Inoltre,
nella mente del ragazzo, cominciava a farsi strada il
rimorso:”Ho abbandonato
zio Jesse, Daisy, Bo e tutti i miei amici più cari da quasi
sei mesi e non mi
sono mai degnato di far loro una telefonata, anche solo per dirgli che
sto, o
forse dovrei dire, che stavo bene e che, alla fine, avevo deciso di
venire ad
Atlanta e non a Savannah….Che penseranno di me? Zio Jesse e
Bo riusciranno a
mandare avanti la fattoria da soli? Ma come ho fatto ad essere
così incosciente??
Non ho neppure aspettato che Bo rientrasse prima di andarmene, sono
fuggito
come un ladro. Che penseranno di me a casa?”
Questi
pensieri, o meglio, questi rimorsi, insieme al totale rifiuto del cibo,
stavano
minando seriamente la salute di Luke.
Il
quale, per altro, non aveva ancora perso un solo giorno di lavoro. Ogni
sera,
alle 8 in punto, scendeva al bar, dove la clientela e, ahimè
i fumatori
incalliti (soprattutto fumatori di sigari il cui odore dava fastidio a
Luke in
modo particolare!), riempivano il locale.
Ora
però, faceva sempre più fatica a svolgere il suo
compito: spesso e volentieri,
vinto dalla debolezza, doveva sedersi dietro il bancone del bar e, un
paio di
volte, aveva pure rischiato di svenire.
I
Signori Freeman (anche Robert, marito di Janet, era molto affezionato a
Luke),
un giorno lo presero da parte e gli chiesero come mai fosse
così magro e così
pallido.
“Figliolo
mangi?” – chiese Janet.
“Sissignora,
cioè….non mangio molto….ma qualcosa
riesco a mandar giù….” – fu
la risposta, non
sincera, di Luke.
Erano
più di 5 giorni che non mangiava assolutamente nulla e, i
risultati di quella
denutrizione, si fecero vedere quanto prima….
Dopo
una settimana, il ragazzo era a letto, esausto, senza neppure avere la
forza di
muovere un dito, figuriamoci di andare al lavoro.
La
Signora Freeman chiamò immediatamente il Dottor Collins, il
medico di famiglia,
il quale, senza troppi giri di parole disse a Janet:”Jan,
l’aria di Atlanta e
il fumo del tuo locale non si addicono a questo ragazzo. Io posso
prescrivergli
delle medicine, ma, la cosa migliore, sarebbe che ritornasse a casa sua
al più
presto. Se rimane qui, non durerà
molto….”
Janet
era spaventatissima; non voleva perdere Luke, non solo
perché da quando c’era
lui, il suo conto in banca era lievitato, ma soprattutto
perché lei e Robert
avevano trovato nel maggiore dei Duke, quel figlio che non avevano mai
potuto
avere.
“Janet”
– proseguì il Dottor Collins “so che tu
e Robert volete bene a Luke ed è
proprio per questo motivo che dovete lasciarlo andare. Questo posto non
è
adatto a lui. Ricordo com’era questo ragazzo appena arrivato
ad Atlanta: ora
non è che l’ombra di se
stesso…..”
Janet,
seppur mestamente, espose a Robert la teoria di Collins ed il marito
non fece
che appoggiare quanto detto poco prima dal Dottore:”Janet, il
medico ha
ragione. Quel ragazzo è ridotto ad uno straccio! Se gli
vogliamo bene, dobbiamo
chiamare i suoi parenti perché vengano a riprenderselo. Ci
mancherà moltissimo,
ma non possiamo fare altrimenti…”
I
Signori Freeman dissero a Luke quello che avevano saputo da Collins, ma
il
ragazzo li supplicò di non chiamare casa.
“Perché
figliolo? Sei qui da sei mesi, saranno contenti di
rivederti!” – disse Robert.
Luke,
vergognandosi come un ladro, raccontò ai coniugi Freeman il
modo in cui aveva
lasciato la fattoria e soprattutto disse loro che, da quando se
n’era andato,
non si era mai preso il disturbo di fare una chiamata ai suoi familiari.
“Capite
ora perché non voglio che telefoniate a casa mia? Non mi
sono fatto sentire per
tutto questo tempo; non mi sembra giusto tornare a bussare alla loro
porta solo
perché adesso sono in
difficoltà…” – disse Luke.
“Luke,
noi ti capiamo, ma, credimi, è per il tuo bene.
Telefonerà Janet, non
preoccuparti. Lei sa trovare le parole giuste e sono sicuro che anche
loro
capiranno” – disse Robert.
