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Autore: AlexEinfall    17/06/2015    3 recensioni
[Casey/Severide] Prima mia long-fic su questa coppia, che credo abbia un grosso potenziale.
Severide affronta Casey circa il suo comportamento sconsiderato, ma le cose non vanno mai come ci si aspetta. Questo è l'inizio di qualcosa oppure le resistenze e l'antico astio ostacoleranno la loro strada?
Un giorno qualunque alla Caserma 51 è destinato a cambiare ogni cosa.
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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23

Affittare l'anima
 

   Ritti di fronte alla scrivania di Boden, Matt e Kelly condividevano una sensazione davvero spiacevole: sarebbe loro piovuta sulla testa una pioggia di guai.
  Usciti dal seminterrato, Boden aveva rivolto loro appena uno sguardo truce. Qualunque offesa o urlo sarebbe stato migliore che quel terribile e duro silenzio. Il ritorno in Caserma era stato silenzioso su entrambi i camion; nessuno degli uomini delle due squadre aveva osato commentare ciò che era successo. Per la maggior parte aleggiava il terrore del momento in cui la reazione di Boden sarebbe giunta.
  Quando i Tenenti erano stati convocati nell'ufficio, i loro uomini avevano indossato sguardi compassionevoli e spaventati.
  Matt guardava Boden, che guardava entrambi con le mascelle serrate. Non riuscendo più a sopportare l'attesa, parlò prima di potersi frenare.
  «Senta, Capo, so di aver sbagliato-»
  Boden alzò una mano per frenarlo e i suoi occhi si infiammarono.
  «Quando, Casey? Quando hai deciso di entrare senza permesso, o quando hai deliberatemente ignorato un ordine?»
  Matt abbassò il capo istintivamente, vergognandosi della sua attuale posizione.
  «Non so cosa stia succedendo qui» disse Boden, stringendo le mani sulla scrivania. «Prima tu, Casey, ignori il mio ordine di uscire da un edificio in fiamme e menti spudoratamente, poi questo.» Prima di ricevere risposta, Boden si voltò verso Kelly. «E tu, Severide, prendi decisioni di testa tua, mi oltrepassi, lasci il turno e torni dopo un'ora senza una valida ragione. Ora, voglio credere di non aver perso il controllo sui miei due Tenenti, i miei uomini migliori, quelli che dovrebbero avere il buonsenso per comandare. È così?»
  Matt annuì, ma non osò guardare Kelly. Malgrado ciò, avvertì il capo del moro imitarlo. Provò l'istinto di dire la verità, di svelare a Boden la loro relazione. Non era certo che Kelly approvasse la sua intenzione, né che questo non li avrebbe messi in guai peggiori. L'ultima cosa che voleva era che Boden considerasse il loro rapporto qualcosa che ne degenerasse le capacità lavorative, ma non era certo di avere molte alternative.
  «Casey» lo richiamò Boden, spingendolo a guardarlo negli occhi.
   Ciò che vide non gli piacque affatto e sentì il sangue defluirgli dal viso, attendendo parole che non avrebbe mai voluto sentire.
  «Sei sospeso.»
  La verità folgorò la sua mente: Kelly era la cosa più preziosa che aveva. Il suo lavoro e la posizione che aveva guadagnato con così tanta fatica, non erano nulla paragonato a quello che aveva con il suo compagno. Kelly era la persona che lui aveva atteso per tutta la vita, la speranza che non era riuscito ad abbandonare, il sentimento che aveva potuto osservare solo negli occhi di pochi fortunati.
  «Cosa?» sbottò Kelly. «Sta scherzando?»
  «Vuoi essere sospeso ance tu, Severide?» lo sfidò duramente Boden, prima di tornare a Casey. «Ti ho dato tempo, ma a quanto pare hai bisogno di altro riposo. Quello che hai fatto oggi non solo è assurdamente stupido, ma così pericoloso che siete fortunati ad esserne usciti vivi. Non posso rischiare la vita dei miei uomini per i tuoi problemi.»
  «Stranzate» ringhiò Kelly.
  «Kelly» lo ammonì Matt, guardandolo negli occhi.
  Si voltò lentamente verso Boden e, con voce ferma, disse: «Quello che ho fatto oggi lo rifarei mille volte, Capo.»
