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Autore: Piuma_di_cigno    02/06/2015    4 recensioni
Raf e Sulfus sono tornati per affrontare un secondo anno alla Golden School, ma il sentimento che li unisce è sempre più una sofferenza: ora le lezioni sono volte ad imparare l'arte del combattimento tra Angels e Devils. Difficile per Raf, che deve andare contro tutte le regole, contro la sua natura, per rimanere con Sulfus, e difficile per lui, costretto a trascorrere le giornate nel dubbio che lei non lo ami più.
Sarà proprio l'ormai dolce Say ad aiutare Raf a dimostrare che lo ama ancora, qualunque cosa succeda. Tra le lezioni e gli amici, comincia infatti a delinearsi una situazione terribile, pericolosa, ma che forse ha il potere di risolvere finalmente tutto.
Genere: Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Arkhan, Raf, Sai, Sulfus, Un po' di tutti | Coppie: Raf/Sulfus, Sai/Tyco
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 4 – Le lezioni.

Arrivai in classe in ritardo, apposta per non incontrare le mie amiche, ma questa volta, di nascosto, le osservai. Beatamente ignare di quello che mi stava succedendo, seguivano la lezione. Possibile che potessi solo andarmene? Che nessuno mi scoprisse? Lanciai un'occhiata colpevole al professor Arkan, che passeggiava per la classe, spiegando qualcosa che non ascoltavo. Qualche studente giurava che sapesse leggere nel pensiero dei suoi alunni senza ricorrere ai poteri.

Possibile che sapesse quello a cui stavo pensando? O meglio, quello che il mio sesto senso aveva già pianificato per me. Non volevo scappare senza Sulfus, ma visto che niente mi aveva fatto capire di includere anche lui, sospettavo che la mia fosse una fuga solitaria.

Sospirai, appoggiata al palmo della mia mano.

Quand'era che la mia vita era diventata tanto difficile? Non credevo di aver mai fatto niente di così orribile da meritarlo.

“... E quindi, ora facciamo pure entrare i Devils per lo svolgimento della lezione.” a sentire quella frase, quasi caddi dalla sedia.

Cosa? Cosa? I Devils!? Terrorizzata, guardai la professoressa Temptel entrare con al seguito … Sulfus. Incrociò il mio sguardo, e quell'intesa che da sempre ci univa passò tra noi. Sentii le mie guance diventare rosse, ma non distolsi lo sguardo.

“Come stavo dicendo,” proseguì il professor Arkan, “ nella lezione di oggi affronterete le basi per il combattimento tra sempiterni. Disponetevi pure a coppie.”

Mi alzai, ma rimasi immobile.

Mentre Angels e Devils, di malavoglia, formavano le coppie, io rimanevo ferma e pregavo che fosse il destino a scegliere, ma che non scegliesse lui.

Non potevamo combattere l'uno contro l'altra. Era assurdo, inconcepibile.

Eppure, al destino piaceva essere beffardo e sarcastico.

“Raf, Sulfus, siete rimasti solo voi due. Avvicinatevi.” il professor Arkan mi fece un cenno, e io, rigida, avanzai verso Sulfus senza guardarlo, finché non fui al suo fianco.

“Molto bene. Ora, voi conoscete già alcuni tipi di magia, ma oggi affronteremo l'energia. L'energia che scorre in ognuno di voi è quella che serve per produrre la magia e non l'avete mai sfruttata davvero prima. Per un buon incantesimo di attacco e uno altrettanto buono di difesa, vi serve energia allo stato puro.” spiegò il professor Arkan. “Dunque, adesso ...”

Ma smisi di ascoltare, perché Sulfus si era avvicinato impercettibilmente a me, fin quasi a sfiorarmi la spalla. Trattenni il respiro quando mi prese di nascosto la mano.

“Come stai?” sussurrò, apparentemente senza muovere le labbra. Le mosse appena, quel tanto che bastava perché io capissi, ma nessun altro notasse che stavamo parlando.

Lo guardai di sottecchi.

