Capitolo
11
Seguire il suo
sguardo...
affamato e arrossire è un tutt’uno al tempo stesso imbarazzato ed
eccitato.
Il pensiero,
traditore, corre
di propria volontà, senza alcuna autorizzazione da parte sua, a
immagini e
sensazioni ancora vivide sulla propria pelle.
E il cuore gli fa
un balzo in
avanti in mezzo al petto insieme ad un’altra parte del suo corpo, che
chiamata
in causa, inizia a pulsare e ad agitarsi come a testimoniare la propria
presenza.
Sente di arrossire
ancora di più,
incapace di controllare l’incipiente erezione che gli si sta gonfiando
tra le
gambe, a malapena celata dalla stoffa leggera del pigiama.
Rilascia un respiro
a metà,
immediatamente boicottato tra la gola e le labbra riarse da
un’improvvisa e furiosa
sete.
Ma non ha il tempo
di pensare
di nascondersi, fuggire o tentare qualunque altro gesto per sottrarsi a
quegli
occhi che lo stanno adorando (?) luminosi di desiderio... per lui(?).
Daniel si dà una
spinta con i
fianchi e ritorna eretto, in un unico fluido movimento cancella la
piccola
distanza che lo divide da lui e.... gli sottrae la tazza colma di
caffè,
sfiorandogli appena le dita contratte intorno alla ceramica bollente.
-
Questo
è caffè italiano, non va bevuto in tazzone così grandi. – Gli dice.
Hema
potrebbe giurare di aver trattenuto del tutto il fiato mentre il suono
roco, dolce,
vellutato della sua voce per un istante gli ha riscaldato l’orecchio.
Un
attimo che si interrompe troppo in fretta, lasciandogli uno strano
languore
alla bocca dello stomaco.
Gira su
se stesso mente lo guarda posare le tazze sul ripiano.
Daniel
apre il frigo, prende la bottiglia del latte, richiude la porta.
Dopo di
che estrae un contenitore dal fianco della macchina del caffè, lo
riempie con
il liquido bianco e lo inserisce sotto il beccuccio del vapore.
Armeggia
qualche istante con alcune manopole e un sibilo inizia a gorgogliare,
agitando
e riscaldando il latte.
-
Ti
piace ancora il cappuccino? –
Hema
intanto lo ha affiancato, rapito dall’ennesima sensazione familiare di
una
scena già vista.
Riesce
a cogliere la domanda che l’uomo gli pone solo per un soffio.
Tutto
quel che sa fare è annuire, gli occhi incollati sui suoi gesti sicuri,
incapace
di sollevare la testa e guardarlo.
-
Mi
preparavi sempre il cappuccino a colazione quando eravamo sul set. –
Mormora
rapito, mentre una stretta di nostalgia gli avviluppa improvvisamente
il cuore.
-
Lo
preparavo a tutti. – Si schernisce Daniel con una scrollata di spalle,
quasi
voglia fingere una noncuranza che in realtà non sente affatto.
E sembra
farlo per smussare la confusione che gli giunge dal corpo inquieto
accanto a
sé.
Il
latte gonfio e spumoso raggiunge l’orlo del contenitore, spegne la
macchina e
prepara un’altra tazza, più bassa e larga, presa da quelle impilate sul
ripiano.
Vi dosa
la quantità utile di caffè e poi il latte, facendolo cadere con un
gesto
preciso della mano, riempiendola fino all’orlo.
Poi
apre un cassetto alla sua sinistra, recupera una sorta di lungo
stuzzicadenti e
lo utilizza a mo’ di matita per disegnare qualcosa sulla spuma bianca e
marrone.
Un
cuore e una specie di foglia stilizzata che lo avvolge.
Oddio,
disgustosamente romantico!!
Le
iridi di Hema si sgranano.
-
Però
lo decoravi soltanto a me! – Rammenta mentre un brivido gli corre lungo
la
spina dorsale.
Una consapevolezza
racchiusa
da qualche parte tra i suoi ricordi di quel periodo, si fa largo,
sgomitando
d’un tratto chiassosa e prepotente, come se fosse sempre stata là senza
che sia
mai riuscito a farne un collegamento che adesso gli sembra anche troppo
ovvio.
