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Autore: creative66    10/01/2009    2 recensioni
La luna si specchiava spettrale sulla superficie del Lago Nero, argentea e immobile. Appoggiato a un albero stava lui, lo sguardo perso a osservare le onde impercettibili mosse dal vento, con la mente in pensieri troppo difficili da sostenere, e tra le mani l'ultimo ricordo di qualcosa che forse aveva solamente immaginato. L'ultimo ricordo di lei. La mia prima fanfiction, su Severus Piton e Lily Evans, ambientata durante il loro ultimo anno a Hogwarts. E' incompleta, aggiungerò altri capitoli successivamente.
Genere: Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: James Potter | Coppie: Lily/Severus
Note: What if? (E se ...) | Avvertimenti: nessuno
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La lezione di Pozioni era la preferita di Severus, l’unica materia in cui sentiva di realizzare veramente se stesso: riusciva perfettamente anche in tutte le altre materie, ma solo quando si trovava a contatto con provette e filtri sapeva di avere a che fare con qualcosa di più.
Così, almeno per metà mattina, riuscì a distogliere l’attenzione dai suoi pensieri e, quindi, da Lily.
Uscendo dai sotterranei per recarsi sulla Torre d’Astronomia, comunque, tornò a riflettere e si compiacque del fatto che in fondo fosse riuscito a dimenticarsi di lei per due ore, immerso com’era nella pozione che stava preparando: sicuramente, se avesse tenuto la mente occupata fino alla fine dell’anno, sarebbe riuscito a cavarsela e soprattutto a mantenere la sua salute mentale intatta.
Si sentiva diverso, come se in lui ci fosse un nuovo coraggio, una nuova speranza che improvvisamente gli facesse sembrare tutto così facile, come se tutte le sue preoccupazioni fino ad allora in fondo fossero state inutili.
Immerso nei suoi ragionamenti gli passò di mente il fatto che anche Grifondoro seguisse la stessa lezione di Astronomia, e così, per la seconda volta in due giorni, si sorprese quando udì la voce di Lily vicino a lui.
«Ciao. Come ti senti oggi, meglio? » disse lei con un tocco di acidità, ricordando il modo in cui Severus si era rivolto a lei il giorno prima, lasciandola da sola sotto quell’albero.
«Ciao Lily» disse lui cercando di soffocare il groppo che gli si era formato in gola non appena l’aveva vista, e maledicendo se stesso e la sua scarsa capacità di contenersi. «Io sto bene, e tu? Ieri non ti ho più vista a cena, credevo che ci saremmo visti, dopo.»
«Scusa, ma non mi sembrava il caso di rimanere a parlare, date le circostanze.»
«Ascolta, Lily» disse lui prendendola da parte mentre il resto degli studenti saliva la scala a pioli che portava alla Torre. «Mi dispiace davvero per quello che è successo ieri mattina, non so cosa mi sia preso. Non volevo trattarti in quel modo e ti prometto che da oggi in poi farò uno sforzo per cercare di…sopportare Potter. Te lo prometto».
Nel momento esatto in cui pronunciò quelle parole, che rimbombavanoo amare nella sua mente mentre uscivano dalla sua bocca, si rese conto di quanto si sforzasse a dirle, e di quanto in realtà fossero vuote.
Non avrebbe mai potuto accettare davvero che Lily stesse con James, era assolutamente l’esatto opposto di ciò che voleva.
Come poteva volere che la ragazza che amava stesse con un altro ragazzo? Anzi, con Potter, la persona che odiava di più al mondo.
In quel momento capì quanto sarebbe stato terribilmente lungo quel mese che si era aspettato di superare senza alcuna difficoltà.
«Severus, sono sconvolta» disse lei con un’espressione stupita ma indubbiamente felice «non posso crederci, sono veramente fiera di te! Non hai idea di quanto significhi questo per me!».
Gli diede un bacio sulla guancia, un bacio che fu più tagliente di una lama sul viso, perché Severus sapeva che ciò che aveva provato lui in quel momento certamente non rispecchiava i sentimenti di Lily: per lei era stata una semplice dimostrazione di amicizia, per lui si trattava dell’ennesima fitta al cuore e dell’ennesima costatazione delle sue illusioni.
«Stai tranquilla, andrà tutto bene.» riuscì semplicemente a dire, abbracciandola e cercando di ricacciare in giù quelle lacrime che stavano cominciando a raggiungere i suoi occhi.
Ma a spezzare quel momento magico, che Severus avrebbe voluto durasse per sempre, irruppe una voce proveniente dalla porta dell’aula, una voce che a Severus risultava più fastidiosa di un secchio d’acqua ghiacciata in faccia, ogni volta che la sentiva.
«Lily, sono qui!» disse James Potter dal fondo dell’aula mentre si faceva largo tra i banchi per raggiungere il suo posto.
«Sì arrivo» disse Lily, e poi, rivolgendosi a Severus «ehi, perché non vieni a salutare James? Dovrai pure farlo questo primo passo, no?».
Mentre cercava una risposta che non sembrasse troppo scortese a quella domanda – non aveva nessuna intenzione di andare a “salutare” l’odiato Potter – il professore entrò nell’aula intimando gli studenti all’ordine.
Severus non fu mai così felice di cominciare una lezione di Astronomia, così disse semplicemente a Lily:
«Ne parliamo alla fine della lezione, okay?» e cercò di abbozzare un sorriso rassicurante che fortunatamente Lily interpretò come sincero.

Per tutta la durata della lezione Severus cercò di concentrarsi sulle parole del professore, come aveva fatto per la lezione precedente, ma ogni singolo momento sentiva la presenza di Lily, seduta qualche fila più indietro di lui, seduta accanto a James, il “suo ragazzo”.
C’era qualcosa di terribilmente fastidioso e “sbagliato” in quella frase, non riusciva nemmeno a ripetersela nella mente per quanto faceva male.
Sentiva come un senso di soffocamento, la sensazione di essere in trappola e di non potere scappare.
Perché ogni volta che la guardava negli occhi, aveva come l’impressione che lei riuscisse a leggergli nel profondo dell’anima, a conoscere tutti i suoi pensieri.
Si sentiva scoperto e vulnerabile, ed era la prima volta che si sentiva veramente così a disagio nella stessa stanza con lei.
Si rendeva conto dell’assurdità di tutto ciò che stava provando, e capiva sempre di più quanto fosse instabile la sua situazione.
In preda al panico, finita l’ora di Astronomia, si precipitò giù dalle scale per correre via, via da tutto, via dall’angoscia, cercando solo uno spazio tranquillo dove riflettere lucidamente.
Ma in una frazione di secondo, inciampò goffamente sul mantello, troppo lungo, cadendo rovinosamente dalla scala, con un nitido rumore di ossa rotte.
  
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