Le occhiaie circondavano anche i suoi occhi.

“Vado avanti.” mormorai in risposta. “Tu?”

Alzò le spalle.

“Anch'io.”

“Non voglio combattere contro di te.” l'avevo detto davvero? Lanciai un'occhiata colpevole a Sulfus. Avrei dovuto stare zitta, e invece eccomi lì, a dire stupidaggini. Non cambiava niente.

La sua mano lasciò la mia e mi accarezzò piano la schiena.

“Non ti farò del male.”

Il mio cuore andò a mille quando, invisibile agli altri, un bacio mi sfiorò la guancia.

Da allora rimanemmo in silenzio, ma i nostri sguardi rimasero allacciati in modo surreale mentre ci disponevamo uno di fronte all'altra. Sapevo già utilizzare l'energia, anche se non avevo mai provato a metterla in pratica per il suo vero scopo.

“Per ora,” disse la professoressa Temptel, “vediamo cosa sapete fare.” prese un fischietto che aveva appeso al collo.

Attacco!” urlò dopo aver fischiato forte.

In quel momento, quando disse quella parola, qualcosa scattò. Lo percepii in tutti i miei compagni di classe, e anche nei Devils.

Gli sguardi dei nostri avversari divennero rosso sangue.

E all'improvviso capii. Il V.E.T.O.. Ecco perché esisteva. Non erano regole, non erano ideologie, era la natura di Angels e Devils. Gli uni per gli altri provavano odio e il VETO era solo ciò che ci impediva di distruggerci completamente a vicenda.

Vidi gli occhi delle mie compagne mandare lampi, mentre cercavano di capire quali fossero i punti deboli degli avversari.

Con orrore, spostai lo sguardo su Sulfus e una lacrima di terrore mi scese sulla guancia, quando vidi i suoi occhi assetati di sangue e una bolla di fuoco dirigersi veloce verso di me.

Non era quella che io guardavo. Io guardavo lui.

Vidi Sulfus combattere dentro di sé contro la sua stessa natura, furioso perché mi amava e perché aveva appena promesso di non farmi del male.

E vidi la parte demoniaca in lui. La sua natura che lo chiamava, che lo torturava, che gli imponeva di farlo, di uccidermi.

Non appena il fuoco mi sfiorò, divampò subito in ogni parte del mio corpo e le fiamme lambirono i miei occhi, un attimo prima di vedere Sulfus tornare completamente in sé e fissarmi con orrore.

 

Aprii gli occhi in infermeria. La stanza era vuota, e le mie mani erano piene di bende, ma non ero collegata a tubi o a flebo. Era già un buon segno.

Mi guardai in giro e vidi il cielo dalla finestra, le nuvole bianche e soffici di una giornata serena. Doveva essere pomeriggio inoltrato, a giudicare alla luce.

Con un sospiro, ricordai la lezione e cominciai a piangere. Non mi aspettavo che negasse la sua stessa natura per me, era la cosa più difficile che potessi chiedergli di fare, ma era stato comunque atroce vederlo cercare di uccidermi.

Oddio, Sulfus aveva appena cercato di uccidermi. Quelle ferite erano state provocate da lui.

Mi nascosi sotto le coperte, per non vedere le bende che mi fasciavano mani, braccia e una parte delle gambe. Continuavo a piangere e piangevo perché non sentivo niente. Non mi sentivo triste, amareggiata, disperata … Era come se mi avesse azzerato tutte le emozioni.

 

Un'ora dopo, entrò il professor Arkan, richiudendosi la porta alle spalle. Vide le mie lacrime, ma non disse nulla e si sedette accanto al letto.

“Come stai, Raf?”

“N-non lo so.” balbettai, tra un singhiozzo e l'altro. “Cos'è successo?” chiesi, disperata, “Cos'è successo a tutti? Perché si odiavano?”

Ricordai di essere stata immune dall'odio, e dalla rabbia. Perché?

Il professore sospirò e per un attimo parve rattristato.

