «Si torna a casa!» la maga si accigliò «Vivevi nella palude?»
«Non prendermi così alla lettera!» la rimbeccò con un gesto seccato. Varric si fece avanti, dando loro un vecchio diario rilegato in pelle, chiuso con un nastro blu scuro. «Cos'è?» chiese Dahlia, rigirandoselo fra le mani senza aprirlo. «Un diario. Era in una delle case degli agenti Venatori che abbiamo perlustrato. Noi abbiamo già tutto quello che ci serve e qui Pretus viene menzionato un paio di volte. Magari voi troverete qualcosa che vi tornerà utile.» Saarebas si avvicinò all'assassina, scrutando il diario con curiosità, era così semplice che sarebbe passato inosservato. «Grazie.» disse verso il nano, il quale ricambiò con un sorriso. «Ma, l'Inquisitore sarà d'accordo?» chiese Arnell timoroso, mordicchiandosi le pellicine delle unghie «Sono certo che se Levellan fosse qui, vi aiuterebbe. Ma ora è a Denerim, ha affari da sbrigare con re Alistair.» Nel sentir menzionare l'uomo, alla maga venne in mente il rapporto dello Sten che aveva viaggiato al fianco del Custode Grigio. Ne parlò bene, sopratutto perchè senza l'aiuto dell'Eroe del Ferelden, lui non avrebbe potuto far ritorno. L'aveva aiutato a ritrovare la sua spada, che equivaleva ad una parte del suo animo. Saarebas abbassò lo sguardo sulla maschera che portava in vita, per poi sfiorare il suo collare. Essi erano l'equivalente delle spade degli Sten. Senza essi, l'avrebbero ammazzata a vista senza nemmeno permetterle di aprir bocca.
«Grazie di tutto Varric Tethras, ci è stato di grande aiuto.»
«Vi auguro di farcela. Buona fortuna.»

Ci vollero quasi due settimane di viaggio per attraversare il Ferelden e quasi tutto il regno di Orlais. Viaggiare nel regno più pomposo del Thedas fu uno strazio. Arnell non faceva altro che decantare le lodi di ogni cosa incontrassero sul loro cammino. L'elaborata statua di Andraste al crocevia, i raffinati palazzi orlesiani, i fragranti profumi provenienti dai fornai, persino l'eleganza dei rami di un albero in particolare. Oltre alla sua continua parlantina orgogliosa, vi erano anche i vari abitanti che li squadravano da capo a piedi come se fossero ricoperti di fango. L'unica a salvarsi era Dhalia, che talvolta riceveva commenti inerenti alla sua bellezza...sebbene celata dalla sporcizia. Saarebas era stata tentata più di una volta di avvicinarsi ai cittadini per poterli incenerire.
Quando finalmente arrivarono al limitare delle paludi era circa metà mattina. La palude sembrava essere immersa in un mondo a sé stante. Avvolta da una fitta coltre di nebbia, permetteva di intravedere appena le forme contorte degli alberi spogli che si ergevano fra le sue acque putride come dita ossute. Non proveniva un singolo rumore da quel luogo spettrale, come se anche gli animali avessero deciso di evitarla sapientemente. 
«Dobbiamo riposare un po', prima di avventurarci lì dentro.» disse saggiamente Dahlia legandosi i capelli in una coda alta, lasciandosi cadere sul tronco di un albero abbattuto «Dobbiamo essere in piene forze.» il balestriere acconsentì, lasciandosi cadere a terra per poi estrarre la sua balestra e farvi un rapido controllo. Saarebas si unì a loro, sedendosi a gambe incrociate ed estraendo i barattoli contenenti il Vitaar.
Purtroppo, il diario del Venatore non sembrava contenere grandi informazioni, se non i nomi di alcuni loro importanti membri già catturati però dall'Inquisizione. Pretus veniva appena menzionato, era sfuggente persino nelle parole vergate sulla carta.
Eppure si riferiva spesso un grande piano, dicendo più volte che la sconfitta del suo padrone era stata solo temporanea. Purtroppo, non vi erano i dettagli. Facevano molta  attenzione a come conservare i loro segreti.
«Tieni.» disse Arnell alla maga, distogliendola dai propri pensieri. Le porse un pennello di medie dimensioni, dalla lunga asticella nera e con setole in pelo scuro di martora. «Così andrai meglio ad usarlo e ne sprecherai meno.» la maga lo ringraziò con un cenno del capo, per poi aprire il barattolo contenente il Vitaar nero e farsi prestare il piccolo specchio dell'assassina. 
Contornò i propri occhi di scuro, allungandoli verso l'esterno dando all'occhio più profondità ed una forma più allungata. Lo posò poi sul proprio labbro inferiore, disegnando una linea verticale lunga sino alla base del collo. Col rosso, disegnò sei piccoli puntini seguendo la linea scura inferiore dell'occhio, per poi disegnare al centro della propria fronte quattro piccoli rombi accostati fra di loro a formarne uno più grande. Sempre col rosso, tracciò due linee verticali affianco a quella nera sul mento, per poi colorarsi le intere labbra di rosso evitando però di coprire la linea scura. Posò infine il pennello, controllando che il Vitaar fosse fatto correttamente. 