Luke,
ormai, non era più in grado neppure di alzarsi dal letto o
di discutere le
decisioni prese dai Signori Freeman, era ridotto ad un uccellino. Janet
vedeva
fallire i suoi sforzi ogni volta che provava a fargli mangiare qualcosa.
Nel
frattempo, alla fattoria, anche zio Jesse deperiva.
Era
amareggiato dall’atteggiamento di Luke, ma, soprattutto, si
sentiva in debito
con Enos e Cooter, i quali continuavano a lavorare i campi gratis.
“Un
giorno o l’altro andrò a cercare
quell’imbecille, anche a costo di attraversare
palmo a palmo tutta la Georgia e quando l’avrò
trovato, non gliela farò passare
liscia.
Te
lo giuro zio! Gli rinfaccerò tutto quello che abbiamo dovuto
sopportare in
questi sei mesi!!!” – furono le parole amarissime e
giustificatissime di Bo, il
quale, aveva la schiena a pezzi dal lavoro….
Proprio
in quel momento, il telefono squillò alla
fattoria…
“LUKE!”
fu il coro di Jesse, Bo, Daisy, Enos e Cooter.
Fu
Bo a rispondere. Per una volta fu più veloce di zio
Jesse…
“Casa
Duke, sono Bo”
“Buongiorno
Bo, io sono Janet Freeman, chiamo da Atlanta. Tu non mi conosci, ma io,
in un
certo senso, conosco te e la tua famiglia, dato che, da sei mesi, tuo
cugino
Luke abita qui con me e mio marito…”
“Ah
davvero? Abita con lei? E mi dica, sua Altezza Imperiale mio cugino
Luke, sta
bene? E’ ancora vivo? Scusi se le sembro maleducato, ma la
persona in
questione, da quando se n’è andata di casa, non si
è mai degnata di farsi
sentire….”
“…infatti
non voleva che vi telefonassi proprio per il motivo che dici tu. Io
però ho
insistito, dato che Luke sta molto, molto male….”
”COOOOOOSAAAAAAA?????? LUKE STA MALE???? E COS’HA
IL MIO FRATELLONE?” – urlò Bo
preoccupatissimo.
In
due secondi aveva dimenticato sei mesi di arrabbiature: gli era bastato
sentire
che Luke stava male, per scordarsi di tutto.
“LUKE
STA MALE???” – ripeterono anche tutti i presenti in
casa Duke.
“Vi
prego, venite subito. Abito ad Atlanta, al numero 205 di Mason Street,
il mio
appartamento si trova sopra al Bar “Atlanta on the
Road”. E’ molto conosciuto,
non vi sarà difficile trovarlo…..”.
“Va
bene, grazie signora, il tempo di organizzarci ed arriviamo.
Arrivederci!”
Bo
riattaccò.
Per
lui cominciarono le domande da parte di Daisy, Cooter, Enos e zio Jesse.
“Ma
ti ha detto che cos’ha esattamente?” chiese lo zio.
“No,
mi ha detto di andare subito da lei, perché Luke sta
male”.
Zio
Jesse era sempre più a pezzi.
Enos
nel frattempo chiamò Rosco e Boss per informarli della
novità e i due si
unirono alla spedizione che partì verso Atlanta.
Janet
aveva ragione: il suo bar era molto conosciuto (grazie anche ai
cocktails di
Luke), così i Duke e amici al seguito, non tardarono a
trovarlo.
Zio
Jesse fu il primo ad entrare nel locale:”Lei deve essere la
Signora Freeman,
vero? La ringrazio per aver ospitato mio nipote per tutto questo tempo.
Io sono
Jesse Duke” – disse il patriarca togliendosi il
cappellino rosso.
“Venite,
vi porto da lui” – disse Janet.
Bo
saliva gli scalini tre alla volta per arrivare prima.
E
finalmente arrivarono da Luke.
“OH
MIO DIO!!” – gridarono tutti, Boss compreso.
Quello
che videro sdraiato nel letto, con le coperte tirate fino sotto il
mento
nonostante il caldo asfissiante di quella giornata di giugno, era un
ragazzo
magrissimo e pallido, un pallore reso ancora più evidente
dai capelli scuri.
Gli
occhi sembravano diventati più grandi in quel viso troppo
piccolo, come
dilatati….
“Luke…..oh
mio Dio…Luke” – disse Bo fra i
singhiozzi…..
“Perdonatemi….tutti…..vi
prego….” – disse Luke con la voce resa
debole dalla denutrizione….
“Perdonarti
di cosa, figliolo? Adesso ti portiamo a casa” – zio
Jesse tratteneva a stento
le lacrime….
“Ehi
amico!” furono le parole di Enos e Cooter.
