Anime & Manga > Saint Seiya
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Autore: Dro    23/06/2015    3 recensioni
Ok, lo dico fin dall'inizio così poi nessuno cercherà di uccidermi... Shun female!!!
L'idea è partita qualche anno fa sotto ispirazione di un commento di un'amica (Crystal eye)
Dal testo:
"Mi aggiusto una ciocca dietro l’orecchio e poi con entrambe le mani spalancate colpisco il vetro facendolo vibrare e gridando:- Ciao, Fratello! Spero di non averti deluso abbastanza! Il bello deve ancora venire!-"
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Andromeda Shun, Phoenix Ikki
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: Gender Bender
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NOTE DELLA MATTA: Lo so, un'altra female, e con Amazzoni da finire... ma questa storia è breve e già completata!!! Vi prego ho degli esami da dare se mi tirate su di morale un commentino ve ne sarò eternamente grata...

-    Sai a cosa vai incontro?- chiede il grande sacerdote sedendosi davanti a me.
Ho la testa appoggiata alla mano, sono in quella stanza da quasi otto ore, non ho mangiato, ovviamente, ho sonno, ma il peggio è passato, ormai non mi importa più di nulla. Veramente, di una cosa ancora sì, ma è ciò che mi porterà fuori di qui, quindi...
Sbatte la mano sul tavolo.  Io non sobbalzo, non mi stupisco certo... lo guardo sorridendo.
-Sì, possiamo passare oltre? Sa,  a questo punto abbiamo poco da dirci...- poi respiro profondamente e vado verso lo specchio finto. Mi specchio, quell’immagine riflette la mia situazione attuale, quindi non mi dispiace affatto. Mi aggiusto una ciocca dietro l’orecchio e poi con entrambe le mani spalancate colpisco il vetro facendolo vibrare e gridando:- Ciao, Fratello! Spero di non averti deluso abbastanza! Il bello deve ancora venire!-
Ammicco e mi risiedo, non c’è bisogno di vederlo per sapere che ha avuto un sobbalzo. Una piccola soddisfazione,certo, ma è ora di levarmi un paio di sassolini dalla scarpa.
-    Arriviamo al sodo.- faccio risedendomi – Tu vuoi sapere il perché, giusto? O non ti importa? Mi giustizierai e basta?- sorrido.
-    Shun, le accuse su di te sono gravissime, sei considerato un traditore della cloth.-
-“Traditrice” e “considerata”, per la precisione, ma deve essere difficile ammettere di non essertene mai accorto, quindi te lo abbono.- dico divertita.
-    Questo atteggiamento...-
-Cosa? Non è da me? Perché? Perché sono “il più puro” mi sa che Hades aveva fumato roba che nemmeno i lotofagi quando mi ha scelto.- rido, di gusto stavolta, e so di avere una risata troppo cristallina per la situazione, fuori luogo, ma ormai sono in ballo
-Corpo perfetto, mi sa che doveva fare lezioni di anatomia...-
-    Shun, miseria, vuoi difenderti almeno un minimo dalle accuse che ti vengono fatte?-
Torno seria:- Mi si accusa di essere donna, è vero, fine...- faccio muovendo due dita come si fa per dire “liscio come l’olio”.
-    Ok, quando hai cominciato?
Abbasso la testa. Adesso sarà più difficile farmi vedere forte, ma comincio lo stesso.
-Il più vecchio ricordo che ho è di un giorno, non avrò avuto più di tre anni, in cui venne un signore a parlare con me e mio fratello. Ci disse che sarebbe andato tutto bene, che nessuno ci avrebbe più divisi, che saremmo potuti rimanere in una bella villa a vivere con altri bambini, ma solo ad una condizione, io dovevo dire di essere un maschio e comportarmi come  tale. Ricordo ancora il mio vestitino turchese e i mastri bianchi che mi chiudevano le trecce che indossavo, non mi piacevano, mi piacevano solo le scarpe, delle ballerine nere di vernice, ricordo distintamente d’aver pensato “Scarpe da grandi”. Che ingenua che ero, vestita a festa andavo a morire. Fissavo le punte delle scarpette quando Ikki, dall’alto dei suoi sette anni e mezzo, mi prese per le spalle e mi chiese, mi supplicò di farlo, per il bene di entrambi, ovviamente.- mi azzitto, so che se dirò un’altra parola la mia voce si incrinerà e no. Ho un personaggio da recitare.
-Perché ti volevano? Seika non l’avevano presa.-
-Seika era troppo grande per convincerla a fare una cosa tanto sciocca, senza contare il fatto che Seiya non sarebbe stato in grado di reggere il gioco, ma soprattutto lei non aveva una cosa molto importante.- mi concentro e il mio cosmo si alza quel tanto da far capire l’antifona.
