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Autore: Marzia1969    08/01/2009    4 recensioni
La storia comincia con una bella o forse dovrei dire una brutta litigata fra i due bellissimi cugini al garage di Cooter. Strada facendo, il racconto diventerà quasi drammatico, anche se, ovviamente, in puro stile Hazzard, non mancherà l'Happy End!!!
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Atlanta on theRoad.

Le condizioni di salute di Luke peggioravano rapidamente: rifiutava costantemente il cibo e, a volte, per non far preoccupare la Signora Freeman che si era affezionata a lui come ad un figlio, faceva in modo di mangiare in orari diversi dai suoi, così, lontano da occhi indiscreti, poteva gettare l’intero pranzo o cena nella pattumiera. Questo, non certo perché Janet fosse una pessima cuoca, al contrario, era Luke, che a causa di tutto quel fumo che respirava quotidianamente, cominciava ad avere dei seri problemi di salute….

Inoltre, nella mente del ragazzo, cominciava a farsi strada il rimorso:”Ho abbandonato zio Jesse, Daisy, Bo e tutti i miei amici più cari da quasi sei mesi e non mi sono mai degnato di far loro una telefonata, anche solo per dirgli che sto, o forse dovrei dire, che stavo bene e che, alla fine, avevo deciso di venire ad Atlanta e non a Savannah….Che penseranno di me? Zio Jesse e Bo riusciranno a mandare avanti la fattoria da soli? Ma come ho fatto ad essere così incosciente?? Non ho neppure aspettato che Bo rientrasse prima di andarmene, sono fuggito come un ladro. Che penseranno di me a casa?”

Questi pensieri, o meglio, questi rimorsi, insieme al totale rifiuto del cibo, stavano minando seriamente la salute di Luke.

Il quale, per altro, non aveva ancora perso un solo giorno di lavoro. Ogni sera, alle 8 in punto, scendeva al bar, dove la clientela e, ahimè i fumatori incalliti (soprattutto fumatori di sigari il cui odore dava fastidio a Luke in modo particolare!), riempivano il locale.

Ora però, faceva sempre più fatica a svolgere il suo compito: spesso e volentieri, vinto dalla debolezza, doveva sedersi dietro il bancone del bar e, un paio di volte, aveva pure rischiato di svenire.

I Signori Freeman (anche Robert, marito di Janet, era molto affezionato a Luke), un giorno lo presero da parte e gli chiesero come mai fosse così magro e così pallido.

“Figliolo mangi?” – chiese Janet.

“Sissignora, cioè….non mangio molto….ma qualcosa riesco a mandar giù….” – fu la risposta, non sincera, di Luke.

Erano più di 5 giorni che non mangiava assolutamente nulla e, i risultati di quella denutrizione, si fecero vedere quanto prima….

Dopo una settimana, il ragazzo era a letto, esausto, senza neppure avere la forza di muovere un dito, figuriamoci di andare al lavoro.

La Signora Freeman chiamò immediatamente il Dottor Collins, il medico di famiglia, il quale, senza troppi giri di parole disse a Janet:”Jan, l’aria di Atlanta e il fumo del tuo locale non si addicono a questo ragazzo. Io posso prescrivergli delle medicine, ma, la cosa migliore, sarebbe che ritornasse a casa sua al più presto. Se rimane qui, non durerà molto….”

Janet era spaventatissima; non voleva perdere Luke, non solo perché da quando c’era lui, il suo conto in banca era lievitato, ma soprattutto perché lei e Robert avevano trovato nel maggiore dei Duke, quel figlio che non avevano mai potuto avere.

“Janet” – proseguì il Dottor Collins “so che tu e Robert volete bene a Luke ed è proprio per questo motivo che dovete lasciarlo andare. Questo posto non è adatto a lui. Ricordo com’era questo ragazzo appena arrivato ad Atlanta: ora non è che l’ombra di se stesso…..”

Janet, seppur mestamente, espose a Robert la teoria di Collins ed il marito non fece che appoggiare quanto detto poco prima dal Dottore:”Janet, il medico ha ragione. Quel ragazzo è ridotto ad uno straccio! Se gli vogliamo bene, dobbiamo chiamare i suoi parenti perché vengano a riprenderselo. Ci mancherà moltissimo, ma non possiamo fare altrimenti…”

I Signori Freeman dissero a Luke quello che avevano saputo da Collins, ma il ragazzo li supplicò di non chiamare casa.

“Perché figliolo? Sei qui da sei mesi, saranno contenti di rivederti!” – disse Robert.

Luke, vergognandosi come un ladro, raccontò ai coniugi Freeman il modo in cui aveva lasciato la fattoria e soprattutto disse loro che, da quando se n’era andato, non si era mai preso il disturbo di fare una chiamata ai suoi familiari.

