Fanfic su artisti musicali > Tokio Hotel
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Autore: Meer    07/01/2009    1 recensioni
Anni ed anni di vita. Tu, ferma davanti a quella finestra, guardando fuori, aspettavi che qualcosa cambiasse, mentre tutti ti giudicavano sbagliata, stupida. Ti deridevano. Inutile sognare…, dicevano. E tu, a quelle parole, non potevi che abbassare la testa e restare in silenzio. Incapace di rispondere, ti attaccavi maggiormente a ciò che sognavi. Se non sogni, quale sogno, potrà mai avverarsi?!?
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Tokio Hotel
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta
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“AAAAAAAAAAAAAAAH

Laß mich träumenzwei

 

“AAAAAAAAAAAAAAAH! CHE BELLO!!!

Dopo aver gettato la borsa per terra, mi getto sul divano, per poi stiracchiarmi ed allungarmi per afferrare il telecomando.

Un secondo dopo, Tom, si getta al mio fianco, sul divano. Subito allunga la mano verso la mia, cercando di rubarmi il telecomando, ma io, salto in piedi, il sorriso enorme sul viso.

“Eh, no, fratellone! Chi prende il telecomando per primo, ha il potere!!!” esclamo, sollevando la mano verso il soffitto, con l’impressione che, a breve, un raggio di sole lo colpirà in pieno.

Un secondo.

Getto un’occhiata a Tom e poi mi mordo le labbra, per non scoppiare a ridere.

“Hai tutta l’aria di un esaltato, Bill…” esclama lui, serio.

Un secondo.

Scoppiamo a ridere poi io, torno a gettarmi sul divano.

Cosa guardiamo, allora?” domanda subito Tom, continuando a sogghignare.

Io sposto lo sguardo su di lui, poi sollevo il sopracciglio.

Un altro momento.

Tom mi sorride. “Hai ragione…domanda stupida…”

Sorrido a mia volta.

Click.

 

“BILL!!!!”

Io, in piedi sul divano, canto a squarciagola quando Tom, all’improvviso, inizia ad urlare dalla cucina. Smettendo di cantare, abbasso un secondo il volume.

“Che c’è, Tom?!?” domando.

Niente, lui non risponde, perciò ricomincio a fissare lo schermo e aumento di nuovo il volume.

Troppo tardi per riuscire a leggere il titolo della canzone e l’artista, inizio ad osservare il video, con l’impressione di non averlo mai visto precedentemente.

Ambientato in una scuola, che mi ricorda parecchio quella dove andavo con mio fratello, le scene sono in bianco e nero.

Sento, una voce femminile, cantare, in un modo abbastanza triste mentre, sullo schermo, scorrono le immagini.

 

Un ragazzo, che indossa dei vestiti extra-large, dando le spalle alle telecamera, sta seduto contro il muro. Il suo volto, fuori dall’inquadratura, è fisso davanti a sé. Osserva, una decina di quelli che devono essere i suoi compagni di scuola, che ridono.

Un secondo.

Abbassa il capo. I suoi capelli scuri, scalati, gli sfiorano le spalle.

Un altro secondo.

Rialza il capo. Di fronte a lui, non c’è più nessuno. E’ solo.

Riabbassa il capo, di nuovo.

 

Io, gli occhi sgranati, mi allontano il più possibile dallo schermo mentre, incapace di spostare lo sguardo, allungo la mano destra verso il telecomando che ho abbandonato al mio fianco.

L’ennesimo secondo.

 

Il ragazzo, sparisce dallo schermo. Al suo posto, una ragazza, cammina per i corridoi della scuola. Mentre canta, cammina, socchiudendo gli occhi, per poi riaprirli, fermarsi, ad osservare fuori dalla finestra. All’improvviso, tace.

Ora è una voce maschile a cantare.

 

Io, sgrano gli occhi. Quella voce ha qualcosa di famigliare.

Un secondo.

 

Sullo schermo, appare Bushido, seduto per terra, la schiena appoggiata contro il muro, canta.

Un altro secondo.

Lei ricomincia a camminare, ora, mentre la sua voce si fonda a quella di Bushido, tiene il viso rivolto davanti a sé, un’espressione decisa sul volto.

La telecamera la segue per un po’, mentre cammina per la scuola poi, a poco a poco, scende, lungo la sua gamba. Quando, finalmente si ferma, si vede solo la scarpa da ginnastica.

Poi, di nuovo, il ragazzo triste, appoggiato contro il muro.

Un secondo.

Alza lo sguardo verso la telecamera.

Sgrano gli occhi.

Il ragazzo è lei.

La telecamera si sposta di nuovo.

La persona che camminava, Bushido.

 

Sbatto ancora le palpebre, allibito. Mi alzo, in fretta, correndo allo schermo, per leggere il titolo della canzone e il nome di “lei”.

Un attimo.

Baaam!

Uno strofinaccio mi colpisce in pieno volto. Io, inconsciamente, sposto la testa alla mia sinistra.

Tom, dalla porta, mi fissa, le braccia incrociate sul petto.

“Che diavolo ti prende?!?” domando, esterrefatto.

“Non sentivi che era un’ora che ti chiamavo?!?” risponde lui, la voce un po’ scocciata.

Io, sbuffo, prima di riappoggiare lo sguardo sullo schermo. “Lei” sorride solo un istante, poi il nulla.

Sbuffo ancora.

 

Persa. Ma io non rinuncerò.

 

  
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