Trova finalmente il
coraggio
di sollevare lo sguardo quel tanto per incontrare la giada brillante
che
continua ad avvolgerlo con un affetto che non si cura affatto di celare.
Daniel accentua
quel suo
sorriso bellissimo che ogni volta gli illumina tutto il volto, e Hema
si rende
conto che ė come
un assenso alla sua affermazione.
Rabbrividisce e
trema nel
bozzolo di calore in cui si sente avvolto.
Ancora un singulto
spezzato
gli sfugge dalle labbra dischiuse.
-
Ogni
mattina disegnavi una cosa diversa! –
-
Ridevi
sempre usando riconoscevi quello che avevo disegnato. –
-
Eri
così bravo... –
-
Ho
avuto un ottimo maestro in un amico di famiglia.... Tieni! –
Gli
porge la tazza e il ragazzo la prende istintivamente con entrambe le
mani, curandosi
di non toccarlo.
Il
calore e il profumo lo raggiungono immediatamente, soffondendogli una
singolare
sensazione di conforto dritta al cuore.
-
Lo
zucchero. –
-
Cosa?
–
-
Devi
zuccherarlo. – Ribadisce mettendogli sotto il naso la zuccheriera.
Il
ragazzo la fissa quasi come se non sapesse cosa sia.
Per
fortuna si riprende in tempo prima di mettere ancora più in evidenza
quanto
possa essere stupido certe volte.
Versa
due cucchiaini nella spuma del cappuccino e il disegno subito si
confonde e si
spezza.
Ci
rimane quasi male.
-
Bevi
piano, è bollente! – Lo avvisa Daniel.
Fa un
passo indietro come a volergli lasciare un po’ di spazio, e si mette a
preparare un altro cappuccino per sé.
Hema
beve a piccoli, cauti sorsi il proprio.
Ma non
distoglie gli occhi dai suoi gesti sicuri.
E’
così… fottutamente sexy!
Oddio,
lo sta pensando!
Di un
uomo.
E lo
sta pensando anche un’altra parte del suo corpo.
Cristo,
non è possibile!!!
Il respiro gli si
blocca in gola e anche il cuore gli si ferma
nell’attesa.
Di cosa non osa
pensarlo, Hema.
Vorrebbe…
Oh Dio, vorrebbe
cancellare quei pochi, troppi centimetri che lo
dividono da lui che, negligentemente, quasi noncurante, se ne sta
poggiato al
tavolo a guardarlo mentre beve il suo cappuccino.
Far scivolare le
braccia sulle sue spalle, dietro il collo.
Premersi contro di
lui e tirarlo verso di sé per fargli capire quanto lo
sta facendo diventare pazzo.
Per spiegargli che
sta bruciando di nuovo e con più virulenza dalla
voglia di sentirselo addosso.
Di avere le sue
mani che lo toccano.
E lo cercano.
E lo sfiorano in
quei posti di cui non ha mai sospettato l’esistenza
prima, e che lo fanno rabbrividire di desiderio e di piacere come non
mai!
Perché a parole non
ne è capace.
Perché non potrebbe
confessarglielo.
Mai.
Non gli è stato
insegnato.
Un uomo non le dice
certe cose.
Meno che mai a un
altro uomo.
D’un tratto ogni
suo scrupolo viene spazzato via quando si ritrova
proprio là dove sta fantasticando da attimi interminabili di essere:
catturato
e avvolto tra quelle braccia prepotenti e morbide.
E’ talmente
frastornato che non si è nemmeno reso conto di quando Daniel
lo ha afferrato per un fianco e lo ha spinto gentile contro di sé,
togliendogli
la tazza semivuota dalle mani.
Se ne rende conto
soltanto nell’istante in cui prende coscienza che il
suo bacino, i muscoli dell’addome e il proprio torace aderiscono a
quelle del
compagno.
Quando il tepore e
il profumo della sua pelle lo avviluppano come un
secondo abbraccio, mandando in tilt le poche briciole di autocontrollo
che
ancora tenta disperatamente di trattenere per non perdere la propria
sanità
mentale.
La tensione
scaturita dall’istintiva, quanto fulminea opposizione a quel
gesto di possesso, scema in un momento, e si ritrova a sgonfiarsi come
un
palloncino.
Si lascia andare
piano, con una cautela immotivata che è solo figlia
della strana, inedita situazione in cui si trova.