I tre riposarono, e si rifocillarono in religioso silenzio, già percependo la tensione che incombeva su di loro.
Non erano certi di trovare qualcuno al tempio, ma certamente avrebbero potuto scoprire qualcosa di interessante sul loro obbiettivo e cosa stava combinando per attirare l'ira di qualcuno affinchè assumesse i Corvi di Antiva per ucciderlo.
«Che schifo, i miei poveri stivali!» brontolò Arnell mentre le sue gambe affondavano nell'acqua fangosa. Era più sicuro camminare lì in mezzo piuttosto che nei terreni poco stabili, dove si rischiava di incappare in sabbie mobili che non avrebbero dato loro scampo.
«Perchè non possono ritrovarsi in belle foreste od adorabili pianure? Eh no, Necropoli e paludi!»
«Piantala di lamentarti.» lo zittì la maga, continuando a procedere. Si guardavano attorno con circospezione, non volendo incappare in qualche strana creatura od ostacoli imprevisti.
«Eccoci!» esclamò l'assassina, indicando qualcosa di fronte a sé dopo quella che parve un eternità. La prima cosa che sbucò dalla nebbia furono due alte colonne di pietra, sulle quali si intrecciavano dei draghi con minacciose fauci spalancate. Il tempo e le intemperie avevano rovinato le sculture, ricoperte di crepe e con più di qualche pezzo mancante. Pareva riuscissero a rimanere in piedi solo grazie ai rami ed ai rampicanti che li avvolgevano saldamente. Sotto di loro vi erano alcuni mattoni, ciò che restava di quello che una volta doveva essere il sentiero lastricato che conduceva alle porte del tempio, ora una figura indistinta fra la nebbia.
Quando avanzarono e parte della coltre si dissipò, rimasero ad occhi sbarrati. 
Il tempio era sviluppato in verticale, affiancato da due alte torri, con innumerevoli guglie di svariate dimensioni che si protendevano verso il cielo. Erano finemente decorate con statue e bassorilievi, per lo più rappresentanti draghi e scene religiose. I blocchi di marmo bianco con la quale era costruita erano stati finemente lavorati. I dettagli erano fatti in oro splendente ed argento. Sulle vetrate legate a piombo era rappresentato il simbolo di Urthemiel in giallo oro, mentre lo sfondo era composto da diverse sfaccettature di colori più spenti per far risaltare il simbolo centrale. Sopra all'immensa porta vi era la statua più grande e suggestiva. Interamente fatto di marmo rosso, il drago con le immense ali spalancate sopra alla porta formava un protiro splendido. Si potevano vedere anche a quella distanza i dettagli delle scaglie, cesellate una ad una. Le fauci spalancate lasciavano intravedere una lingua guizzante e le zanne ricoperte da lucido smalto bianco. Sul fondo della gola era stata applicata polvere di rubini, in modo che ogni volta che il sole l'illuminasse sembrasse in procinto di sputare fiamme. Al posto degli occhi due grandi diamanti gialli incastonati nelle orbite di pietra, scolpite in modo da dargli uno sguardo terribile, ma bellissimo.
All'epoca della sua gloria doveva esser stata una costruzione che rasentava il leggendario. Ma il tempo e le intemperie erano stati inclementi. La costruzione ora si rivelava esser pericolosamente storta, probabilmente le fondamenta stavano cedendo, e la palude accoglieva lentamente la costruzione nell'abbraccio del fango. Del bianco marmo non rimaneva che un pallido ricordo, così come lo splendore dell'argento e dell'oro, la maggior parte delle vetrate in frantumi, una delle ante della porta pendeva inerme di lato. Svariate guglie si erano staccate, attorno al tempio vi erano le sue stesse macerie, che lo circondavano come i petali di una rosa che appassisce.
Il drago in marmo rosso sembrava ancor più minaccioso, avvolto dalla vegetazione paludosa e dalla rovina che lo circondava. Sembrava ancora intero, ma un ampia crepa percorreva la sua ala destra, segno che non vi sarebbe rimasta attaccata ancora a lungo.
Il suo sguardo sembrava giudicarli, intimandoli ad allontanarsi dal suo suolo sacro.
«È bellissimo.» mormorò Arnell rapito da quella visione «Doveva esserlo.» disse Dahlia, avanzando cautamente «Urthemiel era il drago dio della bellezza per gli antichi Tevinter. Non potevano costruire un tempio che sfigurasse.»
«Non sapevo te ne intendessi di antichi dei.» disse Saarebas rapita dallo sguardo della statua. D'altronde, anche la sua gente considerava quagli animali quasi come sacri. «Infatti, ma nel diario ho trovato diverse pagine dedicate a loro. Urthemiel è stato anche l'ultimo arcidemone comparso, sconfitto dall'Eroe del Ferelden.» 