Il grande sacerdote annuisce. 
-    E tu hai acconsentito?-
-Avevo tre anni, la scelta era tra un paio di scarpe pure scomode e mio fratello, cioè tutto il mio mondo fino a quel momento. Col senno di poi credo che a parte per un paio di cose, una in realtà,  avrei accettato comunque.  L’unico motivo è il fatto che Ikki è andato alla Death Queen Island al posto mio.
-    Come hai fatto a nasconderlo per così tanto? E chi altri lo sapeva? A parte Ikki, ovviamente.-
-Ricordo tanto le prese in giro al collegio Saint George, non ho mai capito cosa ci fosse di sbagliato ad essere una “Femminuccia” ed a questo punto non credo che lo capirò mai, fatto sta che per quanto mi picchiassero, mi prendessero in giro e mi trattassero male, boh! Nessuno ha mai realmente pensato di “controllare” non so se mi spiego... Jabu mi tirava i capelli, gli altri mi pestavano proprio a volte, tante volte ho dovuto simulare il dolore di un colpo all’inguine, veramente tante volte a dire la verità, forse un maschio sarebbe sterile adesso, e poi facevamo la doccia solo in camera, ed io la dividevo con mio fratello. Per quanto riguarda le visite mediche ce le facevano nelle stanze e poi a quel età potevo andare in giro senza maglietta, potevo fino all’anno scorso,, virtualmente...-
Il sacerdote mi guarda storto.
-    No, eh?-
Scuote la testa. Comincio a  coinvolgerlo nel racconto? Ho un sospetto, ma penso alle persone oltre il vetro, meglio se per ora lo tengo per me.    
Appoggia gli occhiali sul tavolo e si massaggia le tempie. - A questo punto raccontami tutto...-
-    Ho sete – dico e so di aver usato un tono troppo dolce ed infantile, ma ho ragione, insomma, non bevo da quasi sette ore.
Non faccio in tempo a dirlo che Shaka entra. Il suo incedere non sembra diverso dal solito, ma ha gli occhi aperti, posa sul tavolo una bottiglia d’acqua e due bicchieri di carta. Mi fissa mestamente per qualche minuto e poi mi passa una scatola da medicinali. La guardo: integratori di vitamine. 
-    Se sono drogate non mi pare che io abbia bisogno di un incentivo. Sto confessando...- faccio notare.
-    Sei stanca, meglio se prendi qualcosa che ti tiri su, devi essere viva fino alla fine.- 
La freddezza con cui sta accennando alla mia futura esecuzione mi fa passare un brivido dietro la schiena, ho sempre pensato che non mi volesse come allieva. Ora ho la conferma.
-    Potevi portare un caffè...-
Leggo gli ingredienti degli integratori. Forse non è vero che mi odia.
-    Non mi piace il caffè.- giustifico io – Grazie.-
-    Troppo lavoro per un traditore.- spiega invece Shaka uscendo dalla stanza.
Prendo una pillola e bevo l’acqua, mi asciugo col dorso della mano poso di nuovo il bicchiere e guardo interrogativa il mio carceriere.
-    Racconta...-
-    Cosa?-
-    Quel che ricordi...- mi risponde.
Sorrido al mio riflesso nello specchio:- Quando ho capito, cioè abbiamo capito che tutte le promesse fattemi erano false, che ci avrebbero diviso, che non saremmo più vissuti in quella grande villa, ma saremmo stati mandati in inferni di sabbia, fuoco e ghiaccio, che la maggior parte di noi sarebbe morta nel tentare di portare via uno stupido scrigno.- Prima che mi rimproveri lo blocco con un cenno della mano – All’epoca era uno stupido scrigno inutile! Scusami, tanto l’ oltraggio l’ho già fatto, cosa conta una parola in più o in meno...-
L’uomo alza gli occhi al cielo, sa che ho ragione, e gli dà fastidio. Sospiro anch’io. Tutta questa tensione non fa bene.