   Infilò una mano nella tasca dei pantaloni e ne estrasse il distintivo. Per Kelly fu un terribile deja-vu vedere quel pezzo di metallo lasciare le dita di Matt e posarsi sulla scrivania. Eppure questa volta era diverso: non era la disperazione a muovere le sue mani, ma qualcosa di più lucente. Qualcosa che a Kelly sembrava amore.
  «Se essere un vigile del fuoco non vuol dire difendere la vita delle persone a cui tengo, allora non lo sono.»
  Boden si alzò dalla sedia, reggendosi alla scrivania come se cercasse un equilibrio tra le sue emozioni. Kelly guardò con strana fascinazione i due uomini fissarsi negli occhi senza cedere, da un lato abbagliato dalla determinazione di Matt, dall'altro preoccupato per la reazione di Boden a quelle parole.
  «Questo cosa vuol dire? Cosa ti aspetti che faccia?» chiese Boden.
  «Quello che vuole» disse Matt, aprendo le braccia in tono di sfida.
   Kelly lo aveva visto comportarsi così molto raramente, e mai con Boden. Casey non era il tipo di persona che provocava un diretto superiore, soprattutto qualcuno che rispettava; per lui era molto importante ottenere l'approvazione e il rispetto reciproco. Per un attimo fu tentato di intervenire, ma era bloccato dall'indecisione: cosa avrebbe potuto fare? La diplomazia non era il suo forte.
  «Avrei fatto lo stesso» disse di getto, attirandosi due paia di occhi stupiti.
  Guardò fisso Boden, ignorando lo sguardo di Matt.
  «Ci sospenda entrambi, o ci lasci andare.»
  Boden li guardò uno ad uno con un cipiglio confuso a increspargli la fronte.
  «Che diavolo sta succedendo qui?»
  «Non siamo coinquilini» rispose Kelly. «Siamo una coppia.»
  Il cipiglio di Boden divenne più profondo, mentre la sorpresa passava nei suoi occhi scuri. Per secondi che sembrarono eterni, l'aria si congelò e nessuno dei tre uomini riuscì a muovere un muscolo. Matt abbassò lo sguardo appena oltre il volto di Boden e quando tornò ad esso, assistette a un inatteso spettacolo di emozioni scavare tra le rughe e i lineamenti del Comandante.
   Boden si mosse lentamente, rompendo la tenzione, e afferrò il distintivo. Lo guardò e lo tese a Matt, prima di sedersi e sospirare pesantemente.
  «Questo non cambia niente» disse Boden. «Siete sospesi entrambi. Finite questo turno e andate a casa. Schiaritevi le idee e non tornate prima di due turni. Intesi?»



  «Poteva andare peggio, eh?» cercò di scherzare Kelly, appena usciti dall'ufficio di Boden.
  La tensione lasciava i suoi muscoli tanto velocemente da fargli girare la testa. Ma Matt non sembrava in vena di scherzi. Senza dare segno di aver registrato le sue parole, si avviò lungo il corridoio. Kelly lo intercettò, parandogli la strada.
  «Hey, che ti prende?»
  «Niente» mormorò Casey, facendo un passo indietro. «Senti, ho da fare.»
  Cercò di aggirarlo, ma Kelly lo frenò ancora.
  «Ce l'hai con me per quello che ho detto a Boden?»
  Matt lo guardò ferito, ma la rabbia lasciò velocemente i suoi occhi, risucchiata dalla stanchezza. Sospirò e scosse la testa.
   I suoi occhi sembrarono addolcirsi, mentre rispondeva: «No, prima o poi lo avrebbe scoperto. Ho solo bisogno di stare un po' solo, okay?»
  Per Kelly non era affatto okay. Non voleva mostrarlo a Matt, ma si sentiva lievemente ferito dal suo atteggiamento. Aveva lottato per lui, messo in gioco tutto in quell'ufficio, e sentirlo ritirarsi così gli faceva dubitare di aver realmente fatto dei progressi in quelle settimane.
  Alzò le mani in finta resa.
  «Come vuoi» mormorò, noncurante del tono acido e rude.