“Capite ora perché non voglio che telefoniate a casa mia? Non mi sono fatto sentire per tutto questo tempo; non mi sembra giusto tornare a bussare alla loro porta solo perché adesso sono in difficoltà…” – disse Luke.

“Luke, noi ti capiamo, ma, credimi, è per il tuo bene. Telefonerà Janet, non preoccuparti. Lei sa trovare le parole giuste e sono sicuro che anche loro capiranno” – disse Robert.

Luke, ormai, non era più in grado neppure di alzarsi dal letto o di discutere le decisioni prese dai Signori Freeman, era ridotto ad un uccellino. Janet vedeva fallire i suoi sforzi ogni volta che provava a fargli mangiare qualcosa.

Nel frattempo, alla fattoria, anche zio Jesse deperiva.

Era amareggiato dall’atteggiamento di Luke, ma, soprattutto, si sentiva in debito con Enos e Cooter, i quali continuavano a lavorare i campi gratis.

“Un giorno o l’altro andrò a cercare quell’imbecille, anche a costo di attraversare palmo a palmo tutta la Georgia e quando l’avrò trovato, non gliela farò passare liscia.

Te lo giuro zio! Gli rinfaccerò tutto quello che abbiamo dovuto sopportare in questi sei mesi!!!” – furono le parole amarissime e giustificatissime di Bo, il quale, aveva la schiena a pezzi dal lavoro….

Proprio in quel momento, il telefono squillò alla fattoria…

“LUKE!” fu il coro di Jesse, Bo, Daisy, Enos e Cooter.

Fu Bo a rispondere. Per una volta fu più veloce di zio Jesse…

“Casa Duke, sono Bo”

“Buongiorno Bo, io sono Janet Freeman, chiamo da Atlanta. Tu non mi conosci, ma io, in un certo senso, conosco te e la tua famiglia, dato che, da sei mesi, tuo cugino Luke abita qui con me e mio marito…”

“Ah davvero? Abita con lei? E mi dica, sua Altezza Imperiale mio cugino Luke, sta bene? E’ ancora vivo? Scusi se le sembro maleducato, ma la persona in questione, da quando se n’è andata di casa, non si è mai degnata di farsi sentire….”

“…infatti non voleva che vi telefonassi proprio per il motivo che dici tu. Io però ho insistito, dato che Luke sta molto, molto male….”
”COOOOOOSAAAAAAA?????? LUKE STA MALE???? E COS’HA IL MIO FRATELLONE?” – urlò Bo preoccupatissimo.

In due secondi aveva dimenticato sei mesi di arrabbiature: gli era bastato sentire che Luke stava male, per scordarsi di tutto.

“LUKE STA MALE???” – ripeterono anche tutti i presenti in casa Duke.

“Vi prego, venite subito. Abito ad Atlanta, al numero 205 di Mason Street, il mio appartamento si trova sopra al Bar “Atlanta on the Road”. E’ molto conosciuto, non vi sarà difficile trovarlo…..”.

“Va bene, grazie signora, il tempo di organizzarci ed arriviamo. Arrivederci!”

Bo riattaccò.

Per lui cominciarono le domande da parte di Daisy, Cooter, Enos e zio Jesse.

“Ma ti ha detto che cos’ha esattamente?” chiese lo zio.

“No, mi ha detto di andare subito da lei, perché Luke sta male”.

Zio Jesse era sempre più a pezzi.

Enos nel frattempo chiamò Rosco e Boss per informarli della novità e i due si unirono alla spedizione che partì verso Atlanta.

Janet aveva ragione: il suo bar era molto conosciuto (grazie anche ai cocktails di Luke), così i Duke e amici al seguito, non tardarono a trovarlo.

Zio Jesse fu il primo ad entrare nel locale:”Lei deve essere la Signora Freeman, vero? La ringrazio per aver ospitato mio nipote per tutto questo tempo. Io sono Jesse Duke” – disse il patriarca togliendosi il cappellino rosso.

“Venite, vi porto da lui” – disse Janet.

Bo saliva gli scalini tre alla volta per arrivare prima.

E finalmente arrivarono da Luke.

“OH MIO DIO!!” – gridarono tutti, Boss compreso.

Quello che videro sdraiato nel letto, con le coperte tirate fino sotto il mento nonostante il caldo asfissiante di quella giornata di giugno, era un ragazzo magrissimo e pallido, un pallore reso ancora più evidente dai capelli scuri.

Gli occhi sembravano diventati più grandi in quel viso troppo piccolo, come dilatati….