Ma si lascia andare.
Perché è quello che
vuole.
La mente
recalcitrante ad ammetterlo subito.
Il corpo, sfacciato
e impudente, che agisce e reagisce a dispetto di
tutto.
Sordo a ogni
buonsenso.
Schiavo soltanto
del proprio istinto e delle proprie esigenze.
Daniel sembra
percepire ognuna delle sue sensazioni.
Impensabile e quasi
incredibile.
Ma pare che riesca
a cogliere ognuna delle sue sfumature.
Perché non lo forza.
Aspetta.
Lo tiene avvinto a
sé, eppure senza pretendere nulla che lui non voglia
concedergli con un po’ di tempo a disposizione.
Lo fissa con quegli
occhi dal colore incredibile, e gli sorride.
Gli sorride e
aspetta.
Che
sia lui di propria volontà a
offrirgli ciò che vuole.
Non deve spingerlo.
Non può
costringerlo come il proprio desiderio gli suggerirebbe se solo
lo lasciasse prendere il sopravvento.
Lo sa che se
soltanto fosse appena solo un poco più aggressivo, Hema si
spaventerebbe e cercherebbe di respingerlo per scappare via.
E’ sempre, ancora,
sull’orlo di un precipizio.
Quasi lo vede, in
bilico tra il lasciarsi andare e il fuggire orripilato
da quel che sta accadendo.
Non lo può
biasimare.
Egli stesso è
disorientato, non lo nega a se stesso, malgrado stia
provando a fingere una spontaneità inedita.
E non sa se Hema
riesce a intuire il suo stato d’animo così come lui
capisce il suo.
E’ insolito, si.
Ma sta accadendo.
E sta accadendo a
lui.
E non gli è mai
successo di provare tutta quell’empatia per qualcuno da
cui è attratto.
La cosa lo
sconvolge e lo rende felice al tempo stesso.
Gli piace.
Gli piace talmente
tanto sentirsi così vicino a quella piccola,
spaventata creatura, spavalda e fragile.
L’istinto lo spinge
a volerlo proteggere.
La ragione lo frena
e gli impone un controllo difficile.
Non vuole
intimidirlo.
O allontanarlo.
O provocare la sua
suscettibilità.
Gli sembra di dover
camminare sulle famigerate uova.
Lo sente esalare un
piccolo, tremulo respiro tra le labbra schiuse e si
strappa ai propri pensieri per concentrarsi di nuovo su di lui.
Hema solleva le
mani sulle sue spalle, con il dorso sfiora i lati del
collo, sale su a disegnare il profilo delle guance, ispide del primo
velo di
barba del mattino.
Rabbrividisce a
quel contatto perché lo stomaco gli si contorce,
spandendogli uno spasmo a fior di pelle.
Giunge ai confini
delle belle labbra che, irriverenti, ancora sono
incurvate in quel sorriso un po’ sornione, un po’ allusivo di oscure,
deliziose
promesse.
Si spinge tutto
contro di esse come richiamato irresistibilmente da un
bisogno impellente.
Vi posa le proprie,
riarse e affamate.
Le posa soltanto.
E subito il tepore
dolce del fiato di Daniel lo coglie.
Gli invade la
bocca, riportandogli alla mente i ricordi e le sensazioni,
vividi e recenti, dei mille baci che ha ricevuto e che ha accolto.
A cui si è aperto
dapprima con l’incertezza dell’ignoto, e che si è
trasformata presto in eccitazione, voglia di divorare, assaggiare,
succhiare,
assorbire.
Dio, si sente
piegare le ginocchia al solo pensarci!
Daniel sospinge un
poco il capo, invitandolo a concretizzare il contatto
tra loro.
E al tempo stesso
gli offre l’opportunità di sottrarsi in qualunque
momento, semmai volesse tirarsi indietro.
Semmai all’ultimo
momento non se la sentisse.
Ma Hema non ha
nessuna intenzione di farlo.
Beve il suo
respiro, serra le mani intorno al suo volto e schiude le
labbra, offrendoglisi senza alcuna riserva.
Sta bruciando di
nuovo, ed è una sensazione che ormai sa riconoscere
perfettamente e a cui dalla notte prima non sa e non vuole più
sottrarsi.