Daisy,
Rosco e Boss avevano gli occhi lucidi in fondo alla stanza….
“Signor
Duke, Bo, vi dispiacerebbe venire qui un attimo?” –
chiese Janet.
I
due uomini si avvicinarono alla signora Freeman, la quale disse
loro:”Vi prego
di credermi che io e mio marito abbiamo fatto tutto il possibile per
convincere
Luke a mangiare, ma purtroppo tutti i nostri tentativi sono stati
inutili.
Abbiamo chiamato il medico appena abbiamo capito che la situazione
stava
precipitando!”
“Signora,
io ed i miei nipoti vogliamo ringraziarla per tutto quello che lei e
suo marito
avete fatto per Luke, per tutto il lusso di cui l’avete
circondato, lusso al
quale Lukas non era certo abituato, dato che la nostra è una
casa molto
modesta. Quindi non avete nulla di cui rimproverarvi”
– furono le parole
sincere di Jesse.
“Bene”
– aggiunse Bo –“adesso portiamolo in
macchina, dato che dovremo portarlo in
spalla. Lo caricheremo sul Generale Lee.”
“Dì
un po’, ma ti è dato di volta il cervello
Bo?” – disse Boss che fino a quel
momento era stato in silenzio. “Come pensate di far entrare
quel ragazzo dal
finestrino del Generale? Lo porterò io a casa, la mia
Cadillac è a vostra
disposizione”.
“Grazie
Boss, allora prepariamoci” – concluse Jesse.
Daisy
si ricordò che Luke andava a letto solo con i boxer,
perciò suggerì a zio e
cugino che sarebbe stato il caso di rivestirlo prima di portarlo a casa.
“Che
stupido, hai ragione Daisy” – disse Bo.
Così,
si avvicinarono a Luke, gli tolsero le coperte ed ebbero un altro
shock: per
quanto il viso del maggiore dei Duke fosse deperito, non era nulla
rispetto al
resto del corpo: la muscolatura era quasi sparita e le braccia di Luke
sembravano sproporzionatamente lunghe rispetto al resto del fisico.
“Santo
Cielo zio, è pelle e ossa!” –
singhiozzò Bo.
Luke
nel frattempo, senza più le coperte, cominciava a tremare
dal freddo,
nonostante all’interno di quella camera ci fossero
più di 30 gradi.
“Vi
prego….ridatemi le mie coperte….sono
congelato….vi prego!” – supplicava Luke.
“Figliolo,
io e tuo cugino faremo alla svelta. Adesso ti rivestiremo e torneremo a
casa” –
disse Zio Jesse.
Fu
un’impresa rivestirlo, dato che sia i jeans che la camicia
gli stavano
larghissimi, è come se avessero infilato un bambino negli
abiti di un adulto.
“Ok
Luke, adesso sei pronto a partire! Enos, Cooter, datemi una mano, lo
portiamo
in macchina!” – ordinò Bo.
“Io
intanto vado a prendere altre coperte nel caso in cui dovesse avere
freddo,
dato che la macchina di Boss è scoperta”
– disse Rosco.
Mentre
lo sollevavano, Luke passò davanti ai Signori Freeman: Luke
chiese ai tre
uomini che lo stavano portando, di fermarsi un attimo, dato che voleva
salutarli:”Signori Freeman, grazie….non
dimenticherò quello che avete fatto per
me! Ci saranno sempre due coperti alla tavola di zio Jesse per
voi!”
“Tu
piuttosto non dimenticarci e ricordati che questa cameretta
sarà sempre tua!” –
dissero in coro Janet e Robert.
Bo,
Enos e Cooter, arrivarono finalmente alla macchina di Boss; Bo
lasciò Luke
nelle mani di Enos e Cooter (magro com’era, non si faceva
fatica a
sollevarlo!), si sedette sul sedile posteriore e disse ai due
amici:”Fatelo
sdraiare, mettetegli la testa sulle mie ginocchia. Boss, metti in
moto…si torna
a casa!”
Bo
accudì il cugino durante tutto il tragitto; si ricordava
infatti delle parole
lette sul suo diario:”Dio solo sa quanto anch’io
abbia bisogno di affetto!”
“Luke
hai freddo? Devo dire a Boss di rallentare? Stai meglio? Hai bisogno di
qualcosa?”
“Stai
tranquillo…..e
grazie….e….perdonami….”furono
le parole di Luke.
“Perdonarti…..e
di che? Noi fratellini minori serviremo pure a qualcosa, ti
pare?” – Bo strizzò
l’occhio a Luke mentre pronunciava queste parole….
Una
volta arrivati alla fattoria, il maggiore dei Duke fu portato nel suo
letto.