  Matt lo guardò allontanarsi, schiaffeggiandosi mentalmente. Sapeva che avrebbe dovuto sistemare le cose dopo il turno, ma ora era davvero troppo stanco e confuso per farlo. In un solo giorno aveva messo in gioco la sua vita, il suo lavoro e i suoi affetti per un'unica persona. Era quanto di più ardito avesse mai fatto per qualcuno, Hellie compresa.
   Amava Kelly. Questa ora sembrava l'unica certezza.
   Lo spaventava pensare a cosa sarebbe stato capace di fare per Kelly, ma ora le parole di sua madre acquistavano un senso diverso, che pesava come un macigno.
   Si ritirò nel suo ufficio, chiudendo la porta e abbandonandosi alla sedia. Si massaggiò le palpebre, cercando di far chiarezza nel turbine di emozioni che, dopo l'adrenalinica chiamata, ricadeva nelle sue ossa.





  Kelly decise che starsene con le mani in mano non fosse un'opzione; era molto più allettante concedere finalmente a Shay quel controllo al motore dell'ambulanza che le aveva promesso una settimana prima. Mentre armeggiava nel cofano aperto, gli sembrò di ritrovare il controllo su tutta la situazione. Sapeva che Matt sarebbe tornato da lui e avrebbe chiesto scusa -non per forza verbalmente, anzi probabilmente non verbalmente, ma non gli importava. Conosceva il suo compagno e sapeva che a volte aveva solo bisogno di un po' di spazio per ritrovare la presa sulle sue emozioni. A lui andava bene, in fondo, perché preferiva non spingerlo fino al punto di poterlo attaccare. Non era ancora certo di poterlo dire, ma gli sembrava di cominciare a capire quale fosse il ritmo della loro relazione.
  Nel profondo delle sue paure e delle sue debolezze, tuttavia, la freddezza di Matt l'aveva ferito.
  «Hey.»
  Alzò lo sguardo e trovò Gabriela poggiata al cofano aperto, con un lieve sorriso sul volto.
  «Hey, Dowson» rispose, con un cenno del capo.
  Con uno straccio unto grattò via i residui di olio dalle nocche, stirando al contempo la schiena. Tutta la tensione della giornata cominciava a farsi sentire, ma il turno era ancora lungo e non credeva di riuscire a concedersi il lusso di una veloce dormita. Voleva dare il massimo finché non fosse suonata la sirena di fine turno, dato che non avrebbe lavorato per altri sei giorni.
  «Allora, trovato il problema?»
  «Sì e no» rispose grattandosi la fronte.
  «La cinghia di trasmissione è un po' logora, ma non credo sia tutto qui. Onestamente, a questo affare serve più una rottamazione che una riparazione.»
  «Già, parla col comando centrale» sbuffò Gaby. «Chiedo una nuova ambulanza da quando ho iniziato a usare questa.»
  Kelly rise e fu quasi stupito quando Gaby lo accompagnò. Non avevano mai avuto un buon rapporto - anzi questo era un eufemismo. Era quasi certo che Gabriela, fin dal primo incontro, non avesse mai smesso di odiarlo, eppure ora c'era qualcosa di diverso nello sguardo che gli rivolgeva. Si chiese se anche lui sarebbe stato capace di gioire sapendo che Matt era con la persona che amava, anche se non fosse stato lui. Non ne fu certo e decise di non avventurarsi in quei pensieri.
  «Hey, Severide!» lo richiamò Capp, correndo verso di lui. «Hai visite, qui fuori.»
  Kelly guardò interrogativo Gabriela, quindi si allontanò e uscì nel parcheggio.
  La figura che vide poggiata a un'auto scura lungo il marciapiede gli inviò una scarica nervosa lungo la schiena.
  «Se non hai una nuova pista, meglio che sparisci» disse, avvicinandosi e sfilando dal taschino un pacco di sigarette.
  Voight si staccò dall'auto e gli rivolse un ghigno, prima di scuotere la testa.
  «Sai, a me solitamente piacciono le teste calde, ma prima o poi dovrai moderare i toni con me.»
  Kelly rise con la sigaretta tra i denti, accendendola con indifferenza. Sbuffò una nuvola di fumo in direzione del detective, che non accennò a muoversi. Se avesse dovuto scommettere sulle emozioni dell'uomo, avrebbe detto che lo odiava fino al midollo e che desiderasse rompergli la faccia. Non capiva perché Voight trattenesse il suo sangue caldo con lui, ma immaginò c'entrasse con la volontà di ripulirsi dopo quello che aveva fatto a Matt.