“Cara Raf, le nature di Angels e Devils sono state create come opposti ed è giusto che si odino. Il bene e il male non riescono mai a raggiungere un equilibrio stabile, e perciò ce ne può essere solo uno precario: ogni tanto vince il bene, ogni tanto il male, ma sarà sempre equilibrio, in qualche modo.” il suo sguardo incrociò il mio. “Non è possibile che vinca il bene e non è nemmeno possibile che vinca il male. Gli unici che ne hanno un parziale controllo sono gli esseri umani, ma alla fine della loro vita non possono comunque essere solo buoni o solo cattivi.” mi rivolse un sorriso bonario. “Mi capisci, Raf?”

Annuii.

“Credo di sì.”

Sorrise e annuì a sua volta.

“L'anno scorso, io e la professoressa Temptel capimmo presto che tu e Sulfus eravate innamorati.” vidi i suoi occhi splendenti perdersi in un ricordo. Mi si strinse lo stomaco. Per lui era solo passato, un passato già affrontato. “Fu con grande dolore che collaborai a separarvi, ma purtroppo lo feci, perché sapevo che sareste arrivati a questo punto.”

Tacqui per un attimo.

“Ma io …” magari sbagliavo a dirlo. “... Io non odiavo Sulfus, quando mi ha attaccata.”

Il professore non parve sorpreso.

“Questo perché la tua natura non è completamente angelica e il venti per cento della tua mente ragiona ancora in modo umano.” mi indirizzò un sorriso incoraggiante. “Non prendertela con te stessa, andrà meglio man mano che passeranno i giorni.”

Quando disse quella frase, l'universo parve crollarmi addosso. Si congedò da me, ma non ascoltai più una parola. Anch'io avrei odiato Sulfus. Anche la mia natura avrebbe prevalso e ogni volta che avrei sentito la parola attacco gli sarei saltata addosso, cercando di ucciderlo.

Appena il professore uscì, scoppiai di nuovo a piangere. Il mio sesto senso aveva ragione. Non potevo restare, non ci sarei mai riuscita.

Mi sedetti sul letto e presi carta e penna da un block notes sul comodino. Cominciai a pianificare la fuga.

 

Fui dimessa il giorno seguente. Le ferite non erano gravi, e in qualità di Angel ero guarita molto in fretta. Per fortuna, il dottore mi dimise a mezzogiorno; i corridoi erano deserti, perché tutti erano a pranzo.

Sgattaiolai in camera mia e mi feci una doccia per schiarirmi le idee e per essere sicura che, se le mie amiche fossero venute a trovarmi, avessi tempo di pensare a cosa dire loro, con la scusa di finire di lavarmi.

Mezz'ora dopo, uscii dal bagno, piuttosto sollevata. Le lezioni erano ricominciate e loro non erano venute in camera mia. Era molto triste, ma non riuscivo a cancellare il sollievo di non dover mentire per l'ennesima volta.

Indossai dei pantaloni azzurri larghi e lunghi fino ai piedi e una maglia attillata e leggera, bianca. Afferrai la lista iniziata in infermeria.

Stavo programmando tutte le cose da fare prima di andarmene.

Visto che la mia assenza alle lezioni era giustificata, decisi di scendere sulla Terra per avvertire Say che accettavo la sua proposta.

Quando arrivai da lei, la trovai in giardino. Stava facendo crescere delle fragole, e per un attimo la osservai estasiata. Piantava il seme, lo annaffiava un po' e poi, senza una traccia di concentrazione, muoveva le mani e la pianta cresceva.

Sembrava quasi normale, tanta era la sua naturalezza.

“Say?” si voltò.

“Ciao Raf!” sorrise. “Come stai?”

Alzai le spalle.

“Sarò la tua vicina di casa.” tanto valeva andare subito al sodo.

Say non parve sorpresa, e non smise di sorridere.

“Hai seguito la prima lezione di combattimento?”

Annuii, incapace di parlare, mentre gli occhi furiosi di Sulfus invadevano la mia mente.

“Oh, Raf.” sospirò Say. “E' stata dura, vero?”