“Luke…..oh mio Dio…Luke” – disse Bo fra i singhiozzi…..

“Perdonatemi….tutti…..vi prego….” – disse Luke con la voce resa debole dalla denutrizione….

“Perdonarti di cosa, figliolo? Adesso ti portiamo a casa” – zio Jesse tratteneva a stento le lacrime….

“Ehi amico!” furono le parole di Enos e Cooter.

Daisy, Rosco e Boss avevano gli occhi lucidi in fondo alla stanza….

“Signor Duke, Bo, vi dispiacerebbe venire qui un attimo?” – chiese Janet.

I due uomini si avvicinarono alla signora Freeman, la quale disse loro:”Vi prego di credermi che io e mio marito abbiamo fatto tutto il possibile per convincere Luke a mangiare, ma purtroppo tutti i nostri tentativi sono stati inutili. Abbiamo chiamato il medico appena abbiamo capito che la situazione stava precipitando!”

“Signora, io ed i miei nipoti vogliamo ringraziarla per tutto quello che lei e suo marito avete fatto per Luke, per tutto il lusso di cui l’avete circondato, lusso al quale Lukas non era certo abituato, dato che la nostra è una casa molto modesta. Quindi non avete nulla di cui rimproverarvi” – furono le parole sincere di Jesse.

“Bene” – aggiunse Bo –“adesso portiamolo in macchina, dato che dovremo portarlo in spalla. Lo caricheremo sul Generale Lee.”

“Dì un po’, ma ti è dato di volta il cervello Bo?” – disse Boss che fino a quel momento era stato in silenzio. “Come pensate di far entrare quel ragazzo dal finestrino del Generale? Lo porterò io a casa, la mia Cadillac è a vostra disposizione”.

“Grazie Boss, allora prepariamoci” – concluse Jesse.

Daisy si ricordò che Luke andava a letto solo con i boxer, perciò suggerì a zio e cugino che sarebbe stato il caso di rivestirlo prima di portarlo a casa.

“Che stupido, hai ragione Daisy” – disse Bo.

Così, si avvicinarono a Luke, gli tolsero le coperte ed ebbero un altro shock: per quanto il viso del maggiore dei Duke fosse deperito, non era nulla rispetto al resto del corpo: la muscolatura era quasi sparita e le braccia di Luke sembravano sproporzionatamente lunghe rispetto al resto del fisico.

“Santo Cielo zio, è pelle e ossa!” – singhiozzò Bo.

Luke nel frattempo, senza più le coperte, cominciava a tremare dal freddo, nonostante all’interno di quella camera ci fossero più di 30 gradi.

“Vi prego….ridatemi le mie coperte….sono congelato….vi prego!” – supplicava Luke.

“Figliolo, io e tuo cugino faremo alla svelta. Adesso ti rivestiremo e torneremo a casa” – disse Zio Jesse.

Fu un’impresa rivestirlo, dato che sia i jeans che la camicia gli stavano larghissimi, è come se avessero infilato un bambino negli abiti di un adulto.

“Ok Luke, adesso sei pronto a partire! Enos, Cooter, datemi una mano, lo portiamo in macchina!” – ordinò Bo.

“Io intanto vado a prendere altre coperte nel caso in cui dovesse avere freddo, dato che la macchina di Boss è scoperta” – disse Rosco.

Mentre lo sollevavano, Luke passò davanti ai Signori Freeman: Luke chiese ai tre uomini che lo stavano portando, di fermarsi un attimo, dato che voleva salutarli:”Signori Freeman, grazie….non dimenticherò quello che avete fatto per me! Ci saranno sempre due coperti alla tavola di zio Jesse per voi!”

“Tu piuttosto non dimenticarci e ricordati che questa cameretta sarà sempre tua!” – dissero in coro Janet e Robert.

Bo, Enos e Cooter, arrivarono finalmente alla macchina di Boss; Bo lasciò Luke nelle mani di Enos e Cooter (magro com’era, non si faceva fatica a sollevarlo!), si sedette sul sedile posteriore e disse ai due amici:”Fatelo sdraiare, mettetegli la testa sulle mie ginocchia. Boss, metti in moto…si torna a casa!”

Bo accudì il cugino durante tutto il tragitto; si ricordava infatti delle parole lette sul suo diario:”Dio solo sa quanto anch’io abbia bisogno di affetto!”

“Luke hai freddo? Devo dire a Boss di rallentare? Stai meglio? Hai bisogno di qualcosa?”

“Stai tranquillo…..e grazie….e….perdonami….”furono le parole di Luke.

“Perdonarti…..e di che? Noi fratellini minori serviremo pure a qualcosa, ti pare?” – Bo strizzò l’occhio a Luke mentre pronunciava queste parole….