  Era un compromesso che Kelly poteva accettare.
  «Che vuoi, Voight?»
  «Ho sentito dai ragazzi quello che avete fatto oggi, tu e il tuo amico Casey.»
  Kelly represse il moto di rabbia che gli serrò la gola.
  «E sei venuto qui per congratularti o ringraziarci?»
  «Nessuno dei due» disse Voight, infilando la testa nel finestrino dell'auto. Ritirò un fascicolo e lo porse a Kelly, assicurandosi che nessuno li osservasse.
   «Lui è Jeremy, il cognome non conta» spiegò il detective quando Kelly ebbe aperto il fascicolo. «Un piccolo delinquente che stava in banda con il vostro amico di oggi, Jim. Ha parlato subito, incredibile. Lo avete conciato bene.»
  Kelly ignorò il commento, concentrandosi sul volto ritratto in fotografia.
  «E allora? È un piccolo delinquente qualunque.»
  «Invece no» disse Voight, poggiando la schiena alla portiera dell'auto e incrociando le braccia. «Quel piccolo delinquente è in combutta con un pezzo grosso, o meglio uno che crede di esserlo. Il suo nome è Tyrone.»
  «Qual è il punto, Voight?» sputò fuori Kelly, agitando in aria il fascicolo.
  «Il punto è che prendiamo Jeremy, lo portiamo in centrale e lui vede le foto al muro dei Messer. Bingo! Comincia a cantare come se fosse in chiesa.»
  Kelly rischiò di far cadere la sigaretta dalle labbra. La estrasse e la gettò a terra, incurante che fosse solo a metà. Riaprì il fascicolo e guardò ancora la foto di Jeremy.
  «Che cosa ha detto?»
  «Che facendo una consegna per Tyrone ha sentito parlare di questi due italiani. Non sa altro.»
  «Okay» mormorò Kelly.
  Cercò di frenare il tremito delle mani, scosso dall'adrenalina di avere finalmente qualcosa di concreto. Quando alzò gli occhi, vide che Voight aveva aperto la portiera dell'auto.
  «Quando smonti, fammi uno squillo. Andremo a fare una visita a Tyrone» disse. Salì e chiuse la portiera, aggiungendo: «Lascia a casa il tuo Robin. Solo io e te, intesi?»  




  Quando Matt riuscì a ritrovare Kelly tra i corridoi della Caserma, ricevette appena un cenno di saluto. Non era di quelli carichi di astio, perché se fosse stato davvero arrabbiato probabilmente non lo avrebbe salutato, nel migliore dei casi. Nel peggiore...bhe, sarebbe stato un disastro di urla e insulti. Kelly non possedeva la sottile abilità di tenersi le cose per sé o far buon viso a cattivo gioco, o se la possedeva non si curava di sfoggiarla con Matt. E lui, in fondo, lo aveva sempre apprezzato, poiché gli dava la sicurezza di sapere che poteva fidarsi di un suo sorriso.
   Matt sapeva che ora toccava a lui dargli tempo.
   Dopo la sua lunga riflessione -o meglio, i lunghi minuti ad osservare il vuoto delle pareti del suo ufficio- Matt riemerse nella vita della Caserma sentendosi uno stupido. La sua mente ora andava schiarendosi e una doccia fredda riuscì a calmare ogni dissidio interiore.
   Svoltando l'angolo del corridoio, Matt quasi si scontrò con Hermann. L'uomo si ricompose subito e Matt si scusò politicamente, pronto a tornare al suo vagare meditabondo.
  Ma il vigile gli afferrò il gomito. Matt lo guardò confuso e l'altro allentò la presa, scrutandolo a fondo. Erano rare le volte che quel tipo di serietà induriva i lineamenti di Hermann, e Matt non era certo di riuscire ora a reggere qualunque cosa avesse da dirgli.
  Dopo un lungo dialogo di sguardi, Hermann disse: «Quindi tu e Severide, uhm?»
  «Sì» rispose Matt lentamente, cercando di capire se la domanda fosse pervasa da emozioni negative.
  Hermann alla fine annuì e gli diede una pacca sulla spalla. Matt rimase perplesso.