Entrarono con grande attenzione, facendo attenzione a non scivolare nel fango che si era insinuato anche all'interno. I loro passi riecheggiavano nel luogo, mentre le statue dei draghi all'interno della navata principale sembravano seguirli con lo sguardo. «Inquietante...» disse il balestriere intimorito, reggendo la sua arma con ambedue le mani. «Forza, cerchiamo qualche indizio.» disse con praticità l'assassina, iniziando a perlustrare ogni centimetro del tempio assieme ai compagni, rifiutandosi categoricamente di dividersi. Non voleva che si ripetesse l'esperienza avuta alla Necropoli, ed i compagni erano d'accordo con lei.
Saarebas si sentiva incredibilmente a disagio. In quel luogo aleggiava ancora della magia, magia potente ed antica, sebbene incontrollata ed inattiva. Il velo era molto sottile, avrebbe dovuto fare attenzione se si fosse rivelato necessario lanciare degli incantesimi. Passò accanto ad una porta socchiusa, nella quale sbirciò all'interno. «Kadan, bas.» richiamò i due, attirando la loro attenzione per poi entrare. Aveva trovato la biblioteca del tempio, alti scaffali si ergevano sino al soffitto, ricolmi di libri e pergamene così antiche che rischiavano di tramutarsi in polvere fra le mani se fossero stati maneggiati indelicatamente.
«Potrei leggere per anni.» disse la Corvo, guardandosi attorno con ammirazione. Quanta storia e conoscenza erano racchiuse fra quegli scaffali? Saarebas si mise a sfogliare libri e pergamene con delicatezza, aiutata da Arnell, mentre Dahlia si aggirava fra la biblioteca in cerca di qualche scrigno o possibile passaggio segreto.
Dopo un paio d'ore, Arnell si accasciò contro un muro sbuffando con frustrazione. Purtroppo la maggior parte dei tomi erano illeggibili per loro, scritti in antico Tevene. «Ancora niente, solo anticaglia!» esclamò buttando in malo modo tomo che aveva in mano sul tavolo più vicino. La maga gli tirò uno scappellotto che lo fece sbilanciare in avanti, rischiando di farlo cadere per la sorpresa. «Ma che fai!?»
«Vedi di trattare questi tomi come si deve.» lo rimproverò, prendendo poi l'oggetto da lui lanciato e rimettendolo al suo posto sullo scaffale. «Robaccia del Tevinter!» ribattè lui, incrociando le braccia davanti al petto «No qulaba2. Storia e cultura.»
«Come mi hai chiamato!?»
«Zitti!» sibilò all'improvviso Dahlia raggiungendoli con passi veloci e leggeri. «Ho sentito qualcosa.» tutti e tre si ammutolirono, ascoltando l'ambiente circostante. Una manciata di secondi, ed il rumore di passi che riecheggiavano nel luogo si fece sentire.
Arnell sbiancò, mentre la maga si accostava alla porta che dava sulla navata centrale, subito seguita dall'assassina.
Saarebas socchiuse silenziosamente la porta, sbirciando con gli occhi color salvia l'ambiente. Entrarono circa una ventina, o forse più, di uomini con i tipici mantelli Venatori con i cappucci triangolati. Quasi tutti loro portavano la staffa a forma di lancia, ma altri erano armati anche con spade ed archi. Uno di loro si staccò dalla folla, procedendo sino all'altare ponendosi di fronte a loro.
«Quanti sono?» bisbigliò il balestriere alle sue spalle «Troppi.» rispose seccamente lei assottigliando lo sguardo.
La figura all'altare sbattè tre volte la staffa a terra, il rumore riecheggiò chiamando all'attenzione tutti i presenti che si voltarono a guardarlo.
«Manaveris Corypheus! Na via lerno victoria!3» disse a voce alta in Tevene, la voce distorta dall'eco mentre tutti ripeterono le sue parole in un tetro coro. L'uomo si portò la mano al cappuccio, abbassandoselo dal capo con un gesto fluido.
Saarebas si irrigidì, e strinse tanto forte il legno marcio dello stipite da creparlo. «Che succede? Che fanno?» le domandò Dahlia cercando di sporgersi per poter vedere a sua volta. Saarebas si voltò a guardarla, non aveva mai visto tanta ira nei suoi occhi limpidi, i tratti del volto induriti come quelli delle statue. «Il sacerdote all'altare...è Edman Pretus.» 
 
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Note dell'autrice:
Salve a tutti!
Anzitutto chiedo scusa per averci messo mille anni luce a pubblicare il mio capitolo.
Ma, sapete com'è, purtroppo a volte la "realtà" ci mette i bastoni fra le ruote! xD
Varric caro Varric! Spero di aver reso giustizia ad uno dei miei personaggi preferiti della saga.
A quanto pare nessuno è immune al suo fascino nanico! Sono davvero curiosa di vedere
cosa farà la mia collega ora che le ho passato la patata bollente! Muahahahahahah!
Spero vivamente che il capitolo vi sia piaciuto! Che lo sia o meno, che abbiate consigli o domande
ci auguriamo che recensiate i nostri capitoli per darci una mano!
Un abbraccio a tutti! *w*

 
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1 Stronza!
2 Un tipo di mucca, nota fra i Qunari, per via della sua stupidità.
3 Lunga vita a Corypheus! Solo i vivi conoscono la vittoria!
   
 
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