-Comunque Ikki tentò di scappare con me, ricordo che aveva nascosto due zaini logori, quelli che erano pieni delle nostre cose quando eravamo arrivati alla villa. Aveva preparato due kit di fuga, era così preso...- mi scappa un sorriso nel ricordare l’ingenuità di Ikki - poi, Tatsumi ci scoprì. Che urla quella notte. Tutto quel dolore, poi avrei provato di peggio, dolore fisico, mentale, ma quella era la prima volta. Io ero una brava bambina, coi voti alti ed i quaderni ordinati, mi ero anche rassegnata all’idea di morire, ma mio fratello no, lui era abituato alle punizioni corporali, al dolore, agli occhi gonfi, ai lividi che non ti fanno né sedere né stare in piedi... Posso ancora vedere la sua faccia, quando ci hanno portato in cantina, così che nessuno potesse sentire o svegliarsi, quando sputò in faccia a Tatsumi e lui sorridendo colpì me. Sono caduta terra come un birillo. Mi hanno rimesso in piedi, hanno bloccato Ikki ad una sedia e mi hanno picchiato tutta la notte. – Lo guardo negli occhi– Ma quella che gridava non ero io, no. Non emisi un fiato, me le presi tutte in silenzio, mentre quel vigliacco si accaniva su una bambina di sette anni e diceva a mio fratello che era colpa sua, io stavo in silenzio. Lui gridava, si dibatteva, mi aveva sempre detto che avrebbe potuto batterne cento di quegli scagnozzi, invece in due riuscivano a tenerlo a bada. Che avrebbero supplicato la sua pietà, ma secondo te alla fine lì dentro chi implorave che tutto finisse?  Io? Ah! L’unica cosa che dissi quella sera fu “Non mi arrendo”.- Istintivamente mi mordo le labbra, cavolo quanto è patetica questa sceneggiata, ma è l’unica cosa che mi sta lasciando un po’ di dignità, un po’ di coerenza, speranza... – E pensare che lui diceva che faceva tutto quello che faceva perché io ero debole. Ho diciassette anni, fingo da quattordici, combatto e sopravvivo da quando sono nata, non importa come, ciò che resta nella storia non è chi ha giocato meglio, no, quello non conta, non ha mai contato. Contano solo i risultati, e quale risultato è meglio di quello di essere viva, malgrado le bende, malgrado la differenza di forza fisica, di grinta? Non conta nemmeno se mi sento in colpa o no, per chi ha “perso”, non conta. Sono stata cresciuta bene.
Il mio interlocutore è teso, forse si aspettava una storia meno cruda, ma il ragazzo dall’altra parte del vetro può confermare, non ho mentito.
-    Come andò il giorno delle estrazioni?-
Mi dondolo sulla sedia, mi metto in piedi, tirò leggermente su la maglietta e mostro una cicatrice vicino all’ombelico, superficiale, ma molto antiestetica, è cresciuta con me:- Era passata solo una settimana, e questa era ancora aperta.- mi risiedo – Se prima a combattere ero un po’... scarsa, quei giorni era proprio un macello, non vincevo nulla. Ed Ikki se ne era accorto, era strano, di solito mi sgridava, mi trattava male, mi diceva che dovevo impegnarmi di più. Invece in quei giorni... in quei giorni mi consolava, nel suo modo un po’ guerriero, ma era dolce, doveva essere veramente scioccato. Ci chiamarono a metà dell’allenamento e ci portarono nella sala grande. Sento ancora la mano di mio fratello che stringe forte la mia, il suo fiato mentre con ansia conta i nomi delle destinazioni. Ingoiò a vuoto e mentre arrivava il mio turno mi prese per le spalle mentre Tatsumi mi chiamava sempre più arrabbiato “ Tranquillo, qualunque cosa accada non ti abbandonerò”. Non ci ho mai creduto, perché non aveva mai giurato a me, ma a Shun. Devo ammettere, però, che in quel momento fu consolante, era il rinnovo del patto: io resto con te se tu continui a fingere. Salii sul podio, chiesi gentilmente scusa per il ritardo e misi la mano nell’urna. Qualunque cosa fosse successo era comunque un inferno, in ogni caso, era un inferno. Non credi? Per me, cosa sarebbe cambiato? Non tolgo nulla al sacrificio di mio fratello, ma alla fine io, morirò comunque, non è così? O sull’isola o qui da traditrice cosa cambia?-
Mi guarda con una nota di tristezza. 
-Ikki non la pensò così. Nel momento in cui lesse in nome sul mio foglio lo vidi prima sollevato, e poi in colpa, sempre più in colpa. Non so se fosse solo la mia immaginazione, ma lo vidi  alzarsi e offrirsi di andare al posto mio, facendomi perdere quel poco di dignità che mi restava. Ci ho messo anni per recuperarla. Forse sarebbe meglio dire che non mi importa più. – scuoto la testa – Vado avanti oppure ti basta?-
- Continua, più sappiamo più potremo decidere cosa fare.-
- Tatsumi quella volta punì direttamente mio fratello per la sua insubordinazione, perché io dovetti subito prendere il pullman e poi la nave per il porto, avrei preferito riprendermi le botte, ma restare più tempo lì. –
- Non avevi detto che dovunque andava bene?- 
- Per me, Ikki cosa c’entra??? Lui una vita normale poteva averla! Dovevo impormi e lasciarlo andare, ma ho avuto paura, ok? Avevo sette anni, avevo visto solo orfanotrofi, il mondo esterno non sapevo neanche cosa fosse. Il viaggio in nave mi è piaciuto, ero continuamente in ansia, ma mi divertiva il dondolio delle onde, i rumori, l’odore del metallo, invece gli altri che erano venuti con me vomitavano e piangevano... se lo stai per chiedere lì non ho avuto problemi a nascondere che non ero un maschio, gli altri vomitavano! Non mi filavano proprio. Forse anche per questo il viaggio mi è piaciuto! Nessuno a tormentarmi!- esclamo, sono realmente sorpresa, non ci avevo mai pensato.