  «Non fare quella faccia, Tenente!» disse l'uomo, tornando luminoso come sempre. «Sono settimane che cerco di tirarvi fuori qualcosa, ma siete come muri. Comunque, buon per voi.»
  «Buon per noi?» chiese Matt, più confuso di prima.
  Hermann fece una smorfia di finta offesa.
  «Cosa? Pensavi che vi avrei messo al rogo? Casey, in questa Caserma non è mai stato un problema chi uno si porta a letto.»
   Matt sentì di star per ridere e cercò di trattenersi, invano. Quello che ne uscì fu una risata gutturale che somigliava a un colpo di tosse. Si sentiva attirato in una strana euforia. In qualche modo, sapere che Hermann non aveva cambiato idea sulla sua persona lo faceva sentire leggero.
  «Non credo che il comandante pensi la stessa cosa.»
  «Cosa?» chiese Hermann, accigliandosi. «Tu non conosci Rey Filson?»
  Matt scosse la testa e vide l'altro vigile ridere di grosso.
  «Casey, quello è uno dei migliori amici di Boden. Qualche anno fa erano inseparabili. L'unica volta che Boden ha fatto da testimone a delle nozze sono state le sue.»
  «E allora?»
  «E allora, era un matrimonio con due sposi» disse Hermann, strizzandogli l'occhio. «Rey e Phillip erano l'unica coppia non scoppiata della Caserma.»
  Matt battè le palpebre più volte, sentendosi improvvisamente stupido. Ora le sue paranoie gli sembravano ridicole e infantili. Hermann gli battè ancora una mano sulla spalla, ridendo del suo stupore.
  «Finché non combinate guai, avete il mio totale appoggio.»
  Quando Matt si fu ripreso abbastanza dal mormorare un grazie sincero, si accorse che Hermann era già andato via per la sua strada. Poteva tuttavia sentirne ancora la risata.
   Pensò a Mills, Hermann e a Boden e capì che non gli importava affatto che sapessero. Il subdolo terrore che lo aveva chiuso nel silenzio non aveva, ora, alcun potere su di lui. Gli occhi furiosi di suo padre ancora continuavano a osservarlo da un angolo nascosto della sua mente, ma ora Matt non era più un ragazzino spaventato. Ora era certo, per la prima volta nella sua vita, che nulla potesse distruggere il suo legame con Kelly. Aveva qualcosa che doveva essere difeso e che meritava ogni energia. Non era certo di riuscire a considerare la sospensione giusta, o che cosa questo dicesse di lui come Tenente. Ma non aveva mentito a Boden: quello che aveva fatto lo avrebbe rifatto altre mille volte.
   Pensò ai giorni che avrebbe dovuto trascorrere lontano dal lavoro e, contrariamente al previsto, la sospensione non gli apparì più come una vergognosa punizione. Riusciva solo a pensare al tempo che avrebbe potuto finalmente trascorrere con Kelly, lontani dal caos della città, chiusi nel loro appartamento, soli e vicini.
 
  In sala comune, Kelly sembrava assorto in un giornale che non stava realmente leggendo. Matt afferrò una sedia e la trascinò accanto a lui, sedendosi a cavalcioni per scrutare oltre le sue spalle.
  Kelly se ne accorse con qualche secondo di ritardo. Sembrò emergere da una profonda riflessione; scosse la testa e guardò interrogativo Matt.
   Quello sguardo fu abbastanza perché il biondo sapesse che la tensione tra loro si era dissipata.
  «Cosa?»
  «Niente, mi chiedevo se quella pagina numero tredici sia così interessante, o se hai dimenticato come si legge.»
  Kelly guardò il giornale, poi Matt, quindi richiuse il fascicolo con uno sbuffo e si passò una mano sul volto. Si sentiva a disagio, questa era l'unica spiegazione a quello strano senso di fastidio e difficoltà nel guardare Matt negli occhi. Si sentiva come un ragazzino che cammini per strada con i pantaloni sbagliati, per la stagione e l'anno sbagliati.
  Non poteva dirgli di Voight, di averlo cercato, di essersi messo lui nella situazione di non poter rifiutare il suo invito alla caccia. Si sentiva quasi geloso di quel privilegio, perché era certo che Matt avrebbe fatto di tutto per impedirgli di seguire Voight quella sera. E Kelly non voleva lasciarsi convincere, non voleva giugere al "o me o la tua personale vendetta." Aveva paura di ciò che avrebbe scelto.