Immediatamente Bo tolse il comodino che separava i due letti e
avvicinò il suo
a quello del cugino, in modo che, se durante la notte, Luke avesse
avuto
bisogno, lui sarebbe stato pronto ad assisterlo.
“Luke”
– disse zio Jesse – “bentornato! Ci sei
mancato molto, sai? Se non avesse
telefonato la Signora Freeman, saremmo venuti noi a cercarti ad Atlanta
o
Savannah. Noi ti vogliamo bene, tutti quanti, anche se a volte non te
lo
dimostriamo!”
Facendo
un calcolo mentale e ripensando alle parole appena pronunciate da zio
Jesse,
Luke si rese conto che, durante la sua assenza, i suoi parenti avevano
letto il
diario; in un altro momento avrebbe sbottato che quello era il suo
diario e che
nessuno aveva il diritto di leggerlo, ma quella volta Luke tacque,
capiva che i
suoi cari non meritavano i musi lunghi….
“Zio,
ti prego, prendi quella busta che c’è nella tasca
dei miei pantaloni e
aprila..” – disse Luke.
Zio
Jesse l’aprì e ci trovò
all’interno 1.500,00 dollari!!! Una manna per i
Duke…
“E’
tutto quello che sono riuscito a mettere da parte lavorando dai
Freeman: è per
te, per tutti voi, spendeteli come volete”
Questo
era il modo, molto personale!, di ringraziare di Luke e di dire quanto
fosse
mortificato per quello che aveva fatto!Zio Jesse, Daisy e Bo capirono
che si
sentiva un verme ed accettarono i soldi con un sorriso….
Intanto,
giorno dopo giorno, Luke ricominciava, seppur lentamente, a mangiare:
zio Jesse
preparava appositamente per lui delle appetitose minestre.
Il
primo giorno fu un incubo: Bo mise quattro cuscini sotto la schiena del
cugino
maggiore, in modo che potesse sedersi ed appoggiarsi (non riusciva
ancora ad
alzarsi dal letto), ma appena lo zio gli porse il piatto, tutta la
minestra che
era nel cucchiaio finì sul pigiama nuovissimo che Bo gli
aveva prestato.
Purtroppo
per Luke era uno sforzo anche tenere in mano un cucchiaio.
Appena
vide che il pigiama era sporco, diventò paonazzo per la
vergogna: da anni non
si sbrodolava!
“Scusa
Bo…” furono le sue meste parole….
“Figurati….per
un pigiama. E poi lo lava Daisy, mica io!”
Bo
strizzava l’occhio alla cugina mentre pronunciava queste
parole e lei rispose
con una pacca sulla spalla….
Luke
provò nuovamente a riempire il cucchiaio, ma ancora una
volta, l’intero
contenuto finì nella casacca del pigiama.
“Zio….grazie
per la minestra…..ma sarà meglio che io non mangi
affatto…” – Luke si
vergognava sempre più fissando le macchie che si era
prodotto.
“MA
SCHERZI??? Dico, non avrai mica vergogna di noi! Per qualche macchia,
tutti ci
sporchiamo, vero ragazzi?” – disse Jesse…
“Sì….ma
io…..” – Luke avrebbe voluto nascondersi
sotto una piastrella per la vergogna!
Bo
prese in mano il piatto del cugino, riempì il cucchiaio e
cominciò ad
imboccarlo.
L’imbarazzo
di Luke era totale a quel punto: nessuno l’aveva mai
imboccato da quando era
adulto, infatti la sua bocca rimase ermeticamente chiusa.
“E
dai Luke, non fare il bambino, apri la bocca! Non avrai mica vergogna
del tuo
fratellino, vero? Perché noi siamo sempre fratelli,
giusto?” – disse Bo.
Luke
era commosso: Bo riusciva sempre a risollevargli il morale!
Si avvicinò al cugino minore e gli diede un bacio sulla
guancia: Bo, zio Jesse
e Daisy rimasero allibiti! Non era da Luke palesare a quel modo i
propri
sentimenti!
Nei
giorni seguenti anche Rosco, Bo e Lou Lou arrivarono alla fattoria;la
Signora
Hogg aveva portato in dono a Luke un intero guardaroba con abiti della
sua
nuova taglia.
“Spero
che dovrai buttare tutto quanto molto presto figliolo”
– furono le parole di
Lou Lou –“ almeno vorrà dire che sarai
tornato ad essere il ragazzone che eri!”
“Anch’io
e Rosco speriamo che tu torni ad essere come prima, altrimenti a chi
facciamo
la multa? Le casse municipali sono vuote!!” – disse
Boss fingendosi
arrabbiato….
La
solita vita era ricominciata ad Hazzard….