Daniel risponde al
suo invito e lo stringe a sé un po’ di più.
Lo sfiora con una
carezza delicata, lenta.
Con la punta della
lingua gli ridisegna il contorno delle labbra, si
sospinge nella sua bocca calda e umida, lo assaggia e lo esplora.
Finalmente!
In risposta Hema
gli allaccia le braccia intorno al collo e gli aderisce
addosso sollevandosi sulle punte dei piedi.
Si perde in quel
bacio al sapore di caffelatte e di lui, mentre lo
rincorre, lo imita, indulge e si rituffa ansioso.
Non c’è spazio tra
i loro corpi.
Né aria.
Il fiato si
accorcia e si spezza.
C’è tanto calore e
vertigini e cuori che battono.
Per un momento
l’esigenza di respirare li costringe a staccarsi.
Ma solo di pochi
millimetri.
La fronte dell’uno
premuta contro quella dell’altro, si respirano e si
guardano.
Daniel sposta i
fianchi, flette un po’ le ginocchia per abbassarsi, e
manda la propria erezione pulsante a strofinarsi contro quella
altrettanto
evidente di lui sotto la leggera stoffa del pigiama.
Il ragazzo
sussulta, rimanendo senza fiato.
Si immobilizza per
un istante, il dolore del contatto che gli fiacca le
gambe.
Poi vi si sospinge
alla ricerca di maggiore frizione.
A momenti si sente
esplodere il petto e lo stomaco per il piacere che ne
riceve.
E non sembra essere
diverso per il compagno, che emette un sibilo tra i
denti d’un tratto serrati.
Daniel fa scorrere
le proprie mani lungo la sua schiena, infila le dita
nell’orlo del pantaloni, appena stretti dalla coulisse, legata sul
davanti.
Raggiunge il suo
sedere senza incontrare alcun ostacolo, realizzando che
sotto è nudo.
E’ una
consapevolezza talmente violenta da farlo vacillare.
Si tuffa ancora
sulla sua bocca, imprigionandola in un nuovo, avido
bacio, e al tempo stesso cerca di spingere giù il pigiama che lo divide
dalla
sua pelle bollente.
Il ragazzo
singhiozza.
Libera un braccio e
va a strattonare il laccetto che impedisce al
tessuto di scivolargli via dal corpo.
Armeggia alla cieca
senza riuscire a sciogliere il nodo.
Si stizzisce e
mugola qualcosa di incomprensibile, forse
un’imprecazione.
-
Aspetta! – Gli va
incontro Daniel.
Mette un
poco di spazio tra loro e libera le proprie mani.
Con il
respiro corto guarda giù e afferra la coulisse, districando il
maledetto nodo,
che alla fine si allenta.
-
Daniel, ti prego! –
L’implorazione
è disperata, urgente.
Gli
mette le mani sui fianchi e spinge giù la stoffa, liberando la carne
bollente e
inturgidita del suo membro.
Hema fa
lo stesso con i suoi pantaloni con un gesto convulso e un po’
maldestro, mandando
il tessuto a sfregare contro la punta congestionata del suo pene.
L’uomo
si lascia sfuggire un’imprecazione.
Con una
mano lo afferra dietro il collo e gli richiude la bocca con un bacio
quasi
violento, sicuramente affamato, gli graffia la lingua coi denti, gliela
imprigiona e la succhia vorace, mentre con l’altra cattura in un’unica
morsa
entrambe le erezioni.
Hema
grida nella sua bocca il piacere furioso che gli parte come una scarica
elettrica dai fianchi, irradiandosi su per la spina dorsale.
Cerca di
sottrarsi, inutilmente, intrappolato dalla presa sul collo.
Istintivamente
si oppone e si avvinghia a lui con le braccia, affondandogli le unghie
nella
schiena.
Comincia
a muovere il bacino in sincrono con il movimento della mano di Daniel.
Sente le
sue dita che sfregano la pelle sensibile, strizzano insieme le punte
violacee e
imperlate, che vanno su e giù.
Non
resisterà a lungo se va avanti così.
Non
ce la faccio!
Non
ce la faccio!!
Si
ripete come un mantra, e tutto ciò che esce dalla sua bocca gonfia sono
sospiri
disperati e accenni di parole incomprensibili e rotte.