  Così fece l'unica cosa in grado di farlo sentire piccolo, infimo e pieno di vergogna. Mentì con il sorriso sulle labbra e il petto pesante.
  «Tutta questa faccenda di Boden mi innervosisce» disse, afferrando la tazza di caffé abbandonata sul tavolo. Ne prese un sorso e resistette all'impulso di sputare la miscela zuccherina e fredda. «Una sospensione, ora? Non ci voleva.»
  Matt si grattò la nuca e fece spallucce. Decisamente non ci voleva, ma ora che Kelly sembrava così sotto tono, si sentiva in dovere di sollevarlo. Ignorò la paranoica vocina che gli suggeriva che qualcosa fosse fuori posto con il compagno. Ne aveva abbastanza di paranoie. «Abbiamo fatto la cosa giusta, lo sai.»
  Kelly alzò su di lui uno sguardo ironico, ma Matt non vi badò.
  «Okay, magari io ho agito un po'-»
  «Da idiota?» si intromise una voce tagliente.
  Shay si sedette di fronte a loro, congiungendo le mani sul tavolo e scrutandoli.
  «Complimenti, tenenti. Grazie al vostro piccolo cuore coccoloso e al vostro complesso dell'eroe, la Caserma rimarrà senza tenenti. Ciò vuol dire: Dowson stressata, che vuol dire io stressata, Hermann stressato e...oh, guarda un po', nessuno dei tuoi amici della Squadra sarà stressato, giocheranno a carte e rideranno del caos generale.»
  Kelly guardò Matt, che alzò le mani in segno di resa. Ignorò lo sguardo fulminante di Shay, indossando un grosso sorriso.
  «Stasera al Galapagos, offro io» disse Matt, guardando la bionda con quanta affabilità possedeva.
  «Okay» concesse Shay, alzando tre dita. «Questi sono i drink che mi devi.»
  «Wow, qualcuno domani dovrà pur andare a lavoro» commentò Kelly, guadagnandosi un'ultima occhiata infuocata dalla bionda.
   Shay si alzò e mormorò qualcosa, allontanandosi a grossi passi.
  «Ti divertirai stasera con lei» disse Kelly, alzandosi.
  Matt lo imitò con uno sguardo interrogativo.
  «Scusa, che vuol dire?»
  «Cosa?»
  «Che vuol dire io e lei? Tu non vieni?»
  Kelly scosse la testa e stirò il collo, massaggiandone l'attaccatura con la spalla.
  «Credo di aver preso una bella botta oggi, resterò a casa. E poi abbiamo un bel po' di tempo da passare soli.»
  Si allontanò certo che la sua menzogna non fosse tanto opaca per Matt. Sperò solo che non fosse neanche troppo trasparente. Forse, entro il sorgere della prossima alba, tutto sarebbe finito: la sua rabbia e frustrazione, gli incubi suoi e di Matt. E allora avrebbe stretto il suo compagno nel letto, mentre il sole gli sfiorava i capelli e ne riscaldava l'odore, senza nessun fantasma a freddare i loro cuori.









Note:
  Rispondo qui al commento di Cecimolli, in modo da dissipare i dubbi anche di altri: l'episodio della palestra nel capitolo 21 può essere interpretato in entrambi i modi che tu hai proposto. Se da una parte Matt ha covato un po' di risentimento verso Kelly (e malgrado i chiarimenti, il corpo spesso agisce in automatico e nel momento di sfogo, un po' esce il represso), dall'altra parte Kelly si propone come vero e proprio canale di sfogo per tutta la rabbia che il compagno si è ritrovato a dover tenere a bada. Spero di aver chiarito e, come sempre, ringrazio te e Sasuke_kun_Uchiha per la vostra costante presenza. Questo è un periodo un po' colmo di impegni e, se di certo mi piace, d'altro canto è difficile stare al passo con le storie che sto scrivendo. Sapere che voi continuate a seguire a dispetto dei miei salti temporali mi sprona a continuare a pubblicare. Quindi, un ringraziamento davvero sentito.
   A presto,
   Ax.


  
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