Annuii di nuovo e i miei occhi si riempirono di lacrime.

“Su, su ...” mi confortò, improvvisamente vicina a me. “Sai cosa ti ci vuole, per smaltire lo shock?”

Non aspetto la risposta.

“Marmellata di fragole!” mi prese per mano e mi trascinò dentro. “Ne ho preparata un po', e tu mi aiuterai a fare una torta.”

“A che servirebbe fare una torta, ormai?”

Alzò le spalle.

“Mi tirava su il morale quando ero appena arrivata sulla Terra. Per un po', ho lavorato in una pasticceria.”

Come sempre, il buon umore e la tranquillità di Say erano contagiosi.

Mi avvicinai a lei e, dopo essermi trasformata in umana, indossai il grembiule che mi porgeva.

“Come hai fatto a imparare?”

“Una brava insegnante.” rispose lei con un sorriso. “In pasticceria, sono stata presa in simpatia dalla maggior parte delle mie compagne, che mi hanno insegnato il mestiere in cambio della mia frutta e verdura misteriosamente fuori stagione.” mi fece l'occhiolino.

Ero un po' perplessa.

“Con il tuo talento non potevi andare a lavorare come fioraia o qualcosa del genere?”

Alzò gli occhi al cielo.

“Ci ho provato, ma alla fine ho capito che era troppo rischioso. Il capo mi aveva quasi scoperta mentre facevo crescere una pianta di orchidee.”

Say tirò fuori una ciotola da un armadietto e ci mise della farina.

La mia tristezza scemava quando ero con lei. Ero sempre più convinta che andarmene fosse la soluzione migliore.

“E adesso? Lavori ancora in pasticceria?” chiesi, mentre aggiungeva un uovo alla farina e allo zucchero che aveva messo nella ciotola.

“Solo il sabato, quando c'è più lavoro e le altre non sono disponibili.” aggiunse un po' di sale, “In fondo, non mi servono molti soldi per vivere, visto che le uniche cose di cui ho bisogno sono l'acqua, un paio di vestiti e la carne.”

Mi passò la ciotola.

“Impasta tu.” era una pasta molto friabile, forse pasta frolla, ma per fortuna riuscii nell'intento, anche se alla fine avevo la farina anche in faccia.

Say rise vedendomi conciata così.

Afferrò una teglia e vi dispose l'impasto. Davanti a me si delineava una meravigliosa crostata.

Ci mise la marmellata di fragole e preparò le striscioline da appoggiare sopra. Infine, la mise in forno.

“Verrà una meraviglia, vedrai.” mi assicurò. Si sedette a tavola, lanciando di tanto in tanto occhiate in direzione della crostata.

“Say?”

“Sì?”

“Quando tu e Tayco combattevate … Vi odiavate?”

Scosse la testa.

“All'inizio. Poi, cominciammo ad essere consapevoli di odiare, e a rifiutarlo.”

Aggrottai le sopracciglia.

“Che intendi?”

“Quando odi in quel senso, non sei consapevole. Non sai neanche chi hai davanti.” mi lanciò un'occhiata perplessa. “Ma tu dovresti saperlo, giusto?”

Tentennai. Non ero sicura che fosse il caso di dirlo a Say. In fondo, era stata una Devil … Ma quando la guardai in viso, curiosa e stupita, il mio sesto senso mi incoraggiò a dire la verità.

“Io non riesco a odiare Sulfus quando combattiamo.”

Mi fissò sorpresa per un attimo.

“Perché?” chiese infine. Io la guardai negli occhi.

“Io non sono una Angel.”

Say inclinò la testa di lato, come se le stessi letteralmente mandando il cervello in fumo.

“Scusa se te lo dico, ma mi pare di averti vista con le ali … L'aureola …” mi guardò cautamente. “Non è che lo shock di stamattina ti ha causato una depersonalizzazione?” ai miei occhi confusi, spiegò:”La depersonalizzazione è un disturbo in cui la tua mente non accetta più che tu sia chi sei, o qualcosa del genere.” ma subito dopo si corresse. “No, scusa, credo si chiami bipolarismo, quella cosa in cui hai due personalità … Mah. No, okay, non lo so, ma secondo me hai preso un colpo in testa mentre cadevi.”