- Sorvoliamo, lo stesso Albione c’è venuto a prendere. Mi ricordo ancora che quando mi vide, ero l’ultima della fila, mi guardò come si può guardare un fantasma. 
Partendo con ordine, la giornata all’isola di Andromeda si basava su: allenamento con le catene, allenamento a combattimento ravvicinato, meditazione, pranzo, allenamento a corpo libero, di nuovo catene, lezioni di anatomia e strategia, meditazione, bagno, per fortuna intorno a mezzanotte. Già dopo due settimane eravamo in undici e troppo stanchi per rompere le scatole. - Poso le mani sul tavolo e mi sporgo per guardarlo meglio – Perché la verità è che i bulli sono rompiscatole che non hanno nulla da fare se non tormentare gli altri, pensavo che Jabu fosse pesante, ma poi sono apparsi Leda e Salzius. La soluzione? Colpirli in testa prima che si avvicinassero troppo. A differenza di quello che loro credevano, la cosa che mi turbava davvero era un’altra. –
-Cosa?-
Sorrido, potevo fare la show girl, vedendo come coinvolgo uno così distaccato come il grande sacerdote.
-June, la sacerdotessa guerriero del gruppo, era lì per un’altra cloth, ok, ma perché non potevo anche io mettere semplicemente una maschera invece di fare tutta quella recita? Cominciavo a dare di matto sull’argomento... ma poi, poi pensavo che ero in ballo, dovevo ballare ed Ikki voleva un fratello maschio, se lui non mi abbandonava non dovevo farlo nemmeno io, giusto? Arrivò la fine dell’addestramento, oramai combattevamo solo con le catene, facemmo una specie di torneo,  tutti combattevamo contro tutti e io, a discapito di tutti i pronostici, vinsi. Albion mi disse di tornarmene alla mia baracca mentre loro preparavano l’ordalia per l’indomani. June venne in camera mia, parlammo un po’, mi aiutò a medicarmi una spalla e poi mi rubò un bacio prima di andarsene. Ne trassi le mia conclusioni.-
Vedo il mio ascoltatore come ridestarsi e poi chiedermi interrogativo:- Cioè?-
Mi metto una mano sulla fronte, comincio davvero ad avere sonno. Sorrido:- Sono indubbiamente 
e strettamente... Etero.- vedo che non reagisce, quindi mi giustifico - Che devo dire? Ognuno ha i suoi gusti- mi accorgo che ha cominciato a ridere, e non la smette, ci mette qualche minuto per riprendersi, tanto che io perdo il filo del discorso.
-    Dicevamo?- faccio io, sta un po’ divagando.
-    Notte prima dell’ordalia...-
-Ah, già, dopo il mio primo bacio è arrivato il maestro. Ricordo che ero seduta sul letto e fissavo per terra il pavimento. Lui ha bussato alla porta ed io sono saltata in piedi. Mi ha detto che dovevo riposare, quindi, stare seduta. Si è seduto davanti a me, mi ha preso le mani  ed ha detto: “Mi parlarono della tua situazione quando ti spedirono qui, devo dire che non credevo che fossero esagerati. Invece, è vero, tu hai il potenziale per diventare molto più di un semplice bronze, cosa che da sacerdotessa guerriero non ti permetterebbero” così capii il perché. Il giorno dopo sostenni l’ordalia. Vuoi sapere altro?- sbadiglio – L’ordalia mi ha fatto sviluppare la paura di essere legata.-
Il saint guarda l’orologio e poi mi riguarda. 
-Ti faccio portare del cibo, poi cerca di dormire, ti faccio portare anche coperta e cuscino.- si alza e fa per uscire.
Mi stringo convulsamente la spalla, ma alla fine lo dico :- Ho diritto di chiederti un favore?- mormoro.
Si china su di me, la sua ombra mi oscura. 
-Dimmi.-
- Posso avere qualcosa di caldo... ho freddo ed odio i cliché.
- No sushi quindi? – mi guarda con severità poi annuisce, ma prima di uscire dice: -puoi cambiare maschera, ma alla fine non puoi cambiare quello che sei ...-
  
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