Una volta arrivati alla fattoria, il maggiore dei Duke fu portato nel suo letto. Immediatamente Bo tolse il comodino che separava i due letti e avvicinò il suo a quello del cugino, in modo che, se durante la notte, Luke avesse avuto bisogno, lui sarebbe stato pronto ad assisterlo.

“Luke” – disse zio Jesse – “bentornato! Ci sei mancato molto, sai? Se non avesse telefonato la Signora Freeman, saremmo venuti noi a cercarti ad Atlanta o Savannah. Noi ti vogliamo bene, tutti quanti, anche se a volte non te lo dimostriamo!”

Facendo un calcolo mentale e ripensando alle parole appena pronunciate da zio Jesse, Luke si rese conto che, durante la sua assenza, i suoi parenti avevano letto il diario; in un altro momento avrebbe sbottato che quello era il suo diario e che nessuno aveva il diritto di leggerlo, ma quella volta Luke tacque, capiva che i suoi cari non meritavano i musi lunghi….

“Zio, ti prego, prendi quella busta che c’è nella tasca dei miei pantaloni e aprila..” – disse Luke.

Zio Jesse l’aprì e ci trovò all’interno 1.500,00 dollari!!! Una manna per i Duke…

“E’ tutto quello che sono riuscito a mettere da parte lavorando dai Freeman: è per te, per tutti voi, spendeteli come volete”

Questo era il modo, molto personale!, di ringraziare di Luke e di dire quanto fosse mortificato per quello che aveva fatto!Zio Jesse, Daisy e Bo capirono che si sentiva un verme ed accettarono i soldi con un sorriso….

Intanto, giorno dopo giorno, Luke ricominciava, seppur lentamente, a mangiare: zio Jesse preparava appositamente per lui delle appetitose minestre.

Il primo giorno fu un incubo: Bo mise quattro cuscini sotto la schiena del cugino maggiore, in modo che potesse sedersi ed appoggiarsi (non riusciva ancora ad alzarsi dal letto), ma appena lo zio gli porse il piatto, tutta la minestra che era nel cucchiaio finì sul pigiama nuovissimo che Bo gli aveva prestato.

Purtroppo per Luke era uno sforzo anche tenere in mano un cucchiaio.

Appena vide che il pigiama era sporco, diventò paonazzo per la vergogna: da anni non si sbrodolava!

“Scusa Bo…” furono le sue meste parole….

“Figurati….per un pigiama. E poi lo lava Daisy, mica io!”

Bo strizzava l’occhio alla cugina mentre pronunciava queste parole e lei rispose con una pacca sulla spalla….

Luke provò nuovamente a riempire il cucchiaio, ma ancora una volta, l’intero contenuto finì nella casacca del pigiama.

“Zio….grazie per la minestra…..ma sarà meglio che io non mangi affatto…” – Luke si vergognava sempre più fissando le macchie che si era prodotto.

“MA SCHERZI??? Dico, non avrai mica vergogna di noi! Per qualche macchia, tutti ci sporchiamo, vero ragazzi?” – disse Jesse…

“Sì….ma io…..” – Luke avrebbe voluto nascondersi sotto una piastrella per la vergogna!

Bo prese in mano il piatto del cugino, riempì il cucchiaio e cominciò ad imboccarlo.

L’imbarazzo di Luke era totale a quel punto: nessuno l’aveva mai imboccato da quando era adulto, infatti la sua bocca rimase ermeticamente chiusa.

“E dai Luke, non fare il bambino, apri la bocca! Non avrai mica vergogna del tuo fratellino, vero? Perché noi siamo sempre fratelli, giusto?” – disse Bo.

Luke era commosso: Bo riusciva sempre a risollevargli il morale!
Si avvicinò al cugino minore e gli diede un bacio sulla guancia: Bo, zio Jesse e Daisy rimasero allibiti! Non era da Luke palesare a quel modo i propri sentimenti!

Nei giorni seguenti anche Rosco, Bo e Lou Lou arrivarono alla fattoria;la Signora Hogg aveva portato in dono a Luke un intero guardaroba con abiti della sua nuova taglia.

“Spero che dovrai buttare tutto quanto molto presto figliolo” – furono le parole di Lou Lou –“ almeno vorrà dire che sarai tornato ad essere il ragazzone che eri!”

“Anch’io e Rosco speriamo che tu torni ad essere come prima, altrimenti a chi facciamo la multa? Le casse municipali sono vuote!!” – disse Boss fingendosi arrabbiato….

La solita vita era ricominciata ad Hazzard….

THE END Spero vi sia piaciuta! Grazie come al solito a chi vorrà leggere e recensire!

  
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