Mio malgrado sorrisi.

“Non intendevo questo. Intendevo dire che io non sono nata Angel. Sono nata umana.”

Le sopracciglia di Say slittarono talmente in alto che arrivarono quasi alla radice dei suoi capelli.

“Ecco, ora le ho viste tutte.” commentò, mentre il forno annunciava che la crostata era pronta.

 

Quando le ebbi assicurato che era vero, e fatto vedere la voglia sul collo, Say mi credette e pretese che le raccontassi tutta la storia della mia vita.

“E quindi, per concludere,” finì Say al posto mio, “questo è il motivo per cui tu non riesci a combattere contro un Devil.”

Annuii. Era un sollievo aver raccontato proprio tutto a una persona. Strano come, quando succede qualcosa di brutto, lo si racconti a più persone possibili, come se tutte loro insieme potessero alleviarne il peso.

“E Sulfus cosa ti ha detto dopo averti incenerita?”

Alzai le spalle e abbassai lo sguardo. Sapevo che si sarebbe arrabbiata quando l'avrei detto, ma non avevo scelta.

“Non ci siamo più parlati da quella lezione.”

Come avevo previsto, Say arricciò naso e bocca in una strana smorfia di disappunto, come uno che ha appena ingoiato un limone, e mi puntò contro il coltello con cui stava tagliando la crostata.

“Raf, sei un caso semplicemente disperato. Come si fa a non dirgli nemmeno una parola! Sarà devastato dal dolore e non vorrà nemmeno vederti per paura di farti male di nuovo e ...”

E io che pensavo di andarmene così, senza nemmeno avvertirlo o rivederlo! La ramanzina di Say durò diversi minuti.

“Va bene, va bene, gli parlerò.”

Scosse la testa.

“Ecco, così si fa. E cosa pensi di dirgli?”

Mugolai qualcosa di incomprensibile.

“Che ne so, qualcosa tipo Ti capisco e Mi dispiace per quello che è successo e Non preoccuparti e Ti amo ancora ...” tanto sapevo che non avrei detto niente del genere, perché il mio cervello andava in fumo ogni volta che lo vedevo, quindi perché prepararsi?

Say sospirò.

“Beata innocenza!” esclamò brandendo una fetta di crostata in aria. Sembrava proprio una ragazzina. “Ma che problemi hai col romanticismo? Devi esternare qualcosa di profondo! Coraggio, fingi che io sia Sulfus e parlami.”

Ridacchiai.

“Scusa Say, ma credo che Sulfus abbia un aspetto un po' diverso da te ...”

“Non importa! Coraggio!” ma era tutto inutile, perché più ci provavo, più ridevo.

“Hai intenzione di ridergli in faccia, per caso?”

“No, no … E' che ...” e altre risate. Infine, Say afferrò un foglio scuotendo la testa e borbottando qualcosa come caso disperato.

“Cosa fai?” chiesi, vedendola prendere una matita.

“Il progetto della tua casa.” rispose. Io lanciai un'occhiata all'orologio.

“Ho un paio di cose da fare prima di venire ad abitare sulla terra.”

Say alzò le spalle.

“Ci vediamo domani?”
Presi un bel respiro.

“Domani.” confermai.

Spazio autrice: eccomi di ritorno! Cercherò di pubblicare più capitoli possibili adesso, perché il diciotto giugno partirò per il mare e per una decina di giorni non credo riuscirò a continuare il racconto. =/ Intanto godetevi questo capitolo, e il cinque, che pubblicherò a breve (forse entro il weekend). Che dire, speriamo solo che la scuola finisca in fretta, così potremo dedicarci chi alla lettura, chi alla scrittura! Sempre aperta a eventuali recensioni, Piuma_di_cigno.
   
 
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